ALBERI E POTATURA
di Francesco Ferrini*
Perché la capitozzatura è un danno per
gli alberi
e per il patrimonio cittadino
Introduzione
La potatura può essere uno dei migliori
interventi che un arboricoltore può eseguire su un albero ma anche, al
contempo, uno dei peggiori se non correttamente eseguita. Negli Stati Uniti lo
Standard A300 descrive quattro tipi convenzionali di taglio da utilizzare per
raggiungere un predeterminato obiettivo di potatura. I tipi di taglio e le
relative regole sono stati sviluppati per lo più senza il beneficio di test
empirici, in particolare su alberi ornamentali. Temi come la risposta
dell’albero alle ferite o le interazioni tra gli alberi e le linee elettriche,
oppure ancora la resistenza dell’albero al carico del vento sono stati oggetto
di molti studi, mentre altri, come gli effetti di diversi metodi di potatura
sulla salute, la struttura e la fisiologia, hanno ricevuto meno
attenzione e necessitano, quindi, di ulteriori ricerche. Inoltre, gli alberi
urbani sono frequentemente oggetto di potature ripetute e questo rende ancor
più difficile una modellizzazione degli effetti. A ciò si aggiunge l’ampio
range di specie impiegate che rappresenta un ulteriore fattore di variabilità
(pensiamo ad es. alla diversa reazione di un ippocastano, specie con scarsa
capacità di compartimentazione, rispetto a un platano).
Come riportato in un articolo
pubblicato qualche anno fa sulla rivista Sherwood (Ferrini, 2006), la potatura
delle alberature rappresenta l’operazione di manutenzione del verde pubblico
che, più delle altre, ha attirato e attira l’attenzione di tecnici, ricercatori
e amministratori, non solo per i risvolti legati alla sicurezza, ma anche per
gli effetti da essa prodotti sulla struttura e sulla fisiologia degli alberi
sia su scala temporale breve, sia sull’intero ciclo vitale.
Purtroppo la ricerca in questo settore
è, come detto, alquanto limitata e, anche se le acquisizioni scientifiche, in
gran parte mutuate dall’arboricoltura da legno e da frutto, hanno consentito un
certo miglioramento nell’approccio alla pianta, ancora troppo frequente è la
visione di massacri grandguignoleschi effettuati da operatori malaccorti
incaricati da amministrazioni poco sensibili (vedi la foto coi filari di tigli
ripetutamente capitozzati negli ultimi 9 anni)(soprattutto quelle che
sovrintendono alla gestione delle alberature poste lungo le strade provinciali e
statali o, comunque, extraurbane), o da privati il cui unico scopo è “spendere
il meno possibile”, con alberi
che, conseguentemente, si trovano nelle più vergognose condizioni. È, tuttavia,
dimostrato che le drastiche potature che sempre più frequentemente si osservano
nelle aree urbane e lungo le arterie stradali, non possono essere giustificate
dall’insufficienza di risorse finanziarie che non rendono possibile
l’effettuazione di interventi più appropriati necessariamente non più costosi).
L’approccio alla potatura dovrebbe sempre
tener conto che la migliore potatura è quella che si origina da un obiettivo
ben definito e da una pianificazione ben precisa che non deve essere guidata
dalla logica appaltatoria basata sulla offerta economicamente più bassa, bensì sulla
conoscenza degli effetti che le operazioni di potatura esercitano sul comportamento
dell’albero. Ciò consentirà di intervenire sull’”individuo albero” nel modo più
efficace per adattare la crescita dello stesso alle condizioni ambientali delle
nostre aree urbane.
Gli assiomi fondamentali che dovrebbero
stare alla base della pianificazione delle operazioni di potatura sono
essenzialmente tre:
1) la
potatura, comunque sia effettuata, è uno stress per la pianta.
2) La
miglior potatura è quella che non si vede.
3) Le
piante più belle sono quelle non potate.
Effetti della capitozzatura
La capitozzatura consiste, come è noto,
nel drastico raccorciamento del tronco o delle branche primarie (sbrancatura)
fino in prossimità di questo. Questa operazione è una delle principali cause delle
cattive condizioni in cui versano molti alberi ornamentali. Il tronco
capitozzato viene infatti lasciato dal taglio senza difese e così i tessuti,
anche nelle specie con buona capacità di compartimentalizzazione, iniziano a
morire dalla superficie del taglio stesso verso l’interno. Inoltre la corteccia
viene improvvisamente esposta ai raggi solari, con un eccessivo riscaldamento
dei vasi floematici più superficiali, che sono danneggiati. La capitozzatura è
perciò un’operazione che deve essere evitata ogni volta che sia possibile. Nel
caso in cui non esistono alternative, si dovrà operare in modo da ridurre al
massimo i danni per la pianta.
In questo articolo appare, comunque,
opportuno sottolineare quali sono i danni anche economici che la capitozzatura
provoca sul valore non solo degli alberi, ma anche delle aree e degli edifici contermini
all’area dove si interviene con potature eccessivamente drastiche.
Una potatura leggera, limitata alla
rimonda del secco e con tagli mirati (es. Classe I del National Arborist
Association Standards, vedi figura), aumenta sempre il valore di un albero in
misura variabile dal 5 al 15% mentre la capitozzatura, al contrario, abbassa
sempre il valore albero di almeno il 20%, più spesso del 50% o più, talora fino
ad azzerarlo. Un valore molto conservativo indica una perdita media del 35%.
Con questo s’intende non solo una perdita economica diretta, ma, soprattutto,
quella legata alla mancanza dei servizi ecosistemici che gli alberi producono.
Un esempio molto calzante è quello di
Kelley (2012): considerando l'effetto netto dei diversi metodi d’intervento su
un albero non potato valutato circa 1.000$, con un costo di 200$ per la potatura
leggera rispetto a $100 per la capitozzatura, la potatura leggera aumenta il
valore dell'albero di $100 (il 10% di 1.000 dollari) e avrebbe un costo netto
di $100; la capitozzatura determina una perdita di valore di 350$ in valore
(35% di 1.000 dollari), avrebbe un vero costo di $ 450.
Il differenziale di valore (per dirla
in termini economici attualmente molto in voga - lo spread) fra alberi potati e
non potati aumenta ogni anno che passa, poiché sono necessari almeno cinque se
non dieci anni a un albero capitozzato per tornare al suo valore precedente (tralasciando
il danno fisiologico e, anche estetico, poiché la struttura viene
definitivamente modificata). Inoltre, un albero correttamente potato aumenta di
valore tra gli interventi di potatura e aumenta ulteriormente subito dopo il successivo
intervento di capitozzatura.
Per tale motivo, la svalutazione reale
supera il 35% del valore medio suggerito. Come osservazione generale si può
affermare che ogni 100$ investiti nella capitozzatura degli alberi si ha una
perdita da 200$ a 1000$ o maggiore del valore degli immobili posti in vicinanza
degli alberi. Come logica conseguenza, la capitozzatura non è, certamente, un
buon affare.
È stato stimato che, negli Stati Uniti,
a livello nazionale, il deprezzamento della proprietà dovuto alla capitozzatura
potrebbe superare il miliardo di dollari. Questo non include la perdita
ambientale causata dalla defogliazione di milioni di alberi prodotta da una malattia
tristemente nota come "ruggine da motosega" e il costo necessario per
rimuovere e sostituire gli alberi morti prematuramente a causa di questa
insensata pratica.
Una ricerca condotta in Belgio ha
confermato, anche a livello di ricerca indipendente che la capitozzatura è più
costosa rispetto alla potatura effettuata con regolarità e seguendo le regole
delle “Best Management Practices” (Campanella et al., 2009).
La questione della potatura “di
qualità” nei confronti della capitozzatura non riguarda, quindi, solo le
negative ripercussioni sulla fisiologia degli alberi, ma è anche una questione
di conseguenze economiche e di etica professionale che le nostre municipalità e
i committenti privati dovrebbero capire. Coloro che ignorano queste cose e
capitozzano gli alberi, come pratica routinaria o perché qualcun altro
otterrebbe comunque il contratto se non lo eseguissero loro, determinano, quindi,
una perdita di lungo termine non solo al committente, ma a tutta la comunità.
I risultati della sperimentazione
Nel 2007 è iniziata una
sperimentazione, presso la Fondazione Minoprio, con lo scopo di valutare gli
effetti di diverse tipologie di potatura ripetuta sulla crescita, la fisiologia
e la resistenza alla rottura di piante di acero montano (Fini et al., 2011).
I risultati indicano che le conseguenze
delle potature dipendono in larga misura dalla tipologia di intervento eseguita
sull’albero. Le tecniche, come la capitozzatura, che rimuovono la gemma apicale
senza lasciare e/o impostare un germoglio che possa diventare il nuovo ramo
leader della branca portano a uno sviluppo maggiore di succhioni, che spesso
risultano codominanti.
Questi crescono velocemente producendo
una grande area fogliare nel tentativo di vincere la competizione di quelli vicini
e per questo sviluppano foglie molto larghe, ma molto sottili, e ricche in clorofilla,
così da massimizzare l’assimilazione carbonica quando le condizioni ambientali
non sono limitanti. Il rovescio della medaglia è che questa struttura
morfo-funzionale modificata, a causa della ridotta massa fogliare specifica, è
molto suscettibile a vari tipi di stress, biotici e abiotici. In un certo senso
la potatura fa regredire il ramo potato a un comportamento più pionieristico,
che però risulta meno tollerante agli stress ambientali, come evidenziato
dall’alta frequenza di disseccamenti osservata nelle branche capitozzate.
Inoltre i germogli da gemme avventizie o latenti che si sviluppano a seguito di
questo tipo di taglio risultano uniti più debolmente alla branca genitrice,
portando nel tempo a maggiori problemi di stabilità. Al contrario le altre
metodologie di potatura modificano in misura minore la struttura e la
fisiologia dell’albero, o perché mantengono un germoglio apicale e quindi non
alterano la dominanza apicale, come nel caso della potatura di ritorno, oppure
perché vanno a eliminare la branca direttamente all’inserzione sul tronco con
lo sviluppo di succhioni nella parte interna della chioma ove sono poco competitivi
per la scarsità di luce, come nel caso della potatura di diradamento. In
conclusione lo studio ha dimostrato che, mentre la capitozzatura porta a
profondi cambiamenti nella struttura e nella fisiologia della pianta, tecniche
come il taglio di diradamento oppure il taglio di ritorno comportano un minor
grado di ‘disturbo’ e sono quindi raccomandabili per garantire una maggior sanità
e, probabilmente, longevità della pianta, considerando anche il fatto che gli
alberi urbani durante la loro vita subiscono numerose potature e dunque
subiscono ripetutamente gli effetti e le alterazioni morfo-fisiologiche di tali
interventi.
Conclusioni
L’affermazione che non ci sono regole
“facili e veloci” che definiscono quanto e quando un albero debba essere
potato, rende perfettamente l’idea di come l’approccio a questa operazione non debba
mai essere superficiale come invece si evince guardando i nostri alberi, che,
purtroppo, si trovano nelle più deplorevoli condizioni a causa di interventi
errati, spesso perpetrati nel tempo. Le diverse specie, infatti, reagiscono
diversamente alla potatura e la letteratura rivela, non a sorpresa, che in
molti casi anche le condizioni ambientali e il background storico influenzano
queste differenze. Inoltre, come affermato precedentemente, gli effetti
negativi di potature improprie dovrebbero essere presi in grande considerazione
quando ci si trova a lavorare su alberi in ambiente urbano e, verosimilmente,
dovrebbero essere utilizzate diverse tecniche di gestione.
A questo proposito, uno dei problemi
più grossi è la scarsa formazione del personale di molte ditte che si occupano
della manutenzione delle alberature cittadine. È, perciò, fondamentale la formazione
sia di operatori in pianta, sia, e talvolta soprattutto, di tecnici comunali
(le imprese non operano di propria iniziativa, bensì in virtù delle
prescrizioni contrattuali o, comunque, di indicazioni ricevute dalla
committenza) sui temi che riguardano le alberate urbane e rendere obbligatoria
la frequenza a corsi di formazione e aggiornamento. A tale riguardo, con
riferimento all’attività svolta dalla Società Italiana di Arboricoltura, il programma
di certificazione europeo degli arboricoltori, di cui la SIA è il partner
nazionale, può senz’altro contribuire a migliorare lo stato e la pratica
dell’arboricoltura nel nostro Paese. Per gli arboricoltori certificati che
superano gli esami, che hanno validità a livello europeo (European Tree Worker -
ETW ed European Tree Technician - ETT) e ultimamente riconosciuti equivalenti
alla corrispondente certificazione statunitense “Certified Arborist”, il
processo d’apprendimento è necessariamente continuo, dal momento che devono
migliorare e aggiornare le proprie conoscenze e sostenere l’esame ogni tre anni
o in alternativa dimostrare di avere lavorato nel settore e seguito corsi,
convegni, giornate di studio o altre attività di crescita professionale.
*Dipartimento di Scienze delle
Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente - Università di Firenze
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