di Biagio Battaglia*
C’era una volta la Base
Nucleare della Nato a Comiso. Ed oggi non c’è più nulla che abbia a che vedere
coi cruise, bombardieri, guerre fredde e guerre umanitarie, con progetti
arcobaleno e obiettivi bellici.
Stop.
Punto. Basta. Chiuso. Capitolo finito. Definitivamente concluso.
Gli
americani non ci sono più da tanto tempo, i militari italiani sono tutti
tornati a casa, i missili se li sono portati chissà dove, le jeep verdi sono un
ricordo di noi ex bambini, oggi ultra quarantenni, il filo spinato e i cavi di
rame se li sono fregati i rumeni, le villette abbandonate sono ancora residenza
lussuosa per estese famiglie di ratti e topi di campagna dalle grandi orecchie
tonde.
La “Verde Vigna Casa Pacifista” di Comiso è
servita anche a tutto questo. Siamo rimasti qui, 35 anni, ben due generazioni,
come sentinelle, come indiani che hanno visto passare il morto sul fiume, come
guerrieri nonviolenti che hanno vegliato sul tragico declino della base nato e
di tanti nostrani parlamentari guerrafondai e di ex sindaci al soldo degli
americani.
Non
siamo rimasti a guardare.
Abbiamo
inciso! Facemmo aprire la base ai kosovari nel 1999 (anche se nessuno lo sa!),
con un lampo di genio, di un certo straordinario Vanni Spataro, stanchi di
vedere sempre villette abbandonate davanti a noi mentre migliaia di persone
cercavano rifugio e protezione politica, e da lì si arrivò alla riconversione
della prima area. Ed abbiamo rinverdito, lo scorso ottobre, lo stesso lampo di
genio, del ‘99, invitando Stefania Campo ad osservare coi suoi propri occhi lo
stato di attuale abbandono della ex base comisana, e lei è partita come un
razzo verso il ministero e il governo nazionale.
Oggi,
che la Verde Vigna di Comiso ha raggiunto il suo scopo, ci tornano in mente
tutte le mani alzate in aria, disarmate, che chiedevano Pace e Giustizia,
ricevendo invece sputi e manganellate; tutti i visi delle migliaia di giovani
venuti a Comiso per impedire l’installazione dei missili; la voce di uomini
veri come Pio La Torre, morto ammazzato anche per via della sua sete di verità;
le aggressioni verbali, e morali, di tanti concittadini che ci consideravano la
feccia della società.
Accanto
a tutto ciò, però, oggi, prevale un altro ricordo: la Verde Vigna di Comiso,
per tanti ragazzi e ragazze degli Iblei, è stato il centro dell’universo, la
migliore facoltà di studi, la più grande accademia del territorio, il motore
propulsore di tanta cultura underground, una casa calda e aperta per tanti di
noi “scappati di casa”. D’altronde avevamo tutto, il mondo veniva da noi,
l’amore ci bussava alla porta, la canapa e l’energia solare non erano un
business ed era, veramente, la migliore gioventù possibile.
Ora
è arrivato il tempo delle mele, e della raccolta dei tanti frutti buoni. Ora la
Verde Vigna è pronta per un nuovo grande obiettivo.
*La Verde Vigna di Comiso