Messina. Countdown
per la grande baraccopoli migranti
di Antonio Mazzeo
Bocche cucite in
Prefettura a Messina, ma alla fine qualcuno si lascia andare e tra i denti
conferma che a breve prenderanno il via i lavori di realizzazione di una
baraccopoli all’interno del Centro di “prima accoglienza” per richiedenti asilo
nell’ex caserma “Gasparro” di Bisconte Messina, dove da quasi quattro anni sono
stipati sino a 200 giovani migranti alla volta. “Al Ministero dell’Interno la
decisione è stata presa da tempo e non ci sono più spazi di manovra per
bloccare l’iter del progetto”, ci spiegano. “Nonostante le diverse prese di
posizione contro l’istituzione di un hotspot in città, non sono state
esercitate pressioni di alcun genere a Roma per ottenere lo stop al progetto.
Opporsi oggi è una battaglia del tutto persa in partenza”.
Dopo
un lungo e tormentato iter della gara d’appalto (contraddistinto tra l’altro da
un primo affidamento ad una nota azienda modenese di prefabbricati in legno,
seguito da due ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale di Catania da
parte delle imprese escluse, la loro riammissione, un secondo affidamento poi
sospeso per l’offerta anomala della nuova azienda risultata vincitrice), salvo
imprevisti dell’ultima ora, sarà l’azienda “Tomasino Metalzinco Srl” di
Cammarata (Agrigento) a eseguire a breve i lavori del nuovo Centro-hub (e/o
hotspot) di Bisconte. Da quanto si evince dalla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana del 6 febbraio 2017, alla fine sembra aver prevalso la logica
del risparmio a tutti i costi, ovviamente sulla pelle dei futuri “ospiti”
stranieri: l’azienda siciliana infatti ha ottenuto l’affidamento dei lavori con
un’offerta per 1.249.550 euro più IVA, con con un ribasso di circa il 35,3%
rispetto al valore complessivo a base d’asta di 1.932.000 euro.
Secondo
il bando di gara, il contraente dovrà assicurare la “fornitura e posa in opera,
comprensiva di trasporto, installazione, montaggio, manutenzione e smontaggio
finale per la realizzazione di una struttura temporanea costituita da
tendostrutture e moduli prefabbricati, recinzioni e cancelli, pensiline, arredi
e cartellonistica per l’accoglienza dei migranti presso il comprensorio Caserma
Gasparro di Messina”. Le opere dovranno essere realizzate entro 70 giorni dalla
data di avvio dell’esecuzione del contratto; inoltre, la “Tomasino Metalzinco”
dovrà assicurare la manutenzione degli impianti per almeno due anni.
Alla
pubblicazione del bando di gara in molti avevano ipotizzato la realizzazione
nell’ex caserma di Bisconte di una nuova tendopoli per richiedenti asilo, una
sorella-gemella della struttura che aveva trovato posto per circa tre anni
presso il centro sportivo di contrada Conca d’Oro dell’Università degli Studi
di Messina e che la Prefettura aveva chiuso per le gravissime carenze
igienico-infrastrutturali e per le sempre più numerose denunce sulle disumane
condizioni di vita dei richiedenti asilo ospitati. Quando la gara fu assegnata
in via provvisoria alla Sistem Costruzioni Srl di Solignano di Castelvetro, società
attiva nella ricostruzione dei centri delle regioni Abruzzo ed Emilia Romagna
colpiti dai recenti eventi sismici, si pensò che a Messina sarebbero stati
allestiti alloggi in prefabbricati in legno come quelli utilizzati per i
terremotati; oggi, invece, è molto più probabile che i migranti saranno
costretti a vivere in monoblocchi in profilato di acciaio-zincato, trasformando
così il Centro di prima accoglienza di Bisconte in una grande
zinco-baracappoli, dove le escursioni termiche, il superaffollamento e
l’assenza di spazi sociali renderanno ancora più inaccettabili e insostenibili
le condizioni di vita.
“Siamo
specializzati nella progettazione, produzione e installazione chiavi in mano di
prefabbricati per campi di lavoro, uffici, sale riunioni, attività sportive,
servizi igienici, servizi per disabili, mense e refettori, laboratori,
strutture sanitarie e ludiche, postazioni per guardiania o di controllo,
magazzini”, riporta il sito internet della “Tomasino Metalzinco Srl”. Fondata
nel 1979 come società Artigiana costruzioni metalliche in provincia di Palermo,
l’azienda si è insediata nel 1985 nella zona industriale di Cammarata. Suoi i
container recentemente forniti all’AMAT e al Comune di Palermo per ospitare
biglietterie trasporti e i centri di assistenza turisti.
Il
Ministero dell’Interno ha prescelto Invitalia S.p.A., l’Agenzia nazionale per
l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, partecipata al 100%
dal Ministero dell’Economia, quale centrale di committenza per la gara
d’appalto di Messina (responsabile unico del procedimento l’avvocato Cristiano
Galeazzi). Invitalia S.p.A. (presieduta da Claudio Tesauro, contestualmente
presidente di Save the Children Italia Onlus e già membro del consiglio di
amministrazione di TNT Post Italia S.p.A. e sino al 2013 del board di Save the
Children International) ha sottoscritto con il Dipartimento per le libertà
civili e l’immigrazione del Viminale una specifica convenzione con l’obiettivo
di “fornire il supporto per migliorare il sistema delle strutture per
l’accoglienza e il soccorso dei migranti”. A tal fine, nel febbraio 2016,
Invitalia aveva pubblicato un bando di gara per le “attività di rilievo e
progettazione esecutiva e funzionale per adeguare il sistema di immobili
all’interno dell’ex Caserma Gasparro a centro di accoglienza per migranti”. Il
compenso previsto per i progettisti era stato fissato in 138.000 euro, valore
“sottostimato perlomeno di 140.990 euro” secondo una nota inviata il 4 aprile
2016 a Invitalia dall’Ordine degli architetti della provincia di Messina. Il 7
aprile le richieste dell’Ordine furono però rigettate dall’Agenzia presieduta
da Claudio Tesauro e fu riconfermato il 14 aprile 2016 come termine massimo per
l’espletamento della procedura. Per la cronaca, il 20 aprile dello stesso anno
anche il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e
Conservatori di Roma aveva chiesto inutilmente alla stazione appaltante di
“effettuare le opportune verifiche e integrazioni, mediante sospensione e
riesame in autotutela, della procedura di gara, con riserva, in caso contrario,
di valutare ogni opportuna azione tesa al ripristino della piena applicazione
delle norme vigenti”.
Nel
bando di gara non sono contenuti i dati numerici sulla futura capienza del
centro di “prima accoglienza”, ma secondo le indiscrezioni trapelate nei mesi
scorsi è possibile che nell’hub di Bisconte saranno trattenuti tra i 500 e i
1.000 migranti alla volta. Unione europea, l’agenzia Frontex e il governo
stanno rivedendo le modalità con cui verranno reinterpretati nei prossimi anni
l’intervento di “contenimento” e la gestione dei flussi migratori ma secondo
quanto annunciato da alcuni dirigenti del Ministero dell’Interno, a Messina
sarà realizzato uno dei nuovi hotspot previsti in Sicilia, dove, sotto la
giurisdizione dell’Agenzia per il controllo delle frontiere dell’Unione Europea
e della Polizia europea EASO, i migranti appena sbarcati saranno sottoposti
alle operazioni di identificazione, fototesseramento e prelievo, anche forzato,
delle impronte digitali, “ai fini di uno screening che distingua i richiedenti
asilo dalle persone destinate al rimpatrio”. Con la nuova zinco-baraccopoli è
prevedibile che sarò proprio l’ex caserma “Gasparro” ad essere riconvertita in
struttura per la semidetenzione dei migranti in vista della loro ricollocazione
ed espulsione, come già accade nei centri di Trapani-Milo, Mineo (Catania),
Pozzallo (Ragusa) e nell’isola di Lampedusa.
Il
CPA di Bisconte è stato più volte utilizzato anche come “centro di primissima
accoglienza” per minori stranieri non accompagnati, in palese violazione delle
leggi nazionali e regionali in materia e del diritto internazionale. Nell’ex
caserma ci sono ovunque muri scrostati e reti metalliche, per bagni e docce
sono utilizzati un paio di container esterni e solo tre stanzoni sono adibiti
ad alloggio con un centinaio di letti a castello, uno accanto all’altro. Come
documentato in diverse ispezioni di parlamentari, avvocati, organizzazioni non
governative, giornalisti, ecc., la “Gasparro” è già oggi una delle peggiori
strutture in termini di solidarietà e assistenza migranti di tutta Italia: un
vero e proprio lager di funesta memoria, dove imperano sovraffollamento,
precarietà e promiscuità e le giornate vengono trascorse dai giovani “ospiti” nell’inutile
attesa del nulla. Un limbo, un non luogo per non persone che per tanti ha avuto
una durata insostenibile di mesi e mesi. “Le peculiarità strutturali e la
carenza di servizi che caratterizzano questo centro delineano un’accoglienza di
tipo contenitivo che non solo si presenta in violazione delle leggi e della
dignità della persona, ma che a fronte della prolungata permanenza, ha delle
conseguenze molto gravi sulla vita dei migranti”, riportò l’onlus Borderline
Sicilia dopo un’ispezione il 7 marzo 2016. Dello stesso tenore le denunce
presentate dalla Campagna LasciateCIEntrare, dall’associazione Migralab “A.
Sayad” e dall’Arci.
Dal
1° dicembre 2016 il centro di Bisconte vede come ente gestore le cooperative
Senis Hospes di Senise, Potenza e Domus Caritatis di Roma, rappresentate
dall’imprenditore della ristorazione collettiva Benedetto “Benny” Bonaffini,
asso pigliatutto del business migranti peloritano. Le due coop hanno vinto a
fine giugno 2016 la gara bandita dalla Prefettura per l’ospitalità di soli
adulti migranti (importo base 30 euro al giorno per ogni “ospite” per la durata
di un anno), ma il passaggio di consegne è avvenuto solo cinque mesi dopo.
Senis Hospes e Domus Caritatis hanno presentato un’offerta economica con un
ribasso del 10,7% (26,79 euro per migrante) e un’offerta tecnica di 53,4 punti su 60. La cooperativa
di Senise gestisce a Messina anche il centro di primissima accoglienza per
minori stranieri non accompagnati “Ahmed” e uno Sprar per categorie
vulnerabili; si è candidata inoltre alla gestione di altri due centri Sprar per
minori stranieri e avrebbe manifestato l’intenzione di collaborare alle
attività che saranno realizzate dal Centro polifunzionale per soli “immigrati
regolari” che il Comune di Messina ha realizzato in uno stabile della centrale
via Felice Bisazza, nell’ambito del PON (Programma Operativo Nazionale)
Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo Convergenza 2007-2013.
Nonostante
l’amministrazione comunale e buona parte delle forze politiche, sociali e
sindacali di Messina abbiano ripetutamente espresso la loro contrarietà alla
conversione in hotspot dell’ex Caserma “Gasparro”, alla pubblicazione della
notizia sull’affidamento dell’appalto per la realizzazione della
zinco-baraccopoli non sono seguite prese di posizione o reazioni pubbliche. Ad
oggi solo il circolo “Peppino Impastato” di Rifondazione comunista si è
dichiarato contrario alle nuove “gabbie per migranti” nel futuro hotspot di
Bisconte. “Se invece di un centro per inscatolare migranti avessero deciso di
aprirne uno per inscatolare tonni o sgombri, siamo certi che già sarebbero
insorti furiosi, animalisti e gruppi di vegetariani”, è stato l’amaro commento
degli attivisti anti-razzisti peloritani. “Ancora una volta è l’ipocrisia a
caratterizzare i comportamenti degli amministratori e dei ceti dirigenti della
città dello Stretto in tema accoglienza. Tra tonni e migranti, Messina ha
scelto ancora una volta i tonni…”.
Intanto
i dati ufficiali del Ministero dell’Interno relativamente ai porti italiani
maggiormente interessati nei primi cinque mesi del 2017 dalle operazioni di
sbarco dei migranti recuperati in mare da unità delle marine da guerra Ue o di
quelle di proprietà delle ONG, confermano il ruolo chiave di Messina, al
settimo posto nella classifica nazionale con 3.183 arrivi. In pole position c’è
il porto di Augusta (base strategica delle flotte USA, NATO e della marina
militare italiana nel Mediterraneo) con 11.100 arrivi; seguono poi in ordine
Catania con 7.385; Trapani con 4.442; Pozzallo con 3.954. In notevole crescita
il ruolo dei porti della Calabria: la città di Reggio Calabria, infatti, con
3.702 sbarchi si posiziona al 5° posto nazionale, seguita da Vibo Valentia
(3.656). Dopo Messina, i porti più utilizzati per gli sbarchi nel corso del
2017 sono stati quelli di Palermo (3.059); Cagliari (2.647); Salerno (2.355);
Lampedusa (2.317); Crotone (1.821); Napoli (1.443); Taranto (802); Porto
Empedocle (699); Corigliano Calabro (565); Bari (249). Quasi a conferma del
processo di ipermilitarizzazione in atto delle operazioni di sbarco in sud
Italia, si tratta in buona parte di città dove sono operativi importanti porti
o basi militari o porti “civili” prossimi ai centri hotspot per
l’identificazione forzata e la reclusione dei migranti.