Sul Corriere
della Sera di ieri si racconta di un sessantenne di Brescia malato di Covid che
è stato salvato dall’infermiera dell’ospedale; questa avrebbe provveduto a
staccare la bombola ad ossigeno dal vicino di letto ottantenne e a trasferirla
all’interessato che così si è potuto riprendere.
Nessun commento dell’autore
dell’articolo a quello che è stato un omicidio. Qualcuno ritiene che essendo
l’aspettativa di vita di un ottantenne inferiore a quella del sessantenne
l’operazione si giustifica in termini di anni di sopravvivenza. Se si accetta
questo ragionamento ne deriva che qualsivoglia efferata operazione dalla quale
risulti un vantaggio comparato individuale o collettivo trova giustificazione
(è la malefica teoria dell’utilitarismo proposta da Bentham).
Mi auguro che un magistrato legga
l’articolo e avvii il conseguente procedimento. Qui si tratta della vita di un
uomo, che non può essere sacrificata in alcun modo (noi condanniamo anche il
suicidio).
Comprendo le difficoltà e il panico del
momento, addirittura il problema della scelta su chi intervenire per primo, ma
che si tolgano a qualcuno gli strumenti che lo tengono in vita e che ciò sia
dato, anche dalla stampa, per scontato mi sembra inaccettabile.
Sugli argomenti dei diritti individuali
i pensatori americani (del resto indignati per il caso in Minnesota) si sono
espressi in diverse sedi, ad esempio, Guido Calabresi a Yale e David Edmonds.
Cesare Giussani