Gli Emiri su Marte con l’Agenzia spaziale
italiana
di Antonio Mazzeo
Entro sei anni i controversi Emirati Arabi Uniti
(EAU) saranno il primo paese arabo a sbarcare su Marte e lo faranno grazie alle
tecnologie e alle infrastrutture fornite dall’ASI, l’Agenzia spaziale italiana.
Il 25 gennaio scorso il presidente ASI Roberto Battiston ha firmato ad Abu
Dhabi un Memorandum of Understanding con l’omologo rappresentante della UAE
Space Agency, Khalifa Mohammed Al Rumaithi. L’accordo, che avrà durata
quinquennale e sarà rinnovato automaticamente ad ogni scadenza, prevede lo
sviluppo di progetti congiunti “incentrati all’uso pacifico dello Spazio”,
l’organizzazione di una serie di conferenze e la “promozione di scambi
tecnologico-scientifici e industriali”.
Il programma più ambizioso dell’accordo spaziale
riguarderà l’invio da parte UAE di una sonda su Marte tra l’estate del 2020 e i
primi mesi del 2021 nel quadro della missione denominata Hope Mars Probe che il
regime arabo ha varato due anni fa (con la collaborazione statunitense) per
celebrare il cinquantesimo anniversario della sua indipendenza. I contatti
bilaterali tra l’ASI e l’agenzia spaziale degli Emirati Arabi erano in corso
dal 2015 e diversi studenti emiratini sono stati ospitati in Italia per partecipare
a corsi di specializzazione. In passato, l’agenzia italiana aveva sottoscritto
altri importanti accordi di collaborazione con Paesi che competono a livello
internazionale per il controllo civile-militare dello spazio (oltre che con i
membri europei dell’Agenzia spaziale europea, Australia, Argentina, Brasile,
Cina, Corea del Sud, Egitto, Federazione Russa, Giappone, India, Israele, Kenya
e Stati Uniti d’America).
“Sono molto soddisfatto per l’accordo che abbiamo firmato
con gli amici della UAE Space Agency”, ha dichiarato alla stampa il presidente
ASI Roberto Battiston. “A questo programma l’Italia può dare un contributo
importante, come terzo Paese ad avere messo in orbita un satellite dopo
l’Unione Sovietica e gli Usa nel 1964 con il progetto San Marco. Mi aspetto
sviluppi interessanti, come l’osservazione della Terra con tecniche radar,
l’esplorazione di Marte, l’analisi scientifica, la gestione dei dati e le
telecomunicazioni, le infrastrutture industriali aerospaziali”.
“L’ampio ed articolato ventaglio di relazioni fra Roma ed
Abu Dhabi si arricchisce di un importante filone di cooperazione”, ha
commentato l’Ambasciatore italiano negli Emirati, Liborio Stellino. “La firma
del MoU fra le due Agenzie Spaziali nazionali prelude infatti ad un percorso proficuo
di partenariato innovativo e ad alto valore aggiunto in cui l’eccellenza e
l’esperienza italiane nel settore della ricerca spaziale si coniugano
ottimamente con la determinazione, le risorse, le capacità e gli ambiziosi
programmi emiratini. La missione italiana fungerà certamente da traino per il
nostro settore industriale”. Secondo la Farnesina e l’ASI, il futuro step della
cooperazione tecnologica e industriale con gli Emirati potrebbe riguardare lo
sviluppo dei sistemi di controllo di tutti i veicoli automatici, dai droni
(civili e militari), alle unità navali, terrestri e alle auto “senza
conducente”.
Alla recente missione dell’Agenzia spaziale italiana in
terra araba hanno preso parte anche i rappresentanti di una decina di aziende
italiane del settore aerospaziale e delle telecomunicazioni. In particolare, i
delegati del complesso militare-industriale-spaziale hanno avuto modo di
visitare il Mohammed Bin Rashid Space Center di Dubai, l’Higher Colleges of
Technology ad Abu Dhabi e la Grande Moschea della capitale. Testimonial
d’eccezione della missione italiana, l’ex tenente colonnello dell’Aeronautica
militare Maurizio Cheli (poi responsabile di Alenia Aeronautica per lo sviluppo
del cacciabombardiere Eurofighter Typhoon), che nel 1996 fu il secondo italiano
a partecipare ad una missione nello spazio con lo Shuttle.
“La sonda marziana degli Emirati rappresenta l’ingresso
del mondo islamico nell’era dell’esplorazione spaziale: dimostreremo che siamo
in grado di offrire nuovi contributi scientifici all’umanità”, ha enfaticamente
dichiarato il presidente EAU Shaikh Khalifa Bin Zayed al-Nahyan. Quella su
Marte sarà comunque una missione rigorosamente “senza uomini a bordo”, nel
rispetto della fatwa, la risposta secondo il diritto islamico emessa dall’Autorità
generale per gli Affari Islamici degli Emirati Arabi Uniti, con cui sono stati
vietati i viaggi verso Marte con equipaggio umano perché ritenuti equivalenti
“a un suicidio”.
L’agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti è nata a
seguito del decreto della legge federale n. 1 del luglio 2014 che ha fissato
quattro obiettivi strategici: l’organizzazione e lo sviluppo del settore
spaziale “a servizio degli interessi nazionali”; la promozione e il supporto
della ricerca scientifica e dell’innovazione; la formazione in ambito
universitario nazionale e internazionale delle figure quadro nel campo della
scienza spaziale; la gestione dei progetti di sviluppo in accordo con gli
standard internazionali “in fatto di qualità, efficienza e trasparenza”. Per
implementare i programmi spaziali gli Emirati hanno già investito oltre 5,5
miliardi di dollari. Il primo satellite, il Thuraya 1, realizzato dalla
statunitense Boeing, è stato messo in orbita terrestre nel 2000; altri due
satelliti dello stesso modello sono stati lanciati rispettivamente nel 2003 e
nel 2008 dalla Thuraya Satellite Telecommunications Company che si occupa di
comunicazioni telefoniche satellitari. Nel biennio 2011-2012 sono stati
lanciati i due satelliti YahSat 1A e 1B, realizzati dall’azienda europea EADS.
Altri due satelliti, DubaiSat-1 e 2, realizzati dallo EIAST (Emirates Institute
for Advanced Science & Technology) sono stati lanciati rispettivamente nel
2009 e nel 2013 con il razzo Dnepr ed appartengono all’azienda Dubai Sat che si
occupa di osservazioni e mappature terrestri. Un terzo satellite della serie,
denominato Khalifa Sat, è in fase di sviluppo presso l’EIAST e dovrebbe essere
lanciato in orbita entro la fine del 2017 con un razzo di produzione
giapponese. Il Khalifa Sat sarà in grado di riprendere immagini della
superficie terrestre con una risoluzione di 70 cm. e non farà mancare
certamente il suo contributo ai piani di egemonia militare globale degli emiri
e degli sceicchi di Abu Dhabi.