AL LAVORO COME IN
GUERRA: IL NEMICO È IN CASA NOSTRA
di Michele Michelino*
Ancora una volta, ieri a Milano,
tre operai sono morti sul lavoro.
Secondo le
prime ricostruzioni sembra che i primi due lavoratori - Arrigo Barbieri, 57
anni, responsabile di produzione e Marco Santamaria, 42 anni, elettricista -
appena scesi nel locale sotterraneo, profondo due metri, che contiene il forno
in cui si scalda l’acciaio; abbiano perso subito i sensi a causa dell’aria
satura di gas. Un altro operaio - Giuseppe Barbieri, fratello di Arrigo -
resosi conto del pericolo, ha chiamato aiuto e con Giuseppe Setzu, 48 anni, nel
tentativo di salvarli scende nella camera sotterranea: i due, a loro volta,
rimagono intossicati. Altri due lavoratori cercano di portare aiuto ma
l’ambiente saturo di gas li costringe a indietreggiare (rimarranno
intossicati). In quattro rimangono intrappolati nella camera a gas nella
fabbrica . «Lamina Spa» di via Rho 9 a Milano. Tre sono uccisi subito e uno è
in condizione gravissima.
Quando si
lavora e si vive quotidianamente fianco a fianco per un salario da fame, quando
la solidarietà con i propri compagni resta l’unica possibilità di difendersi
dallo sfruttamento, può anche succedere che non si esiti a portare aiuto anche
in situazioni di pericolo.
Ancora una
volta, nel disperato, generoso, tentativo di salvare la vita ai compagni di
lavoro degli operai perdono la vita. Al momento non sappiamo se la strage
operaia poteva essere evitata con adeguate misure di sicurezza o se i padroni,
come spesso accade, hanno risparmiato anche sulle misure antinfortunistiche. I
morti sul lavoro non sono mai una fatalità e non dipendono dal destino, sono
parte della brutalità e della violenza del sistema capitalista.
Davanti a
questo ennesimo omicidio di massa ora si sprecano le solite lacrime dei
rappresentanti di governo, istituzioni, padroni
e sindacati, che parlano di morti bianche: come ricorda oggi il Corriere
della Sera, nel 2017 (dati Inail, per difetto)
591 lavoratori: e noi ci chiediamo quanti padroni sono in galera per
questi morti di lavoro.
Coloro che
piangono oggi lacrime di coccodrillo sono gli stessi che ogni giorno, in nome
dell’aumento della produttività e del profitto, in nome del mercato,
costringono milioni di lavoratori a lavorare in condizioni pericolose. Al di là
delle chiacchiere istituzionali di circostanza è sempre l’aumento dello
sfruttamento la causa principale dell’aumento degli infortuni e dei morti sul
lavoro, perché nel sistema capitalista il profitto vale più della vita degli
esseri umani e gli operai non sono altro che carne da macello. Il nemico è in
casa nostra e si chiama profitto, non fatalità. Nessuno oggi rappresenta gli
operai e - anche se siamo coscienti che solo abolendo lo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo, la classe operaia può liberarsi - è arrivato il momento in cui gli
operai stessi si auto-organizzino per difendere la loro vita, i loro interessi,
rivendicando che senza sicurezza non si può lavorare.
Le nostre
più sentite condoglianze ai famigliari dei lavoratori uccisi dal capitalismo.
*Comitato per la Difesa della
Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto San Giovanni 17 gennaio
2018
e-mail: cip.mi@tiscali.it
web: http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com