IL GIORNO PIÙ DIFFICILE PER CHIEDERE LA PACE
di
Franco Astengo
Oggi
può essere considerato come il giorno più difficile per chiedere la pace
rispetto ai due fronti, quello russo-ucraino e quello israelo- palestinese, sui
quali è maggiormente appuntata l'attenzione internazionale. Ciò che è accaduto
di drammatico in queste ore rende più evidente e pressante la linea dell'andare
fino in fondo, della sublimazione della logica del nemico da abbattere,
dell'estraneo da espellere definitivamente. Eppure dobbiamo insistere anche se
il movimento per la pace trova sempre più difficoltà ad esprimersi e - almeno
in Italia - si levano voci che reprimono anche per via poliziesca (come accade
nelle giustamente deprecate autocrazie assassine). Per rispondere adeguatamente
si tratta allora di non scivolare verso quelle teorie realiste che affermano
come la politica internazionale è condannata a ripetersi senza evoluzione: un
mondo tragico segnato dall'inevitabilità della guerra e dell'impunità, dove -
come scriveva Tucidide - il forte (la grande potenza) fa ciò che vuole e il
debole (il piccolo stato, oppure l'etnia privata anche dello "status"
statuale) soffre quello che deve. Partiamo allora dal riaffacciarsi delle
politiche di potenza in un mondo con molte aspiranti potenze regionali che
rivaleggiano lungo le periferie del pianeta mentre ambiscono a ritagliarsi
sfere di influenza commerciale e militare.
Vale
la pena allora interrogarsi circa il ruolo degli imperi, o quanto meno dei
retaggi e delle gerarchie imperiali, nonché della resistenza ai medesimi.
Nell’evidente
tentativo in atto di costruzione di un nuovo fronteggiamento bipolare quanto
vale ad esempio avere la Turchia nella NATO o l'Arabia Saudita nei BRICS? In
passato era emersa la teoria della stabilità egemonica: secondo questa
prospettiva, caduto il muro di Berlino, gli USA hanno perseguito una sfera di
influenza globale chiamata "ordine liberale mondiale" segnato da
istanze di governance globale. Ma questo ordine è progressivamente entrato in
crisi su diversi fronti: in questo ambito la Russia ha ripreso a definire
proprie ambizioni imperiali e Israele ha risposto all'attacco del 7 ottobre
cogliendo l'occasione per una reazione/aggressione che non si è posta il limite
del rapporto storico con l'alleato americano.
Questo
stato di cose pone una serie di difficoltà teoriche inedite: è dunque
necessario stabilire (o ri-stabilire) un equilibrio tra sfere d'influenza domandandosi
nel contempo: a questo si riduce l'ipotesi della pace oggi?
Accettare
la premessa del riconoscimento delle sfere d'influenza significa accettare che
una grande potenza può fare quello che vuole dentro la porzione che gli è stata
attribuita: a partire dal fare o dal disfare regimi politici (dal Cile alla
Cecoslovacchia) vincolando o espiantando la democrazia. La storia contemporanea
ha mostrato i limiti di questa concezione di "pace separata". Battersi
per la pace deve significare oggi come oggi cercare soluzioni mettendo a
confronto una teoria della pace come soluzione politica all'ipotesi della
guerra considerata inevitabile nella concezione di Von Clausewitz.
Si
pongono così due temi sui quali si dovrebbe ragionare almeno dalle nostre parti
per avanzare una proposta concreta di politica estera: il ruolo dell'ONU come
organismo sovranazionale e non soltanto come sede di confronto delle
rappresentanze nazionali e quello dell'Unione Europea ponendo con chiarezza il
punto della non coincidenza tra UE e NATO.
di Franco Astengo
Nell’evidente tentativo in atto di costruzione di un nuovo fronteggiamento bipolare quanto vale ad esempio avere la Turchia nella NATO o l'Arabia Saudita nei BRICS? In passato era emersa la teoria della stabilità egemonica: secondo questa prospettiva, caduto il muro di Berlino, gli USA hanno perseguito una sfera di influenza globale chiamata "ordine liberale mondiale" segnato da istanze di governance globale. Ma questo ordine è progressivamente entrato in crisi su diversi fronti: in questo ambito la Russia ha ripreso a definire proprie ambizioni imperiali e Israele ha risposto all'attacco del 7 ottobre cogliendo l'occasione per una reazione/aggressione che non si è posta il limite del rapporto storico con l'alleato americano.
Questo stato di cose pone una serie di difficoltà teoriche inedite: è dunque necessario stabilire (o ri-stabilire) un equilibrio tra sfere d'influenza domandandosi nel contempo: a questo si riduce l'ipotesi della pace oggi?
Accettare la premessa del riconoscimento delle sfere d'influenza significa accettare che una grande potenza può fare quello che vuole dentro la porzione che gli è stata attribuita: a partire dal fare o dal disfare regimi politici (dal Cile alla Cecoslovacchia) vincolando o espiantando la democrazia. La storia contemporanea ha mostrato i limiti di questa concezione di "pace separata". Battersi per la pace deve significare oggi come oggi cercare soluzioni mettendo a confronto una teoria della pace come soluzione politica all'ipotesi della guerra considerata inevitabile nella concezione di Von Clausewitz.
Si pongono così due temi sui quali si dovrebbe ragionare almeno dalle nostre parti per avanzare una proposta concreta di politica estera: il ruolo dell'ONU come organismo sovranazionale e non soltanto come sede di confronto delle rappresentanze nazionali e quello dell'Unione Europea ponendo con chiarezza il punto della non coincidenza tra UE e NATO.