Una
predica globalmente inutile
di Giovanni Bianchi
La passione
Si sa che la passione politica è una
passione forte e in non poche occasioni inestinguibile. Non a caso viene spesso
paragonata a una droga. Una passione quindi che non sempre svanisce col passare
degli anni e che strappa sovente al meritato riposo reduci di un passato più o
meno glorioso e soprattutto insoddisfatti di come si presentano le cose
dell'oggi è più ancora nel prossimo futuro. Da qui il moltiplicarsi di incontri
molecolari, quasi carbonari, veri cenacoli, spesso anche casuali e un poco
affrettati, dove si consuma un pasto amicale, un bicchiere di vino e si discute
finalmente a ruota libera. Era questa un tempo una prassi vigente nei partiti
d’antan. È sparita, ed ecco perché alcuni volenterosi cercano di continuarne la
memoria e la praticabilità. I tentativi non sono esenti dai buoni propositi di
collaborazione e cambiamento delle cose politiche in corso e talvolta perfino
dei nuovi protagonisti.
Perché
dunque si fanno le riunioni tra reduci e perché anche alcuni di noi continuano a
farle? Per pensare politica nel momento in cui le circostanze -naturali o
indotte non importa- ci impediscono di farla. E poi perché il riunirsi può
risultare utile non soltanto a noi.
Con
un dato di fatto preliminare: è l'amicizia -anche residua o magari disperata- a
convocarci e non una inconfessata voglia residua di competizione. Per questo mi
ripeto. Sapete quando i partiti politici hanno cessato di vivere in Italia?
Quando uno che ha in tasca la tua stessa tessera va in ospedale per un
intervento chirurgico e tu non ti senti in dovere di andare a fargli visita. Senza
amicizia (Aristotele) e senza solidarietà non c'è politica, o meglio, non c'è
partito. Perché senza elementi di comunità non regge nessuna organizzazione.
Ma
è evidente che per continuare ad essere in qualche modo utili non basta che la
riunione sia finalizzata a un brindisi, ma deve provare a costituire un punto di vista comune dal quale guardare
la fase. Non ha senso schierarsi per Renzi o contro Renzi : bisogna costituire
un punto di vista sensato dal quale intendere nel periodo storico che
attraversiamo le origini, le ragioni, le potenzialità e i rischi delle offerte
politiche in campo.
Il ruolo dei patti
Renzi
non è il bravo ragazzo che viene dalla città di La Pira e che dobbiamo comunque
guardare con simpatia o antipatia. Un politico, soprattutto un politico nuovo,
capace (ma su quale terreno?), forse grande e adesso vincente lo si valuta con
le categorie del Principe di
Machiavelli -non soltanto per la medesima location- e non con quelle dell'età
evolutiva proposte da Piaget. La stessa giovane età, in un Paese che non è già
più per vecchi, va distinta dal vettore e dalla moda giovanilistica. Napoleone
alla campagna d'Italia aveva 29 anni, e nessuno pensò di consigliargli di
tornare all'Accademia per un training imperiale.
Anche
le considerazioni sul carattere e le mosse conseguenti ("Enrico stai
sereno") vengono in un momento successivo, e forse non meritano grande
attenzione. Il problema è cioè da dove almanacchiamo sul ciclone del renzismo.
E
almanaccare bisogna, perché non ci troviamo di fronte a un progetto votato in
un'assemblea di partito (nella stessa Leopolda è sempre prevalso l'elemento
mediatico), ma ad un'azione che precede il progetto e che quindi deve essere
letta a posteriori e sospettata a priori.
Un'azione
cioè dove gli arcana imperii
prevalgono decisamente rispetto agli elementi del piano politico presentato
alla gente e alle lente e stanche liturgie della democrazia. Quella discutidora, e anche quella che prova a
stare al passo con i tempi.
È
la condizione generale, che privilegia la velocità e il coraggio, che fa
prevalere l'emozione rispetto all'antica razionalità e che in certo senso
costringe le analisi a un andamento rapsodico. Come di chi sia costretto a
un'affannosa rincorsa.
Cosa vuol dire oggi
partecipare
Il
prender parte (alla maniera del tifoso) precede l'analisi. La fruizione dei
messaggi è tipica del consumatore e si allontana sempre più da quella del
cittadino roussoiano.
E
infatti a chi si rivolge oggi preferibilmente un leader o un governante se non
al consumatore, che reagisce in quanto tale in quanto cittadino della città
mediatica?
Non
tanto il rigore delle considerazioni che stai sottoponendo ad Angela Merkel
nella cornice di una inimitabile Firenze, ma il messaggio mediatico-estetico -e
per questo politico e "passante" sugli schermi televisivi- della
coppia che parla sotto il David di Michelangelo.
Che
accadrà? Non lo sappiamo; nel senso che incontriamo più difficoltà a fare
previsioni rispetto ai decenni trascorsi. Ma anche nel senso che il leader
dotato di questo nuovo carisma ignora a sua volta la meta. Ma, a differenza del
navigatore di Seneca, apre le vele e invita a seguirlo anche se il porto non è
ancora chiaro a nessuno (leader compreso). Perché?
Perché
le ipotesi in campo ignorano la critica allo spirito del tempo e seguono
piuttosto l'onda dello spirito del tempo, così come fa l’abile atleta che
cavalca l'onda dell'oceano sulla tavola del surf. È questa infatti la metafora
marinara che pare a me meglio rappresentare le dinamiche in corso dei diversi
populismi.
La
politica dunque, soprattutto in certe fasi, funziona a patti. Patti
generazionali, palesi o segreti, e patti intergenerazionali (molto inter
peraltro) come quello del Nazareno.
E
infatti, generazionali o meno, palesi o occulti, questi patti producono prima o
poi -se reggono- effetti politici evidenti, anche di medio periodo.
Il
patto cosiddetto del Nazareno è la base possibile e in atto del partito della Nazione.
Un partito messo ai voti per dimostrare che il patto del Nazareno può risultare
più vincolante dell'appartenenza al PD.
Il
voto del Senato aveva avuto un anticipo nelle primarie di Genova. Non è essere
maliziosi nel giudizio: è intendere politicamente i processi prima che siano
compiuti.
Del
resto il PD non può restare a mezza strada, come pure la leadership di Renzi.
Non può cioè restare un cantiere aperto alle ipotesi più diverse e alle
mediazioni più sincopate.
La
Finocchiaro al Quirinale? E chi più di lei ha lavorato alla riforma
costituzionale con la Braschi? Una riforma a risparmio di democrazia in nome
della governabilità, e che diluisce ulteriormente l’idem sentire costituzionale.
Una
volta tanto bisogna parlar bene dei comici, dal momento che a difendere l’idem
sentire costituzionale degli italiani è rimasto Roberto Benigni.
Non
c'è tregua possibile, e sospendere il giudizio serve a tirarsi fuori, ma non a
guadagnare tempo. È commovente e tutto impolitico, e quindi patetico,
l'attaccamento di Bersani alla Ditta, o meglio, come s'usa dire, al brand.
Perché il brand è rimasto il medesimo, ma la ditta che prima produceva bibite,
adesso ha incominciato a produrre cravatte e giarrettiere… Ha cambiato il
prodotto e la pubblicità, oltre alle maestranze.
Perché
tutto questo? Perché anche la politica della velocità si confronta con
l'urgenza di un soggetto politico nuovo. Non basta cambiare continuamente le
regole del gioco del perimetro del campo di gioco: bisogna prima o poi
occuparsi della squadra da mandare in campo. Non è un problema di Renzi o
Bersani o Cuperlo: è un problema di tutta la politica, da destra a sinistra
passando per il centro. Un problema politico urgente e cogente.
Le coordinate
Vi
sono delle coordinate che comunque determinano o almeno circoscrivono nella
fase attuale la politica italiana. La prima coppia -in azione dal 1975- fa
convivere conflittualmente governabilità
e democrazia. La seconda tiene insieme un dinamismo opportuno e inedito della
politica italiana con il persistere di una pratica pattizia tutt'altro che
inedita e tutt’altro che innovatrice. Succede talvolta che gli
eventi siano più veloci dei nostri pensieri. È dove, non soltanto mettendosi al
servizio della verità finanziaria, il computer arriva prima della ponderazione.
L'accelerazione non soltanto degli eventi ma anche nelle tecniche subisce
impennate impreviste.
Se
ne sono resi conto recentemente Searls e Weinberger, tra gli autori nel 1999
del Cluetrain Manifesto, una profetica
esaltazione della rete dei social network, per la quale si considerava
"cominciata una potente conversazione globale" destinata a
un'autentica rivoluzione tecnologica e antropologica: e quindi delle stesse
piattaforme democratiche.
Ma.
C'è un ma grande come una casa. Infatti le tecniche di manipolazione del
consenso (e di censura) e dei nostri comportamenti si sono diffuse in maniera
invisibile con strumenti sempre più sofisticati. A quasi 15 anni dall'11 Settembre
il messaggio lanciato da George W. Bush, allora presidente degli Stati Uniti,
continua a funzionare a far danno.
La
paura cioè con la quale si è reagito al terrorismo continua a comportare la
compressione delle libertà individuali nei confronti del terrorismo. Anche la
sicurezza dunque "a risparmio di democrazia" continua a funzionare, a
far danno, a rafforzare l'isolamento dei poteri costituiti. La laicità dei
primi cultori della libertà del Web è stata progressivamente tallonata e
ridotta dai dettami del totalitarismo elettronico, come quello di David Cameron
in Gran Bretagna, cosicché nessuna forma di comunicazione deve sfuggire
all'occhio indagatore dello Stato. Il questurino elettronico ha preso in
ostaggio l'utopia, alla quale resta come chance soltanto l'opposizione della
rivolta delle nostre menti e dei nostri corpi non virtuali.
Si
tratta di un destino toccato in sorte anche in Italia a Grillo e Casaleggio, e
che già ha incominciato a insidiare il mantra della rottamazione continua.
Cercando
una via di sortita, mi concedo un elogio dello strabismo. Perché ogni lettura
della realtà deve essere a mio giudizio in questa fase opportunamente strabica
(altrimenti risulta quantomeno inutile e noiosa).
Il
romanzo lo sa, e ci marcia. Il saggio finge di no, e si banalizza
spocchiosamente e si suicida. Per questo ogni vero scrittore -perfino lo
storico- insegue un suo chimerico strabismo di Venere... O quantomeno si sforza
di non prendere troppo sul serio le proprie regole e la propria disciplina. È
il vantaggio della teologia ebraica, che ha l'abitudine di essere autoironica.
Mentre le altre religioni e teologie si prendono dannatamente sul serio.
Affabulare
e cercare, anche tantonando consapevolmente, in cerca, se non di una soluzione
almeno di una via percorribile, è un'attitudine che aiuta insieme a pensare e a
vivere.
Un
atteggiamento non apprezzato da tutti e spesso soggetto a drastiche ironie,
come quella di quel potente capocorrente democristiano che andava dicendo di
Mino Martinazzoli: "Così bravo, e così inutile".
Io
invece ho apprezzato e continuo ad avere nostalgia dell'inutilità del mio amico
Mino Martinazzoli.