ATTENZIONE: ATTACCO
ALLA PRIMA PARTE DELLA COSTITUZIONE
di Franco Astengo
L’illustre professor Panebianco
questa mattina, 21 luglio 2017, dalle colonne del Corriere della Sera sferra un
duro attacco alla prima parte della Costituzione: un attacco molto serrato
quasi da far pensare a una nuova stagione di tentativi di deformazione
costituzionale come quella che abbiamo appena terminato di trascorrere con il
voto vittorioso del 4 dicembre 2016. Nell’occasione si prende a pretesto la
proposta della “flat tax” (aliquota fiscale unica al 25%) considerandola la
panacea di tutti i mali anzi il provvedimento che, secondo l’autore “darebbe
una frustata così vigorosa alla nostra economia da farla ripartire al galoppo
dopo decenni di alternanza, tra stagnazione, recessione e bassa crescita”.
Ma c’è un
però sulla strada dell’applicazione di questo possibile miracolo: ed è la
Costituzione, retro gradatamente socialista secondo il giudizio JP Morgan, che
indulge nel difendere un’antistorica progressività della tassazione (L’articolo
53 della Costituzione della Repubblica Italiana recita: Tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. E
aggiunge: Il sistema tributario è informato a criteri di progressività). Un
ostacolo messo lì da un testo costituzionale
che prevede una “Repubblica fondata sul lavoro”, definizione frutto di un
“compromesso fra alcune forze (democristiani, socialisti, comunisti) che
all’epoca non brillavano per adesione ai principi liberali. Era una
Costituzione adatta a qualsiasi uso. Servì ad ancorare l’Italia al mondo
Occidentale dopo la vittoria democristiana sui social comunisti nelle elezioni
del 1948 ma avrebbe potuto diventare, senza bisogno di revisioni, la carta
fondamentale di una “democrazia popolare” se i social comunisti avessero
vinto”. Panebianco si è interrogato: “I risultati del referendum costituzionale
hanno messo fuori gioco per chi sa quante generazioni la possibilità di
riformare la seconda parte della Costituzione
(essersi mossi su quel terreno è
giudicato , da parte del professore, un grave errore da parte dei
“riformisti”). Perché allora non cominciamo a discutere della prima? E’ sicuro,
tanto per fare un esempio, che la nostra convivenza civile ci rimetterebbe se
la nostra Repubblica, anziché essere fondata sul lavoro fosse fondata sulla
libertà? E’ sicuro che se il diritto di proprietà, anziché essere relegato tra
i cosiddetti “interessi legittimi” fosse riconosciuto fra i diritti
fondamentali, quelli su cui poggia la libertà, ce la passeremmo peggio?”. E
conclude: “Magari, chissà? Sarà la discussione sulla flat tax che, finalmente, costringerà molti a trattare meno
acriticamente i principi costituzionali su cui si regge la Repubblica. E in
precedenza aveva scritto: “Forse è arrivato il momento di chiedersi se non sia
il caso di intervenire col bisturi sulla prima parte della Costituzione, sui
famosi principi”.
Mi pare
inutile segnalare, verso chi si è battuto per la difesa della Costituzione
nell’occasione dell’ultima tornata referendaria, la pericolosità di queste
affermazioni, vero e proprio preludio a un attacco in grande stile attraverso
il dibattito sulla flat tax (che
qualcuno già pronostica come il vero e proprio “oggetto del contendere” della
prossima tornata elettorale legislativa, assieme alla questione dell’Europa). In
molti, nel corso dei tanti anni di lavoro in difesa del dettato Costituzionale
( tre occasioni: Bicamerale D’Alema, progetto Berlusconi, deforma renziana)
avevamo tentato di segnalare la delicatezza dell’intreccio tra seconda parte
(che veniva messa in discussione nelle occasioni citate) e prima parte (fintamente,
in quei casi, ritenuta intangibile). Adesso arriva, dalla prima pagina
dell’antico “Corriere dello Zar” l’attacco diretto. Occorre avere
consapevolezza di questo stato di cose, a partire dalla mancata risposta
politica al voto del 4 Dicembre, e attrezzarsi all’evenienza senza ritardi, sottovalutazioni,
tentennamenti. La lettura di quest’articolo di Panebianco non deve lasciare
dubbi: la difesa integrale della Costituzione Repubblicana rimane l’imperativo
prioritario per tutti i conseguenti democratici e per la sinistra italiana (che
deve considerare questo punto “l’ubi
consistam” della sua possibile ricostruzione come soggetto politico). Una
difesa che è necessario principi da un altro elemento messo in discussione
nell’articolo citato: quello della coerenza tra il sistema elettorale
proporzionale e il testo Costituzionale.