RIPRODUZIONE SOCIALE E
ILLEGALITÀ
Ragionando intorno
all’inquietante articolo di Elio Veltri
di Fulvio Papi
Il concetto di riproduzione
sociale, così importante, non lo vedo usato comunemente, eppure sarebbe molto
utile, e mi spiego perché. Im Marx la riproduzione sociale corrisponde circa
alla riproduzione allargata del capitale. Se qualcuno teme che questa
concezione (del resto nota più di 150 anni fa) assomigli troppo a una unità
metafisica che si riproduce attraverso un uso del concetto di causa, dirò
subito che dopo cento anni di antropologia, la riproduzione sociale è un
effetto che viene provocato da una serie di elementi che costituiscono un
insieme sociale: nell’età contemporanea la vita collettiva in una unità
giuridica dello stato Capitale finanziario, capitale produttivo, selezione dei
consumi puri e riproduttivi, sistema giudiziario, prevalenza del costume
sociale, mitologie pubbliche e rappresentative delle identità, questi sono
tutti fattori che collaborano a costituire una riproduzione sociale che, in
sostanza, è un equilibrio. Un sistema in equilibrio è solo una constatazione di
fatto o con qualsiasi proposito di giustizia. Per esempio nel “Supplemento
statistico di Bankitalia” del dicembre del 2012 si poteva leggere che la
ricchezza delle famiglie italiane nel 2000 era pari a 8619 miliardi di €, 350
mila per famiglia, di cui la componente finanziaria della ricchezza superava i
3500 miliardi, terza nel mondo, ma piuttosto incerta quanto alla tassazione.
Siamo un paese ricco: o per lo meno la sua riproduzione sociale era garantita
anche dalla allocazione (quale che sia) di questi denari.
Ma fuori dai concetti
che ignorano le differenze, si scopre che la metà più povera del paese detiene
il 9,4 della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco detiene il 54,9 per
cento. Cercare di proporzionare un poco meglio la distribuzione della ricchezza
usando la leva fiscale pare molto difficile, se nel 2014 il governo ha emesso
ruoli di tasse per 806 miliardi e ne ha incassati il 69,9 per cento. Credo che
gli esperti di questioni tributarie che conoscono tutti i labirinti del
settore, potranno persino dire che non è male. Tuttavia i giudizi morali hanno
il diritto di andare oltre con le loro idee, rispetto alle condizioni obiettive
della realtà.
Devo confessare immediatamente che
i dati li ho desunti da una tardiva lettura dell’articolo “Soldi imboscati e rubati” di Elio Veltri pubblicato sulla prima
pagina di “Odissea” di lunedì 3 luglio. Da solo a queste notizie obiettive non
sarei arrivato mai, restando però fermo alla convinzione etica, maturata giorno
per giorno, e non attraverso ricerche, che il paese nel suo complesso, subiva i
guasti di una diffusa illegalità. Parere diffuso, e legittimato da una analoga
considerazione dal Presidente del Senato.
Vengo
all’autore. Elio Veltri lo conoscevo abbastanza bene quando era l’ottimo
sindaco socialista di Pavia, nel tempo del mio insegnamento, con grande
entusiasmo, della filosofia teoretica in quella Università. Poi me ne veniva
qualche eco dalla scena politica, e poi, molto più direttamente, dal suo
impegno sul difficilissimo fronte della moralizzazione, poiché qui era
destinato a scontrarsi con forze molto rilevanti e “decisive” per il processo
di riproduzione sociale, del cui significato ho detto in precedenza.
E ora
riprenderò le notizie che dà Veltri però non prima di aver fatto due
osservazioni che gli esperti considereranno banali, e, tuttavia, quale che sia
la loro nozione, hanno un peso difficile da sopportare nella propria vita
quotidiana, quando, per educazione, da sempre è esposta alle vicende della
“città”. Primo: questi dati, se non fossero surrogati da fonti sicure, li avrei
considerati “incredibili”. Il che dà subito una sensazione molto sgradevole,
quella di vivere in un paese che, almeno da questo punto di vista, conosco
troppo male. Secondo: se tutte queste illegalità, queste appropriazioni
indebite, questi comportamenti da pirati e da spregiatori di tutti coloro che
lavorano onestamente, fossero sanate, saremmo un paese senza debiti e con possibilità
ampie di mettere a posto tutto quello che non funziona, con il conseguente
ampliamento dell’occupazione e quindi con un mercato allargato e regolato dalla
compatibilità ambientale. Ed ora qualche elemento tratto dallo scritto di
Veltri che l’uso delle fonti attendibili rende veri. Tuttavia devo dire che, se
dovessi parlarne nel linguaggio che spesso, più che l’obiettività delle cose,
riflette la sensazione che esse generano nel soggetto, continuerei a definire
“incredibili”. Questa parola così poco teorica, tuttavia apre qualche problema
(o sospetto) di cui farò cenno al termine. Intanto qualche anno fa la “Troica”,
Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale e Ocse aveva deciso di applicare
una piattaforma fiscale comune, per recuperare denaro. Tuttavia l’effetto
poteva essere negativo poiché i denari non puliti alimentano l’economia onesta,
e se si colpisce il crimine va in crisi anche l’economia dei vari luoghi. Ecco
un caso tipico che si può pensare sotto il concetto di “forma della riproduzione
sociale”. Altri dati che appartengono allo stesso concetto generale: tra i
paesi OCSE l’Italia è al secondo posto per l’economia sommersa con una
incidenza del 27% del Pil. L’Europa nel 2007 dava valori molto meno elevati.
Uno studio del nucleo volontario della Guardia di Finanza segnalava che il 29%
del totale dell’evasione è dato dai denari portati nei paradisi fiscali.
Bankitalia ed Eurispes stimavano la cifra intorno a 800 miliardi del Pil. I
beni delle mafie italiane venivano stimati sui 1000 miliardi di € e le
confische raggiungevano invece il 5% del totale. Il codice anti-mafia che ha
dato le regole per sequestri e confische promosso dalla Commissione Antimafia,
è stato approvato dalla Camera e da due anni invece è fermo al Senato.
Dal punto di
vista sociale la componente finanziaria della ricchezza supera i 3500 miliardi.
Quindi è un paese ricco senonché la metà più povera detiene il 9,4 della
ricchezza totale, mentre il 10% più ricco detiene il 45,9 per cento. Paese
ricco ma assai poco equo, con effetti che non possono essere esistenti anche a
livello del mercato, con tutte le conseguenze. Del resto nel 2014 il governo ha
emesso ruoli di tasse per 806 miliardi e ne ha incassati il 69,9 per cento. Non
mi fermo sulle terapie che se potessero “medicare” questi casi “incredibili”
renderebbero il paese stabile, con un bilancio sicuro, con prospettive per il
miglioramento delle condizioni di vita pressoché certe. Non ho la cultura
adatta per entrare in questi problemi che tuttavia hanno anche qualcosa di
intuitivo. Una domanda vorrei aggiungere che riprende il tema della
riproduzione sociale. Possibile che nessun governo abbia elaborato un piano di
riforme vere per migliorare questo stato di cose? L’immagine sociale del
governo e, in generale, della politica sarebbe diverso, perché differente
sarebbe il peso dell’azione politica sulla vita economica e sociale, tale che
si risentirebbe anche ne piccolo angolo della vita familiare.
Perché (quasi)
nessuno ne parla pubblicamente e ne fa oggetto di analisi? La mia impressione è
che la riproduzione sociale, nel suo complesso, sia formata proprio
dall’insieme di storture (che ho riassunto dall’articolo di Veltri) e che
offrono una visione della vita economica simile a un fatto naturale, come una
catena montuosa o un mare. Ovviamente non si tratta di un fatto naturale, ma
dell’effetto attuale di tutta una storia nazionale. La quale (ma il discorso va
ripreso) ha emarginato gli interventi più importanti del potere politico, le
stesse possibilità di progettazione che non siano obbligate o necessari rattoppi
contingenti. Povertà, autoreferenzialità della politica (qui non discuto il
valore del ceto), e stabilità delle condizioni della riproducibilità sociale,
finiscono coll'essere in una relazione diretta e negativa. Direi che qui è il
nodo profondo, intorno al quale si ripetono “ideologie” come racconti di dieci
minuti. Mi auguro ovviamente soluzioni positive, ma per ora sarebbe sufficiente
riflettere su questo tema con serietà, anche se ho qualche difficoltà a individuare
il possibile soggetto sociale di questa ricerca, se si escludono le persone di
buona volontà.