TRA LA PACE E LA GUERRA
di
Franco Astengo
La
prima guerra mondiale uccise 10 milioni di persone. Una catastrofe che durò quattro lunghissimi anni. Un
immenso sacrificio umano compiuto sull’ara laica del più cieco nazionalismo. Da una parte gli interessi di pochi uomini
potenti e dall’altra comuni soldati seppelliti sotto il fango, il sudore, le
lacrime delle trincee.
La terribile mattanza iniziata il 28 giugno
1914 con l’attentato di Sarajevo si concluse l’11 novembre 1918. Mosso da una forte preoccupazione per la
ripresa delle idee sovraniste, la crisi delle organizzazioni internazionali, i
rischi di guerra insiti in una ripresa di confronto diretto tra le grandi
potenze, il massacro che si sta realizzando tra Medio Oriente e Ucraina, ho
preso spunto dalla ricorrenza riguardante la conclusione della prima guerra
mondiale per compilare questo appunto, dai contenuti meramente didascalici. Il tema che mi sta a cuore è quello del
sorgere di un evidente pericolo di scivolamento del quadro internazionale su
posizioni nazionaliste (oggi appunto definite “sovraniste”): un
fenomeno accentuato anche dalle condizioni dettate dal protrarsi dell’emergenza
sanitaria e dal peso dei flussi migratori dovuti alle guerre e all'aumento
delle distanze economiche, sociali, ambientali.
È vero che siamo di
fronte ad un fallimento come quello della Nato, dell’UE, dell’insieme dell’idea
di soggetti sovranazionali (i BRICS rappresentano soltanto un punto di
carattere commerciale e non certo hanno ripristinato lo “spirito di Bandung”) e
al “ritorno all’indietro” di quello che era stato definito come processo di
“globalizzazione”.
L’idea della “cessione di sovranità” dello Stato-Nazione
era stata incautamente accelerata mentre emergevano, ed emergono, da parte
delle grandi potenze posizioni di tipo imperialista. Si deve allora
ricordare la conclusione della Grande Guerra mentre sembra risorgere il
nazionalismo, vera matrice di quell’immane conflitto. Il nazionalismo racchiude in sé tutte le
chiusure che si stanno verificando anche qui nell’Occidente sul piano etico,
culturale, dell’interscambio. Un Occidente che i
cultori della “fine della storia” pensavano di considerare ancora il punto più
avanzato di espressione del pensiero del progresso politico. È necessario allora tornare a far capire che
tutte le lotte: contro il razzismo, il militarismo, la sopraffazione di genere,
portano in sé una matrice comunque che è quella dello sfruttamento. Lo sfruttamento che nasce dall’imposizione
della logica del profitto sull’insieme delle attività umane.
Il ritorno di Trump
avvicinerà ancora di più il pericolo di ulteriori processi di imbarbarimento. Le forme nelle quali il nazionalismo si è
storicamente espresso possono essere così riassunte:
1) Autoritarismo
2) Interventismo
armato
3) Apologia della
guerra
Morti della Seconda guerra mondiale
tra i 60 e i 68 milioni tra civili e militari
In sostanza sono
stati questi i criteri di politica interna ed estera assunti dalle maggiori
potenze europee nel ciclo della crisi internazionale che ha portato al
conflitto del 1914 e successivamente a quello del 1939 e che oggi stanno
pericolosamente tornando in auge alimentati anche dal governo italiano.
Gli elementi del
nazionalismo, dell’autoritarismo e dell’interventismo armato rappresentarono i
vettori ideologici per il disciplinamento delle masse e per la loro completa
identificazione nel patriottismo fanatico. La
competizione politica, a quel punto, si era trasferita sul terreno delle
ideologie autoritarie e di origini biologiste (vedi antisemitismo) e della
vocazione imperialista.
Insomma: i punti
salienti sui quali si sono innestate le catastrofi del ’900 e che oggi, in
veste modernizzata dalla tecnologia e dalla velocità di comunicazione, sembrano
riproposte dalle maggiori potenze mondiali (affari militar-energetici compresi)
come dimostra la contesa sui diversi aspetti della transizione in atto: una
transizione dagli imperscrutabili possibili esiti.
tra i 60 e i 68 milioni tra civili e militari