MILANO.
UDIENZA PUBBLICA SULLA TRASFORMAZIONE
DEGLI SCALI FERROVIARI
UDIENZA PUBBLICA SULLA TRASFORMAZIONE
DEGLI SCALI FERROVIARI
Pubblichiamo questi documenti non
solo perché “Odissea” è stata ed è parte in causa, ma perché resti a futura
memoria, su come, nella città medaglia d’oro della Resistenza e che ha pagato
uno dei più alti tributi di sangue alla democrazia, essa venga calpestata e vilipesa da un’Amministrazione che non solo non tutela i beni comuni e gli
interessi dei cittadini, ma si fa controparte del bisogno di democrazia e della
passione civile dei suoi cittadini. Pacifici cittadini hanno trovato davanti a
Palazzo Marino, il giorno dell’Udienza Pubblica, i blindati della Polizia. Si
vede che l’onestà incute paura.
Palazzo Marino |
Relazione del Comitato promotore:
Coordinamento Beni Comuni.
Signor Sindaco di Milano
Noi
Cittadini e Cittadine milanesi avevamo creduto che Lei, già molto tempo fa, ci avrebbe dovuto convocare in Udienza Pubblica. Per ascoltare, dialogare e condividere le
diverse opportunità che il riutilizzo degli ex scali ferroviari potranno
offrire alla futura Città di Milano e alla sua dimensione metropolitana. Per
porre interrogativi e ricevere da Lei, Signor Sindaco, risposte. Così non è
stato e Noi Cittadini milanesi ci siamo trovati costretti a convocarci. Ed oggi in
questa udienza pubblica Le poniamo quegli stessi interrogativi su cui la invitiamo
a porre attenzione e da cui attendiamo risposte. Quanto Le stiamo per dire è
riportato in una relazione scritta che al termine dei nostri interventi rimetteremo
nelle mani del Signor Segretario Generale, tutore della legittimità degli atti
amministrativi, perché si faccia carico di una attenta lettura di quanto
scritto. Dei
possibili errori rispondono personalmente i governanti ma ben più gravi sono le
conseguenze che potrebbero ricadere su tutti noi cittadini.
Giuseppe Sala |
Coordinamento Beni Comuni -
Associazione Ecsit - Comitato Cambiamenti Climatici - Comitato PRU Rubattino-
EffeRossa PCI - Comitato dei Navigli - Svendesi Darsena - Comitato La Goccia -
Comitato Parco Sempione -Comitato Calchi Taeggi -Associazione Parco Piazza
d'Armi - Le Giardiniere -Casa Rossa - Comitato Proteggiamo il Monte Stella
-Collettivo studenti, dottorandi e ricercatori l-light -Progetto Lambrate
Associazione Gruppo Verde S. Siro - Ass.ne Società Sostenibile.
Palazzo Marino |
LA PARTECIPAZIONE
TRADITA
Il
'Regolamento per l'attuazione dei diritti di partecipazione popolare', all'Art.
28, comma 1, dichiara: ''L'Udienza Pubblica è indetta dall'Amministrazione
Comunale qualora essa intenda adottare deliberazioni relative a piani
territoriali, strumenti urbanistici generali e grandi opere pubbliche a
rilevanza cittadina''. Questo significa che su una questione così importante
come gli scali doveva essere il sindaco stesso ad indire per tempo un' Udienza
Pubblica, senza aspettare che a richiederla fossero i cittadini con la raccolta
delle 1000 e più firme. Stigmatizziamo
inoltre i tempi strettissimi imposti per la convocazione di questa Udienza Pubblica, da
noi richiesta , indetta lunedì 3 luglio per martedì 11 luglio e con
l'obbligocapestro per
Associazioni e cittadini di presentare eventuali documenti scritti entro venerdì
7 alle ore 12.00, cioè entro tre giorni e mezzo soltanto!
Il Regolamento prevede invece, ben più distesamente, il limite di 30 gg. per la pubblicazione della richiesta di Udienza Pubblica e di altri 45 gg. lavorativi per la sua indizione, a riprova del fatto che materie così importanti non possono essere liquidate in fretta e furia, capovolgendo addirittura, come in questo caso, lo spirito della norma per la volontà manifesta di subordinare l'Udienza alla scadenza dei tempi utili per la ratifica dell'Accordo di Programma in Consiglio Comunale che è stata già fissata nei due giorni immediatamente successivi all’udienza, come se le osservazioni che dovessero scaturirne, non avessero importanza. Relativamente ai tempi e alle modalità, più avanti in questa esposizione illustreremo più dettagliatamente le gravi carenze di legittimità giuridiche e procedurali.
Il Regolamento prevede invece, ben più distesamente, il limite di 30 gg. per la pubblicazione della richiesta di Udienza Pubblica e di altri 45 gg. lavorativi per la sua indizione, a riprova del fatto che materie così importanti non possono essere liquidate in fretta e furia, capovolgendo addirittura, come in questo caso, lo spirito della norma per la volontà manifesta di subordinare l'Udienza alla scadenza dei tempi utili per la ratifica dell'Accordo di Programma in Consiglio Comunale che è stata già fissata nei due giorni immediatamente successivi all’udienza, come se le osservazioni che dovessero scaturirne, non avessero importanza. Relativamente ai tempi e alle modalità, più avanti in questa esposizione illustreremo più dettagliatamente le gravi carenze di legittimità giuridiche e procedurali.
Pierfrancesco Maran assessore del Pd |
E teniamo a
evidenziare che se questa Amministrazione avesse davvero avuto a cuore, come va
sbandierando, la promozione della democrazia partecipativa, perché allora non è
ricorsa di sua iniziativa, viste anche le tante sollecitazioni in merito da
parte della cittadinanza, al più alto istituto del Referendum? Lo Statuto del
Comune di Milano lo prevede. La nostra presenza qui testimonia che quanto è stato
spacciato fino ad ora per ''partecipazione'' in realtà è stata unicamente la
vostra unilaterale informazione e il vostro “raccogliere'' comunicazioni nei Municipi. La vostra strategia di governo oscilla tra la sola esposizione
“glamour” di decisioni già prese in sedi lontane ed esclusive ed una sbandierata
apertura che in realtà è solo apparenza, limitata ad aspetti marginali. A
leggere le 89 pagine, tanto accattivanti quanto autocelebrative, della
''Visione Strategica'' che illustra l'Accordo di Programma, sembra che i
milanesi vivranno nel migliore dei mondi possibili quanto a garanzie e
valorizzazione del diritto di partecipazione alle scelte strategiche per la
città. Peccato che le cose non stiano affatto così e che la prassi seguita da
questa Amministrazione vada in realtà nella direzione esattamente
opposta.
In questo
contesto le 20 sedute pubbliche e i 19 incontri di ascolto nei municipi hanno speso
molte parole riguardo a panchine e aree per cani e nulla si è detto su
operatori immobiliari, promotori e plusvalenze. Si è contrabbandato come
partecipazione il flusso dei 60.000 cittadini e cittadine alla tensostruttura
di Porta Genova che in realtà erano solo visitatori del Salone del Mobile. E
cosa hanno visto questi visitatori? Hanno visto unicamente le 5 “vision” offerte da cinque studi di
architettura pagati dalla controparte FS Sistemi Urbani beneficiaria della opera-zione
di valorizzazione degli scali ed il ruolo del Comune si è limitato alla promozione
mediatica degli eventi connessi.
UNA ISTITUZIONE CHE HA
RINUNCIATO AL PROPRIO RUOLO DI PIANIFICAZIONE
contributo dell’avv. Mario
Viviani
“Il potere
di pianificazione urbanistica è attribuito al Comune all’esclusivo ed evidente scopo
di far delineare l’assetto (funzionale, morfologico …) del territorio più
confacente all’interesse pubblico liberamente valutato dal Comune. È sviato
perciò da parte del Comune l’uso di tale potere al fine -che appare principale-
di “valorizzare” (cioè rendere di maggior valore patrimomiale i terreni di una
certa proprietà, destinandoli ad una funzione di tipo privatistico (i servizi
pubblici sono una sorta di rimedio al nuovo peso insediativo). Tale funzione
trova, per di più, ispirazione in alcuni progetti (“vision”) predisposti da progettisti liberamente incaricati dal medesimo
soggetto (privato) che godrà della nuova destinazione, patrimonialmente vantaggiosa
e utile a mettere i terreni sul libero mercato immobiliare. In tema di
uso del potere di pianificazione, viene poi da chiedersi quali siano state le preliminari
indagini e valutazioni circa l’effettiva esigenza, sull’intero territorio comunale
(comprendendo le parti di proprietà dei non pochi altri soggetti esclusi dalla bella
avventura dell’Accordo di Programma), di nuovi insediamenti (residenziali o
meno) e circa l’insussistenza della possibilità di collocare tali funzioni,
servizi e attività in altri siti del territorio. E viene anche da domandarsi
quale sia stato l’esito del bilancio ecologico del suolo interessato
dall’operazione e prescritto dal quarto comma dell’art.5 LR n.31/2014. In parole
povere: come la mettiamo con la riduzione del consumo di suolo. Quando
l’Accordo di Programma è usato come (forse soprattutto come) veicolo accelerato
di variante dello strumento urbanistico, è necessaria la pubblicazione di cui all’undecimo
comma 11 dall’art.6 della L.R. n.2 del 14 marzo 2003 (Programmazione negoziata
regionale); noi non siamo riusciti ad individuarla.
Smog |
Si osserva inoltre che la precedente
Delibera Consiliare n. 44 del 14 dicembre 2016 delle “Linee di indirizzo in
merito alla trasformazione urbanistica delle aree ferroviarie dismesse e in
dismissione site in Comune di Milano…” prevede che esse debbano essere
realizzate “ attraverso la procedura di Accordo di Programma in conformità all’articolo
31.3 delle Norme di Attuazione del Piano delle Regole del Piano di Governo del
Territorio”, norma che richiama appunto l’art. 6 della L.R. n.2/3/2003. Questo senza considerare che la norma tecnica transitoria non può essere usata come se
essa avesse affermato (profetizzato) l’applicabilità di un Accordo di Programma
al tempo inesistente e nemmeno configurato.”
UN CONSIGLIO COMUNALE
PRIVATO DELL’ESERCIZIO
DEL SUO POTERE DI
INDIRIZZO
Un ulteriore
rilevante aspetto negativo dell’Accordo di Programma riproposto riguarda la procedura
di futura approvazione dei piani attuativi dei singoli scali, che saranno adottati
ed approvati dalla sola Giunta, senza alcun potere da parte del Consiglio comunale.
Condizione particolarmente grave anche in considerazione degli impatti rilevantissimi
dei progetti e in particolare della nuova viabilità, per ora indicata solo schematicamente.
Valga per
tutti l’esempio della tranquilla via Caracciolo, destinata a trasformarsi in
una copia del trafficatissimo viale Monte Ceneri, oppure la previsione di un
asse di penetrazione lungo il Naviglio Grande fino a Porta Genova. Il collegio
di vigilanza, art.23.2 dell’Accordo di programma, avrà inoltre poteri enormi: decisionali,
sanzionatori, di commissariamento, di convocazione, di proroga, di ampliamento;
potrà disporre interventi anche in deroga al regime ordinario, validare le fasi
progettuali, i cronoprogrammi e modificare le priorità, svolgerà il compito di rendicontazione
e monitoraggio del costo degli interventi e potrà decidere quali opere stralciare
o posporre; e poiché, ultimo capoverso, “Per la validità delle riunioni del Collegio
di Vigilanza è richiesta la presenza di tutti i componenti. Le decisioni sono assunte
all’unanimità” ne consegue nella pratica che i firmatari dell'accordo hanno consegnato
le chiavi della città ad uno qualunque degli avvocati di fondo Olimpia, o di Ferrovie
dello Stato, o di Sistemi Urbani, o di Rete Ferroviaria Italiana. È dunque
essenziale che siano previsti due passaggi, politicamente vincolanti, dei piani attuativi in
Consiglio comunale. Tutti questi passaggi prima dell’adozione e dell’approvazione
di competenza formale della Giunta.
Stazione di San Cristoforo |
UN ALTRO ACCORDO È POSSIBILE
Sistematica
violazione dei limiti di legge obbligatori sull’inquinamento, in particolare NO2
e PM10, traffico, poco verde pubblico soprattutto nell’anello semicentrale,
eccesso di offerta sul mercato immobiliare, divario tra Milano e cintura
metropolitana : questa è la realtà milanese di oggi. Questa realtà obbliga a
proporre, per le poche aree della città di Milano ancora disponibili per la
trasformazione urbanistica, soluzioni che minimizzino l’edificazione, accompagnate
da interventi sul trasporto pubblico per accrescere l’accessibilità della cintura
metropolitana. Dismettere e recuperare gli scali ferroviari comporta dei costi
di trasformazione: smantellamento dei manufatti, bonifiche, riorganizzazione
della viabilità, realizzazione del verde e dei servizi necessari.
Questi costi,
al momento solo stimati in una relazione istruttoria del Comune di Milano, se
adeguatamente definiti, consentirebbero di fissare da subito il “cemento minimo
inevitabile” per finanziare l’operazione. Dalle stime anche in vostro possesso
risulterebbe ad esempio che, con poco più di un quarto del cemento attualmente
previsto nell’Accordo di Programma, si potrebbe finanziare l’integrale
restituzione alla disponibilità pubblica, soprattutto per servizi e verde, di
almeno l’80 % delle aree senza dover ricorrere, per il “cemento minimo inevitabile”,
a edifici di eccessiva altezza. Questa linea
di cemento minimo e zero rendita immobiliare per le FS ci sembra non solo vantaggiosa
per la collettività, ma anche giusta per tutti. Quelle aree non sono state comprate
dalle FS ma dalla collettività e le sono state assegnate solo per esercitare un
servizio. Cessato il servizio è giusto che quelle aree tornino alla
collettività senza dover essere pagate una seconda volta.
Stazione di Porta Genova |
1 MILIARDO PER FS, 131
MILIONI PER I MILANESI
Le aree
dismesse degli scali ferroviari non hanno attualmente diritti volumetrici. I
diritti volumetrici vengono concessi in forza della sottoscrizione dell’Accordo
di Programma e devono essere giustificati dal perseguimento di “rilevanti
vantaggi” per l’interesse pubblico (art.88 L.R. 12/2005). È stato stimato e
ampiamente motivato che a fronte di circa 1 miliardo di euro di utile lordo per
la controparte FS , il Comune di Milano otterrà opere per soli 131 milioni di euro
e, di questi, solo 50 milioni da destinarsi al cosiddetto potenziamento del
sistema ferroviario, cifra del tutto irrilevante rispetto al costo complessivo
della necessaria riorganizzazione.
A riprova di quanto sopra sottolineiamo che il regime di determinazione delle plusvalenze,
il 50% delle quali dovrebbe essere destinato alla realizzazione di una parte dell’elenco
di opere riguardanti le infrastrutture ferroviarie, è costruito in maniera tale da
minimizzare l’utilità per il Comune di Milano e massimizzare al contrario,
l’utilità per la
controparte FS. Il testo dell’Accordo di Programma , all’art. 15.7 , costruisce
infatti una definizione arbitraria e fuorviante del calcolo delle plusvalenze:
esse risulterebbero dalla differenza fra “i valori di cessione delle aree (…) e
i valori netti contabili delle aree al momento delle cessioni delle stesse (VNC)” aggiungendo anche una serie di ulteriori costi di commercializzazione
e promozione, ivi compresi quindi anche i costi per la produzione delle “vision”.
Scalo Romana |
Questo approccio per il calcolo
delle plusvalenze è quello relativo alla tassazione statale dei redditi di
impresa e non ha alcun riferimento alle modalità proprie della tassazione locale per
le trasformazioni urbane. Come ha scritto Roberto Camagni (ordinario di
Economia Urbana al Politecnico di Milano), “il maggior valore generato da
interventi in variante urbanistica (previsto dal rinnovato art. 16.4 del TU
dell’edilizia) non è quello definito dalle clausole dell’AdP, che già appariva contra legem nel 2015, ma nasce dalla
differenza fra i valori di cessione delle aree e il valore di mercato che le
aree hanno nella attuale definizione degli usi consentiti dal Piano (e cioè
“servizi ferroviari”), un valore dunque pari a zero.”
La
definizione totalmente fuorviante delle plusvalenze determina quindi una estremamente
significativa riduzione dei “vantaggi” per l’interesse pubblico in relazione alla
concessione di diritti volumetrici a FS. Con la sottoscrizione di questo accordo voi
sottrarrete ai milanesi centinaia di milioni di euro. Tutto
questo in un clima cittadino dove chi avrebbe dovuto sollevare riflessioni ha preferito
tacere e quindi allinearsi.
“Una
dimensione” come scrive il prof. Emilio Battisti, “che non ha minimamente
sfiorato la consapevolezza dei nostri amministratori e di tutti coloro che
hanno loro tenuto supinamente bordone: dagli Ordini degli architetti e degli
ingegneri, al Politecnico di Milano, ma anche di tutte quelle organizzazioni
che non si sono espresse prima fra tutte la sezione lombarda delI’INU, e poi
Italia Nostra, Lega Ambiente, FAI che, con il loro silenzio, si sono prestati
al gioco senza esprimere né critiche né proposte. Come ha invece ritenuto
opportuno fare il WWF con il progetto Rotaie Verdi che è l’unico esplicitamente
citato nell’AdP come da realizzarsi a prescindere, anche in questo caso, da
ogni dovuta procedura di evidenza pubblica. (pagg. 27 e 43) “Stigmatizziamo
inoltre il fatto che si è dovuto ricorrere ad interrogazioni consiliari parlamentari
per conoscere dall’assessore all’urbanistica, solo recentemente, il Valore netto contabile a bilancio delle aree degli Scali, valore fondamentale per ogni valutazione
sui reali benefici dell’Accordo per come è stato malamente strutturato.
UN TAVOLO TECNICO SENZA
GAMBE
Ci risulta
che il tanto sbandierato Tavolo Tecnico Strategico, un gruppo di professionisti proposti dalle forze politiche presenti in Consiglio Comunale a supporto del
lavoro delle Commissioni Consiliari non sia stato messo nelle condizioni di
approfondire tematiche necessarie
per la migliore stima di elementi sostanziali dell’intera operazione di
valorizzazione
degli scali. Nello svolgimento del proprio lavoro il gruppo di esperti ha
chiesto informazioni di varia natura, che avrebbero già dovuto essere
disponibili, perché necessarie per definire l'accordo di programma non
ratificato nel dicembre del 2015 dal Consiglio Comunale. Non sono state fornite
risposte adeguate. È ancor più grave che non siano stati coinvolti in alcuna fase
gli organi collegiali della Città Metropolitana per audizioni al tavolo tecnico
e analisi della reale volontà di integrare lo sviluppo delle aree nei diversi
livelli di governo del territorio (comunale, metropolitano e regionale).
Facciamo inoltre presente che non è stata sottoposta al Tavolo Tecnico alcuna bozzadell’Accordo di Programma ed alcuna notizia sull’iter dell’accordo, come suggerito dal punto L della delibera d’indirizzo. Questo è il panorama nel quale si è svolto il lavoro del Tavolo, convocato come supporto tecnico. Allora la domanda sorge spontanea: Con quali informazioni, o meglio con quale grado di ignoranza dei temi essenziali per la Città Metropolitana e per la sua cittadinanza il Sindaco e la Giunta sono andati alla firma di un documento che decide le sorti di Milano per i prossimi trent'anni?
Aria pura a Milano... |
Facciamo inoltre presente che non è stata sottoposta al Tavolo Tecnico alcuna bozzadell’Accordo di Programma ed alcuna notizia sull’iter dell’accordo, come suggerito dal punto L della delibera d’indirizzo. Questo è il panorama nel quale si è svolto il lavoro del Tavolo, convocato come supporto tecnico. Allora la domanda sorge spontanea: Con quali informazioni, o meglio con quale grado di ignoranza dei temi essenziali per la Città Metropolitana e per la sua cittadinanza il Sindaco e la Giunta sono andati alla firma di un documento che decide le sorti di Milano per i prossimi trent'anni?
Milano soffocata da traffico e smog |
In seguito
alla constatazione di una partecipazione fittizia proposta dall'amministrazione comu- nale,
ampiamente documentata in questa relazione, è nato un Coordinamento di associazioni
e comitati con l'intento di stimolare la partecipazione dei cittadini sui beni comuni. Con
riserva di valutare, a seguito delle decisioni del Comune, se agire, nelle sedi
e con i mezzi appropriati, a tutela della nostra Milano. I signori consiglieri
e consigliere comunali meditino con attenzione quanto sono chiamati a
ratificare. Lo sanno che poi ne dovranno rispondere personalmente? Il
Coordinamento Beni Comuni chiede innanzitutto risposte puntuali agli interrogativi
contenuti in questa nostra relazione prima di convocare la seduta consiliare
per discutere della ratifica. Chiediamo ai consiglieri ed alle consigliere
comunali di NON ratificare l'accordo di programma ed inserire la questione
degli scali ferroviari nell’ambito della revisione del Piano di Governo del
territorio.