LA GUERRA CHE SI COMBATTE IN ISRAELE
di Luigi Mazzella
In
Occidente la guerra non è mai stata una faccenda meramente umana. Si è sempre
trattato, anche all’epoca di conflitti con lance, spade e catapulte di un
evento che chiamava in causa la sfera del divino. Gli individui anche nei
tempi lontani del mondo greco-romano, hanno sentito sempre il bisogno di coinvolgere
le divinità nelle loro controversie internazionali. Lo desumiamo dai racconti epici
di insigni poeti (in primis il sommo Omero) che hanno avuto modo di
raccontare con fine ironia (allora, evidentemente, consentite) le diatribe
“olimpiche” che accompagnavano le battaglie terrestri e i gesti valorosi degli
eroi. Gli inquilini dell’Olimpo non disdegnavano, infatti, di schierarsi,
in base a simpatie, antipatie e perfino a capricci o a vecchi risentimenti per
l’uno o per l’altro degli schieramenti militari che entravano in
conflitto. Le storie mirabolanti relative agli interventi di divinità contribuivano
ad arricchire il racconto. In base alle loro specialità per così dire
professionali Dei, Dee e Semidei intervenivano nella pugna per favorire l’uno o
a l’altro dei vari contendenti. Poseidone-Nettuno, per esempio, che ce
l’aveva con Ulisse, si adoperava per le immobili acque… a increspar col
fiato.
Athena-Minerva, invece,
che di doglia per l’egregio Ulisse si struggeva amandolo, a spada
tratta lo difendeva nei consessi divini anche nei confronti del suo immenso
padre, sino al punto da costringere Zeus a riprenderla: “Figlia qual ti
lasciasti uscir parola dalla chiostra dei denti?”
Di
queste guerre “pacioccone” (per dirla con l’umorista Attalo alias Gioacchino
Colizzi) si è perso il ricordo con la media orientalizzazione dell’Occidente.
Le battaglie cruente ma cavalleresche con il riconoscimento del valore del
nemico, l’amore nobilitante sia etero che omosessuale, la pietas hanno ceduto
il passo a una ferocia rinvigorita da una fede senza compromissioni e apertura
ad altri culti. I vecchi sacerdoti del monoteismo mesopotamico
diffondevano la “nuova” che il Dio di Mosè, pur restando sempre il medesimo di
quello di Gesù Cristo e di Maometto, non poteva tollerare, per così
dire “la sua triplicazione avvenuta a livello profetico” e voleva
fortemente lo sterminio degli avversari. Analogo e contrapposto desiderio
divino esprimevano i prelati di Cristo e i muezzin di Maometto.
Costituendo
il nemico da eliminare dalla scena dell’esistenza un bersaglio variabile
per ognuna delle tre religioni, la guerra diventa un conflitto
di oggettiva incertezza. Un’immagine visiva di una tale lotta
nell’ambito della stessa divinità unica ma con triplice
configurazione si sta avendo per la prima volta nella sua completezza e simultaneità
nella guerra in atto in Israele. I razzi degli ebrei colpiscono nella
striscia di Gaza maomettani e, se presenti, cristiani, ammazzandoli
indiscriminatamente e senza preventiva verifica della loro fede (vicina e
lontana!). Con analogo effetto distruttivo polivalente sono lanciati i
missili di Hamas, Hezbollah e altre sigle islamiche. Mancano quelli dei
palestinesi non organizzati in raggruppamenti ribelli e quelli dei cristiani;
anche se la partecipazione di questi ultimi allo scontro è data dalla solidarietà
dell’intero Occidente cattolico e protestante alla causa di Netanyahu e
confratelli.