LA MODIFICAZIONE
DEMOGRAFICA
Interrogativi intorno al fenomeno
dell’ibridazione
di Fulvio Papi
So di toccare un argomento che
coinvolge radicate convinzioni politiche, aspettative sociali diffuse,
sentimenti ed emozioni condivise, e quindi pregherei il lettore di considerare
la mia prosa come un intervento che tenta solo di illuminare, per quanto può,
un rilevante fenomeno sociale, senza voler apparire con la supponenza della
verità. Da più parti con preoccupazione si dice che la popolazione italiana è
in decrescita: i nuovi nati non raggiungono il numero di coloro che ci
lasciano, e, in prospettiva l’Italia sarà sempre più un paesi di persone
anziane. Questo è un fenomeno sociale che ha una pluralità di aspetti
economici, sociali, culturali, psicologici che dovrebbero essere trattati
partitamente con vigilata competenza, e, in ogni caso, sottratti alle
sciocchezze che si leggono sulla Rete. Qualche osservazione di ordine generale.
Quando noi diciamo “italiani”, lasciando perdere apriori qualsiasi parentela
con la “razza” dal tristemente famoso “duce”, intendiamo, per lo più, persone
che sono cresciute parlando la nostra lingua, ora molto unificata rispetto al
passato, abitando in un territorio delimitato dai confini dello stato, in relazione
con diritti e doveri di ordine etico che derivano dalla Costituzione e dalle
leggi ordinarie. Tuttavia la lingua e il territorio quando corrispondono ad
attività produttive, finanziarie, di scambio economico, possono aver luogo
anche con una popolazione o una parte della popolazione che non ha la
morfologia culturale “nostra”. Il rapporto economico può funzionare mettendo in
ombra quelle che, in senso lato, possono definirsi le nostre identità
culturali. Tuttavia se manca una trasmissione costante e omogenea, quello che
va perduto è un contesto culturale nel senso più ampio del termine, della
letteratura, alle tradizioni del costume, alle caratteristiche più elementari.
Una modificazione demografica porta con sé necessariamente questi fenomeni.
Dagli studi
antropologici sappiamo che nelle società più piccole e più solitarie esistono
sensibili fenomeni di ibridazione anche con elementi della cultura occidentale.
Ma questi fenomeni riguardano, talora con fermenti competitivi, anche le
società più grandi e maggiormente sviluppate. Ci sono e quali sono, e anche
come li possiamo immaginare, stando all’esperienza concreta i fenomeni di
ibridazione nel nostro mondo? Sapremo vivere, “potremo vivere” con tagli di
carne differenti, con devozioni poco compatibili, con matrimoni e fecondità
differenti? Sapremo vivere con i nostri bambini in minoranza nelle scuole? Perché
poi vi sia da noi un calo delle nascite, sociologi e psicologi lo hanno
spiegato molte volte, e non è il caso di ripetersi. Detto in una parola i
giovani non vedono nella propria vita lo spazio adatto per mettere al mondo
figli. Il “non vedono” corrisponde al desiderio di non mutare il proprio
equilibrio, o di non poterlo materialmente mutare. C’è il timore, più che
giustificato, che al nuovo venuto non capiterà una sorte simile a quella dei
genitori, ma se mai, peggiore. La speranza è una virtù, ma la conoscenza
qualche volta è depressiva. Al di là delle statistiche, che pure sono utili, è
la percezione di questi sentimenti collettivi, non giustificabili, che,
purtroppo, danno il segno di una crisi di un sistema sociale di vita.
Cominciamo a ragionare da questo punto di vista.