SICILIA AMARA
Comune di Falcone.
Al via il processo al giornalista Antonio Mazzeo.
“Odissea” è
apertamente schierata con il nostro collaboratore di Messina
e con le sue
indispensabili battaglie civili e morali.
Nella foto Antonio Mazzeo |
Giovedì 10 dicembre alle ore 9
prenderà il via davanti al Tribunale di Patti (Messina) il processo contro il
giornalista Antonio Mazzeo, imputato del reato di cui agli artt. 81 e 595 comma
3 (diffamazione a mezzo stampa) a seguito di una querela presentata dal Comune
di Falcone per l’inchiesta pubblicata sul periodico I Siciliani giovani (n.7
luglio-agosto 2012), dal titolo “Falcone comune di mafia fra Tindari e
Barcellona Pozzo di Gotto”. Nella lunga inchiesta venivano descritte alcune
vicende che avevano interessato la vita politica, sociale, economica ed
amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica del messinese
(speculazioni immobiliari dalle devastanti conseguenze ambientali e
paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008, ecc.) nonché
le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel
territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona
Pozzo di Gotto. Il 24 agosto 2012, una settimana dopo la pubblicazione
dell’inchiesta, la Giunta comunale di Falcone con il Sindaco avv. Santi Cirella
e gli assessori Pietro Bottiglieri, Giuseppe Battaglia e Giuseppe Sofia,
deliberò, onde tutelare l’immagine e la rispettabilità del paese, di conferire
l’incarico all’avv. Rosa Elena Alizzi del foro di Barcellona per sporgere
querela nei confronti di Antonio Mazzeo. Il 7 febbraio 2013, il Pubblico
ministero Francesca Bonanzinga depositò una richiesta di archiviazione per il
giornalista, contro cui fu presentata opposizione da parte della legale del
Comune. L’8 luglio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Patti, dott.ssa Ines Rigoli, decideva di rigettare la richiesta di
archiviazione e ordinava al Pm di formulare l’imputazione a carico del
giornalista. Quattordici giorni dopo la Procura di Patti disponeva il rinvio a
giudizio e fissava l’apertura del processo per il 10 dicembre. Nella sua
richiesta di archiviazione, il Pm Bonanzinga aveva riportato che Antonio
Mazzeo, “seppur utilizza toni particolarmente forti ed espressioni suggestive,
a parere di quest’ufficio, non travalica il limite di critica politica/storica
posto che nella ricostruzione della storia del Comune di Falcone richiama fatti
da sempre ricollegati al paese nonché problematiche sociali che attengono alla
realtà del territorio locale”. “Nel caso di specie, proseguiva il Pm, la
critica mossa dal giornalista non si risolve in un attacco sterile e offensivo
nei confronti del denunciante ma in una amara riflessione sulla storia del
Comune di Falcone, ove, il denunciante viene menzionato solo perché facente
parte della gestione dell’Amministrazione Comunale”. Per tutto questo,
concludeva la dott.ssa Bonanzinga, “non sussistono, pertanto, elementi
sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’odierno
indagato”. La penetrazione criminale nel tessuto sociale di quella parte della
fascia tirrenica del messinese che da Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto si
estende sino a Furnari, Falcone e Mazzarrà Sant’Andrea è stata documentata in
centinaia di atti giudiziari, ordinanze di custodia cautelare, operazioni
antimafia e sentenze anche passate in giudicato (vedi ad esempio quelle
scaturite dalle operazioni Mare Nostrum, Torrente, Vivaio, Gotha, ecc.).
Numerose indagini hanno poi accertato come ville e villini a Falcone e nel
vicinissimo villaggio turistico di Portorosa (Furnari) siano stati utilizzati
nel tempo come comodi rifugi per le latitanze di boss e gregari di mafia, anche
provenienti dal palermitano e dal catanese. A Falcone, in particolare, ha
risieduto stabilmente il mafioso Gerlando Alberti Junior, condannato in via
definitiva per aver assassinato, nel dicembre del 1985, la diciassettenne
Graziella Campagna di Saponara, testimone inconsapevole degli affari di droga e
armi della borghesia mafiosa peloritana. Fatti storici inconfutabili
dimenticati dagli odierni amministratori di Falcone, come è stato pure ignorato
che gli ultimi tre reggenti della brutale cosca operante tra Patti, Furnari,
Mazzarrà e Montalbano Elicona, alleata della mafia barcellonese (in ordine,
Carmelo Bisognano e Santo Gullo, odierni collaboratori di giustizia, e
Salvatore Calcò Labruzzo, condannato all’ergastolo in primo grado il 19
dicembre 2014 al processo Gotha-Pozzo 2) sono nati o hanno risieduto per
periodi più o meno lunghi proprio a Falcone, dove, tra l’altro, hanno pure
insediato alcune delle loro attività economiche più o meno lecite. Nel decreto
di citazione a giudizio di Antonio Mazzeo, il Tribunale di Patti afferma
altresì che egli avrebbe offeso “l’onore e il decoro di Cirella Santi, quale
Sindaco del Comune di Falcone”, perché nell’inchiesta giornalista pubblicata
nell’estate 2012 compare in particolare l’affermazione che “a Falcone si
sospetta che Salvatore Calcò Labruzzo possa aver condizionato l’esito delle
elezioni comunali del 29 e 30 maggio 2011, che hanno confermato Sindaco
l’avvocato Santi Cirella (…) Malavitosi, per lo più sconosciuti agli ambienti
falconesi, avrebbero percorso il paese, casa per casa, per fare incetta di
voti…”. Ebbene, quanto allora riportato dal giornalista, era stato più volte
denunciato pubblicamente dal candidato a sindaco sconfitto alle elezioni
amministrative, il bancario Marco Filiti, presidente del Comitato Rinascita
Falconese, sostenuto elettoralmente da Sel, Fli ed ex Pdl. In un documento
inviato il 3 agosto 2011 al Ministero degli interni e al Prefetto di Messina,
pure i consiglieri del gruppo d’opposizione Falcone città futura scrivevano che
“da notizie di stampa maturate a seguito di indagini giudiziarie, si è avuta conferma
che elementi che hanno partecipato attivamente e fattivamente alla
determinazione dell’esito elettorale amministrativo, risultano coinvolti in
tali fatti criminali”. Alcuni di essi sarebbero stati successivamente
riconosciuti nei volti comparsi sui quotidiani del 25 giugno 2011, con gli
arresti delle operazioni antimafia Gotha e Pozzo 2. “Durante i giorni della
campagna elettorale, ha dichiarato Marco Filiti, ho personalmente segnalato sia
alla locale Stazione dei Carabinieri di Falcone che alla Questura di
Barcellona, il ripetersi di atti vandalici e intimidatori nei nostri confronti,
con il danneggiamento sistematico del nostro materiale elettorale e con la
comparsa di scritte ingiuriose sui nostri manifesti: il tutto è evidentemente
verificabile dagli atti depositati”. A destare una certa inquietudine fu in
particolare la presenza tra i candidati alle amministrative nel gruppo
pro-Cirella di Maria Calcò Labruzzo, nipote di primo grado proprio di Salvatore
Calcò Labruzzo (è figlia del fratello, anch’esso allevatore), avvocata con
laurea alla prestigiosa Bocconi di Milano, e risultata poi la consigliere
comunale più votata di tutti i 36 candidati delle tre liste partecipanti, con
ben 159 preferenze personali. Madrina al battesimo della figlioletta di uno dei
figli dello zio Salvatore, Maria Calcò Labruzzo è sorella di Antonio Calcò
Labruzzo, imprenditore edile con diversi lavori effettuati a favore del Comune
di Falcone. In molti ricordano ancora come il giorno delle nozze, proprio
Antonio fu accompagnato all’altare dalla zia Concetta Maggio, moglie di
Salvatore Calcò Labruzzo. In un verbale zeppo di omissis, in data 28 settembre
2011, il collaboratore di giustizia (ex boss), Santo Gullo, nato e residente a
Falcone, ad una specifica domanda degli inquirenti rispose che “la nipote di
Calcò Labruzzo Salvatore è stata eletta al Comune di Falcone anche con i voti
provenienti dalla sua famiglia”. “Calcò Labruzzo Salvatore mi chiese di
raccogliere voti per lei, ma in questo caso non ricorremmo all’organizzazione,
né ci avvalemmo di alcun mezzo illecito”, aggiunse Gullo. “Mi risulta che il
fratello, però, pretendesse di ottenere dei lavori nell’ambito di tale Comune”.
Numerosi tra i falconesi i testimoni del pressing elettorale a favore della
candidata Maria Calcò Labruzzo da parte del chiacchierato zio Salvatore e di
altri appartenenti alla famiglia allargata dei Calcò Labruzzo. Il 24 settembre
2013, il capogruppo di minoranza al Comune di Falcone, Carmelo Paratore
(componente del direttivo provinciale del Pdl), ne ha parlato all’udienza del
procedimento contro cinque consiglieri comunali “rei” di aver sottoscritto un
documento che rilevava sospette anomalie nella vita amministrativa locale (il
processo si è concluso con una sorprendente condanna degli imputati, nonostante
originariamente il Pm ne avesse chiesto il non luogo a procedere). “Il signor
Calcò Labruzzo Salvatore ha partecipato attivamente alla campagna elettorale
con tutta la famiglia, l’ho visto con i miei occhi e lo posso dimostrare”, ha
dichiarato Carmelo Paratore. “Ho visto altri elementi implicati nel
procedimento Gotha partecipare alla campagna elettorale (…) Io stesso sono
stato circondato dalla famiglia Calcò nell’ufficio elettorale comunale. Quel
giorno loro ci volevano buttare, insieme all’attuale vicesindaco, allora
assessore Pietro Bottiglieri, fuori dall’ufficio elettorale. Di questa mia
affermazione c’è traccia per la denunzia fatta alla Caserma dei Carabinieri,
che sono intervenuti nell’immediatezza e può essere confermato dai dipendenti
comunali che lì erano presenti. Ad assediare il Comune di Falcone non c’era
solo la famiglia Calcò. Basta prendere la stampa degli ultimi due anni per
capire che i personaggi sono tanti. Io sono a conoscenza che molte delle
persone, di cui la stampa dice di essere mafiose e sono oggi incriminate, hanno
preso parte alla campagna elettorale. Faccio riferimento anche ai Campanino,
alla famiglia del collaboratore di giustizia Gullo, il cui cugino primo è
consigliere comunale dell’attuale amministrazione, al Bisognano, la cui nipote
era sposata con un consigliere comunale della precedente amministrazione…”. Un’inquietante
vicenda si registrò lunedì 30 maggio 2011, secondo giorno di elezioni, quando a
meno di un quarto d’ora dalla chiusura dei seggi, all’ufficio elettorale erano
presenti numerosi congiunti dei Calcò Labruzzo (tra gli altri, lo “zio”
Salvatore con la moglie; il di loro figlio Antonino, veterinario presso l’ASP
di Barcellona e titolare di un ambulatorio a Falcone; Sebastiano Calcò
Labruzzo, altro fratello di Maria, immortalato qualche ora dopo dai
fotoreporter mentre sosteneva sulle proprie spalle il riconfermato sindaco
Santi Cirella). Essi intendevano supportare la “richiesta” dei certificati
elettorali da parte di una decina di cittadini stranieri residenti nel comune.
“Davanti al seggio di Falcone e in quello di contrada Belvedere stazionarono in
pianta stabile per tutti i due giorni di elezioni tanti componenti della
famiglia Calcò Labruzzo insieme a diversi allevatori-sostenitori nebroidei”,
riferiscono alcuni testimoni. “Quando la domenica mattina mi recai in visita al
seggio di Belvedere ebbi un’amara sorpresa”, ricorda Marco Filiti. “Al tavolo
della presidenza c’era tranquillamente seduta Maria Calcò Labruzzo. Mi recai
subito all’uscita per invocare l’intervento del carabiniere che presidiava
l’ingresso del seggio. Constata la presenza al tavolo della Calcò, egli ordinò
a noi tutti candidati di allontanarci immediatamente dai locali di voto”. Relativamente
alle criticità registrate alle amministrative 2011 e più in generale sul
rischio d’infiltrazione criminale nella vita politica-amministrativa di
Falcone, sono state presentate tre dettagliate interrogazioni parlamentari: la
prima il 12 novembre 2012 da parte dell’on. Antonio Di Pietro (Idv), la seconda
il 24 ottobre 2013 dal sen. Domenico Scilipoti (Forza Italia), la terza e
ultima il 25 settembre 2015 dai deputati del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva
(membro della Commissione Parlamentare Antimafia), Villarosa, Lorefice,
Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri. “È necessario rilevare come
nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante
quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose
indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali,
deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati Gotha e
riguardanti il sistema mafioso di gestione degli appalti nel territorio
barcellonese, avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale garantire
l’affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità organizzata”,
scrivono i parlamentari di M5S. “In seguito alle numerose indagini portate
avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a oggi, tali
dichiarazioni hanno potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per
associazione mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte
risultate vincitrici degli appalti; tra questi avvenimenti particolare rilievo
assume proprio l’affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal
territorio dei fanghi causati dall’alluvione del 2008 a un imprenditore
ritenuto legato ad ambienti di tipo malavitoso…”. Guai però a riportare tali
fatti in un articolo di cronaca. A Falcone la mafia non esiste e affermare il
contrario è profondamente lesivo dell’immagine e dell’onorabilità della città,
ritengono sindaco e amministratori. Da qui il processo contro il giornalista
Antonio Mazzeo che a Patti sarà difeso dall’avvocato Carmelo Picciotto.