di
Franco Astengo
Stati Generali a Villa Panphili |
La
maggior parte degli osservatori aveva giudicato come l’operato di questo
governo durante i mesi del lockdown risultasse confuso e privo di
“visione”.
Ben
oltre all’utilizzo di strumenti legislativi impropri e il registrarsi
dell’assenza di ruolo del Parlamento la realtà delle iniziative assunte sul
piano economico-sociale sono apparse essenzialmente come il risultato del peso
delle lobbies e hanno finito con il favorire un confuso assistenzialismo e un
sostanziale corporativismo.
Assistenzialismo
e corporativismo (oltre al clientelismo ben evidente nelle diverse partite
riguardanti le nomine) rappresentano due elementi sostanziali nel DNA del M5S
(se pensiamo all’impostazione data a suo tempo al “reddito di cittadinanza”).
Elementi
negativi che si sono ulteriormente accentuati nella pratica di governo nel
corso di questi mesi: buona parte della destinazione dei bonus, infatti, ha
preso le due strade appena indicate dell’assistenza pura e semplice e del
soddisfacimento degli appetiti di lobbies e corporazioni varie.
Sulla
precarietà della situazione ha sicuramente pesato l’incertezza provocata dalle
oscillazioni e i contrasti di giudizio espressi da parte della “comunità
scientifica”; oscillazioni che proseguono nell’attualità di questa che è stata
definita come “Fase 3” e che forse risulta essere la più delicata da
affrontare.
Così
come l’incertezza sull’esito della trattativa europea rappresenta l’incognita
più pesante al riguardo del futuro prossimo del nostro Paese.
Appare
molto difficile recuperare forze ed energie in grado di indicare con chiarezza
proprio una “visione”.
Se
si guarda alle proposte ventilate in questi giorni, durante la serie di
incontri svoltisi nel lusso di Villa Pamphili (un altro segnale quello delle
ville, delle auto blu e delle scorte, dell’irrecuperabile sbandamento “da
potere” che ha colpito l’ex-movimento “antipolitica” che doveva abbattere “la
casta”) si direbbe che si prosegua sull’assenza di progettazione e nel
cedimento verso le spinte corporative. Si parla di abbattimento delle aliquote
IVA per determinati generi, di taglio delle tasse, di ulteriori imprecisati
bonus (addirittura 35.000 euro da elargire alle donne che vorrebbero diventare
“manager”): il tutto visto dalla parte dell’aumento dei consumi individuali
inteso come esclusivo fattore di rilancio dell’economia.
Un
vero e proprio delirio di trionfo per l’antico “berlusconismo”: un orientamento
complessivo rivolto al consumo per favorire la pubblicità televisiva a
vantaggio delle proprie reti, questo era il disegno del Cavaliere, che va
ricordato anche in questo momento.
Il
consumismo come apparire nella lunga lotta tra etica ed estetica.
Nasce
da qui l’esigenza di un modello di società e si ritorna ad antiche discussioni
nella sinistra, non soltanto comunista, a protagonisti ormai dimenticati da
Riccardo Lombardi, a Ugo la Malfa, Pietro Ingrao, Lucio Magri, Bruno Trentin,
Enrico Berlinguer.
Invece
tutti i soggetti interpellati nella maratona pubblicitaria messa su da un
Presidente del Consiglio che pare avere in animo (come suoi predecessori) e
unico obiettivo una Costituzione “materiale” da intendersi in senso
presidenzialista della Costituzione, si sono mossi come “lobbies” separate nel
solo intento di far sopravvivere i loro “punti vendita”.
Addirittura
la Confindustria ha offerto il destro a una modificazione sostanziale
dell’impianto parlamentare della Repubblica esponendo un modello di “democrazia
negoziale”, quasi a ricercare una legittimazione istituzionale per i gruppi di
pressione.
Non
è emersa da nessuna parte, neppure da parte dei sindacati preoccupati soltanto
dall’allungamento dei tempi della cassa integrazione, una proposta di
programmazione pubblica dell’economia, di intervento pubblico sui nodi cruciali
dell’industria e delle infrastrutture. Nessuno ha reclamato l’espressione di
una progettualità tesa a modificare le distorsioni presenti in un sistema
fragile nei suoi punti strategici.
Un
sistema quello italiano che, liquidato l’intervento pubblico, l’IRI e avviato
il grande pasticcio delle privatizzazioni dei settori nevralgici si è fondato
su di un modello sbagliato. Modello sbagliato che si intende continuare a
perseguire. Soprattutto i sindacati non hanno mostrato alcuna attenzione al
tema chiave della struttura del mondo del lavoro, alla crescita fortissima dei
meccanismi di sfruttamento che nella fase dell’emergenza si sono ulteriormente
inaspriti, dell’impossibilità per questo sistema di produrre nuova occupazione
stabile anzi dell’emergere di una nuova spinta verso ulteriori strumenti di
precarizzazione.
Quando
turismo, ristorazione, abbigliamento diventano i settori chiave di un paese di
60 milioni di abitanti posto in posizione strategica al centro del Mediterraneo
è il caso di preoccuparci seriamente.
Fa
il paio con l’assenza di programmazione industriale quella della mancanza di
una politica estera con in primo piano il disastro libico.
Anzi
l’assenza di politica estera rappresenta il fattore fondamentale della
fragilità e della confusione del nostro sistema produttivo.
La
politica estera i cui termini concreti si stanno facendo di giorno in giorno
più stringenti nella necessità di scelte precise sia nello scenario europeo sia
rispetto alla nuova contesa globale ormai aperta tra USA e Cina. L’esito delle
elezioni USA fornirà sicuramente una indicazione di indirizzo, ma comunque le
pressioni per un recupero del “ciclo atlantico” ci saranno e molto forti e ad
esse si dovrà dare risposta come alle evidenti manovre di infiltrazione da
parte della Cina tendente ad approfittare della situazione di crisi creata
dall’emergenza sanitaria.
Un
sistema politico, quello italiano, ormai compresso nell’intreccio tra
corporazioni espresse da lobbies più o meno potenti, privo di programmazione
economica e di politica estera e corroso da uno scontro interno tra i poteri
che la Costituzione vorrebbe separati ma che la funzione di supplenza
esercitata per un lungo periodo dalla Magistratura ha inquinato nella relazione
tra questa e la politica, laddove vengono a galla elementi di una vera e
propria “perversione di sistema”.
Un
autorevole professore, ex-ministro, ex giudice della Corte Costituzionale come
Sabino Cassese ha individuato 5 nodi: Il declino della membership politica;
l’assenza di offerta politica; lo svuotamento del Parlamento; la prevalenza dei
temi immediati su quelli importanti e strutturali; la mancanza di organi di
correzione delle politiche governative.
Punti
che qui in questo intervento sono esposti in maniera semplicemente indicativa
perché poi da Cassese sono trattati, in un suo testo, in maniera fortemente
contraddittoria: ma non è questo il punto della discussione.
Quei
Cinque punti rimangono meritevoli della massima attenzione nel momento in cui
ci si dovrebbe accingere a riflettere sulle prospettive di soggettività
politica che sarebbe necessario porsi in opera di ricostruzione a sinistra.
Una
“sinistra costituzionale”, in questa fase, capace di raccogliere le forze
migliori esistenti e/o disperse forse potrebbe rappresentare un riferimento
capace di tenere dentro, sia pure su di una linea di “guerra di posizione”,
l’insieme delle contraddizioni emergenti e funzionare da nuovo fattore di
offerta politica: una necessità quanto mai urgente.