MILANO NEL CUORE
di Angelo Gaccione
“L’amministrazione di una città consiste nella cura
che ciascuno ne fa per la sua parte”
Licurgo (Da:
Contro Leocrate)
Da destra: Consonni, Ravizza (al centro), Gaccione a sinistra. |
Non ho sangue milanese nelle vene, ma spesso i figli adottivi si rivelano più affettuosi e riconoscenti dei figli “legittimi”. Non possiedo l’uso della lingua (la lingua dialettale, perché possiedo la mia, quella calabrese) e come scrittore so bene cosa questo significa. Ma so, altresì, che a possederla è solo una piccola minoranza, e a coltivarla sono rimasti pochi temerari: come dire, una gocce in un oceano. È probabile che col tempo non ne rimarrà traccia (già oggi a scriverla correttamente è una ristretta aristocrazia), e non potranno più esser letti autori come Bonvesin de la Riva, Porta, Tessa, e capiti autori come Manzoni, Emilio De Marchi e Gadda.
Si perderanno nella nebbia dell’incertezza i significati di nomi, luoghi e memorie. Si saprà sempre meno di cucina, di storia e di lavoro: vale a dire, della sola attività umana che ha permesso agli uomini di inventare, creare, realizzare, modificare; di usare cioè, l’intelletto e le mani. E ignorando cos’è stato il lavoro, non si avrà idea della fatica e del dolore: elementi che modificano in profondità l’essenza di ciascun uomo, e ne risvegliano i sentimenti di solidarietà, di compassione, di condivisione. Ricordiamoci che senza solidarietà non c’è umanità.
L’uso di una sola lingua è un atto totalitario: ci livella tutti e ci
trasforma in un’unica orda di piccoli borghesi. Non avremo più alcuna
consapevolezza delle dinamiche sociali, dei conflitti che sono stati e che
saranno. E con la perdita definitiva della lingua dialettale, perderemo non
solo la forza espressiva, ma l’humus e l’ironia, che connotano una comunità e
ne definiscono i tratti del suo carattere.
Ma so altre cose ancora: che la maggior
parte dei suoi abitanti (di Milano) è indifferente al destino della città e
poco se ne cura; e che un’altra buona parte non solo non la conosce, ma appena
può corre altrove, come se la sua città fosse invasa dalla peste.
Non è questo il mio caso.
Il mio itinerario intellettuale e il mio impegno civile danno conto di un’altra
storia. E se mi sono trovato, e mi trovo, in conflitto con i vari poteri della
città, è solo perché della città ho preso e prendo le difese; e sto da una
parte sola: dalla parte degli interessi collettivi contro le consorterie e le lobbies di ogni tipo, che si annidano
impudentemente a destra e a sinistra.
Martedì 15
dicembre (anniversario della morte di Pinelli), c’è stato, questa volta
ospitato dal Caffè Letterario “Gogol’Ostello” di via Chieti, un ennesimo
incontro sulla città, partendo dal mio libro “Milano città narrata”. Assieme alle importantissime riflessioni di
un architetto e urbanista come Giancarlo Cosonni e di un poeta come Filippo
Ravizza, sono stati letti versi affettuosi verso la città, proiettate immagini,
messo in rilievo ciò che non va, esaltate le sue eccellenze com’è naturale, in
un confronto vivace e appassionato, grazie anche alla presenza di esponenti di
vari Comitati. Per l’occasione sono giunti alla mia persona e all’indirizzo di
“Odissea”, testimonianze, messaggi, testi poetici, di milanesi impossibilitati
ad essere presenti perché fuori città o per precedenti impegni. Di alcuni diamo
conto qui, pubblicandoli sulla prima pagina del giornale.
***
IL RISCHIO È CHE DIVENTI UNA CITTÀ
SENZA MEMORIA E SENZA ANIMA
Particolare della Basilica di S. Ambrogio |
Caro Angelo, sono come faccio ogni tanto, a Chiavari fino al 20 Dicembre. Non hai idea di quanto mi piacerebbe partecipare a questo incontro su Milano. Sono figlio di questa città e delle sue periferie. Figlio di un tempo in cui Milano era, secondo i criteri di questa odierna classe politica, di destra e di sinistra, cittadina, una brutta città. Senza grattacieli, senza Prada, senza una finta darsena. Però era viva come poche altre città e diversa dalle altre con una sua identità. Era una città dove la voce delle periferie era la voce della intera città. Quella che diventava cultura, ispirava e educava gli intellettuali. Se pensavi a Milano, pensavi solo al Piccolo teatro e al Nost Milan di Streler, al De Sica di Miracolo a Milano, a Jannacci, a Gaber, al Visconti di Rocco e i suoi fratelli, agli operai del mio reparto che andavano almeno 2 o 3 volte all'anno alla Scala con i biglietti del sindacato, ai carri di Tespi che ancora negli anni 50 arrivavano nei quartieri a recitare. Ai cantastorie che a mezzogiorno venivano davanti alla fabbrica e cantavano storie di banditi (Bezzi e Barbieri), di proletari sfruttati o di delitti passionali (la Rina Fort). Questa era l'identità di Milano: La voce delle sue periferie delle sue fabbriche dei suoi bar.
Caro Angelo, ho amato questa città in un modo che oserei dire: struggente. Sono nato a Baggio ho trascorso la mia infanzia e la mia gioventù tra Via Rubens e le case popolari di San Siro. La Borletti di via Washington, i bar di periferia, i prati dove portavi le ragazze in camporella e... 45 anni dentro la sua politica e i suoi movimenti che l'hanno attraversata tutta. Oggi tutto ciò è sparito, non solo dalla realtà, cosa che era ovvio avvenisse, ma è sparito dalla memoria dei cittadini. Tacciono gli intellettuali, si accodano e si accomodano nelle maglie di ciò che è gradito a chi esercita il potere e a quella "pappetta informe" del ceto sociale che abita il suo centro. La voce ufficiale dice che Milano è bella e che questo miracolo è avvenuto in virtù dei 4 anni di giunta Pisapia. È l'intero popolo di sinistra che scopre che Milano è diventata bella... bellissima... felice, piena di gioia come ci ripete ad ogni intervista a radio Popolare o alla 7, la candidata sindaca Balzani... che nulla sa di Milano e della sua storia. Ma per me, purtroppo, non è così. Ora Milano mi mette tristezza. La vecchiaia? La nostalgia? Non so. So però che una città non può essere bella se la sua identità si ritaglia sul suo centro più o meno ricco. Sullo shopping internazionale di lusso, sulla movida per giovani "indifferenti" (in senso gramsciano), omologati, conformisti, senza memoria e senza anima. Ben vengano momenti e luoghi dove far rivivere la memoria, non possono che far bene e essere nostalgici non è un peccato politico.
Un abbraccio.
Emilio
[Emilio Molinari, Chiavari, 13 dicembre 2015 ore 19,42]
***
PROTEGGERE LA LOGGIA DEI MERCANTI
MEMORIA PARTIGIANA
Veduta della Loggia dei Mercanti |
Gentile
Dott. Gaccione,
purtroppo non mi è
possibile partecipare alla vostra interessante iniziativa.
Voglio comunque
sottolineare lo stato di degrado in cui versa uno dei luoghi più significativi
di Milano, Città medaglia d'Oro della Resistenza: la Loggia dei Mercanti. Sotto
la Loggia sono scolpiti i nomi di 1739
Combattenti per la Libertà, di oppositori politici, di lavoratori, di ebrei
milanesi deportati nei lager nazisti, da cui non fecero ritorno. Abbiamo
presentato un progetto di riqualificazione della Loggia ideato dall'architetto
Cini Boeri per fare di essa, attraverso una serie di importanti interventi, un luogo di meditazione per le
giovani generazioni sul ruolo svolto da Milano durante la Resistenza. Purtroppo
questo progetto presentato qualche anno fa alla Sovrintendenza ai beni
architettonici è stato bocciato. Gli unici interventi concessi (fatti a spese
dell'ANPI) hanno riguardato: la pulizia delle 19 lastre di bronzo sulle quali
sono scolpiti i nomi dei Combattenti per la Libertà, la loro illuminazione
attraverso faretti e la realizzazione all'ingresso della Loggia di una stele,
ideata dall'arch. Cini Boeri, con la scritta "Milano per la
Resistenza". E' nostra
intenzione ripresentare questo progetto, anche alla luce della volontà
dell'Amministrazione Comunale di effettuare un intervento conservativo, perché
riteniamo che la loggia sia uno dei luoghi importanti della Memoria e della
storia di Milano, capitale della Resistenza.
Cordiali saluti.
Roberto Cenati
- Presidente ANPI Provinciale di Milano
[Milano, 14
dicembre 2015 ore 19,50]
***
La città dimentica le sue
origini e i suoi valori
Murales sotto il ponte malconcio di San Cristoforo (foto: T. Rovelli) |
Grazie per l'invito Angelo,
colgo nei riferimenti
citati nella locandina, un'aurea romantica è dimenticata. La città che amavo non
è più la mia città. Milano nella sua storia antica ha mostrato per merito della
sua cittadinanza aspetti inconsueti e inaspettati. In quell'arco o porta, in
mezzo alla piazza, vi sono raffigurate delle conchiglie con una perla al
centro. Simboli e messaggi di un mondo valoroso che nessuno mai più considera.
La città dimentica le sue origini e i suoi valori, e nonostante lo sforzo
profuso di noi tutti, abbiamo smarrito la memoria, che nonostante le nostre
diverse origini, ci univa in un unico scopo.
Domani sera non potrò
esserci, ho preso altri impegni. Capiterà l'occasione di poterci conoscere. Un
sincero grazie.
Giorgio Messina
[Milano, 14 dicembre 2015,
ore 22:23]
***
DUE POESIE INEDITE DI CONSONNI
Vecchio filobus milanese |
Filovia
La 90 abbraccia la città,
leggo in pace.
Non c’è il mare?
Ci sono tutte le lingue del mondo.
***
Casa
Quando vorresti che la fermata
non arrivasse mai
stai leggendo sul tram
e quella è la tua casa.
Giancarlo Consonni
[Le poesie sono tratte da: Filovia,
in uscita da Einaudi nella primavera 2016]
***
Milano
Università degli Studi |
Una non subitanea bellezza
vanta
Milano, ma pudìca,
come certe
sue segrete corti
e le ombrose
vie discoste
dove
antiche ringhiere e ballatoi,
nell’ombra
di silenti trame,
trattengono
soffici brume
e il
traboccare verdeggiante
dei
fogliami oltre i cancelli.
Milano è città che sale, fremente
non volge il suo sguardo indietro,
né si ferma, affannoso il respiro.
Il suo cuore inesausto galoppa,
nel tempo s’avvolge inarrestabile
verso temerarie altezze di cristallo.
La sua bellezza, tuttavia,
è nei selciati sonori,
nei corsi d’acqua quieti
nei marmi delle chiese assorte
laddove sfuma l’imporporarsi
tenue dei crepuscoli lontani,
quando il cielo della Lombardia
vasto e bello già s’abbruna.
Claudio
Zanini
[14.
12. 2015]
***
Il
Panettone Cupolone
Valeria Rondoni |
Fu un gran giorno benedetto dal Natale
quello in cui, dalla Corte
degli Sforza,
un grosso Panettone arrivò sulla tavola medicea:
Gliè bono di nulla, pigliane anche te!
diceva Cosimo offrendo grandi fette a Pippo L'Architetto
che ammirato trangugiava quel bel dolce milanese...
e fu lì a quel desco natalizio che la forma
si creò nella sua mente: te lo rifò in muratura
a otto spicchi ottagonali, che ricordano un arancio,
ma tu guarda 'sti canditi cosa arrivano a creare.
È con l'antica corte di Milano che la mia Firenze
si contende la sua forma più famosa:
tra zibibbo, uova e la farina per la base e il tamburo
con aurea proporzione... nasceva il Cupolone!
***
un grosso Panettone arrivò sulla tavola medicea:
Gliè bono di nulla, pigliane anche te!
diceva Cosimo offrendo grandi fette a Pippo L'Architetto
che ammirato trangugiava quel bel dolce milanese...
e fu lì a quel desco natalizio che la forma
si creò nella sua mente: te lo rifò in muratura
a otto spicchi ottagonali, che ricordano un arancio,
ma tu guarda 'sti canditi cosa arrivano a creare.
È con l'antica corte di Milano che la mia Firenze
si contende la sua forma più famosa:
tra zibibbo, uova e la farina per la base e il tamburo
con aurea proporzione... nasceva il Cupolone!
Valeria Rondoni