Il MUOS per ipermilitarizzare e depredare l’Artico
di Antonio Mazzeo
Gli Stati
Uniti d’America hanno un asso nella manica per trionfare nella competizione tra
vecchie e nuove superpotenze per il controllo militare, politico ed economico
dei mari del Polo Nord e dell’Antartide, fragilissimi ecosistemi. Si tratta del
MUOS (Mobile User Objective System), il più recente sistema di
telecomunicazioni satellitari della Marina militare Usa, costituito da quattro
terminali terrestri distribuiti in tutto il pianeta (uno in Sicilia,
all’interno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Caltanissetta) e
cinque satelliti in orbita geostazionaria a oltre 36.000 km di distanza.
Grazie ai primi due satelliti lanciati sino ad oggi nello
spazio, la Marina statunitense ha attivato le “prime connessioni satellitari
affidabili” nel Mar Glaciale Artico. La sperimentazione e l’uso nei mari del
Nord del nuovo sistema di telecomunicazioni per le guerre globali del XXI
secolo ha preso il via nella primavera del 2014 con “Ice Exercise – ICEX ‘14”,
l’esercitazione condotta dal Comando per le forze subacquee di US Navy
(COMSUBFOR), in collaborazione con i tecnici di Lockheed Martin, l’azienda
statunitense che ha progettato e realizzato il MUOS. Nel corso di ICEX ’14, le
unità e gli utenti mobili del COMSUBFOR hanno potuto utilizzare una stazione
terrestre di dimostrazione del nuovo sistema satellitare per ricevere e
trasmettere “in modo sicuro” messaggi ed e-mail. “Per la prima volta nella
storia, gli utenti militari hanno potuto trasferire file con notevoli quantità
di dati, utilizzando connessioni satellitari stabili nella regione artica”, ha
dichiarato Amy Sun, responsabile dei programmi avanzati di trasmissione di
Lockheed Martin. “Un nostro team ha sperimentato le caratteristiche funzionali
del Wideband Code Division Multiple Access (WCDMA), il codice d’accesso per le
trasmissioni in banda larga del MUOS, utilizzando tre differenti stazioni radio
in condizioni ambientali estreme, quasi nel punto più a nord della terra”. Le
connessioni con i satelliti MUOS, hanno consentito a US Navy e Lockheed Martin
più di 150 ore di trasmissione dati. “Abbiamo inviato senza interruzioni e con
la massima sicurezza grandi quantità di foto, mappe ed altri dati informativi e
d’intelligence, cosa che non avremmo potuto fare con i sistemi satellitari sino
ad oggi esistenti”, ha aggiunto mister Sun. Stando sempre a Lockheed Martin, il
sistema WCDMA del MUOS ha consentito di aumentare di 16 volte la quantità dei
dati trasmessi nell’unità di tempo.
“Operando da un accampamento ghiacciato oltre il Circolo
Artico, i nostri tecnici hanno provato che il MUOS è un asset affidabile per le
comunicazioni nell’estremo nord”, ha dichiarato Paul Scearce, direttore dei
Programmi militari spaziali di Lockheed Martin. “Nel 2013 avevamo già
verificato la portata della nuova costellazione satellitare, ma ICEX ’14 è
stata la prima volta in cui il MUOS è stato utilizzato durante lo svolgimento
di esercitazioni del governo Usa. Da oggi, grazie al MUOS, gli utenti potranno
comunicare in tutto il globo utilizzando un apparato radio, senza dover
modificare di volta in volta le modalità di trasmissione a causa delle
differenti aree di copertura. Il MUOS accresce enormemente il potenziale
operativo dei suoi utenti mobili, non solo nei tradizionali teatri operativi,
ma anche nei punti più lontani del pianeta”.
L’espansione dell’area coperta dalle trasmissioni nei
mari del Nord arriva in un periodo storico caratterizzato da forti tensioni tra
Stati Uniti, Canada, Russia e diversi paesi europei per il controllo e la
“colonizzazione” delle regioni polari. “Nell’Oceano Artico, la richiesta di
consistenti servizi di trasmissione di messaggi in voce e dati non potrà che
aumentare”, spiega Paul Scearce. “In quest’area geografica si stanno sperimentando
sempre maggiori attività di navigazione, turistiche e di sfruttamento delle
risorse naturali che, presumibilmente condurranno anche ad una crescita delle
richieste di ricerca e salvataggio. Il MUOS ci consente di esserci ed operare
con successo. Ma anche l’Antartide dovrebbe fornire performance e risultati
similari a quelli sperimentati nell’Artico. Lockheed Martin ha in programma di
verificare presto anche in questa regione la potenza dei segnali del MUOS”.
L’esercitazione ICEX ’14 prese il via alla fine del 2013
con la predisposizione di specifici sensori da parte dell’Arctic Submarine
Laboratory di US Navy e l’addestramento e la formazione del personale militare
destinato al Mar Glaciale Artico. La prima fase prettamente operativa iniziò il
17 marzo 2014 presso l’Ice Camp Nautilus, un accampamento realizzato a circa
100 km a nord della Prudhoe Bay (Alaska) su una lastra di ghiaccio alla deriva
nell’oceano. Da allora, le antenne e i sistemi tecnologici avanzati
dell’accampamento hanno assicurato le telecomunicazioni con i due sottomarini a
capacità e propulsione nucleare USS New Mexico (classe Virginia) e USS Hampton
(classe Los Angeles) che nel febbraio 2014 avevano lasciato le rispettive basi
navali per raggiungere l’Artico dall’Oceano Pacifico e dall’Atlantico. “La fase
iniziale di ICEX 2014 ha incluso anche la raccolta di dati ambientali e
l’effettuazione di una serie di test durante il trasferimento dei sottomarini
verso il nord, monitorati dal centro operativo di Camp Nautilus, dal Chief of Naval
Operations (OPNAV N97) Submarine Arctic Warfare Program e da un gruppo di
ufficiali delle forze armate di Stati Uniti e Canada”, riporta Il Comando per
le operazioni subacquee della Marina Usa. “La seconda fase di ICEX 2014 ha
visto le prove d’immersione ed emersione nel ghiaccio di uno dei due
sottomarini e l’attracco e la sosta in un banco di ghiaccio. In questa fase,
dal 17 al 27 marzo, il sistema satellitare MUOS ha operato per conto dell’Ice
Camp Nautilus”.
L’esercitazione militare ICEX si ripete ogni due ed ha
come scopo centrale quello di testare il funzionamento dei sottomarini nucleari
Usa nel Mar Glaciale Artico. Alle attività, oltre ai militari e ai tecnici di
COMSUBFOR e del l’Arctic Submarine Laboratory, partecipano alcuni ricercatori
del laboratorio di fisica applicata dell’Università di Washington. “ICEX è
importante per la nostra strategia marittima perché ci consente in modo
realistico di migliorare le nostre conoscenze e operare in tutte le aree del
pianeta”, ha dichiarato l’ammiraglio Gary Roughead, già a capo delle operazioni
navali Usa. “ICEX permette alla Marina di effettuare una serie di test sui
nostri sistemi di combattimento, di navigazione e di comunicazione. Il
patrimonio di conoscenze sulla natura dinamica dell’Oceano Artico ottenuto con
ICEX è socializzato al resto di US Navy ed è utilizzato per far sì che le forze
navali Usa continuino ad operare in maniera eccellente nell’Artico e in altre
aree geografiche caratterizzate da difficilissime condizioni ambientali”.
“Operare nell’Oceano Glaciale Artico è cosa diversa da
ogni altra operazione marittima a causa delle estreme, rigide e inesorabili
condizioni naturali”, ha spiegato l’ammiraglio Roughead. “La maggior parte
delle sue acque è ricoperta da un denso spessore di ghiacci per buona parte
dell’anno ed è inaccessibile alle unità di superficie. Oltre alle temperature
estremamente basse, il continuo congelamento, scongelamento e ricongelamento fa
sì che la salinità e la densità delle acque dell’Artico siano drasticamente
differenti dai quelle degli altri oceani. Le attività di routine delle nostre
forze subacquee sono dunque molto più complesse sotto il ghiaccio. Le
operazioni d’identificazione in immersione, le esercitazioni con i siluri e
quasi tutte le funzioni sonar sono pesantemente condizionate dalla specificità
dei profili della velocità del suono che s’incontrano in questo ambiente
imprevedibile”.
Sono sempre gli uomini di vertice delle forze navali Usa
a spiegare le vere ragioni della pericolosa corsa militare ai ghiacciai del
Polo Nord e all’Antartide che vede contrapposti gli Stati Uniti d’America e le
altre potenze mondiali. “L’Oceano Artico è una delle aree più importanti dal
punto di vista strategico per gli odierni e futuri leader militari e politici”,
ha aggiunto l’ammiraglio Roughead. “Questo oceano lambisce diverse nazioni e
serve come importantissima via di comunicazione marittima tra l’Atlantico e il
Pacifico. La capacità di operare in questa regione in ogni periodo dell’anno e
in ogni condizione atmosferica e ambientale è vitale per i nostri interessi
nazionali e consente agli Stati Uniti un accesso sicuro alle risorse naturali
esistenti e a tutte le aree operative marittime del mondo”.
“C’è un aspetto
per la sicurezza nazionale prioritario nel continuare a operare nel Mar
Glaciale Artico con i sottomarini nucleari di US Navy”, ha dichiarato il
comandante Greg Ott, vicedirettore per le operazioni di COMSUBFOR. “I
sommergibili sono le uniche unità statunitensi in grado di muoversi stabilmente
tra queste acque. Se poi un giorno i ghiacci si sciogliessero, l’Artico si
trasformerebbe in una linea di comunicazione marittima vitale per l’economia
mondiale. È dunque per noi importante che i nostri interessi vengano protetti”.