Teatro
Il GIARDINO DEI CILIEGI NELLA REGIA DI DODIN
di Leonardo Filaseta
Anton Cechov |
Dal 23 al 26/11 è andato in scena Il giardino dei ciliegi di Cechov del
più grande regista teatrale della Russia e, forse, del mondo: Lev Dodin.
Semplice la
trama. La giovane vedova Ljuba, che ha perso un figlio di 5 anni annegato,
lascia nel paese in affido la figlia giovane e un’altra adottiva e scappa a
Parigi col suo amante. Da costui delusa, ritorna al paese: festeggiata dalle
figlie Anja e Varja, dal fratello Gaev, dalla governante Charlotta, dall’eterno
studente Petja, dal contabile Semion e dall’anziano cameriere Firs. La festa è
nel giardino dei ciliegi, nido delle vecchie memorie: l’incantesimo
dell’infanzia. Tra i tanti convenuti si fa avanti anche Lopachin, figlio di
servi della gleba, divenuto ricco mercante, che le annuncia che villa e
giardino per debiti andranno all’asta e le propone di fare nel giardino
miniappartamenti da affittare. Ljuba orgogliosa non ci sta e gli propone di
sposare la figlia adottiva Varja. Lopachin tentenna, si presenta all’asta e
compra tutto. Ljuba torna in Francia, una delle figlie va a fare l’impiegata,
l’altra si accasa da una zia, il fratello trova un posto in banca, Firs rimane
a guardia della villa e Lopachin ringalluzzito si dà alla pazza gioia. ecadenza
dell’aristocrazia? Anche comunque , esempio palmare di laceranti conflitti nel
processo storico. Come eco risonante, a noi può evocare una fabula meno dura e
più recente: “Il gattopardo”.
Un’interpretazione del mondo di Cechov e sintetizzato dallo storico del teatro
S. D’Amico: “Quando in un dramma di Cechov s’alza il sipario, la sconfitta è
già avvenuta; le sue creature non lottano; non hanno volontà… Cechov
rappresenta con note accorte, discrete, lievi, un mondo di creature abuliche e
disfatte”.
Dodin
capovolge l’approccio con un nuovo procedere della fantasia sia
nell’ambientazione che nella recitazione, facendo del “Giardino” l’aurora del
mondo e degli attori i portatori coraggiosi del cambiamento. Inizia col filmato
di un incantevole paradisiaco giardino con sentiero lontanantesi di ciliegi
dove tutti scoppiano in allegre risate e danze vorticose. Cala il sipario e in
un praticabile avanscena e un biliardo(ci giocherà Gaev), l’arrivo di Ljuba
affascina e lascia estasiati famigliari, dipendenti e amici. Il clima giocondo
s’attenua ma noi siamo passo passo rapiti da uno stile di recitazione pacato,
pausato, solenne. Si crea un’intensa partecipazione all’aura affabulato ria
degli intervenuti . tutti portatori di un entusiasmo evocativo, di felicità di
vivere: dalla sicura fervida protagonista al pacifico e serafico fratello, dal
tono profetico dell’anziano cameriere allo sbarazzino e ridanciano studente
fuori corso, dalla scoppiettante governante Charlotta al calcolatore Lopachin.
Il qual cerca di portare alla realtà dei
debiti e della messa all’asta di villa e giardino e propone alla padrona di
fare del giardino appartamentini da affittare. Trova resistenza nella calma
imperturbabile Ljuba che conduce tutti a una presa di coscienza della
situazione mutata: senza isterismi. La festa continua con l’accompagnamento
musicale del mandolino di Petja lo studente. Gradualmente si dipana l’intreccio
con gli interventi comici in cui primeggiano i battibecchi tra Ljuba e Petja,
pago di essere impenitente studente e di fare lo spasimante della cameriera.
Pian piano -lo spettacolo dura quasi tre ore- si arriva alla proposta di Ljuba
a Varja di sposare Lopachin, la quale gradisce ma ci fa ridere dicendo: “Non
posso fargli io la proposta!”.
Lev Dodin |
Con smagata
meraviglia, sempre basiti dall’atmosfera atemporale di tutti, non recitanti ma
viventi la vicenda in assolutezza ponderata, si arriva all’acquisto della villa
di Lopachin. Il quale si esalta in una danza esuberante e grottesca. La
rivincita del proletario! Ridimensionata e sgretolata dall’adeguamento di tutti
al cambiamento: Gaev s’incammina sempre calmo al lavoro trovato in banca; Varja
va pure a lavorare, Anja si accasa dalla zia; Charlotta, l’unica disperata che
esplode in squittii bambineschi, continua a fare la governante; Pitja terminerà
forse gli studi e Fi continuerà a fare
il custode.
Ljuba chiede
un ricordo del giardino a Lopachin. Questi le offre due bobine del filmato:
suggello del cambiamento con la conservazione in cuore del mondo antico: ricorda che allieta!
l’accettazione del cambiamento dolente da un’epoca all’altra è annunciata
solennemente da Firs: “Anche allora, durante la liberazione della gleba ci fu
rottura!”.
In fila per
mano compassati passeggiano gli attori nell’avanscena, nel velo sulla scena li
rappresenta, come in controluce, nella medesima processione tutti vestiti di
bianco. Finezza evocativa struggente di tersa e immacolata immagine. Tutti
hanno giocato a vivere il mondo del bambini, colmo della gioia e dell’innocenza
della fanciullezza. Bianco degli attori e candore lucente dei ciliegi ci
portano all’origine, all’aurora del cosmo, al mistero della vita e ci proiettano sentimenti ancestrali verso
il futuro. Tutti ottimi gli attori, che, sappiamo, Dodin fa vivere per anni
asceticamente l’esperienza da trasmettere. Tutti infervorati, accalorati, e
felici nella missione di portatori di un verbo vitale rincuorante e
arricchente: avidi di offrire letizia e amore alla vita. Nominiamo solo due
Danila Kozlovskij in Lopachin che nel finale si prodiga fino al parossismo in
uno stregonesco raptus di danza che ci fa rabbrividire e Ksenia Rappaport che
ci dà una Ljuba tetragona, una specie di Penelope che attende imperterrita che
accadono gli eventi che cambiano l’iter della vita. Una Ljuba fortificata e
corroborata dall’incantesimo del ricordo del giardino e dall’amore che ancora
nutre per l’amante ormai malato. Del regista non sappiamo che cosa lodare di
più: l’aura di vitalità prorompente che innerva la commedia tutta o il placido
maestoso andare verso nuove tappe dell’avventura umana come l’onda del Don.
Caro Lev ,
con questo “Giardino” così luminoso ci fai navigare vero l’enigma dell’avvenire,
più consapevoli e consolidati. Più anelanti alla felicità. Proviamo la medesima
dilatazione del tempo,la pacata umanizzazione e la stupefazione cosmica che
abbiamo vissuta con Guerra e Pace di Tolstoj. Con le Tre sorelle ci donasti l’emblema della
poderosa forza della donna russa che da sempre regge il suo mondo. Con Ljuba ci
doni il volto inscalfibile della donna russa, avida di libertà e ci catapulti
verso lo splendore messianico dell’accettazione d’ogni destino. E ci sfidi a
vedere l’altra metà della luna, più ardente e luminosa. Alla prossima
navigazione e grazie, grazie!