CONTRATTO DI
GOVERNO
di Franco Astengo
Al riguardo di un
possibile giudizio sul “contratto di governo” in discussione tra Lega e M5S e,
al momento non ancora stipulato effettivamente e privo dell’indispensabile
riferimento alla figura del presidente del Consiglio, un giudizio può essere
espresso soltanto in maniera particolarmente articolata.
Prima
di tutto è necessario un giudizio politico complessivo, riferito alla qualità
d’opposizione che una sinistra alternativa dovrebbe essere in grado di
esprimere.
L’OPPOSIZIONE
Sulle
colonne del “Manifesto” (18 maggio) Marco Bascetta delinea in maniera
sufficientemente convincente le linee di un’opposizione al quadro politico che
si sta delineando (credo al di là della formazione o meno a questo punto del
governo Lega – M5S) fornendo un giudizio di “mancato sbocco della crisi
italiana” anzi ritenendo questo passaggio soltanto come una delle espressioni
di questa crisi.
Evidenzio
due punti del discorso contenuto nell’articolo che andranno sicuramente
discussi a fondo:
1) Il fatto che le
politiche che questa destra formata da Lega e M5S si accinge di mettere in atto
non incontreranno probabilmente ostacoli nei mercati, le cui oscillazioni
derivano sempre dalla ricerca di un tornaconto e quindi della loro sostanziale
internità al processo capitalistico in corso definito (per comodità
d’espressione) neoliberista;
2) L’identificazione di un
punto comune di visione (ancor meglio di non visione) del conflitto, tra i due
possibili stipulanti il “contratto di governo”. Ci si riduce, infatti, ad una
schematica contrapposizione tra “onesti e corrotti”, tra “legalità e
illegalità”. Aggiungo, senza alcuna visione della complessità delle
contraddizioni sociali in atto e dell’estensione del rapporto di sfruttamento
verso la classe. La dominanza della contrapposizione semplificatoria cui si è
fatto cenno, rende possibile la strutturazione di uno stato di polizia sulla
cui ipotesi Lega e M5S mostrano essenzialmente di convergere.
A
questo punto, scontato che l’opposizione non potrà essere svolta da ciò che di
residuale rimane della sinistra di questo primo ventennio di secolo e dovrà
essere affidata a quelle soggettività e a quelle figure sociali che proprio
“quella sinistra” ha sempre ignorato marginalizzandole. Figure e soggettività
che rappresentano le parti più colpite dall’offensiva neo-liberista e neo-sovranista.
Si
tratta del tema di cui si sta discutendo da diverso tempo riguardante la
necessità di “rappresentazione immediata delle contraddizioni e dei bisogni
sociali “ e del rapporto tra queste insorgenze e quella che è stata definita
“complessità del pensiero comunista”.
Nel
definire la necessità di un’opposizione (insieme sociale e politica, verrebbe
quasi voglia di affermare “di civiltà”) sorgono, a questo punto, problemi di
diversa natura e di grande portata: dal concetto di rappresentanza, all’uso
dell’autonomia del politico, alla presenza istituzionale, alla forma che è
necessario dare per fornire sintesi e azione proprio alle soggettività
emergenti nella rappresentazione, appunto, delle contraddizioni e dei bisogni
sociali. Questo punto non viene affrontato nell’articolo di Bascetta ed è il
tema dell’ “involucro politico” all’interno proporsi di raccogliere tutte le
forme di opposizione possibili lavorando non tanto per unificarle in una
sintesi “politicista” ma per fornire loro il retroterra necessario per una
continuità di iniziativa e la determinazione di obiettivi, anche intermedi.
Accertata
la pericolosità della situazione e definita l’esigenza di un’autonomia politica dell’opposizione da porre
prioritariamente proprio sul terreno della rappresentazione dei bisogni reali è
questa a mio giudizio, sulla realtà della strutturazione politica da definire
oggi, la discussione più urgente da affrontare si faccia o no il governo Lega-M5S.
IL COMITATO DI
CONCILIAZIONE
Il
punto di maggior delicatezza da affrontare rimane quello del “Comitato di
Conciliazione”, ancorché l’ultima versione compaia nel testo in questione in
una dimensione piuttosto “edulcorata” rispetto a quella originaria. Non si può,
però, nascondere una forte preoccupazione al proposito: preoccupazione posta
esclusivamente sul terreno della qualità della democrazia.
Infatti
siamo di fronte ad un esempio di cultura istituzionale autoritaria, quasi di stampo
totalitario: com’era prevedibile analizzando il DNA delle due formazioni. Un
organismo, questo del “Comitato di Conciliazione” che assomiglia molto al Gran
Consiglio del Fascismo, parallelo e riservato ad alcuni gerarchi, sia rispetto
al Consiglio dei Ministri sia rispetto al Parlamento (del quale si intendeva,
almeno nelle intenzioni del M5S esaltare il ritorno alla centralità dopo gli
anni dei decreti legge).
Una
visione dell’agire politico che non solo discende dall’alto, attraverso
elezioni interne, la piattaforma Rosseau,
impostate in maniera plebiscitaria, ma che si svolge in sede separata (molti
oggi ricordano i tempi dello streaming) e in forma opaca. È questa la nuova
“forma-partito”, che non solo affianca ma sovrasta gli organi costituzionali
compiendo scelte di governo attraverso organismi non previsti dalla
Costituzione?
Un
tempo, sui grandissimi temi, intervenivano -è vero- le segreterie di Partito:
con tutti i limiti che il caso presentava
( quello delle cooptazioni, ad esempio)si trattava comunque di organismi
sorti all’interno di partiti di massa e rappresentativi di una partecipazione
politica diffusa attraverso aggregazioni di effettivo radicamento sociale e
quegli incontri non sono mai stati istituzionalizzati.
Sull’onda
del “decisionismo” e della “Grande Riforma” il Governo Craxi incluse come
ministri i segretari dei partiti e si formò un “Consiglio di Gabinetto” formato
dai titolari dei più importanti ministeri: il tutto però nell’ambito dello
stesso consiglio dei ministri, di conseguenza un organismo non parallelo come
quello del “Comitato di Conciliazione”.
Abbiamo
già percorso nel recente passato passi da gigante sulla strada
dell’autoritarismo della decisionalità: abbiamo avuto crisi di governo risolte
con soluzioni border-line rispetto alla Costituzione, si sono svolti tentativi
di spostare seccamente l’asse dal Parlamento al Governo (respinti dal voto
popolare).
Oggi
registriamo questo passaggio. Nelle prossime ore ne sapremo di più ma, come ci
capita a volte di ricordare, sarà bene tenere alta la guardia della vigilanza
democratica.
UNIONE EUROPEA
Il
capitolo sull’Unione Europea è stato privato di ogni valenza non solo esplosiva
ma anche di una qualche efficacia rispetto all’oggetto.
In
sostanza si resta nel solco delle solite richieste, mai soddisfatte: più
democrazia, più centralità del Parlamento di Strasburgo cessione di competenze.
Anche
le proposte contenute nella voce “Debito pubblico e deficit”, tolta la
richiesta di cancellazione dei 250 miliardi, sono già state avanzate da
parecchi partiti e governi.
Anche
la proposta contenuta nel capitolo sulle riforme istituzionali di stabilire la
prevalenza della Costituzione Italiana sul diritto comunitario non è altro che
la ripresa di una disposizione contenuta anche nella Costituzione Tedesca.
CONFLITTO D’INTERESSI
Il
capitolo 5 del “Contratto” si occupa del “conflitto d’interessi”, tema sul
quale il centrosinistra per oltre 20 anni non è stato in grado di intervenire
seriamente. Anche in questo caso però siamo di fronte a formulazioni del tutto
generiche, sostanzialmente in linea con quelle formulate nella stessa “Legge
Frattini” e senza mettere mano con rigore alla legge del 1957, quella sollevata
subito -nel 1994- dal compianto professor Sartori sui casi di ineleggibilità,
nella quale dovrebbero rientrare tutti i proprietari televisivi.
MEZZOGIORNO
IL
Sud, dove il M5S ha fatto il pieno di voti, è un punto dolente. Non esiste una
specificità della “questione meridionale” e di progetti per la parte più povera
del Paese.
Il
contratto liquida in poche righe la lotta alle mafie, riduce di molto il
discorso riguardante la contrazione delle spese militari ( per esempio mantiene
i famigerati F35).
La
formulazione sui destini dell’ILVA di Taranto (dove ieri si è verificato l’ennesimo
“omicidio bianco” in circostanze particolarmente drammatiche) appare abbastanza
incomprensibile, in una situazione dove il M5S si era pronunciato nettamente
per la chiusura totale e la Lega in maniera molto diversa.
IMMIGRAZIONE
La
richiesta centrale, sotto questo aspetto, è quella della revisione dei trattati
di Dublino: questione del resto già sollevata senza seguito dal governo Renzi.
Per il resto il capitolo si basa esclusivamente sulle proposte della Lega sul
fermare gli sbarchi e intensificare i rimpatri. Il punto più pericoloso
riguardala necessità di arrivare ad una verifica delle missioni europee nel
mediterraneo, toccando le clausole che prevedono l’approdo nei porti italiani
delle navi che hanno in tratot migranti.
In
realtà queste norme non esistono più da mesi, cancellate da Frontex con l’avvio
della missione Themis.
Di
pura propaganda è il punto riguardante il rimpatrio di circa 500.000 migranti
irregolari
PENSIONI
In
questo caso si prevede l’investimento di 5 miliardi per agevolare l’uscita dal
mercato del lavoro e reintrodurre “Quota 100” rilanciando anche l’opzione
donna. La somma “100” rappresenta sicuramente un passo avanti rispetto ai 66
anni e 7 mesi attualmente necessari ma non sposta il centro del problema
previdenziale in Italia: garantire a chi ha avuto contributo discontinui di
poter andare in pensione
LAVORO
Non
c’è traccia della riforma della legge Poletti che ha eliminato la casualità dei
contratti a termine, attraverso la quale si sono poste le basi per l’attuale
boom del precariato. Non si legge il ripristino, sbandierato in campagna
elettorale, dell’articolo 18.
Si
propone, senza precisare come, la riforma del pasticcio post-voucher con
“libretto di famiglia” e “contratto di prestazione occasionale”.
L’unica
indicazione precisa in materia riguarda il “salario minimo garantito”.
Il
“reddito di cittadinanza”, così atteso, appare in realtà come un reddito
condizionato dall’obbligo della scelta di un lavoro e rimane l’indicazione dei
due anni di durata (costo 20 miliardi circa).
Nessuna
indicazione al riguardo di un intervento pubblico in economia nei grandi
settori strategici nei quali l’Italia ha carenza di un piano industriale;
siderurgia, chimica, agro – alimentare, elettronica , energia.
Nessuna
indicazione di voler affrontare il tema del lavoro producendo opportunità di
lavoro “vero”.
FISCO
Non
mancano riferimenti alla “ridiscussione dei Trattati UE e del quadro normativo
principale” con riferimento alla “politica monetaria unica” e a un “appropriato
ricorso del deficit”, alla “gestione del debito” e ai “tagli agli sprechi”.
Sulla
“flat tax” si presenta una proposta con due aliquote. Rimane comunque l’effetto
di redistribuzione verso l’alto. Le
aliquote sono al 15% e al 20% in luogo
della previsione iniziale di un’aliquota unica al 15%.
Quanto
alla “pace Fiscale” leggasi alla voce “condono” che dovrebbe rendere 35
miliardi il primo anno, e 25 il secondo. Valutazioni del tutto illusorie stando
alle esperienze precedenti.
GRANDI OPERE
Mentre
per quel che riguarda la NO TAV in Vado Susa (dove il M5S ha ricevuto un forte
sostegno dal Movimento NO-Tav) ci si limita a invocare la ridiscussione
dell’accordo Italia- Francia, nel documento non si trova traccia dal “Terzo
Valico” tra Piemonte e Liguria, così come non si trova traccia di MOSE, Tap,
Gronda e di altri cantieri.
Sotto
questo aspetto il Contratto di Governo rimanda al dopo eventuale insediamento e
al Comitato di Conciliazione del quale ci si è già occupati in questo testo,
valutandolo ben oltre i limiti imposti dalla Costituzione Repubblicana.
Al
primo punto la separazione tra magistratura e parlamento, da sempre cavallo di
battaglia del M5S si concretizza soltanto in una revisione del sistema di
elezione dei membri laici e togati del CSM e nello stabilire l’impossibilità di
rientro per i magistrati che decidessero di impegnarsi in ruoli istituzionali
(e fossero eletti, una volta candidati).
La
riduzione della prescrizione non viene citata mentre si scrive di “assunzioni
nel comparto giustizia per ottenere un processo giusto e tempestivo”.
Pericolosa
l’impronta leghista fornita alla cosiddetta “area penale” sul tema della
“legittima difesa domiciliare” estesa attraverso l’eliminazione dal testo di
legge di ogni riferimento alla “proporzionalità tra difesa e offesa” che
costituisce secondo i contraenti “elemento di incertezza che pregiudica la
piena tutela della persona che ha subito un’intrusione in casa o sul posto di
lavoro.
Per
rendere “certa la pena”, inoltre ci si prepara ad abrogare le riforme di
depenalizzazione e l’estinzione del reato per condotte riparatorie anche in
assenza del consenso della vittima. Da rivedere anche le norme che riguardano
l’imputabilità, al determinazione e l’esecuzione della pena per il minore”.
Il
sovraffollamento delle carceri dovrebbe essere risolto costruendone di nuove.
Il
capitolo più in linea, questo della giustizia”, con quello “Stato di Polizia”
cui si faceva cenno in apertura di questo intervento.
ISTRUZIONE E RICERCA
SCIENTIFICA
Non
si esplicita la necessità di investire risorse per raggiungere la media europea
in investimenti per l’istruzione (campo nel quale l’Italia è terzultima in
Europa) e per i beni culturali. Si mantiene l’impronta poliziesco-aziendalista
nella scuola, limitandosi a pensare all’installazione di telecamere per
affrontare il fenomeno del cosiddetto “bullismo”. No n c’è traccia neppure del
tetto di 22 alunni per classe, promesso in campagna elettorale.