di
Franco Astengo
L’universalizzazione
della “contraddizione sanitaria”.
Isolamento
fisico, distanziamento sociale.
La
“contraddizione sanitaria” fatta emergere dalla pandemia che in questi giorni
sta attraversando il mondo può ben essere definita come “universalistica”: la
malattia ha colpito senza confini, senza distinzioni sociali o di classe. Anche
se poi, ovviamente, la capacità di risposta degli Stati e dei singoli cittadini
è risultata assolutamente asimmetrica a seconda delle condizioni economiche,
delle scelte politiche e sociali, delle diverse condizioni di agibilità del
quotidiano. Potrebbe sorgere un nuovo interrogativo: l’universalizzazione della
contraddizione sanitaria potrebbe costituire occasione di rilancio di una nuova
qualità della globalizzazione, ponendo all’ordine del giorno un vero e proprio
complessivo spostamento d’asse nella proposta (e nella richiesta) di utilizzo a
livello locale delle risorse globali?
Così
si presenterebbe una possibilità di recupero per una forte spinta verso la
democrazia e di ritorno alle sedi sovranazionali quali luoghi di mediazione e
di risoluzione delle problematiche globali e locali (la vecchia sigla del
“glocal”) in luogo del restringimento di visione all’interno delle specificità
nazionali o di ristretta area geografica come pareva fattore emergente nella
dinamica geopolitica pre-pandemia. Non disponiamo però in questo senso di
elementi che ci autorizzino all’ottimismo, anzi.
Almeno
fino alla vigilia dell’esplosione epidemica la fine del processo di
globalizzazione avvenuta con la crisi del 2008 e la conclusione del “ciclo
atlantico”, emblematizzata dalla presidenza Trump, con l’evidenziarsi di
tendenze sovraniste in Europa, sembravano aver lasciato spazio a un duro
confronto tra:
1).
Una
posizione di “ritorno alla guerra fredda” come individuato ad esempio dallo
storico scozzese Niall Ferguson che prefigura
appunto una nuova “guerra fredda” tra Occidente e Oriente intesa come
occasione ad un ritorno di competizione per lo sviluppo. Si aprirebbe, infatti,
una guerra commerciale, strategica, tecnologica, cyber, competitiva.
L’Occidente, comprensivo dell’Europa almeno nella sua parte fondatrice e della
Gran Bretagna, si troverebbe raccolto ancora attorno alla bandiera americana
non potendo lasciare alla Cina la supremazia tecnologica e dell’intelligenza
artificiale. Una variante di questo disegno potrebbe essere rappresentata da
una sorta di “ridisegno” sovranista di cui circolerebbero ipotesi di ridefinizione
degli equilibri attraverso la costruzione di una ristretta “élite” di
concentrazioni sovranazionali, delle quali l’Europa a guida tedesca
rappresenterebbe un primo esempio. Il quadro generale che si presenterebbe in
questo senso sarebbe quello dell’allargamento delle disuguaglianze e
l’allineamento verso tendenze oligarchiche nelle forme di governo.
2). La costruzione di un
nuovo ordine, inevitabilmente multilaterale e policentrico come sostiene, ad
esempio, Massimo D’Alema, nel suo ultimo “Grande la confusione è sotto il
cielo”. Un nuovo ordine fondato sulla ricerca del superamento della “violenza
delle disuguaglianze sociali”, come scrive Thomas Piketty nel suo Capitale e
ideologia.
Potrà
essere che ci si trovi davanti, tra un paio d’anni magari, a dover scegliere:
l’Italia e l’Europa saranno chiamate a decidere da che parte stare.
Risulterà
decisivo, in quel momento, l’orientamento dell’Europa continentale.
Smaltite
le sbornie iconoclaste ci si accorgerà della debolezza delle nostre posizioni
in materia di politica estera e di dimensione sovranazionale.
Il
dato di cui sarà necessario tener conto, anche rispetto all’obiettivo di un
assetto multilaterale e policentrico, sarà quello del rilascio più lento del
previsto del processo di cessione di sovranità da parte dello “Stato nazione”.
A
quel punto sarà necessaria una ricontrattazione generale dei rapporti tra gli
Stati. Una ricontrattazione tra gli Stati che potrebbe avere come traguardo
parziale un recupero e una riedificazione dell’ONU.
Un
rilancio dell’organizzazione delle Nazioni Unite potrebbe apparire in questo
momento un grande passo avanti ma non appare sorretto e auspicato da alcuna
delle grandi potenze, tutte impegnate sul piano del rafforzamento militare e
delle guerre commerciali. In gioco scelte antropologiche e di destinazione
delle risorse: su questo punto si misureranno l’universalizzazione della
“contraddizione sanitaria” e il processo di ulteriore velocizzazione nell’innovazione
tecnologica nel senso dell’utilizzo di “date – base” universali e
dell’intelligenza artificiale.
Innovazione
tecnologica al riguardo della quale buona parte del mondo rischia di rimanere
completamente tagliato fuori riproducendosi nuove forme di dominio generatrici
di ulteriore crescita nelle diseguaglianze.
Come
possono le forze democratiche, progressiste, socialiste in questa situazione
avviare una riflessione su temi delle forme moderne della sovranzionalità e
dell’internazionalizzazione?
Da
tener conto che i soggetti progressisti e socialisti presenti nei punti che un
tempo avevamo definito come i più avanzati nello sviluppo, appaiono intimiditi
e quasi silenti nella loro piena fragilità di sistema davanti alla grande
difficoltà universale.
Nell’ipotesi
di ricostruzione della sinistra che si sta cercando di perseguire è necessario
riflettere sulle scelte di fondo che il quadro internazionale ci presenta
proprio in questa fase di rapidi e complicati cambiamenti fondati su di uno
spostamento d’asse nella qualità delle contraddizioni.
L’universalità
della contraddizione sanitaria rappresenta la cartina di tornasole per
verificare una urgente necessità di ridefinizione del nostro tradizionale
quadro di riferimento, proprio nel momento in cui i colossi del digitale stanno
usando il virus per intrecciarsi con la politica e imporre un futuro a loro
immagine e somiglianza.
Comincia
da questo punto il tema del socialismo del XXI secolo, nel momento in cui le
priorità diventano la sanità, l’istruzione in remoto, la banda larga tanto da
farci pensare come l’antica contraddizione principale si sposti sullo
“sfruttamento da smart working” e la difesa del pianeta sarebbe proposta
attraverso la strutturazione dell’isolamento fisico, base indispensabile per
l’auspicato “distanziamento sociale”.
L’orizzonte
si presenterebbe così come determinato da un processo di integrazione delle
priorità sociali all’interno della tecnologia.
La politica sarebbe ridotta a puro ruolo di
rappresentanza, simulacro di una “fu democrazia”.
A quel punto le scelte sarebbero governate dai
pochi in possesso degli strumenti per orientare un sistema fondato sul
controllo ossessivo delle singole esistenze imponendo scelte culturali,
consumi, stili di vita.
Uno
scenario nel quale computer e robot eserciterebbero la funzione di massificare
un irreversibile isolamento individualistico, certamente non esorcizzabile
attraverso la “movida”.