SUL CASO NAVAL’NYJ
di Angelo Gaccione
Sul caso Naval’nyj (restituiamogli almeno da morto la
trascrizione del nome corretto nella sua lingua) è stato scritto di tutto e ci
si è schierati in base alle proprie convinzioni ideologiche, alle proprie
simpatie politiche. In alcuni casi si è arrivati alla rottura di solide
amicizie, agli insulti e addirittura alle minacce. Lo so che vedendo certi
loschi figuri e certi opportunisti far mostra di solidarietà cadono le braccia,
ma occorre sempre restare lucidi e non farsi condizionare negativamente.
Personalmente cerco di attenermi a due convinzioni che si sono profondamente
radicate in me: il senso di umanità, che deve venire prima di ogni altra
ragione, e la solidarietà per l’individuo quando si trova in conflitto con gli
apparati. Aleksej Naval’nyj era un individuo perseguitato
dallo Stato: uno Stato autoritario, dittatoriale, criminalmente militarista
come lo sono quasi tutti gli Stati del mondo con rare eccezioni, nemico della
libertà di stampa, del dissenso, del diritto di sciopero, del diritto dei
“diversi”, che usa ancora prigioni lager per la detenzione (in questo somiglia
a tanti altri Stati), che sperpera gran parte della ricchezza prodotta dal
sangue e dal lavoro di milioni di uomini e donne in armamenti, dove un pugno di
autocrati possiede immense ricchezze e la stragrande maggioranza dei cittadini
vive in miseria (anche in questo somiglia agli altri Stati), dove il diritto di
voto è una farsa (da noi è un voto senza diritti), dove il bene pubblico è
stato saccheggiato a vantaggio di pochi privati divenuti ricchi come sceicchi e
un turbo-capitalismo ibrido ha prodotto un’aristocrazia del danaro non
inferiore a quella che si ostenta oscenamente a Dubai. Non è un caso che ora,
in tempo di guerra, ricchi ucraini e nababbi russi se la godono assieme e
pacificamente negli Emirati Arabi mentre i fessi e i poveri muoiono al fronte.
Da disarmista quale sono, e da nemico delle storture, se fossi russo sarei già
morto in un lager della Siberia o mi avrebbero più sbrigativamente suicidato.
Il bello è che la stessa fine toccherebbe ai miei amici e compagni con cui scendo in piazza per difendere le ragioni della pace, il
diritto di sciopero, della libertà di Assange, della costituzione antifascista.
Ma molti di loro non se ne avvedono e su queste distinzioni preferiscono
sorvolare. Ma torniamo a Naval’nyj. I detrattori lo hanno avuto
in uggia per le sue idee non proprio libertarie e non lo hanno difeso come
altri dissidenti, nemmeno da morto. Intanto le sue idee non erano peggiori di
quelle degli uomini che incarnano il regime e siedono ai vertici dello Stato
con cui era entrato in conflitto. Uno Stato maniacalmente ossessionato dalla
sicurezza, terrorizzato dalla più innocua trasparenza, dalla più evidente
verità – come tutti i regimi autoritari e militareschi – da tacere per giorni
persino su un disastro nucleare come quello di Chernobyl e da mandare a morte
con disinvoltura decine di tecnici e lavoratori senza protezione alcuna
nell’area contaminata. Poi, e non è un dettaglio di poco conto, Naval’nyj non aveva commesso alcun delitto (lo
Stato e l’apparato sì, hanno le mani sporche di sangue per l’Afghanistan, la
Cecenia, ecc. ecc. ecc.). E denunciava gli arricchimenti degli uomini di
regime, la corruzione e la mafia russa che affamano i popoli come sappiamo bene
noi italiani.
Come è morto Naval’nyj? Non lo
sapremo mai, ma non è importante. Come è morto Pinelli al quarto piano della
questura di Milano non ce lo ha detto nessuno di chi era in quella stanza, ma
ai democratici ed agli antifascisti non è importato. Era entrato vivo e doveva
uscire vivo, dunque per democratici e antifascisti quello di Pinelli è stato un
omicidio di Stato. E omicidio di Stato è quello di Naval’nyj, qualunque sia
stata la dinamica. Che opinione vi fate voi di uno Stato, un Governo, un Direttore
di carcere che non permettono ad una madre di avere il corpo del proprio figlio
per fare eseguire un’autopsia? Sul caso Cucchi qui in Italia ci siamo indignati
e giustamente; nessuno si è chiesto che idee avesse il giovane massacrato, se
fossero simili alle nostre. Un intero mostruoso apparato contro un individuo
solo che protestava pacificamente. Io
sto con quest’unico, solo, indifeso individuo, contro la mostruosità
onnipotente, disumana, dell’apparato, anche se le mie idee non collimano con le
sue.