Questa lettera, circolata anonima, è giunta alla nostra Redazione
tramite il poeta milanese Gian Carlo
Consonni con l’invito a farla girare. Sono settimane e settimane che scriviamo sull'argomento e ne scriviamo in modo molto più radicale e articolato di quanto si legge in questi righi. Non capiamo, dunque, perché circoli anonima. Ad ogni modo, contrariamente a quanti ne hanno
preso le distanze, noi la condividiamo e abbiamo deciso di pubblicarla per un
più vasto pubblico. Chi vuole può far girare il link fra i suoi contatti.
Dalla scoperta del primo autentico focolaio di Covid-19, il 21 febbraio 2020, sono passati 50 giorni. In tutto questo periodo abbiamo affrontato una condizione di inedita emergenza a cui sappiamo come nessuno fosse realmente preparato. L’Italia, e la Lombardia in particolare, hanno affrontato una crisi sanitaria epocale con uno sforzo collettivo che è sotto gli occhi di tutti. A tutti noi è stata chiesta una risposta coordinata, unitaria, indirizzata dall’Autorità per il bene comune, per la salute di ciascuno. Ci sono stati decreti, ordinanze, ma anche appelli, invocazioni. Abbiamo tutti dovuto fare lo sforzo di sentirci e comportarci come una comunità matura, solidale, capendo anche le incertezze, le contraddizioni possibili in questo contesto emergenziale. Eppure non possiamo tacere quanto ormai si fa di giorno in giorno sempre più evidente, e che riguarda il malgoverno di questa tragedia collettiva.
Noi, cittadini comuni, siamo stati costretti a guardare quello che
facevate chiusi nelle nostre case. I più fortunati di noi solo a gestire un
tempo privato di tutto, tra angoscia e preoccupazione. In migliaia invece a
gestire malattia, morte e lutto. Altri ancora, moltissimi, sono stati costretti
a lavorare senza nessuna sicurezza partecipando loro malgrado alla
diffusione del contagio, producendo un cortocircuito di cui ancora adesso
paghiamo le conseguenze.
Sappiamo ora quanto la vostra azione sia stata scellerata, le
inchieste già aperte faranno forse chiarezza, chissà. Abbiamo finalmente capito
che l’impoverimento della sanità pubblica in quella che voi definivate
l’eccellenza della cura in Italia, con l’emergenza della pandemia, ne ha
prodotto il collasso. Abbiamo letto, sentito gli appelli disperati
dei medici e degli operatori sanitari che avete chiamato eroi ma che non avete
protetto, che avete lasciato morire e che non avete ascoltato. Esattamente come
non avete ascoltato le voci degli amministratori locali, una ampia comunità di
Sindaci che vi ha chiesto un cambio di strategia per limitare il disastro che
ancora si va compiendo.
Abbiamo appreso della folle delibera che proponeva il ricovero di
pazienti Covid nei luoghi di cura degli anziani, delle intimidazioni al
personale per evitare di generare presunti inutili allarmi: per nascondere
l’incapacità di chi gestiva l’emergenza.
Abbiamo assistito alla spettacolarizzazione delle vostre scelte,
il cui fine era la sola propaganda, come l'apertura dell'ospedale in
fiera. (Quanti sono oggi i ricoverati in quell’ospedale? Quanti soldi
avete speso? Quanto sarebbe stato opportuno riaprire ospedali già
chiusi?).
Abbiamo osservato il braccio di ferro ipocrita e fasullo con il
governo centrale a cui non ha corrisposto nessuna azione di senso o comunque
iniziativa pianificata sul territorio della Lombardia che voi governate: è il
caso della mancata chiusura delle aree più contagiate come quella di Bergamo
per compiacere i poteri di Confindustria.
Abbiamo ascoltato la confusione dei dati, per la mancanza di una
somministrazione sensata dei tamponi secondo un piano e non per la mancanza di
risorse: servivano e servono tamponi ai medici, al personale sanitario, ai
pazienti con sintomi, e non solo a quelli che accedono all’ospedale per essere
ricoverati. Abbiamo
capito, noi cittadini normali, che una pandemia necessita di un piano su tutto
il territorio e non solo di azioni negli ospedali, pur necessarie. Ognuno di
noi sa di vicini, amici, persone malate che non hanno ricevuto nessuna cura e
che sono rimaste a casa senza sapere se avessero contratto il virus contagiando
altre persone, aggravandosi, a volte morendo. Abbiamo dovuto sopportare anche l’ultima farsa delle mascherine
che tutti ci avete detto dovrebbero indossare, ma che ancora oggi non ci
sono e che non sappiamo quando e come verranno distribuite.
Abbiamo assistito al tentativo di liberarvi dalla responsabilità
di scelte che resteranno nella memoria collettiva di questo paese, quando
sopravvivranno alle aule dei tribunali.
Capiamo che la gravità del momento, la complessità del problema e
la rapidità dello sviluppo dell’emergenza hanno implicato, implicano ed
implicheranno errori, ma non possiamo più permetterci l’irresponsabilità, o
addirittura la strumentalizzazione politica di questa tragedia.
Chiediamo la modifica delle strategie di intervento e gestione
dell’epidemia, a partire dal consiglio e dalla guida della comunità scientifica
e sanitaria, che invoca da giorni l’attenzione e la presa in carico del
territorio, e non solo degli ospedali. Chiediamo che in questo momento nessun umano sia abbandonato:
curandolo, e integrandolo nella comunità perché la cura possa avvenire.
Chiediamo che la tutela della salute pubblica prevalga sugli
interessi economici dei singoli e delle organizzazioni: la straordinarietà
epocale della crisi avviata dall’epidemia non cambierà, né giustificherà
ulteriori morti, ma sul loro numero vi giudicheremo.