INTORNO A TREBLINKA di
Gabriele Scaramuzza
Vasilij
Grossman non ha bisogno di presentazioni, la sua fama è vasta, e più che
giustificata. È noto anche che come corrispondente di guerra per “Stella Rossa”
è stato presente fin quasi alla fine alla battaglia di Stalingrado, e ha
seguito poi l’Armata Rossa fino a Berlino. Ha risentito non poco del suo essere
ebreo non solo per la madre trucidata dai nazisti al loro primo ingresso a
Berdičev, in Ucraina, con tanti altri parenti e conoscenti; ma anche per il vero
e proprio ostracismo che ha subito sotto Stalin e oltre, e che colpì tanti suoi
scritti, tra cui Vita e destino e Il libro nero, da lui curato
con Il’ja Erenburg.Ucraina
senza ebrei
testimonia l’agghiacciate stupore con cui Grossman constata verso la fine del
1943 l’eccidio degli ebrei in Ucraina: “Qui hanno ucciso un popolo, hanno
ucciso le case, le famiglie, i libri e una fede, hanno ucciso l’albero della
vita […]. Hanno ucciso la morale di un popolo, i suoi usi quotidiani, le
barzellette tramandate dai vecchi ai figli, hanno ucciso i ricordi, le canzoni
tristi, la poesia di una vita allegra e amara insieme, hanno devastato case,
famiglie e cimiteri”. Come
ha potuto succedere? Che cosa rende il genocidio degli ebrei “diverso dagli
altri eccidi che i tedeschi hanno compiuto ai danni di centinaia di migliaia di
persone nell’Europa occupata? Una differenza c’è. Francesi, danesi, serbi,
ucraini, russi e cechi, i fascisti li giustiziano se violano norme e leggi
fasciste […] Gli ebrei, invece, li uccidono solo perché sono ebrei. Per loro
non c’è ebreo che abbia il diritto di vivere. Essere ebreo è il crimine sommo,
ed è un crimine che si punisce con la morte”. Questo anche perché “gli ebrei
non hanno leggi che li proteggano, né eserciti che li difendano e sono quindi
un bersaglio formidabile per l’ira dei deboli e dei vinti”. Non hanno uno stato
o, meglio, non l’avevano quando Grossman scriveva, nel 1943, Ucraina senza
ebrei. Fa riflettere tuttavia che, da quando esiste Israele, esistono nazioni
e società che si sono assegnate come compito di distruggerlo. La sua esistenza
ancora oggi viene contrastata, è tuttora precaria, data per incerta e
controvertibile, per illegittima soprattutto. Eppure i tedeschi, sottolinea Grossman, “non sono
una nazione di assassini e criminali”. Criminale se mai è il sentirsi una
nazione eccezionale, al di sopra di tutte le altre – per chi si sente tale, e
sono ben lungi dall’esserlo tutti per fortuna. Inaccettabile è l’arroganza, il
senso di superiorità, il disprezzo verso gli altri, il nazionalismo. Cose che
furono purtroppo tipiche anche di certo Wagner: un uomo di una volontà così
ferrea e indomabile che ci si chiede da cosa venga il suo conclamato amore per
la schopenhaueriana noluntas, e per il buddismo. La sua vita, il suon accanito
dogmatismo dicono tutt’altro.
Superata
l’Ucraina, l’Armata Rossa, muovendosi verso la Germania, attraversa la Polonia,
e lì incontra Treblinka, cui Grossman dedica L’inferno di Treblinka
(Adelphi, 2010), che fu portato a testimonianza al processo di Norimberga. A Treblinka
fu comandante per qualche mese tra il ‘42 e il ‘43, dopo esserlo stato a
Sobibor (in seguito passò anche per la Risiera di San Sabba, sempre agli ordini
di Hitler), Franz Stangl – intervistato poi da Gitta Sereny nel terribilmente toccante
In quelle tenebre.Per
contrasto, e per far meglio risaltare quanto resta agghiacciante di quel campo
di sterminio, Grossman scrive La Madonna di Treblinka (ed è noto quanto
dalla Madonna Sistina, qui rimessa in
gioco, abbia attratto la cultura russa, Dostoevskij in particolare): “La madre
allatta il figlio, mentre la folla erige muri, stende il filo spinato,
costruisce baracche… E all’interno di silenziosi palazzi si progettano camere a
gas, forni crematori…. È venuto il tempo dei lupi, gli uomini vivono la vita delle
bestie feroci. In questo tempo la giovane madre partorì e allevò il bambino”. Il
tema dell’umano è onnipresente nelle opere di Grossman, ma in nessun luogo
assume tanto autonomo risalto quanto nel racconto La Madonna Sistina. È
un simbolo terreno questa Madonna; paradossalmente scrive Grossman: “Ho
l’impressione che questa Madonna sia l’espressione più atea della vita,
dell’umano senza la presenza del divino”. Rinvia a un mondo da cui Dio è
scomparso, come a Treblinka; come ai “terribili anni di carestia, ai figli dei
bottegai e degli artigiani ebrei durante il pogrom di Kisinëv, ai bambini dei minatori
quando l’urlo della sirena annunciava al villaggio impazzito un’esplosione in
miniera”, come alla “triste fatica delle operaie in fabbrica”. Molto cambia
nella storia, ma “un solo fatto resta immutabile: si tratta sempre di un
destino triste…”. Nei loro sguardi la Madre e il Figlio recano impresso
l’orrore e la distruzione, li conoscono, eppure non se ne lasciano sommergere:
“la forza della vita, la forza dell’umanità è enorme, e neppure la violenza più
feroce e sistematica è in grado di sottometterla, può soltanto ucciderla. Ecco
la ragione della serenità che appare sui volti della madre e del figlio: sono
invincibili. Anche nelle epoche più terribili la distruzione della vita non
significa la sua sconfitta”. [A
proposito della versione italiana di La Madonna a Treblinka, stupisce
che nel secondo risvolto di copertina si sostenga che proprio a Treblinka
Grossman avrebbe scoperto che la madre era stata trucidata dai nazisti, e che
si citi Vita e destino solo nella edizione di Jaca Book, senza neppure accennare
a quella di Adelphi].Dopo
che ho scritto, nel mio Smarrimento e scrittura, il capitolo “Vasilij
Grossman: terrore e utopia”, non poco altro è uscito su questo grande scrittore;
tra cui segnalerei, di Giovanni Maddalena, Il pensiero di Vasilij Grossman,
edito a Torino nel 2023 da Rosenberg & Sellier. Un testo assai
significativo; anche se non l’ho ancora potuto rileggere con la distensione che
merita. Vasilij
GrossmanUcraina
senza ebrei,a
cura di Claudia Zonghetti
Adelphi,
Milano 2023, pp. 80, € 5. Vasilij
GrossmanLa
Madonna di Treblinkatrad.
di M. A. Curletto
prefazione
di Marzio Pieri con
un saggio di Maurizio Cecchetti Medusa,
Milano 2023, pp. 71, € 11.
Come
ha potuto succedere? Che cosa rende il genocidio degli ebrei “diverso dagli
altri eccidi che i tedeschi hanno compiuto ai danni di centinaia di migliaia di
persone nell’Europa occupata? Una differenza c’è. Francesi, danesi, serbi,
ucraini, russi e cechi, i fascisti li giustiziano se violano norme e leggi
fasciste […] Gli ebrei, invece, li uccidono solo perché sono ebrei. Per loro
non c’è ebreo che abbia il diritto di vivere. Essere ebreo è il crimine sommo,
ed è un crimine che si punisce con la morte”. Questo anche perché “gli ebrei
non hanno leggi che li proteggano, né eserciti che li difendano e sono quindi
un bersaglio formidabile per l’ira dei deboli e dei vinti”. Non hanno uno stato
o, meglio, non l’avevano quando Grossman scriveva, nel 1943, Ucraina senza
ebrei. Fa riflettere tuttavia che, da quando esiste Israele, esistono nazioni
e società che si sono assegnate come compito di distruggerlo. La sua esistenza
ancora oggi viene contrastata, è tuttora precaria, data per incerta e
controvertibile, per illegittima soprattutto.
Dopo
che ho scritto, nel mio Smarrimento e scrittura, il capitolo “Vasilij
Grossman: terrore e utopia”, non poco altro è uscito su questo grande scrittore;
tra cui segnalerei, di Giovanni Maddalena, Il pensiero di Vasilij Grossman,
edito a Torino nel 2023 da Rosenberg & Sellier. Un testo assai
significativo; anche se non l’ho ancora potuto rileggere con la distensione che
merita.
Adelphi,
Milano 2023, pp. 80, € 5.
prefazione
di Marzio Pieri