Dopo i quattro migranti
morti in un incidente sul lavoro - che questo sia ben chiaro - sabato scorso,
oggi ne sono morti altri 12, nelle campagne di Foggia. Anche questa è una
strage di lavoro. 16 nostri fratelli di classe, sfruttati peggio delle bestie
nei campi per pochi euro al giorno. Non sapremo mai i loro nomi.
Quello
che sappiamo è che, dopo qualche indagine, ci diranno che si tratta di una
fatalità, al massimo verrà alla luce, come negli anni scorsi, qualche squallida
storia di caporalato. Come ogni estate. Ma succederà di nuovo, perché nessuno
ha interesse a fermare lo sfruttamento bestiale che porta frutta e pomodori,
insanguinati, sulle nostre tavole.
Così
come si è ripetuta - sempre oggi - una riedizione della strage di Viareggio (29
giugno 2009): questa volta sul raccordo stradale di Borgo Panigale, Bologna. Un
Tir carico di materiale infiammabile, 2 morti e una settantina di feriti finora.
Merci pericolose che viaggiano senza alcuna misura di sicurezza, autisti
costretti a guidare fino allo sfinimento (tutti sanno che le schede che
registrano il chilometraggio si taroccano) perché gli affari, il mercato, non
si possono fermare, le misure di sicurezza sono un impedimento, sono i “lacci e
lacciuoli” tanto deprecati negli scorsi anni da industriali e politici, che
frenano il “progresso”. Qui l’unico progresso è quello dei capitalisti. Noi
possiamo solo sperare di non essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. E,
alla faccia di chi sbraita “prima gli italiani”, oggi si dimostra, una volta ancora, che non c’è
alcuna differenza, i padroni sfruttano e ammazzano italiani e stranieri,
bianchi e neri, senza alcuno scrupolo, perché, a loro interessa solo il
profitto. Ma, per una volta, facciamoci una domanda: vogliamo davvero - noi, i
nostri cari, i compagni di lavoro, gli sconosciuti che incontriamo tutti i
giorni, qualunque sia il colore della loro pelle - essere la carne da macello
che permette agli sfruttatori di arricchirsi ancora di più sul nostro sangue e
sulla nostra vita? Se la risposta è no, ricominciamo a pensare di unirci,
organizzarci e lottare per rovesciare questo sistema sociale, barbaro e
inumano, che si chiama capitalismo.
Centro di Iniziativa Proletaria “G: Tagarelli”
Sesto San Giovanni (Milano)
Centro di Iniziativa Proletaria “G: Tagarelli”