ENNEADE
di Cesare Vergati
Rassegna
sul racconto a cura di Cesare Vergati per Bookcity 2023.
Ancora per alba in addormentamento / perché aurora a dire questo giorno
quella veranda chissà a termine il grande villaggio eppur a principio ampia
residenza ebbene un colono qualsiasi a tempi remoti quando certo qualche poco
assonnato (credette talvolta l’essere perfino fondatore fenicio a Cartagine /
quello strano sogno quante volte involontariamente a notturne visioni quasi
inconscio compiacimento fuori tempo fuori luogo) questo signore tuttavia in
succinti abiti (perché l’estate) a credere il sole pigro d’oggi tuttora a mano
quindi penna d’oca (calamaio) punta affilata comme il faut: quale tutto
corredo già pronto a scrittura (pur a digiuno) verosimilmente a seguire
quell’ossessione onirica ebbene quel colono prontamente credette fare lavoro
quanto prima sì impellente necessità / (adesso l’impressione il guerriero a
battaglia) d’improvviso mise sé all’opera là dove evidentemente la naturale e
luce di giorno offrì tanta ispirazione a creare forse quali racconti la curiosa
testimonianza (quale originale disposizione quanto insolita) il canto infatti
quelle vicine a fronte nove case la eguale architettura identica espressione se
colori se musiche (le abituali chiacchiere i venti indolenti sfaccendati fin
dentro il lato meridiano il tempo) sì questo colono volle come omaggio la
dedica certo per ognuna abitazione (quale stramba coincidenza medesimo numero a
nove tutti gli umani ciascuna dimora): quando a tutta lena l’inchiostro a più
pagine (finora croma bianca intonso animo la carta sonnolenta) un colono fece
una storia a dire hippobosca equina il nome a voce di popolo: mosca cavallina.
A concetto di dotti ematofago dittero insetto il quale questo agricoltore immaginò in seno le mammelle quanto caldo umido gradevole ambiente così a massima difficoltà (scrisse lo scrivente) l’animale la liberazione siffatto irritante nido (il piccolo essere a natura robusto e tanto suo tegumento robusto viepiù - d’altronde - tale naturale scaltro le zampe sue perfetto aggrappamento l’intimo meschino ospite padrone ospitale in carne e sangue) per cui a termine e d’inchiostro la nona pagina lo scrittore (quanto a tutto naturale) andò a libro secondo: a dire eguale racconto storia eguale eguale sapere se giovane cavalla ancora sventurata anfitrione inadatte sue invettive improprie sommesse voci (la vittima in silente biasimo impotente) per cui un colono provò (il lungo i nove racconti a capitoli tutti: tali e quali) il tramite fantasia l’immaginazione il tramite sì le idee il tramite il tramite i pensieri certo affrancare la cavallina (il trattamento di bestia da mosca) il tempo perfino (greve inciso letterario usuale digressione questo autore) a sentimento compassione pietà osò più volte (al pari il mendico già in male i grevi panni d’inverno d’inverno greve aria d’insieme) l’intento far bene a beneficio tutto l’equide infelice; e nondimeno forza maggiore (malvagia energia eterea) impedì tale emancipazione (in ultimo) ragion per cui lo scrivente (il caparbio il fanciullo certo alla vittoria e nient’altro: quel lontano suo tempo infantile gioco quindi divaricate gambe il saltare quindi la schiena oltre i coetanei in avanti chinati) il tempo perfino (greve inciso letterario usuale digressione questo autore) a sentimento compassione pietà osò più volte (al pari il mendico già in male i grevi panni d’inverno d’inverno greve aria d’insieme) l’intento far bene a beneficio tutto l’equide infelice.
Accadde allora d’estro i più
pianti il colono le più abbondanti lacrime quindi imbibite pagine pagine
imbevute incolori perle pronte a minime sode cispe quella metamorfosi (quando
succede invero fra palpebre il sonno durante a gatta la notte tutta in mondo
fantastico arcano mistero) per cui sempre più quanto defesso l’impervia impresa
quanto spossato affaticato oramai in estremo (il coltivatore l’arare il mare)
l’autore lentamente (eppur ineluttabilmente quasi quando Atlante titano a
disgrazia volta celeste in spalle il grave pondo) chinò capo spalle
l’irresistibile sonno (se venne inospite per abito di gran prosopopea Morfeo
questa volta in forma d’incubo) per cui a termine la pagina nona il nono
capitolo (a nome libri nove) un colono pur a digiuno pur oltre l’aurora ancora
il pieno giorno ebbene chissà forse a insonne notte chissà a fatica di
esistenza a fantasia chissà in ossessione l’indicibile chissà verosimilmente l’impasse
la nona carta chissà verosimilmente l’ora nona il giorno nono a mese nono
quest’anno nono il nono tempo l’opera incompiuta inconcluso scritto nel mentre
che la giovane cavalla in mammelle e mosca (l’intimo di femmina tafano) tanto
grata ospite (a tutto caldo umido tepore il bagno di vapore la finnica voce) se
in ultimo certo questo gran dormire il giorno lungo / l’autore quanto il
rumoroso costante russare (tali sibilanti ronchi il malato a petto i rantoli
d’insieme) tuttora in sogno e sogni quindi finalmente la cavallina mosca
l’equide l’affrancare in ordine l’ognuno proprio andare altrove: almeno per un
certo tempo) e tuttavia un colono seppe suo miglior destino la faccenda lasciar
perdere per cui a vespro, a crepuscolo (il volo birichino il passeggero
maggiore vespertilio) decise giacere in letargo.