NANNI CAGNONE
E IL DONO DELLA PAROLA
di Angelo Gaccione
Nanni Cagnone |
Il 27 agosto scorso sono stato, come avviene oramai da
tanti anni in estate, a passare una giornata a Stresa dal mio amico Franco
Esposito, il direttore della rivista letteraria e di cultura “Microprovincia”.
Esposito è anche autore di un discreto numero di libri di versi e nella duplice
qualità di autore e di direttore, conosce molto bene le dinamiche
dell’editoria, i suoi grovigli, le sue difficoltà, e, diciamolo pure, le
aberrazioni e il disonore. Come sempre i libri e le riviste traboccavano sul
tavolino del suo giardino dove ci sediamo a conversare. Libri di amici,
soprattutto, che ci si scambia fra autori e non solo. È del tutto ovvio che la
conversazione fra persone che si occupano di libri, finisca immancabilmente per
virare sul panorama editoriale, gli autori, i giornali, i critici e
quant’altro. Ad un certo punto Franco mi ha sorpreso con la sfiduciata
convinzione che sia divenuto inutile continuare a pubblicare libri, visto
l’attuale stato di cose. Mi ha sorpreso perché proprio in questo periodo sta
mettendo a punto il numero del quarantennale di “Microprovincia”, dedicato ad
un amico di sicuro valore com’è lo psichiatra e letterato Eugenio Borgna.
Microprovincia |
Le
sue parole mi hanno richiamato alla memoria i nomi di quanti lo hanno già fatto
in questi anni. Il numero degli autori e delle autrici che hanno deciso di
smettere non solo di pubblicare, ma anche di scrivere, e tutti per una sorta di
ripulsa e di delusione verso il mondo editoriale e dei suoi officianti, si è
molto ampliato in questi ultimi anni. Mi riferisco ad autori di talento e non
certo a dilettanti. Confesso di averci pensato spesso anch’io, e forse ha
ragione Esposito e non vale più la pena ingoiare bocconi amari e disgusto. Ma
poi, quando meno te lo aspetti, succedono dei piccoli miracoli che ti
riconciliano con questo insano mestiere e con alcuni scampoli di umanità. L’ho
potuto verificare di persona in occasione di queste mie due recenti
pubblicazioni: la raccolta poetica Lingua mater e il volume di racconti L’incendio
di Roccabruna. Accanto a comportamenti deplorevoli e meschini, a silenzi, a
indifferenza, ad aperti boicottaggi, ho potuto sperimentare gesti di delicata
amicizia, di consensi pieni e convinti, di incoraggiamenti, di vicinanza e
anche di affetto. Ne ho dato dimostrazione pubblicando su queste pagine la
lunga lista di giudizi e di testimonianze di personalità competenti e
qualificate, di lettori appassionati e disinteressati. Per noi che non abbiamo
dietro le spalle editori potenti e quasi nessun accesso ai grandi quotidiani;
che siamo indifferenti alle grandi masse di lettori, il giudizio dei pochi
buoni lettori competenti, di quelle poche intelligenze che stimiamo, di quei
pochi critici rimasti onesti curiosi e non malevoli, sono l’unico conforto e
forse è la sola ragione che ci spinge a continuare.
Non posso dirvi con quale
gioia ho accolto le parole del poeta Nanni Cagnone che qui vi trascrivo,
arrivatemi il 31 agosto scorso:
“Caro Angelo,
mi scuso per il ritardo con
cui le scrivo.
Ho apprezzato assai il suo
libro, la sua mentalità (che condivido), e la sua meravigliosa lingua acrese.
Questa faccenda dei cosiddetti dialetti viene ancora affrontata malamente.
Concordo con quel che dice il suo quasi conterraneo Dante Maffia, e con i suoi
complimenti.
Stia bene. Con istantaneo
affetto,
Nanni”.
Nanni Cagnone |
Queste poche delicate
affettuose parole di Cagnone, valgono per me più di mille copie vendute, più di
dieci recensioni del “Corriere”, più di qualunque intervista della Rai. È di
parole che vive un poeta, di questo necessario e indispensabile dono; senza di
esse è perduto: è per questo che egli ne ha tanta cura e vuole che vi si presti
attenzione. Può arrivare persino a dire come il poeta Sbarbaro: “A noi che
non abbiamo/altra felicità che di parole, /sia tolta prima la vita/di quel
solo bene”.