Un’omelia
del 21 gennaio 1991 del celebre frate-poeta.
Il
modo migliore per ricordarlo (è morto il 6 febbraio 1992)
David Maria Turoldo |
Vi
saluto e grazie che siete venuti qui a pregare così numerosi in
giornate così disgraziate. Vorrei dire che siamo quasi sotto il
segno della maledizione e magari sarà una bella occasione per
intenderci ancora di più su che cosa significhi pregare. Ricordatevi
che siamo attori e non spettatori perché nessuno è svincolato.
Tutto tiene il tessuto: è unico. Io non mi stancherò mai di dire
quello che diceva santa Teresa, la grande: «Non c’è un peccato
nel mondo di cui io non sia responsabile, come per fortuna non c’è
un bene, anche se a distanza, di cui io non sia partecipe, nel tanto
e nel poco, nel grande e nel piccolo, il mondo è uno, la storia è
una». Lo diceva anche Gorbaciov: «La terra è un’unica nave sui
cui siamo tutti imbarcati» e non possiamo permetterci che affondi
perché non ci sarà più un’altra Arca di Noè. Il corpo è uno,
il mondo è uno, Dio è uno, l’uomo è uno. E se volete, tutto
questo può essere riassunto nella frase che io vado sempre
ripetendo: «Ci salveremo tutti insieme o tutti insieme ci
perderemo».
Davanti
a quello che sta avvenendo, provate a pensare, una madre che
partorisce. Per che cosa partorisce? Quando lo stesso Qohelet dice:
«Meglio mille aborti che una vita infelice». Capite? È nella
Bibbia. È inutile dire che la guerra è lontana, è dentro. Provate
a pensare a tutti i giovani: in che cosa devono credere. Ecco, per
esempio, io saprei dire in che cosa, ma la predica per essere valida
deve essere testimoniata dai fatti, altrimenti è troppo facile,
anche la predica è retorica. Va bene, parleremo di questo, Intanto,
dovevo salutarvi e ringraziarvi perché siete qui e vedremo che cosa
significa pregare. Perché, poi, in questi giorni, tutti pregavano e
vi dirò dopo. Intanto, accanto al saluto e al dolore e alla
sofferenza di tanti di noi. Magari chissà quale sofferenze ognuno di
noi ha dentro di sé. Perché non è che la sventura o la prova
guardi in faccia a qualcuno. […] E naturalmente, ci uniremo nello
spirito a tutte le vittime della terra.
Badate
che io ho molti anni, quanti forse che nessuno di voi ha raggiunto e
ho imparato a mie spese che cosa vuol dire la leggerezza,
l’incoscienza. Io ero presente nelle folle oceaniche quando si
applaudiva perché «Oggi alle 10 di mattina abbiamo consegnato alla
Gran Bretagna la dichiarazione di guerra». E tutti a battere le
mani. Ho imparato, dopo, che cosa vuol dire battere le mani, quando
mi sono trovato a Dachau, a camminare sulla cenere dei miei compagni,
dei miei coetanei e ho potuto raccogliere i rimasugli sopravvissuti
di 29 campi di concentramento o di raccolta. Volete che dica una
tristezza? Ogni volta che passo per un paese, immediatamente mi
vengono questi pensieri. Non c’è un paese che non abbia il
monumento ai suoi caduti. Pensate non c’è un paese esente. E mi
domando: Chissà se sono veramente contenti di essere caduti. Il che
vuol dire che tutta la terra è piena di ossari! È piena di ossari!
La guerra non ha risolto mai nulla, né mai risolverà. Mai! E questa
è una sconfitta, anche se saremo vittoriosi. A parte che non c’è
più neanche il concetto di vittoria. In questi giorni ne ho passato
di tutti i colori: partecipare a tavole rotonde, interventi,
manifestazioni. E ho visto questi individui intelligenti cosi
decadenti, così bizantini, così sfatti, ancora soffermi sulle
frontiere di “guerra giusta”, di “ma è necessario, se non lo
fai oggi dovrai farlo domani”. Cose inaudite. Ma che cultura è?
Dovete cancellare il concetto di vittoria, non ci saranno più i
vittoriosi, Può darsi che fino ad adesso si potesse pensare che il
mondo fosse tutto collocato dalla parte della violenza. D’accordo.
Solo che c’era una violenza vincente e una violenza perdente, in
attesa quest’ultima di essere, a sua volta, vincente. Adesso, non
c’è nessuno più che vince. Nessuno può più vincere, può solo
distruggere.
Pensate
che già - mi pare - questa mattina erano arrivati a 5000 incursioni.
Mi ricordo la prima incursione di Milano, io ero in piazza Tricolore,
vedevamo cadere le bombe e dicevamo: «guarda, guarda a destra e
sinistra». In mezz’ora di bombardamenti quella sera, a Milano,
c’erano 600 mila persone senza tetto. Ed era il 1942, esattamente
il 24 di ottobre. Provate a immaginare le sirene che suonano giorno e
notte. C’era sui giornali e lo diceva un tecnico: «c’è
un’incursione ogni minuto». Ci sono state più di 5 mila
incursioni. Pensate alla povera gente, pensate alle madri, ai
bambini… Altroché Guernica! Come se fosse la cosa più naturale
della terra.
E
tutti pregano. Saddam prega nel nome di Dio. Bush dice: «Ecco, In
questo momento. tutte le chiese del mondo pregano. È il momento di
fare giustizia». Anche il nostro presidente invoca l’aiuto di Dio.
Persino l’altro presidente va ad accendere il cero. E il papa
prega. Ma cosa vuol dire pregare? Mi ricordo, durante la guerra,
tutti a benedire le armi e i soldati che partivano per il fronte
russo e per il fronte occidentale. Mi ricordo, sapete, ero io. E mi
ricordo che pensavo: ma guarda, in questo momento noi a benedire le
nostre armi e i nostri armati, i tedeschi a benedire le loro armi e
le loro armate, gli inglesi a benedire le loro armi e le loro armate,
gli americani a benedire le loro armi e le loro armate. Ma questo Dio
cosa fa? Chi è Dio? Ma che cosa intendiamo per Iddio? Da che parte
può stare Dio? Che cosa c’entra Dio? È la parte più triste,
perché è proprio la distruzione del valore ultimo. Dio non può
essere contro nessun uomo, perché ogni essere umano è a immagine
sua.
Dicevo
stamattina: avete mai pensato cosa vuol dire l’episodio di Caino e
Abele, messo là, all’origine della storia del mondo, come primo
fatto? Noi si crede che sia una favola, invece è l’allegoria più
vera e amara di tutta la terra. Perché, poi, la prima morte non è
neanche una morte naturale. È un fratricidio, è un assassinio! La
prima morte che la Rivelazione ricordi è un fratello che uccide un
altro fratello. E Dio non è che non intervenga. Non ricordo dove ho
letto Dio che dice: “per favore, non invocatemi più per almeno
20 anni, non invocatemi più. Perché che cosa ne avete fatto del mio
nome? come vi siete serviti del mio nome?”. Quando si pronuncia
quel nome, dovrebbe trattenere il respiro ogni creatura sulla terra.
Non è che non si debba pregare ma bisogna capire che cosa s’intenda
per pregare. Nel caso di Caino, non è che Dio non intervenga, anzi
Dio certamente interviene. Dio governa, ma com’è il suo governo
rispetto ai nostri governi? Cosa c’entra Dio col nostro modo di
governare. Pensate al fatto di Caino, Dio interviene e dice: «Caino
cos’hai fatto di tuo fratello? Perché il sangue di tuo fratello
grida a me dalla terra?». La prima preghiera che muove Dio in difesa
dell’uomo è il sangue. Il sangue che grida dalla terra. Questo
sangue che ha imporporato la terra come urla davanti a Dio. Dio darà
la sua sentenza, ma mette un segno su Caino perché guai a chi
ammazza Caino. E si trattava di Caino. Quando voi dite a qualcuno:
«Sei un Caino» non potete dire nulla di peggio. Eppure mette un
segno di protezione anche su Caino, perché Dio non può essere
contro un uomo. Perché nel momento in cui l’uomo viene braccato,
anche se è un delinquente, in quel momento ritorna ad essere uomo.
Ecco la preghiera: uomo guarda a quello che hai fatto e prendi
coscienza. E non bisogna mettere l’uomo contro l’uomo, perché è
scritto: chi ammazza Caino sarà ucciso sette volte. Non c’è mai
stata violenza che non abbia prodotto altra violenza moltiplicando.
Pensate
in questo momento a un miliardo e più di uomini che odiano tutto
l’Occidente, lo odiano a sangue, perché lo considerano un
aggressore. E sono secoli che aspettano la vendetta e invece Dio
dice: A me la vendetta, a me la giustizia. Tu, se il tuo nemico ha
fame, dagli da mangiare e se ha sete, dagli anche da bere, perché
chi ammazza Caino sarà ucciso sette volte. E se non interromperete
questa spirale della violenza non vi salverete più. Finché non si
arriverà a questa nuova cultura non ci sarà salvezza. E dico
cultura perché devo parlare anche all’esquimese, al buddista che
pensano in maniera diversa da me. Devo parlare anche all’africano e
all’arabo dell’Iraq. In caso contrario, saremmo sconfitti noi e
sarà sconfitto anche Dio.
Parlare
solo di tristezze può essere un’ironia verso di noi e verso tutti
gli operatori di pace, specialmente i poveri e gli umili che saranno
le vittime maggiori della violenza e della guerra. Questa guerra è
una immensa vergogna, una sconfitta per l’umanità intera. Anche se
qualcuno dirà di aver vinto, sarà sconfitto. E voglio spiegare
perché. Tutto questo avviene su quel lembo di terra dove c‘è la
più alta concentrazione delle fonti energetiche del mondo, ma è
anche il crogiolo delle più grandi fedi dell’universo. La fede
musulmana, ebraica, cristiana. C’è qualcuno che dice che il mondo
non sarà mai in pace fino a quando le religioni non si metteranno in
pace. E succede che nell’atto supremo della guerra tutti invocano
Dio. Non c’era un discorso di Hitler in cui la parte centrale non
fosse dedicata alla divina provvidenza. A un certo punto, anche
Stalin invoca la religione. Il periodo in cui la religione ortodossa
è stata maggiormente protetta è durante il periodo di Stalin. Nelle
chiese ci sono ancora i regali di Stalin. La chiesa ortodossa non era
stata perseguitata, era solo stata vietata la propaganda.
Quando
uno ricorre alla forza, significa che non crede più alla ragione, ma
solo alla violenza. Si dice: ora la parola è alle armi. Le armi non
hanno parole, hanno solo fragore che uccide ogni parola. Sono la
morte della parola. E se già il sonno della ragione genera mostri,
la sua morte segna la fine di ogni dignità umana, la sconfitta di
ogni uomo. La guerra è la sconfitta di ogni diritto e non è
assolutamente pensabile che dalla forza si generi un giusto diritto.
Nel caso, avremo solo il diritto del più forte. Non c’è nulla di
più pericoloso del confondere il diritto con la forza. Ho sentito,
in questi giorni, che qualche soldato si sentiva orgoglioso di aver
partecipato al primo bombardamento. Si tratta della grande
alienazione mentale che ha disseminato di ossari il cammino di tutta
l’umanità. Non è vero che la guerra sia la continuazione della
politica portata avanti con altri mezzi. È vero, invece, che è la
disfatta di ogni politica. Quando un politico ricorre alla guerra
vuol dire che non sa fare politica. La politica è sempre ricerca di
convivenza fra tutti i componenti della città cercando, con tutti i
mezzi pacifici, di rendere possibile questa convivenza. Non c’è
nulla di più falso del dire: facciamo la guerra perché venga la
pace. Quella è la pace dei cimiteri. Bisogna fare della pace il
mezzo di ogni politica, l’anima stessa della politica. La guerra è
la sconfitta della religione, la sconfitta di ogni fede. Dio non può
essere per la guerra contro nessuno, ogni uomo è un’immagine di
Dio. La guerra è fanatismo, è odio. Per questo Dio ha inviato sulla
terra sua figlio, affinché gli uomini non si odiassero più. Per
questo ha accettato di morire perché gli uomini non si ammazzassero
più. La croce, l’unica bandiera di pace, tra cielo e terra con le
braccia sempre allargate a implorare pietà. La guerra è sconfitta
della religione perché questo messaggio non è diventato abbastanza
coscienza operante. Bisogna pregare perché il Signore illumini gli
uni e gli altri. E ispiri tutti a far cessare queste cose perché
sono atti contro tutto e contro tutti. Non posso servirmi di Dio come
un Dio della battaglia perché questa è una logica pagana. Pregare e
fare giustizia e rispettare l’uomo e farci tutti operatori di pace.
Non è Dio che non ci ascolta, siamo noi che non ascoltiamo Dio,
perché anche Dio è uno sconfitto quando l’uomo fa guerra
all’uomo.
Questo
ho cercato di dire in questi giorni dovunque sono andato con lo scopo
di suscitare pensieri di umanità, volontà di intervento pacifico,
Impegno per realizzare iniziative per scongiurare la maledizione che
sembra pesare sul nostro tempo. Questa non è una guerra, è peggio:
è un crimine dei potenti impazziti contro l’umanità che vuole la
pace. Tutti vogliono la pace, Saddam ha parlato di pace, Bush anche,
ma si fa la guerra. Qualcuno mente. Non è vero che quando gli Stati
votano per la guerra votano per il diritto e la giustizia, votano per
la sopraffazione e la violenza. E nel nostro caso, questo è vero
sotto ogni aspetto. Tutti sappiamo che l’Iraq ha violato ogni
diritto, invadendo il Kuwait, ma noi quanti Kuwait abbiamo sulla
coscienza? Basta pensare all’altro alleato, perché adesso è
alleato, che ha invaso e distrutto tutto il Libano. Noi sappiamo che
quest’uomo è responsabile di molte nefandezze, ma sappiamo anche
che chiunque muove guerra, dopo aver accettato la scomparsa della
Palestina e di altri Stati, è altrettanto colpevole. A questo punto,
non si può più parlare di rivendicazione di diritto internazionale,
se non come pretesto. Ed è un pretesto intessuto anche troppo bene
da un certo concerto mondiale di mass-media. Oggi c’è un articolo
sull’Osservatore Romano che parla della manipolazione
dei consensi. Si sa bene che il Kuwait è un lembo di terra ricco di
fonti energetiche. Bisognerebbe pensare a quello che ha detto il
papa. Questa guerra è un’offesa al diritto internazionale, è una
guerra senza idealità. A parte che non esiste guerra che ne abbia
una, ma tanto meno questa. È chiaro che si tratta di una guerra non
necessaria, anche perché nessuna guerra sarà mai necessaria. Noi
dobbiamo cercare nella concretezza della realtà che la ragione e la
politica tornino a vincere, che vinca la fede e venga finalmente
ristabilita la pace, che è il più grande diritto dell’uomo. Senza
pace non c’è civiltà. Una civiltà basata sulla guerra è
barbarie. La costituzione dell’Onu ha bandito la guerra come
soluzione dei problemi del mondo e anche la nostra Costituzione la
bandisce. Per aggirare l’ostacolo, abbiamo invento il camuffamento
dell’azione di polizia internazionale. E poi sono partiti con i
Tornado senza neanche saperli usare. Non si pone il problema di
obbedire agli ordini di guerra, nessuno può imporre una guerra
perché è obbligare l’uomo ad andare contro se stesso, contro la
propria umanità. L’altro giorno, appena scoppiata la guerra, sono
rimasto sveglio tutta la notte e alla fine mi sono venuti questi
versi: «E non sorga più neppure il sole, che nessuno veda la nuova
vergogna. Questa è un’altra parasceve sul mondo. Lasciate che i
cadaveri marciscano per le strade. Non avremo più Pasque. E anche tu
Dio sei ancora più sconfitto di noi». Ecco, ero partito da questo
punto e a questo punto ho finito. Baghdad è l’antica Babilonia, è
la Mesopotamia, è la storia di Nabucodonosor, è la storia da cui è
venuta la distruzione di Gerusalemme, la deportazione di tutto il
popolo ebraico, la diaspora.
Ed è il tempo e il luogo in cui nasce
il grande inno-salmo, perché i salmi sono la storia messa in
preghiera.
Lungo
i fiumi laggiù in Babilonia,
sulle rive sedemmo in pianto
al ricordo struggente di Sion;
sopra i salici, là in quella terra,
appendemmo le cetre armoniose.
2. Oppressori e infami aguzzini
ci chiedevan le nostre canzoni,
dopo averci condotti in catene,
le canzoni di gioia chiedevan:
“Intonateci i canti di Sion”.
3. Potevamo noi forse cantare
sulle rive sedemmo in pianto
al ricordo struggente di Sion;
sopra i salici, là in quella terra,
appendemmo le cetre armoniose.
2. Oppressori e infami aguzzini
ci chiedevan le nostre canzoni,
dopo averci condotti in catene,
le canzoni di gioia chiedevan:
“Intonateci i canti di Sion”.
3. Potevamo noi forse cantare
(il
verso di Quasimodo è preso da qui)
salmi e canti del nostro Iddio
in quel triste paese straniero?
La mia destra sia paralizzata
se ti scordo, o Gerusalemme.
4. Mi si attacchi la lingua al palato
se un istante appena io lascio
di pensarti, mia Gerusalemme,
se non pongo te, Gerusalemme,
al di sopra di ogni mia gioia.
5. Tu ricorda i figli di Edom:
Dio, quanto nel giorno supremo
contro Gerusalemme urlavan:
“Distruggete le mura, abbattete,
annientate le sue fondamenta”.
6. Babilonia, o madre di morte,
sciagurata città, sia beato
chi ti rende la stessa infamia,
sia beato chi afferra i tuoi figli
e li stritola contro la roccia.
salmi e canti del nostro Iddio
in quel triste paese straniero?
La mia destra sia paralizzata
se ti scordo, o Gerusalemme.
4. Mi si attacchi la lingua al palato
se un istante appena io lascio
di pensarti, mia Gerusalemme,
se non pongo te, Gerusalemme,
al di sopra di ogni mia gioia.
5. Tu ricorda i figli di Edom:
Dio, quanto nel giorno supremo
contro Gerusalemme urlavan:
“Distruggete le mura, abbattete,
annientate le sue fondamenta”.
6. Babilonia, o madre di morte,
sciagurata città, sia beato
chi ti rende la stessa infamia,
sia beato chi afferra i tuoi figli
e li stritola contro la roccia.
L’ultima
strofa spiega tutte le ragioni per cui dobbiamo e possiamo pregare,
anche facendosi voce dei disperati, perché io raccolgo anche le
bestemmie per metterle sulla patena. Nelle tue mani, Cristo,
affidiamo questo grido di oppressi e uccisi perché tu dalla croce
converta ogni gemito in canto d’amore. Questa è la ragione per cui
si deve pregare. Questi sono i livelli della preghiera. Sono contento
che siete in tanti qui. Spero questa sera di aver redento almeno la
preghiera, Che sia salva almeno la preghiera in mezzo a questo
dilagare di rovine di tutti valori.