AMMINISTRATIVE
2018: NUMERI SPARSI
di Franco Astengo
Non è facile riuscire a
fornire un indirizzo politico complessivo ai dati usciti dalle urne il 10
giugno scorso: elezioni comunali che hanno visto impegnati, tra gli altri,
elettrici ed elettori di 20 Città capoluogo.
Brescia,
Catania, Siena, Pisa, Ancona, Avellino, Barletta, Brindisi, Imperia, Massa,
Messina, Ragusa, Siracusa, Sondrio, Teramo, Terni, Trapani, Treviso, Vicenza,
Viterbo: su questi 20 comuni si è concentrato il nostro tentativo di focus. Tentativo
perché di nient’altro si è trattato proprio perché l’obiettivo è quello di
stabilire l’individuazione di un “trend” sul piano esclusivamente politico
cercando di raffrontare i dati del 10 giugno con quelli espressi, nelle stesse
Città, il 4 marzo in occasione delle elezioni legislative generali.
Ci
troviamo di fronte, nuovamente, ad una alta volatilità elettorale (Diamanti
azzarda un “elettorato liquido”) che fino a qualche anno fa non si reperiva
facilmente nelle urne italiane.
In
questo caso comunque non interessa il gioco dei Sindaci eletti al primo turno,
dei ballottaggi, del mutamento di schieramento nella formazione delle
maggioranze nei consigli comunali: si cerca di esaminare l’andamento dei
singoli partiti e / o liste sul piano generale.
Inoltre
la scadenza delle elezioni comunali ha indotto alla presentazione di un grande
numero di liste cosiddette “civiche”, in particolare al Sud e più
specificatamente in Sicilia dove sulle schede è
stato difficile reperire simboli di partito oltre a quello del Movimento
5 stelle presentatosi invece “en
solitaire” su tutto il territorio nazionale (questo dato favorisce il raffronto
degli analisti).
Liste
civiche di diversa natura: ci sono quelle presentate in appoggio a candidature
a Sindaco connotate politicamente e quindi facilmente collocabili (liste
civiche hanno fiancheggiato anche candidature di Casa Pound); altre messe in
piedi da conosciuti professionisti della politica, magari in rotta con il loro
schieramento d’origine come nel caso di Scajola ad Oneglia e che quindi debbono
per forza essere collocate in uno schema di riferimento politico ben preciso;
ancora le liste civiche non connotabili -almeno a prima vista- e che quindi
debbono essere analizzate a parte.
Vedremo
meglio andando avanti.
Prima
di tutto però il dato della partecipazione al voto.
Come
ci capita ormai da diverso tempo il nostro riferimento al proposito è quello
del totale dei voti validi: in questa occasione davvero nessuno può vantarsi di
essere riuscito a portare al seggio elettrici ed elettori abitualmente
astensionisti. Il 4 marzo infatti, nel 20 comuni capoluogo presi in esame,
erano stati espressi 1.042.549 voti validi; cifra scesa al 10 giugno a 888.468
con un calo di 154.081 unità.
Si
accennava alle liste civiche: quelle non catalogabili all’interno degli
schieramenti hanno raccolto 66.593 voti pari al 7,49%, dato non raffrontabile
ovviamente con altri derivanti dall’esito delle elezioni politiche di marzo. Partiamo
allora conducendo il nostro raffronto dal Movimento 5 Stelle che, nel
frattempo, ha effettuato il difficilissimo esercizio del passaggio
dall’opposizione al governo.
Il
M5S ha ottenuto il 10 giugno 103.279 voti (da tener presente che il Movimento
non aveva presentato il simbolo in alcuni comuni come Vicenza e Siena) pari
all’11,62%sul totale dei voti validi. Il 4 marzo scorso M5S aveva totalizzato,
nell’insieme dei 20 comuni capoluogo presi in esame in questa sede, 384.825
voti pari al 36,91% sempre sul totale dei voti validi. La flessione è quindi di
281.546 voti e del 25,29% in percentuale. Assolutamente frastagliata la
presenza di quello che è stato il centro – destra e che comunque analizziamo in
blocco stante la partecipazione comune in molte situazioni locali come avvenne,
il 4 marzo, nei collegi uninominali di Camera e Senato (i nostri dati di
raffronto sono però sempre desunti dal voto della Camera).
Il
primato all’interno del centro-destra spetta, in questo caso, alle liste
civiche di appoggio ai candidati – Sindaci (in questo dato sono comprese le
liste d’appoggio a Scajola, come già riferito, esclusa quella del Popolo della
Famiglia che ha una sua valutazione a parte).
Le
liste civiche di centro-destra hanno dunque messo assieme, sempre in
riferimento ai 20 comuni capoluogo analizzati, 178.596 voti pari al 20,10%.
Tra
i simboli di partito tradizionali: la Lega ha ottenuto 88.369 voti pari al
9,94%% (4 marzo: 133.539 pari al 12,80%); Forza Italia 63.123, 7,10% (4 marzo:
152.596 pari al 14,63%), Fratelli d’Italia 35.356, 3,97%
(45.115
il 4 Marzo pari al 4,32%), UDC 10.900, 1,22% , presente in 9 comuni (4 marzo.
Lista Noi per l’Italia- UDC 11.665 pari all’1,11%), Popolo della Famiglia, presente
in 8 comuni, 2.943 voti, 0,33% (4marzo 7.812, 0,74%). Con il centro destra
anche la presenza in un solo comune del PRI 3.618 voti , 0,40% (PRI-ALA il 4
marzo, nei 20 comuni, 1.339 voti 0,12%).
La
Lega quindi mantiene il primato all’interno di quello che fu il raggruppamento
di centro-destra e raccorcia notevolmente le distanze, rispetto al 4 marzo,
dall’alleato di governo del M5S ma non fornisce l’impressione di un vero e
proprio sfondamento elettorale, ciò nonostante il calo secco di Forza Italia
che, probabilmente, molto concede (assai più della Lega) alle liste civiche.
Riassumendo,
per quel che riguarda il centro-destra analizzandolo ancora come schieramento tale e quale quello
presentato alle politiche: il 10 giugno i voti raccolti sono 382.905 pari al
43,09%. Il 4 marzo, sempre in riferimento ai 20 comuni in questione, il centro
destra ebbe 350.727 suffragi pari al 33,64%. Siamo di fronte quindi ad un
incremento notevole dovuto in gran parte alla “tenuta” del proprio elettorato
tradizionale, alla presenza di liste civiche che possono aver catturato voti in
altri campi e – anche – da una qualche cessione da parte di elettrici ed
elettori 5 stelle.
Il
PD temeva un vero e proprio tracollo, invece il risultato -pur in perdita- non
è disprezzabile considerate anche le condizioni interne dell’ex-PdR. Il
risultato del PD, inoltre come è già capitato al centro-destra, è corroborato dalla
presenza delle liste civiche a sostegno del sindaci presentati dal Partito
Democratico: in Sicilia, come è già stato fatto notare, il simbolo del PD non è
stato presentato in importanti città (Catania) e sostituito da diversi simboli
di varie liste civiche. In sostanza il PD ha avuto, sul proprio simbolo,
l’apposizione di 112.784 suffragi (12,69%), il 4 marzo erano stati 191.734
(18,39%). Un calo di 78.950 voti e del 5,70%. Le liste civiche d’appoggio hanno
avuto 167.479 voti pari al 18,85% (più 1.731 voti di una lista verde pari allo
0,19%).
Lo
schieramento attorno al PD ha quindi ottenuto complessivamente, il 10 giugno,
280.263 voti pari al 31,54%. Il 4 Marzo lo schieramento raccolto attorno al PD,
comprendente più Europa, Insieme e Civica Popolare ebbe, sempre nei 20 comuni
presi in esame, 229.724 voti pari al 22,03%. Siamo quindi fronte ad un
incremento di 50.539 voti pari al 9,51%. Un riconoscimento, con tutta
probabilità, al buon lavoro di alcuni Sindaci come ad esempio è accaduto in un
centro importante come Brescia.
A
sinistra del PD la presentazione elettorale del 10 giugno è risultato
complessivamente episodica ed eccessivamente frastagliata, anche nella
collocazione rispetto alle candidature.
In
prevalenza abbiamo avuto la presenza di liste civiche di sinistra promosse, in
parte, anche da candidati sindaci propostisi in termini soprattutto di “difesa
dei diritti” e dei “beni comuni”. In qualche caso queste liste civiche hanno
appoggiato candidati del PD, ma si è ritenuto di conteggiarle a parte proprio
per la loro evidente connotazione politica.
In
conseguenza: le liste civiche di sinistra hanno avuto 28.784 voti pari al
3,29%.
A
sinistra la presenza autonoma maggiormente caratterizzata è stata quella di
Potere al Popolo che ha presentato propri candidati sindaci e relative liste in
6 città (la lista di PaP non era presente in alcun altro comune capoluogo in
appoggio ai candidati sindaci di altro schieramento. In un solo caso si è avuto
un connubio PaP- S.I). Le liste (i nostri dati, è bene ricordarlo sono riferiti
alle liste e non ai candidati – Sindaci proprio per l’intenzione di analisi
direttamente politica con la quale è stato eseguito questo lavoro) di PaP hanno
quindi ottenuto 4.137 voti pari allo 0,46% misurato sul totale dei voti validi.
Sinistra
Italiana ha presentato liste con il proprio simbolo in 4 comuni con 2.256 voti
(0,25%), Il simbolo di Leu e quello di MDP sono comparsi in 4 comuni per 6.124
voti (0,68%). Presente, un solo comune alla volta, una lista del PRC con 689 voti (0,07%), del
PCI (ex-Comunisti Italiani) con 359 voti (0,04%) e del PSI con 212 voti (
0,02%).
A
parte la presentazione in 3 comuni del Partito Comunista di Marco Rizzo con 845
voti complessivi (0,09%).
Ricordiamo
allora i voti e le percentuali raccolte da queste forze il 4 marzo scorso: Leu
(che comprendeva MDP e SI) 40.237 voti pari al 3,85%; Potere al Popolo 13.836
voti ( 1,32%), Partito Comunista (Marco Rizzo) 4.010 (0,38%). A destra con presentazioni sporadiche abbiamo trovato,
il 10 giugno: Forza Nuova, un solo comune, con 548 voti (0,06%), Casa Pound ,
in 6 comuni, 2.429 voti (0,27%), e liste civiche d’appoggio (in 5 comuni) con
3.000 voti pari allo 0,33%). Da segnalare ancora in un solo comune la presenza
della lista di Grande Nord con 289 voti (0,03). Il 4 marzo, nei 20 comuni in
questione, Casa Pound aveva avuto 10.345 suffragi pari allo 0,99% e Grande Nord
504 voti pari allo 0,04%.
In
conclusione, aspettando di poter effettuare analisi più dettagliate anche
rispetto al tipo di presenza realizzato dalle liste civiche, si può affermare:
1) Si è registrato un
netto calo di partecipazione (rispetto al 2013 – 6% );
2) Le liste civiche, sia
di appartenenza sia apparentemente “apartitiche” hanno ottenuto buoni risultati
dimostrando di incontrare il favore dell’elettorato più incline a localismi per
così dire “temperati”;
3) Il centro-destra,
comprendendo la Lega, ha ottenuto una netta maggioranza. Pur tuttavia il
partito di Salvini, nonostante l’incensamento dei media non appare in grado di
produrre un livello di crescita tale da consentirgli di snobbare il quadro di
alleanze all’interno del quale si è sempre tradizionalmente inserito. Il
declino di Forza Italia continua, ma andrebbe valutato meglio appunto al netto
delle liste civiche d’appoggio. Il voto di Fratelli d’Italia può essere
giudicato usando il vecchio motto occhettiano dello “zoccolo duro”;
4) Sul PD si possono
confermare i giudizi dei principali organi di stampa: esce malconcio, perdendo
molto potere, ma ancora vivo. Forse sarebbe il caso per i democratici di
guardare meglio al territorio;
5) A Sinistra prosegue la
frammentazione che produce marginalità. L’unica forza che appare, sia pure in
dimensioni limitate, provvista di una certa identità anche elettorale sembra
essere Potere al Popolo ricordiamo che questa lista, almeno alle elezioni
politiche era stata promossa dagli attivisti napoletani dei centri sociali,
dopo il fallimento dell’assemblea del Brancaccio, cui avevano aderito, tra le
principali formazioni, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Rete dei
Comunisti);
6) Per il Movimento 5
stelle appare davvero presto scrivere già di elezioni di Midterm ma la
composizione davvero arlecchinesca del suo elettorato raccolto come voto di
protesta ha come conseguenza una estrema volatilità che si è già espressa,
assieme al limite di presenze territoriali che si dimostrano davvero poco
incisive.
7) L’estrema destra appare, almeno sul piano elettorale, sempre
più ai margini del sistema.