LE CAMICIE SEGRETE DI VITTORIO SGARBI
di La Penna Segreta*
Vittorio Sgarbi |
Dopo oltre dieci anni di lavori di
ristrutturazione ha finalmente e meritamente riaperto al pubblico a giugno di
quest’anno il Castello Visconteo Sforzesco di Novara, in passato sede di un
carcere dove esattamente cento anni fa il poeta Dino Campana veniva rinchiuso
perché, arrivato alla stazione di Novara alla ricerca del suo grande amore,
Sibilla Aleramo, veniva scambiato
per un disertore o uno sbandato, forse per un tedesco, e messo in manette. Sarà
la stessa Aleramo a intervenire per la sua liberazione, avvenuta il 14
settembre del 1917.
E l’estate
appena conclusa ha visto il Castello novarese sede di una rassegna culturale e
artistica che ha spaziato tra il teatro, la danza, i concerti, le presentazioni
di libri. Ora la Fondazione Castello rilancia l’offerta culturale per
valorizzare questo «fiore all’occhiello e scrigno storico della città» con una
mostra a cura della Fondazione Cavallini Sgarbi, che ha inaugurato il 21 settembre
e durerà fino al 14 gennaio 2018; l’esposizione comprende dipinti delle
principali scuole pittoriche italiane (lombarda, marchigiana, veneta, emiliana e romagnola,
toscana, romana, napoletana) dal 1400
al 1800, si tratta di oltre centoventi opere tra quadri, disegni e sculture, da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Il
malizioso titolo scelto è “Dal Rinascimento al Neoclassicismo. Le stanze
segrete di Vittorio Sgarbi”, il cui volto campeggia in locandina con sguardo
ammaliato.
Attesissimo
alla conferenza stampa di inaugurazione, naturalmente, lui… Vittorio Sgarbi. Il
quale alla presenza del Sindaco della città, della Presidentessa della
Fondazione Castello, del Presidente Regione Piemonte e di un foltissimo
pubblico di giornalisti e personalità della città e non solo, accorsi per
ascoltare il professore, ha intrattenuto con la sua consueta verve, intelligenza e arguzia i presenti,
parlando per quasi un’ora… delle sue camicie! Eh sì, la presentazione di
Vittorio Sgarbi si è ridotta a una serie di aneddoti personali, conditi da
numerose parolacce che tanto hanno fatto divertire autorità e pubblico dati i
numerosi applausi, durante la quale ha affermato che nella sua vita «tutto ciò
che ho guadagnato, e ho guadagnato bene, l’ho speso in quadri, al punto da non
avere più soldi neanche per comprarmi le camicie» (e per dimostrare la serietà delle
sue parole si è tolto la giacca mostrando una camicia «di tre giorni», vero è
che faceva un gran caldo in sala e così l’istrionico professore ha trovato un
astuto stratagemma per levarsi di torno un indumento, e che non è dato sapere
quante camicie abbia davvero nelle sue “stanze segrete”).
Inoltre abbiamo appreso che la sua città natale, Ferrara, che tempo fa gli conferì il prestigioso Premio Estense, «è ormai morta, a confronto Novara sembra Parigi» (davvero? Che meraviglia per i novaresi, forse non se ne erano resi conto ma ora grazie a Sgarbi lo sanno!), che Trieste sta al critico sui cosiddetti (ma lui non si è espresso così, è stato ben più esplicito, bontà sua, per chi non capisse i sottintesi), e che sempre lui (ma non si era al Castello per parlare di una mostra?) fa «figli come li fanno i preti» (i preti fanno figli? Chissà! E come? Come il Professor Sgarbi!). E ancora che «l’arte è di tutti», «l’affetto sovrasta il merito» (questo era evidente, almeno a Novara, ma nemmeno l’affetto era così lampante) e nei suoi quadri c’è la sua «anima e carne» (e le sue camicie).
Dei dipinti
in mostra, alcuni davvero pregevoli (di Artemisia Gentileschi, Lorenzo Lotto,
Guercino e altri grandi maestri dell’arte italiana) neanche una parola, ma
forse il professore era accaldato, forse sapeva che lo attendeva un risotto al
gorgonzola preparato da uno degli sponsor della mostra (le mostre costano, è
risaputo, e nella cartella stampa sono riportate fedelmente tutte le aziende
del territorio, parola amatissima nel territorio appunto!, che hanno potuto
permettere di ospitare al Castello la mostra di quadri della Fondazione
Cavallini Sgarbi… ah perché, avete pensato a un prestito per amore dell’arte?!
L’arte è di tutti, è vero, ma se è di Sgarbi si paga eccome!), o forse
semplicemente pensava di trovarsi davanti a un pubblico di beoti che
necessitano, per riempirsi la giornata, di essere intrattenuti dal suo simpatico
e scanzonato turpiloquio. Tant’è. Nessuno comunque sembrava urtato dai modi e
dalle parole, dall’assenza assoluta di una seppur informale chiacchierata sul
Bello, sull’arte, che è virata invece verso uno sproloquio personale in stile
televisivo senza senso e senza rispetto; i più chattavano su facebook mentre il
professore sciorinava le sue perle di sapienza e i bellissimi ritratti esposti,
che stridevano nella loro delicatezza accanto a tanta, consapevole,
grossolanità, erano muti e silenziosi, «sereni e incomprensibili», come direbbe
Flaubert, misteriosi come tutti i capolavori (loro sì, le “stanze-stizze” di
Sgarbi invece non erano più “segrete” per nessuno). La sola cosa che resta
dell’inaugurazione novarese della mostra, dunque, e per fortuna, è l’arte, imperscrutabile,
meravigliosa, eterna; arte che è armonia e bellezza, spesso decantate dal
professore ma purtroppo non a Novara e che, come scriveva Foscolo, vince di mille secoli il silenzio. E le
volgarità di Vittorio Sgarbi.Inoltre abbiamo appreso che la sua città natale, Ferrara, che tempo fa gli conferì il prestigioso Premio Estense, «è ormai morta, a confronto Novara sembra Parigi» (davvero? Che meraviglia per i novaresi, forse non se ne erano resi conto ma ora grazie a Sgarbi lo sanno!), che Trieste sta al critico sui cosiddetti (ma lui non si è espresso così, è stato ben più esplicito, bontà sua, per chi non capisse i sottintesi), e che sempre lui (ma non si era al Castello per parlare di una mostra?) fa «figli come li fanno i preti» (i preti fanno figli? Chissà! E come? Come il Professor Sgarbi!). E ancora che «l’arte è di tutti», «l’affetto sovrasta il merito» (questo era evidente, almeno a Novara, ma nemmeno l’affetto era così lampante) e nei suoi quadri c’è la sua «anima e carne» (e le sue camicie).
[*Nelle stanze di Vittorio Sgarbi]