di
Nicolino
Longo
Ne sarebbero presenti tracce
fra le montagne di Aieta e Vannefora
San
Nicola Arcella. Tra il 73 e il 71 a. C. (anno in cui venne
sconfitto ed ucciso, in battaglia, da Licinio Crasso), è ormai cosa
indubitata e certa che il gladiatore trace, Spartaco, nel capeggiare
una rivolta, di circa 120.000 schiavi, contro Roma (le cui legioni ne
vennero per ben quattro volte respinte), passò, stando a un lacerto
di Sallustio così tradotto dal Pareti: “Preso a guida uno
dei prigionieri picentini, venne dai gioghi di Eboli -per i monti
Eburum-, non visto, alle Nares Lucanae -tra Polla e Auletta- quindi
al foro di Annio che faceva giorno e non avvertito dalla gente dei
campi…”, passò, dicevamo, scendendo in Calabria, proprio per
Vannifora (Annii forum- foro di Annio, contrada (oggi, Vannefora) di
San Nicola Arcella (CS), a sud del villaggio “Il Bridge” (ove si
estendeva un vasto pianoro, chiamato “Piano delle Pere”, su cui,
oggi, insiste, e solo da pochi anni, il “Nelema Village Resort”).
A sostenere questa tesi è lo scaleota Carmelo Giordanelli fu
Raffaele, in “Spartaco in Calabria”, Grafiche F. Caselli,
Scalea, 1962; ad avvalorarla, invece, è la presenza, ancora oggi, in
detta zona, di taluni ruderi e, quel che più conta, di
un’antichissima mulattiera che, attraversando le montagne di Aieta
e puntando verso il fiume Lao, proviene proprio dalla Lucania.
Dell’anzidetto
toponimo (Vannifora) si fa anche cenno nel “Dizionario
geografico ragionato del Regno di Napoli” di Lorenzo
Giustiniano che, scrivendo di Scalea (di cui San Nicola Arcella è
rimasta Casale fino al 1912), riferiva: “(...) vi è caccia di
lepri, volpi e lupi specialmente in un luogo chiamato
Vannifora”. Spartaco, dunque, proveniente dalla Lucania, dove
aveva sconfitto Varinio, avrebbe raggiunto Vannifora (territorio
sempre lucano, avendo, all’epoca, quest’ultimo, a delimitazione
del confine orientale -oltre il quale era il Bruzio: l’attuale
Calabria- il fiume Lao), proprio percorrendo la mulattiera di cui
detto e, da qui, avrebbe poi puntato, passando per il Lao, su Turi
(colonia greca della Magna Grecia, nei pressi dell’antica Sibari).
E
giacché ci siamo, riferiamo anche che fu proprio (sempre secondo il
Giordanelli, ma anche secondo Carlo Dotti del Dauli, il Giustiniano
di cui detto, Plutarco e Antonini) nella odierna Piana del Lao o di
Scalea (l’antica Palude Lucana: da altri collocata, erroneamente,
in territorio di Pesto) e, quindi, a una manciata di chilometri da
Vannefora che, sul finire dell’inverno anno 71 a. C., avvenne poi
il grande cozzo fra la seconda colonna dell’esercito di Spartaco
(al comando di Giannico e Castro) e le forze di Crasso al comando di
C. Pontinio e Q. Fabio Rufo: i fedeli di Spartaco furono da costoro,
prima messi in fuga e poi fatti accerchiare e massacrare dalla
cavalleria di Quinzio e dagli uomini dello stesso Crasso. Spartaco,
che con l’altra parte dell’esercito, aveva varcato il Lao a nord,
perì, poi, assieme ai suoi, nella battaglia del Sele, che culminò
con la crocifissione ed esposizione, lungo la via Appia, da Capua a
Roma, di tutti gli sconfitti, mentre i fuggitivi (altri 5.000
schiavi) vennero affrontati e massacrati, in Etruria, da Pompeo,
reduce dalla Spagna. E fu così, dunque, tra il Lao e il Sele, che
venne a consumarsi, oltre duemila anni fa, una delle più cruente ed
atroci guerre che la storia ricordi.