di Antonio Mazzeo
Antonio Mazzeo |
Domani
la sentenza
Giovedì
7 febbraio, la 1ª
Sezione Penale del Tribunale di Messina emetterà la sentenza nel
procedimento che mi vede imputato per il reato di cui agli artt.
81 e 595 comma 3 (diffamazione a mezzo stampa) a seguito di una
querela presentata nell’agosto 2012 dall’allora amministrazione
comunale di Falcone guidata dal sindaco Santi Cirella per l’inchiesta
pubblicata sul periodico I
Siciliani giovani (n.
7 luglio-agosto 2012), dal titolo “Falcone comune di mafia fra
Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto”, in cui venivano descritte
alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale,
economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa
tirrenica del messinese (speculazioni immobiliari; dissesti
ambientali e paesaggistici; lavori di somma urgenza post alluvione
del 2008, ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle
organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente
legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
Non è questa la sede né il momento di entrare in
merito su quanto accaduto in tutti questi anni e sul processo di
primo grado giunto ormai alla sua conclusione. Intendo tuttavia
ribadire la mia serenità per la correttezza professionale con cui è
stata svolta questa inchiesta giornalistica e l’assoluta veridicità
dei fatti in essa narrati, come è stato accertato e documentato da
inchieste giudiziarie sulla criminalità mafiosa operante
nell’hinterland di Falcone (alcune già conclusesi con sentenze
passate in giudicato). In particolare i cosiddetti processi antimafia
“Gotha”, un’informativa specifica della Direzione Investigativa
Antimafia di Messina, tre interrogazioni parlamentari e la stessa
risposta ad una di esse del Ministero dell’Interno hanno confermato
l’inquietante clima che la cittadina siciliana ha vissuto alla
vigilia, durante e subito dopo le elezioni amministrative del 2011,
nonché i pesanti condizionamenti esercitati in quei mesi di campagna
elettorale da parte di un personaggio di altissimo spessore
criminale, stretto congiunto di una delle consigliere comunali elette
(quest’ultima sostenitrice della Giunta), proprio quei fatti che ho
raccontato nel corso dell’inchiesta giornalistica e durante lo
svolgimento del processo ma che sono alla base della querela
presentata nei miei confronti dall’allora sindaco e odierna parte
civile, Santi Cirella. I “condizionamenti” e il sostegno
elettorale del boss locale, oggi condannato all’ergastolo con
sentenza passata in giudicato per gravissimi reati di sangue e per
associazione mafiosa, sono tra gli elementi che hanno convinto la
Corte di Appello del Tribunale di Messina a emettere ben due sentenze
di assoluzione nei confronti dei consiglieri comunali d’opposizione
che per primi avevano denunciato pubblicamente la gravità del
contesto socio-politico in cui si erano svolte le elezioni
amministrative 2011. Sono
altresì orgoglioso di aver avuto modo di pubblicare questo mio
articolo per il periodico figlio ed erede della straordinaria
esperienza di giornalismo d’inchiesta rappresentata da I
Siciliani.
Spero, con il mio impegno e le mie denunce, di aver onorato la
memoria del suo direttore, Giuseppe Fava, vittima di mafia, allora,
come in tutti questi anni di “militanza” in difesa della verità
e del diritto-dovere di cronaca. Colgo l’occasione per ringraziare
di cuore tutte e tutti coloro che mi sono stati vicini
nell’affrontare un procedimento dall’amaro sapore kafkiano,
consapevoli loro di sostenere innanzitutto una battaglia in difesa
del sacrosanto diritto costituzionale d’espressione, sempre più
minato nel nostro paese da inesauribili rigurgiti fascisti e
autoritari. Ringrazio altresì il mio legale, l’avvocato Carmelo
Picciotto del Foro di Messina, per gli sforzi sostenuti e l’alta
professionalità con cui ha operato in mia difesa nel corso di
questi anni.