È MORTO PETROV
La notizia tenuta nascosta dal mese di maggio.
Stanislav Evgrafovic Petrov |
Non ce l’abbiamo fatta. Un uomo
solo non può tutto, per quanta volontà possa avere, ci sono limiti che egli non
può varcare. Ci sarebbe voluto un tempo molto più ampio a disposizione, e una
rispondenza immediata di altri soggetti e organizzazioni, a loro volta
impegnati su troppi fronti, altrettanto drammatici. Dunque non si è fatto in
tempo a smuovere le acque, a candidare come avremmo voluto e come avevamo
segnalato sulle pagine di questo giornale oltre un anno fa, Stanislav Evgrafovič Petrov, al Premio Nobel per la Pace, perché nessuno più di lui
l’avrebbe meritato. La sua vicenda terrena, come si dice in un lessico divenuto
comune, si è conclusa: Petrov è morto solo e dimenticato all’età di 77 anni nel
mese di maggio, ma solo ora è stata data notizia al mondo, e questo mi riempie
di grande amarezza. Come risarcimento al suo umanissimo gesto di aver salvato
l’umanità dalla catastrofe nucleare la notte del 26 settembre del 1983, avevo
aperto l’anno 2017 con una nota sulla prima pagina di “Odissea” proprio il
primo dell’anno, e avevo mandato richieste in vari luoghi del mondo e a varie Associazioni internazionali, perché quel gesto trovasse il dovuto
riconoscimento. Avevo sollecitato anche Gabriele Nissim, che a Milano ha dato
vita al “Giardino dei Giusti”, di piantare un albero in suo onore e a cui ora
riformulo pubblicamente la richiesta. Per quel che mi era stato possibile, un altro
piccolo gesto in suo onore lo avevo fatto qualche mese dopo, dedicando a lui il
carteggio dello scrittore pacifista Carlo Cassola: “Cassola e il disarmo. La letteratura non basta”. Avevo anche suggerito di attribuirgli dal basso un Premio Nobel dei popoli simbolico,
sottoscritto da una serie di Associazioni umanitarie, e di avviare una raccolta
fondi per permettergli una vecchiaia priva di angustie. Tutto vanificato dal
rapido e inesorabile tempo della morte che non ubbidisce a quello
maledettamente lento degli uomini ed al loro agire. [Angelo Gaccione]
*Ex tenente colonnello della forza
di difesa dell'Unione Sovietica, Petrov è deceduto a maggio, nella sua semplice
e anonima casa alla periferia di Mosca. La notizia, però, è trapelata solo ora,
alla vigilia del 34esimo anniversario della sua eroica impresa. Ciò che avvenne
quel giorno è degno della trama di un film. Ma è accaduto davvero. Petrov era
di turno come responsabile del centro di controllo militare di Oko, deputato al
monitoraggio delle attività nemiche. Tra i compiti della struttura, anche la
vigilanza su possibili attacchi da parte degli Stati Uniti. E, guarda caso,
proprio quel giorno i sistemi iniziarono a segnalare il peggio: missili
americani in viaggio verso il territorio russo. In base al protocollo, Petrov
avrebbe dovuto immediatamente attivare l'iter di contro-attacco, informando i
superiori e innescando così il meccanismo di ritorsione. A un suo ordine, anche
l'Urss avrebbe fatto partire i suoi razzi, diretti contro gli Usa. Ma Petrov
attese, attese e attese. Qualcosa non gli tornava. Un'intuizione
provvidenziale, figlia anche dell'analisi di alcuni "strani"
parametri apparsi sui monitor, che impedì lo scoppio di un conflitto di
proporzioni apocalittiche. Sì, perché dopo qualche minuto fu chiaro che nessun
missile era in volo verso la Russia. Si trattava solo un madornale errore del
sistema. Petrov era riuscito a comprenderlo, salvando il mondo. Le autorità
russe, però, non lo premiarono mai. Anzi, lo misero ai margini: dopotutto aveva
scoperto (e ridicolizzato) i più sofisticati sistemi militari, rivelando
l'incredibile falla nel sistema di difesa.
La sua
carriera militare proseguì nell'anonimato. Poi il prepensionamento e gli ultimi
anni di vita, trascorsi nell'ombra, in una casa popolare. Ma la verità venne
presto a galla e qualche associazione volle celebrare le sue gesta, invitandolo
negli Usa e consegnandogli un riconoscimento "a nome dei cittadini di
tutto il mondo" per aver evitato la catastrofe. Lodi che Petrov ha sempre
accolto con assoluta modestia. "Ho semplicemente fatto il mio lavoro",
ebbe a dire una volta in un'intervista. "Anzi, non ho proprio fatto
niente". Menomale: perché se qualcosa avesse fatto, forse non saremmo qui
a ricordarlo.
(Redazione Online/l.f.)