IL COPIONE SI RIPETE
di Giorgio
Riolo
Bambini
Israele, la
questione palestinese e l’immane ipocrisia dell’Occidente. Il ruolo degli
intellettuali e dei mezzi di comunicazione di massa.
Una prima considerazione di metodo. “Il
presente come storia” è il problema per i nostri dominanti, in Italia e nel
mondo. Le guerre per loro, e per i loro intellettuali e per i loro giornalisti,
sono quello che si vede in superficie. Così come per ogni fenomeno della realtà
contemporanea. Non bisogna guardare i processi storici, non occorre vedere il retroterra
storico da cui guerre e realtà contemporanea originano. Le guerre sono stato
d’eccezione e fungono da perfetto catalizzatore per capire a che punto siamo
con la retorica, almeno qui in Occidente, sulla democrazia, sui diritti umani,
sui “valori europei e occidentali” ecc. Retorica ributtante, manipolazione
delle coscienze, due pesi e due misure e via discriminando. Liberali e
democratici a parole. Censura, caccia alle streghe, mettere a tacere,
licenziamenti ecc. nella pratica reale con chi non “ulula con i lupi”, non si
adegua al pensiero unico e alla informazione unica. Così è avvenuto e avviene
nella guerra in Ucraina e così nell’attuale guerra in Palestina (i media
arruolati dicono “guerra in Israele”).
Allora. In alcune
testate Usa giornalisti e giornaliste sono in questi giorni “fired”,
licenziati, perché la pensano diversamente o dicono qualcosa di dissonante a
proposito di Palestina e di Israele. Addirittura la giornalista Emily Wilder
della Associated Press è stata costretta alle dimissioni poiché nei suoi anni
da giovane studentessa del college era stata attivista pro Palestina. La
scrittrice palestinese Adania Shibli, la quale doveva ricevere un premio presso
la Fiera del Libro di Francoforte, si è vista cancellato l’evento. Con il
solito ipocrita tentativo di conciliazione con il parallelo invito ad avere
scrittori israeliani alla Fiera. Patrick Zaki, il ricercatore egiziano di
Bologna, solo per aver difeso la causa palestinese e criticato Netanyahu, è
stato censurato da quel campione “democratico” che è Fabio Fazio e si è visto cancellata
dalla sindaca “democratica” di centrosinistra Castelletti la presentazione del
suo libro a Brescia. Moni Ovadia, critico da sempre del comportamento di
Israele nei confronti dei palestinesi, è stato costretto a dare le dimissioni
da direttore del Teatro di Ferrara. Negli annali dell’imbecillità servile
italiota il modello rimane comunque la cancellazione delle conferenze su
Dostoevskij, a cura del mite e profondo conoscitore di letteratura russa Paolo
Nori, all’Università Bicocca di Milano, appena scoppiata la guerra in Ucraina.
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I
In questi giorni
quello a cui assistiamo suscita forti emozioni e forti sentimenti. Ma anche
tante riflessioni, tanto pensiero, del passato e del presente. Si impongono
oggi a chi abbia un minimo di senso critico e di impegno civile e politico. I
dominanti mondiali prediligono, hanno bisogno della guerra di religione, della
guerra santa, della tifoseria, acritica per definizione. Hanno bisogno delle
chiusure identitarie. Bene e male, noi e loro. Altro che masse fanatiche e
irrazionali, mosse solo da passioni sfrenate. I nostri dominanti europei e
occidentali usano vecchi arnesi, vecchie pratiche dell’infame colonialismo. Divide
et impera, dividi e domina. Gli inglesi e poi gli Usa maestri in ciò. Nell’apartheid
creato in Palestina, Israele ha favorito in origine Hamas, la deriva islamista,
proprio per spodestare ed eliminare il pericoloso progetto politico laico
dell’Olp. Al cui interno c’erano sicuramente varie correnti e vari movimenti,
alcuni moderati e altri più radicali. Con annesso verosimile finale
avvelenamento di Yasser Arafat. Oggi Abu Mazen e l’Autorità Nazionale
Palestinese ridotti a simulacri del glorioso progetto politico dell’Olp. Il
sonno della ragione produce sempre mostri. Violenza per violenza, orrore per
orrore. Ma con la netta differenza che i bambini palestinesi squartati sotto le
bombe israeliane sono considerati formichine. Al pari delle formichine
vietnamite, afghane, irachene, siriane, libiche, yemenite ecc. ecc. Non sono
come i morti e i bambini uccisi, con tanto di nome e cognome, israeliani e
occidentali in generale. Immane ipocrisia dell’Occidente. Israele è un pezzo di
Occidente piazzato in quella terra martoriata da 75 anni a questa parte.
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II
Il giornalismo
coraggioso nella “anglosfera”, nel mondo anglosassone, soprattutto negli Stati
Uniti, esiste, c’è. Giornalisti e analisti di grande valore, a parte il
venerando Noam Chomsky, come Seymour Hersh, John Pilger, Robert Fisk, Chris
Hedges, Caitlin Johnstone e tanti altri fanno onore a un’attività così
importante come l’informazione. Non come avviene nell’enorme sistema
massmediatico assoldato e allineato, molto in Europa e soprattutto in Italia. Così
come esistono in Israele movimenti e persone, a partire da Peace Now e dal
compianto Uri Avnery, coscienze critiche, giornalisti, storici (Ilan Pappé,
Zeev Sternhell ecc.), intellettuali, scrittori ecc. che cercano di pensare
lucidamente e che non si allineano. Che non si abbandonano all’isteria
guerresca dilagante e che rivendicano da sempre la soluzione, improntata a
giustizia e al diritto internazionale, della questione palestinese. Improntata
al diritto umano, ancestrale, non scritto. Non quello della immensa ipocrisia
dei “valori occidentali”, dei “valori europei”, dei “valori democratici e umani”
a marca Usa ecc.
Razzismo,
suprematismo bianco, a questo si riducono tutte quelle belle parole. I popoli
oppressi delle periferie del mondo ne hanno avuta, nel passato e oggi, tragica
esperienza. In breve, colonialismo, apartheid, razzismo, ancora sono in essere.
Non sono cose del passato. “Decolonizzare la mente” è il sempiterno compito
antropologico, culturale, politico di noi europei e occidentali. Compresi gli
israeliani, va da sé.
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III
In origine questo articolo
era stato pensato per ricordare importanti intellettuali italiani recentemente
scomparsi. Si tratta di Gianni Vattimo e di Domenico De Masi. Sui quali si
dovrebbero dire molte cose, anche critiche. Ma qui ci limitiamo a ricordare che
sono stati studiosi seri, preparati, rigorosi, formatisi in pieno Novecento.
Prima dello spartiacque, tra 1989 e 1991, del trionfo definitivo del
neoliberismo e del pensiero unico. Prima che molto mondo intellettuale, molto
mondo dei mass media e molto mondo politico venissero investiti dal vento
omologante e neoliberista dell’opportunismo e dell’arruolamento. Ruolo
subalterno, omologazione, nicodemismo comodo e ben pagato. Con le dovute e
lodevoli eccezioni, naturalmente. A distinguersi, per contrasto e per protervia,
politici, intellettuali e giornalisti un tempo nel campo della sinistra. Un
tempo a fianco dei lavoratori, degli studenti, delle classi subalterne e poi
passati allegramente al campo opposto. Quelli che danno del putiniano a chi
denuncia Usa e Nato all’origine della guerra in Ucraina e dell’antisemita a chi
denuncia l’apartheid messo in atto da Israele. I nomi sono legione. Prima dello
spartiacque, e prima del decennio di preparazione di tale svolta negli anni Ottanta,
l’Italia ebbe la grande stagione scaturita dalla Resistenza e dalla vittoria
sul nazifascismo del secondo dopoguerra. La grande stagione di movimenti e di
partiti della sinistra, di avanzate, di conquiste sociali, sindacali e
politiche. Parallelamente a ciò, come solido retroterra, una grande stagione si
dispiegava, di fervore intellettuale, di cultura, di giornalismo indipendente.
Dando anima e corpo a tali conquiste.
Una stagione così
ricca e così feconda di coscienze critiche, di intellettuali, di scrittori e
scrittrici e di giornalisti e giornaliste. I quali/le quali, tra le altre cose,
hanno contribuito a vedere chiaro nella stagione oscura della guerra fredda e a
contrastare la subalternità dell’Italia al dominio Usa e Nato e pertanto, per
quello che qui ci interessa, ad avere visione lucida sul ruolo di Israele e sui
destini dell’oppresso popolo palestinese.
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IV
Perché ci odiano?
Così, nel passato e oggi, si domandavano e si domandano molti statunitensi a
causa delle nefandezze compiute nei quattro angoli del mondo da parte dei loro
governi e dei loro apparati, palesi e occulti. Così occorre domandarsi sempre,
europei e occidentali, con annessi israeliani. L’odio di molta parte dei popoli
del Medioriente, del mondo arabo-islamico, dei popoli delle periferie del mondo
è stato alimentato e viene costantemente alimentato dal terrorismo di Stato e
dai comportamenti quotidiani di distruzione delle case dei palestinesi, di
uccisioni da parte di coloni armati e protetti dai soldati israeliani e via
opprimendo. Gaza è solo il terribile atto ultimo di questa serie.
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