UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 29 novembre 2014

“ODISSEA” E LA VISIONE URBANA
Questionario-intervista sull’uso della città e i suoi arredi 
rispondono Giorgio Colombo, Jacopo Gardella, Arturo Schwarz 

RISPOSTE DI GIORGIO COLOMBO



ODISSEA. È opinione comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma che quasi nessuno capisce il senso e la funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg nello stesso luogo, e che non si capisce che ci facciano in un luogo come quello, a pochi passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?


COLOMBO. Se si saltano gli anni dell’affrettata ricostruzione post-bellica, La città postmoderna   -pur ricordando la speculazione edilizia, in Italia sempre ben presente- è stata messa in evidenza da Aldo Rossi (il suo ‘Teatro del Mondo’, Venezia 1979-80) e Paolo Portoghesi (‘La Strada Novissima’, la presenza del passato, Venezia 1980), teorici della crisi dell’unico modello, il ‘moderno’ sempre e dovunque. L’unità dei modelli-idee è scomparsa. Non c’è una linea uniforme che lega una presunta continuità, una progressione ordinata degli stili architettonici, legata a quei ‘poteri’ che ne sarebbero stati base politico-finanziaria, ma salti, buchi, scosse, riprese, tanto più evidenti quanto più le società si sono moltiplicate, frantumate e i cosiddetti ‘poteri ’si sono diffusi, mescolati, nascosti nella postmodernità. Gli stili e le tecniche costruttive sono diventate un mercato aperto alle più svariate invenzioni e proposte. Il Novissimo non si contrappone all’Antiquo: è libero di riprenderlo, includerlo o escluderlo, accettarlo o negarlo. Nella città postmoderna non c’è un’unica ‘idea’, ma molte ‘idee’. La loro condivisione è difficile ma non impossibile, in perenne patteggiamento con la speculazione. La città postmoderna è un insieme di diversità. Così se mi paiono infelici le “capannette” della Aulenti, vedrei con maggiore accondiscendenza il grande ‘ago’ di Oldenburg, che tenta di cucire la disgregazione in atto.


ODISSEA. Definito da più parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea” ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?

COLOMBO. Condivido la possibilità di uno spostamento del monumento di Aldo Rossi (che ho ricordato prima, più interessante nelle proposte che nelle realizzazioni). Sarebbe opportuno anche suggerire ‘dove’ spostarlo.



ODISSEA. L’architetto e urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama “una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi. “Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i committenti ed i finanziatori privati” scrive Gardella. E come dargli torto? Se si guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo delirio di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza uno straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi di anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato sotto Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta? 

Foto-assemblaggio di Giuseppe Denti

COLOMBO. Nel parlare di speculazione dimenticavo l’importanza della pubblicità. È evidente che un grattacielo è più visibile, è più autopubblicitario di una costruzione bassa che obbedisce alla continuità ambientale. Non dimentico però che la torre (vedi anche la Torre Velasca), il campanile, la cupola, la cattedrale, il castello del principe obbedivano ad un principio simile. Certo, un problema di numeri. La moltiplicazione delle torri era stato un problema già per gli antichi borghi. Ma le moderne tecniche costruttive ingigantiscono il problema, anche là dove, al contrario dello stretto spazio di Manhattan, non sarebbe affatto necessario. Quindi un gesto di esibizionismo che andrebbe seriamente regolato e calcolato in relazione alle richieste abitative -del tutto ignorate-.      Ma quando mai? Riprendendo la pubblicità insulsa, vedi il ridicolo delle piante sui terrazzi del grattacielo premiato di Boeri, e in contemporanea il taglio mortale, chiamato ‘potatura’, dei pochi alberi sopravvissuti nei viali della città.

Spettri urbani, foto assemblaggio di Giuseppe Denti

ODISSEA. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale eliminerebbe subito e perché?
COLOMBO. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Non si sa da dove cominciare. Penso anche gli interventi cosiddetti ‘provvisori’ come lo sconcio del piazzale davanti al Castello Sforzesco. Tra i definitivi, la proliferazione indiscriminata di casette, tettucci, sopraelevazioni di ogni tipo, misura, colore che spuntato sempre più numerosi sulle sommità delle precedenti costruzioni. Ma l’elenco sarebbe troppo lungo.




RISPOSTE DI JACOPO GARDELLA



Jacopo gardella

ODISSEA. È opinione comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma che quasi nessuno capisce il senso e la funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg nello stesso luogo, e che non si capisce che ci facciano in un luogo come quello, a pochi passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?


GARDELLA. Nella prima domanda e nell’implicito giudizio negativo su Piazza Cadorna è già contenuto tutto il senso della risposta che si potrebbe dare. C’è solo da aggiungere che il viaggiatore, scendendo dal treno ed affacciandosi alla piazza, non vede uno spazio urbano ma un angusto orizzonte schiacciato sotto capannoni metallici. Non è un bel modo di essere accolti da una metropoli di importanza internazionale.


ODISSEA. Definito da più parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea” ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?
GARDELLA. La rimozione del Monumento a Pertini è auspicabile. Purché si scelga bene il posto in cui trasferirlo. La aiuola fiorita è una sostituzione troppo timida; occorre creare uno spazio di sosta e ricreazione circoscritto e protetto da una siepe fitta ed alta, all’interno della quale ci si senta distanti dall’intenso traffico urbano.

Naviganti di "Odissea" sul monumento a Pertini

ODISSEA. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale eliminerebbe subito e perché?

GARDELLA. Paradossalmente (e scherzosamente) eliminerei tutti gli edifici sorti di recente perché tutti hanno tradito una sana “idea di città”.

Roma, Piazza Navona, la magnifica fontana del Moro
       
                                              

RISPOSTE DI ARTURO SCHWARZ
Queste le perentorie e laconiche risposte di Schwarz


ODISSEA. È opinione comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma che quasi nessuno capisce il senso e la funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg nello stesso luogo, e che non si capisce che ci facciano in un luogo come quello, a pochi passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?
SCHWARZ. Un assurdo, da eliminare
ODISSEA. Definito da più parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea” ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?
SCHWARZ. Sono d’accordo
ODISSEA. L’architetto e urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama “una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi. “Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i committenti ed i finanziatori privati” scrive Gardella. E come dargli torto? Se si guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo delirio di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza uno straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi di anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato sotto Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta? 
SCHWARZ. L’attuale sistemazione è uno schifo!
ODISSEA. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale eliminerebbe subito e perché?
SCHWARZ. Oldenburg, perché non vogliono dire niente e sono totalmente fuori luogo.

                                          

NOVITA' EDITORIALI



DOPO GLI EBOOKS ECCO I BBOOKS 
Una sfera che diventa libro: un’idea “folle” che prende forma e genera un progetto culturale tra editoria, design e arte. Tra gli invitati alla anteprima del prossimo 3 dicembre Sveva Casati Modignani, Nicola Crocetti, Giorgio Galli, Giovanni Gastel e Salvatore Veca.
Si chiamano BBooks e mostrano una nuova idea di libro. Un connubio tra rivoluzione e restaurazione che da un lato altera in modo estremo la forma e la struttura del libro in quanto oggetto, dall’altro recupera il concetto di prezioso e unico che era proprio degli antichi codex miniati.
“Ho sempre subito il fascino dei libri, ma volevo qualcosa di veramente diverso”, spiega l’artefice del progetto Alessandro Curioni. “Per averlo ho dovuto inventarmelo. E’ stata una vera sfida per creare qualcosa di unico, prezioso e con una… storia”.
“Quando Alessandro venne da me con il provocatorio brief dettato da chi ama qualcosa in forma talmente sacrale da volerla paradossalmente modificare e far crescere, la sfida mi sembrò subito interessante”, aggiunge Giulio Ceppi, architetto e designer che ha dato forma all’idea originale. “A maggior ragione perché l’oggetto da ridefinire era niente poco di meno che “il libro”: un archetipo con qualche migliaio di anni alle spalle”.
Pochi, anzi pochissimi. I BBooks saranno pezzi unici. “Alla fine ho deciso rendere un vero omaggio al libro in quanto oggetto”, ha affermato Alessandro Curioni, artefice del progetto. “Di conseguenza ho pensato che non potessero superare i numeri rappresentabili con una sola cifra. In effetti sarà una serie numerata fino a 9”.
I volumi, di forma sferica, saranno realizzati in alcuni dei legni più pregiati del mondo.
“Il legno mi è sembrato la scelta giusta per questa raccolta, come legame ultimo con la carta”, aggiunge Curioni. E’ stato anche scelto il fotografo che immortalerà la prima collana di BBooks, si tratta di Giovanni Gastel. “Era indispensabile avere un grande interprete del bello e del ben fatto, qualcuno che avesse anche elevata affinità con l’idea di libro” spiega Giulio Ceppi, designer della prima serie di BBooks, “Oltretutto Giovanni Gastel non è solo un fotografo, ma anche un raffinato poeta e quindi l'abbiamo considerata una scelta inevitabile"
Gaia, questo il nome della prima raccolta, come sinonimo di Terra, ma forse e soprattutto come la dea primigenia della mitologia dalla quale tutto ebbe inizio. “Ho voluto che la collana avesse una sua identità”, spiega Alessandro Curioni. “La sfera richiama immediatamente il nostro pianeta, così come il legno richiama la vita. Se a questo poi si aggiunge che si tratta della prima serie, Gaia mi è sembrato quasi doveroso”.
All’imminente conferenza stampa saranno presentati i primi titoli.
“Flatlands di Abbott e l’Inferno di Dante sono state le prime opere che ho voluto inserire nella collana”, ha dichiarato Alessandro Curioni. “Il primo perché appena abbiamo definito il design della serie non ho potuto fare a meno di pensare a questo racconto sulla geometria, il secondo perché se esiste un vero visionario quello è Dante”.
Nella collana entra anche l’alta tecnologia. Al fine di garantire l’unicità dell’oggetto è stato scelto il sistema ACS (Anti Counterfeiting System) sviluppato dalla società italiana Mazelab. Sfruttando un chip a tecnologia NFC criptato e inglobato direttamente nei BBooks, è stato infatti possibile memorizzare in modo inalterabile ed univoco tutte le informazioni riguardanti l'unicità dell’oggetto. Il riconoscimento è possibile utilizzando un semplice Smartphome.
Informazioni: fabrizio_amadori@yahoo.it, 3275548880, 0239663499

L'evento avrà luogo il 3 dicembre al Circolo Filologico di Milano in via Clerici 10 dalle ore 18.

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Vivere all'estero. Guida per una relocation di successo
Il manuale di Francesca Prandstraller, per Egea, che insegna come gestire un trasferimento all'estero per lavoro: gli aspetti logistici e psicologici per vivere non da straniero


Chi di noi non ha pensato almeno una volta di lasciare l’Italia e trasferirsi altrove per studio, lavoro o semplicemente alla ricerca di un luogo nuovo dove vivere? Ma quando l’occasione arriva e la prospettiva diventa concreta, oltre all’entusiasmo si affacciano le paure, le ansie e gli interrogativi: come imparare in breve tempo a funzionare in un Paese diverso, dove lingua, cultura e abitudini sono del tutto nuove e sconosciute? Quali difficoltà e opportunità dovranno affrontare tutti i componenti della famiglia? E tornando a casa sarà tutto come prima? Per molti Italiani di tutte le età andare a vivere all’estero oggi non è più solo un sogno, ma un progetto concreto che richiede coraggio ma anche preparazione, perché l’avventura comincia prima di partire e si conclude ben dopo essere tornati. Gli aspetti logistici in fondo sono i più facili da gestire.
Francesca Prandstraller, autrice di Vivere all’estero. Guida per una relocation di successo (Egea 2014, 160 pagg., 16,50 euro, 9,90 e-pub), dà indicazioni molto pratiche, ma vuole soprattutto aiutare ad affrontare consapevolmente gli aspetti intangibili del trasferimento, quelli che ne determinano veramente il successo e che consentono di superare le difficoltà iniziali per gioire alla scoperta nuovi mondi e per cogliere l’essenza dell’esperienza fuori dai confini nazionali. Le differenze culturali si manifestano in primo luogo nei comportamenti quotidiani e nei modi di agire delle persone.
“Perciò in qualsiasi parte del mondo stiate andando” dice l’autrice, “anche se vi ritenete persone mentalmente molto aperte e internazionali, non potrete evitare di sperimentare situazioni nelle quali i vostri valori, aspettative o abitudini si scontreranno con quelli delle persone del luogo. Quindi quando andiamo a vivere all’estero quello di cui dobbiamo essere consapevoli è che vivremo uno shock culturale”, inevitabilmente, più o meno lungo, più o meno intenso a seconda di chi siamo, che esperienze precedenti abbiamo e di quanto è distante la cultura d’arrivo dalla nostra origine.
La cosiddetta curva del culture shock o meglio dell’adattamento si divide in fasi: la prima fase è definita luna di miele perché il nuovo arrivato si sente euforico e affascinato da tutte le novità che incontra, ogni cosa con cui si ha a che fare è sconosciuta ed eccitante e si tende a vedere in una luce favorevole le novità e le diversità. Purtroppo questa fase positiva dura solo qualche settimana, e ben presto subentra la seconda fase, detta della negoziazione nella quale, passato l’entusiasmo, l’espatriato incontra difficoltà nella vita quotidiana e nella comunicazione. Capire e farsi capire nella vita di tutti i giorni è difficoltoso, i gesti, le abitudini, il cibo, l’ambiente circostante diventano irritanti e presto possono subentrare sentimenti di impotenza, frustrazione, rabbia, tristezza, incompetenza.
La fase dell’adattamento, inizia solitamente dopo qualche mese quando la persona comincia a sviluppare routines e capacità che la aiutano a interagire con la nuova cultura: ciò che era nuovo non lo è più, nasce un nuovo senso di soddisfazione e di comprensione di ciò che appariva estraneo.
Ritorna pian piano la sensazione di essere in equilibrio con sé stessi, di avere una direzione nella propria vita e di non sentirsi del tutto persi ed in balia del mondo esterno. La familiarità con il nuovo ambiente genera un nuovo senso di appartenenza ed inizia il confronto tra le nuove e le vecchie abitudini di vita. Man mano che si consolida questa fase, la persona comprende che la nuova cultura ha in sé, come tutte, aspetti positivi e aspetti negativi. In questa fase si attuano integrazione ed adattamento accompagnati da un più solido senso di appartenenza, identità e nuovi fini da raggiungere.
Francesca Prandstraller è docente in Bocconi di Organizzazione e risorse umane, con particolare attenzione alle problematiche della gestione delle risorse umane internazionali.
Francesca Prandstraller
Vivere all’estero. Guida per una relocation di successo
Egea 2014, 160 pagg., 16,50 euro, 9,90 e-pub
UFFICIO STAMPA: fabrizio amadori, 327 5548880, 02 39663499





L’Italia invia 4 cacciabombardieri Tornado
per la Guerra all’Isis                                                        
di Antonio Mazzeo


L’Aeronautica militare sta per inviare quattro cacciabombardieri “Tornado” per partecipare alle operazioni della coalizione internazionale anti-Isis in Iraq e in Siria. La notizia giunge dagli Stati Uniti d’America: stamani la rivista specializzata Defensenews, citando il “portavoce del Minitero della difesa italiano”, afferma che i velivoli saranno schierati nella base aerea di Ahmed Al Jaber in Kuwait e “saranno utilizzati solo per missioni di riconoscimento”. Defensenews aggiunge che la ministra Roberta Pinotti avrebbe inviato nei giorni scorsi una lettera al parlamento italiano spiegando che insieme ai “Tornado” giungerà uno staff logistico di 135 uomini dell’Aeronautica italiana. Inspiegabilmente la notizia sulla nuova escalation militare italiana nel complesso scenario di guerra all’Isis non è trapelata in Italia. In ottobre un velivolo tanker Boeing KC-767-A in dotazione al 14° Stormo dell’Aeronautica di Pratica di Mare (Roma) era stato trasferito nella base aerea di Kuwait City per rifornire in volo i cacciabombardieri della coalizione internazionale a guida Usa impegnati nei bombardamenti in Iraq e Siria. Successivamente in Kuwait sono giunti pure due droni-spia “Predator” del 32° Stormo di Amendola (Foggia), 200 addestratori e 80 “consiglieri” militari, buona parte dei quali sono stati poi trasferiti a Erbil, nel Kurdistan iracheno, per partecipare alle attività addestrative delle unità locali e dei battaglioni dei pershmega curdi. Il governo italiano ha fatto sapere di aver trasferito alle forze armate irachene un numero imprecisato di cannoni leggeri “Folgore” con munizioni calibro 80mm, prodotto dalla Breda, di proprietà dell’Esercito italiano. Il raggio di tiro di queste armi è di circa 1000 metri che diventano 4,5 km mediante l’impiego di razzi. L’Esercito aveva ordinato 800 sistemi “Folgore”, ma l’arma ha avuto scarsissimi risultati sul campo. Secondo quanto pubblicato dalla Rivista Italiana Difesa (RID), date le grosse dimensioni e la pesantezza del “Folgore”, è stato scarsamente gradito come arma per fanteria, mentre la granata da 80mm non sarebbe in grado di perforare le corazze dei moderni carri armati moderni. Attualmente solo il 4º reggimento Genio guastatori di stanza a Palermo ha in dotazione tale arma. Il 12 settembre scorso, l’Italia ha inoltre inviato a Baghdad un aereo cargo C-130J “Hercules” con a bordo armi leggere per un valore complessivo di 1,9 milioni di euro, incluso 100 mitragliatrici MG 42/59 “Beretta” più 100 treppiedi, 100 mitragliatrici pesanti da 12.7, 250.000 munizioni per ciascuna delle due tipologie di armi, 1.000 razzi RPG 7, 1.000 razzi RPG 9 e 400.000 munizioni per mitragliatrici di fabbricazione sovietica. I 2.000 razzi e le munizioni facevano parte di uno stock di armi sequestrato nel 1994  a bordo di una nave diretta in Serbia e conservate presso un deposito sotterraneo in Sardegna. Le armi sono state consegnate attraverso un ponte aereo per Erbil ai peshmerga curdi.

INGIUSTIZIA È FATTA: ANNULLATA PER PRESCRIZIONE
LA CONDANNA DEL PADRONE ETERNIT

La Corte di Cassazione, accogliendo la tesi del procuratore generale Francesco Iacoviello, ha annullato la condanna a 18 anni di reclusione del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, padrone e Amministratore Delegato della fabbrica Eternit, (uno degli uomini più ricchi del mondo) che si è arricchito sulle pelle di decine di migliaia di operai, lavoratori e cittadini nel mondo.
La ‘giustizia’ ha stabilito che, pur avendo provocato la morte di migliaia di lavoratori e cittadini, essendo passato troppo tempo, il reato è prescritto.
Così il responsabile della morte – solo in Italia - di centinaia di lavoratori nei 5 stabilimenti dell’Eternit italiana (Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli e Siracusa) e di migliaia di cittadini rimane impunito e se la cava senza neanche aver chiesto scusa.
Facendo propria la tesi del procuratore generale della Cassazione, che aveva chiesto l’annullamento della sentenza d’appello per prescrizione affermando che «Anche se oggi qui si viene a chiedere giustizia, un giudice tra diritto e giustizia deve scegliere il diritto», il Tribunale assolve il colpevole e condanna le vittime, che non saranno neanche risarcite.
Per la Corte di Cassazione il diritto di vita e di morte del padrone viene prima della giustizia dovuta alle vittime di un crimine contro l’umanità – di cui tanti si riempiono la bocca -  che a Casale come in tanti altri luoghi non solo ha ucciso, ma continua e continuerà ad uccidere ogni giorno.
Per anni Schmidheiny, industriali e manager senza scrupoli, pur di risparmiare pochi centesimi e aumentare i profitti, non hanno esitato a far lavorare gli operai senza adeguate misure di sicurezza, non hanno rispettato le minime misure di prevenzione e di protezione individuale e collettiva che la lavorazione della fibra killer amianto necessitava. Insieme ai lavoratori, sono morti migliaia di cittadini per mesotelioma, tumori polmonari, asbestosi e altre patologie dell’amianto, uomini e donne “colpevoli” solo di aver respirato la fibra killer senza nessuna protezione, e purtroppo altre ne moriranno.
Ora questa sentenza dice che il “diritto” dei padroni vale di più della giustizia. Così tanti industriali come Stephan Schmidheiny, vedranno legittimato il loro “diritto” a continuare ad arricchirsi sfruttando, avvelenando e inquinando i lavoratori e cittadini con le loro fabbriche di morte.
Questo sistema economico, politico, giudiziario basato sullo sfruttamento dell’uomo concede l’impunità e la licenza di uccidere a chi ha soldi per comprarsela. Al danno si aggiunge la beffa.
ANCORA UNA VOLTA GLI INTERESSI DEL PADRONE VENGONO PRIMA DELLE VITTIME E DEL DOLORE DEI FAMIGLIARI E DEGLI AMICI.
Da anni ci battiamo contro la prescrizione e per la sicurezza nelle fabbriche e nei territori in tutte le fabbriche e luoghi di lavoro. Ora è giunto il momento della lotta dura, organizzata, contro un sistema che protegge i carnefici contro le vittime.
Senza delegare più a nessuno la difesa dei nostri diritti e interessi.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

Di Sesto San Giovanni

giovedì 27 novembre 2014

PER RIMANERE UMANI
Segnaliamo ai nostri lettori romani, lo spettacolo teatrale “Io Camille”
della nostra collaboratrice Chiara Pasetti al Teatro Palladium
Università Roma Tre (piazza Bartolomeo Romano n.8), come potete vedere
dalla locandina qui pubblicata. Della stessa autrice potete leggere nella Rubrica
“Agorà” di ‘Odissea’, il suo interessante scritto “Scrittori e fotografia”.


mercoledì 26 novembre 2014

PER RIMANERE UMANI

Alcuni appuntamenti letterari da non perdere







sabato 22 novembre 2014


ASSOCIAZIONE MOZART ITALIA

COMUNICATO STAMPA
Settimana mozartiana 2014

UN’OCCASIONE DA NON PERDERE:
IL 27 NOVEMBRE ORE 21:00, ALLA BASILICA DI SAN MARCO IN MILANO
MOZART E IL SUO REQUIEM,
UNO STRAORDINARIO CONCERTO PER LA RINASCITA DELLO SPIRITO E DELLA MUSICA

L’ultimo appuntamento della settimana mozartiana 2014 come di tradizione: il celeberrimo e  incompiuto Requiem,  in occasione dell’Anniversario della morte di W. A. Mozart scomparso il 5 dicembre 1791, eseguito come lo scorso anno anche  per ricordare l’agonia dell’Educazione musicale di base in Italia!
Per celebrare la data di morte del genio di Salisburgo e ricordare l’agonia in cui versa l’Educazione musicale di base nel nostro Paese, l’AMI (Associazione Mozart Italia) di Milano, affiliata alla Fondazione del Mozarteum di Salisburgo, e il CEriMus :  “Comitato Nazionale per l’introduzione dell’Educazione musicale di base nelle scuole di ogni ordine e grado®” – che ha come scopo precipuo quello di arrivare a far promulgare dal Parlamento una legge che introduca, al pari di tutta Europa, l’Educazione musicale di base nelle scuole di ogni ordine e grado – organizzano un evento di eccezionale interesse per il pubblico italiano.
Nel cast di questo tradizionale e prestigioso Requiem spiccano i nomi di Daniela Bruera, Laura Verrecchia, Giovanni Botta e del direttore d’orchestra, il maestro Aldo Bernardi, Presidente dell’AMI di Milano, nonché fondatore dell’omonima Orchestra e del citato Comitato Nazionale.
Tra coro – sempre l’ottimo Canticum Novum di Bergamo diretto da Erina Gambarini, anche maestra del Coro dell’Orchestra Verdi di Milano - solisti e orchestra, gli spettatori vedranno impegnati circa cento artisti di grande livello e specializzati proprio nel repertorio mozartiano.
Un’occasione eccezionale per vivere l’esperienza musicale con uno dei brani più noti forse del più grande compositore di tutti i tempi, all’interno di una delle chiese storiche acusticamente e artisticamente più interessanti di Milano come quella di San Marco, dove lo stesso Mozart suonò l’organo, e Giuseppe Verdi eseguì la sua Messa da Requiem in mortem di Alessandro Manzoni dirigendola personalmente sul finire dell’ Età romantica.
Franco Manzoni
Responsabile ufficio Stampa AMI-Milano





venerdì 21 novembre 2014

Cari tutti, vi segnalo nella Rubrica "Segnali di Fumo" il nuovo intervento di Giovanni Bianchi sul tema della pace; il diario di viaggio di Lidia Sella nella Rubrica "Nevskji Prospekt"; lo scritto di Gianni Bernardini che continua il dibattito sugli intellettuali in Prima Pagina.

SCHWARZ
Non perdetevi inoltre l'incontro al "Teatro Franco Parenti" di Milano
sul nuovo importante saggio del nostro caro amico e collaboratore Arturo Schwarz: 
"Il Surrealismo ieri e oggi", pubblicato da Skira.
Qui troverete l'invito che potete inoltrare a tutti i vostri contatti.


La copertina del volume


L'invito


INTELLETTUALI
Una nota di Gianni Bernardini, sul dibattito aperto da “Odissea”

Denis Diderot

Vorrei inserirmi, se possibile, nella“ricerca” sugli intellettuali proposta da “Odissea”. Con non più di una nota, una sorta di promemoria; ripreso da un libro che (non solo) per me e gli altri curatori e autori ha segnato un momento particolarmente importante e significativo: AA. VV., Scritti in ricordo di Luciana Fortina, Pagnini, Firenze 2013 (dal quale qui ho tolto, per non appesantire, le virgolette segnalanti le citazioni). Luciana Fortina è stata, in una parola, un’importante intellettuale; il libro è stato pubblicato con fondi di ricerca universitaria dell’Università di Siena; e qualcosa della presentazione e di altro si ritrova anche in “Odissea”.
Gli studi che compongono il reading tendono, appunto, a corrispondere a aspetti della “cultura” di colui che ne è un professionista, che la usa come strumento di interpretazione del “mondo”, e anche per agirvi, apportarvi, per quanto in grado, cambiamenti ritenuti migliorativi; operarvi insomma “rivoluzioni” a vari livelli. In altri termini, una cultura “presa sul serio” - parafrasando il titolo di un libro assai noto del filosofo statunitense Ronald Dworkin, Taking Rights Seriously (1977) -; un insieme di conoscenze dagli aspetti specializzabili e universalizzabili. I primi destinatari di questi testi sono quindi, per servirmi di un termine del quale l’abuso ha fatto scempio, e la storia più recente, e la politica hanno variamente deteriorato, inquinandone il significato, gli intellettuali. Di questo termine-concetto vorrei recuperare anzitutto, per l’autorevolezza, lo stacco temporale, e come a evitare equivoci risultanti da polemiche anche (soprattutto?) all’interno della “sinistra”, l’accezione kantiana: che, in breve, a tale condizione ricollega l’uso pubblico della ragione. (In altro senso, forse potrei anche scomodare quell’insieme di strategie interpretative che si raccolgono, in breve, nel concetto di lettore modello di Umberto Eco.).

Jean D'Alembert

Il termine ha comunque una presenza ineludibile in dibattiti attuali. (Sintomatico, per tutti, il recente volume di: Rino Genovese, Il destino dell’intellettuale, Manifestolibri, Roma 2013.) La problematicità del ruolo, della posizione, della stessa definizione di ‘intellettuale’ è oggi, peraltro, anche più sensibile che nel periodo tra la metà del secolo scorso e la fine del precedente: quando il termine, detto sommariamente, poteva essere ricondotto, almeno in parte, a ciò che allora si intendeva con intellighenzia. Né può essere trascurata almeno la sorta di identificazione di intellectuel con dreyfusard, appunto al tempo dell’affaire Dreyfus, quando il primo termine acquistò l’accezione di militante: in contrapposizione agli antidreyfusards -sostanziale espressione della destra nazionalista-. Allora, insomma, gli “intellettuali” (dreyfusardi) erano un po’ una “sinistra” che si opponeva alla “destra”; prima delle “condanne” e specificazioni (per la verità, anche illuminanti), in Italia, tra gli altri, dopo Gramsci -che riprende dal comunismo del suo tempo, e precedente, come è noto, la teoria dell’intellettuale organico-, di un Togliatti ma anche di un Pasolini.
Quale quindi, attualmente, la “funzione” dell’intellettuale (se ancora è possibile attribuirgliene)? Mi sembra che l’“intellettuale” contemporaneo, piuttosto che come specie in via d’estinzione -perché altre figure di operatori e attori culturali appaiono più up-to-date- possa, comunque, essere ancora individuabile come “disorganico” nel “caos” della comunicazione sociale (e mi chiedo quanto ci sia di ancora eventualmente “postmoderno”, in senso lato, in questa ascrizione); e se qualcuno tende a riproporne l’immagine in un senso quasi “eroico” in questo groviglio, io ne sottolineerei piuttosto la residualità -che può non essere priva di utilità, soprattutto da un punto di vista storico-. Ma la postmodernità -e chi la rappresenterebbe- è oggi un lusso che non possiamo più permetterci.
*Gianni Bernardini (Università di Siena, Dipartimento di Giurisprudenza, Filosofia 

venerdì 14 novembre 2014

Ridefinire la figura dell’intellettuale
di Giorgio Colombo

Giorgio Colombo al centro della foto
(fra i filosofi De Monticelli e Papi alla  sua sinistra. Scaramuzza alla sua destra,
alla sala del Grechetto della Biblioteca Sormani di Milano, nel Settembre 2013,

 in occasione del decennale del giornale "Odissea". (Foto: Archivio Odissea).
Con questo intervento di Giorgio Colombo, 
prosegue il dibattito sugli intellettuali. 

Anche in riferimento agli amici che mi hanno preceduto, provo a ripensare al significato, oggi, della figura dell’intellettuale.
Parliamo di intellettuali come fosse una categoria ben riconoscibile, come parlassimo di avvocati o di giornalisti. Ma forse non è così.  Provo a riprendere il termine e i suoi vari significati. Chi sono “gli intellettuali”? Adopero il plurale perché mi pare si voglia intendere un gruppo di persone colte, abituate ad esercitare l’intelletto. Ma non basta. Un gruppo di grecisti o di ornitologi è un insieme di persone colte, nella loro specifica cultura, non di intellettuali. Penso  invece, guardando al passato,  a persone di diversa cultura, liberi da vincoli di stretta subordinazione, coinvolti in momenti di particolare cambiamento, preoccupati di un bene comune conculcato che riguardi la società nel suo insieme, società, a sua volta, capace di recepire quelle critiche. Per carità, un tema e un tempo ben conosciuto, che qui sfioro appena, il secolo XVIII, il secolo dell’Illuminismo e una città come Parigi, che deve molto pure a Londra. Si parla di borghesia, di affari, di tecniche e di libertà. Un gruppo sempre più numeroso di liberi professionisti, giuristi, medici, scienziati, insegnanti, storici, letterati formano una realtà a se stante, persone convinte che la sola ragione ‘illumini’ la mente umana, non i comandi di un Dio o di un Monarca. Questi uomini e donne si ritrovano in salotti, associazioni, come la Massoneria, Accademie (magari “dei pugni”), stampano opuscoli e periodici, il cui risultato più vistoso è la grande Encyclopédie, un lavoro di 24 anni, con 35 volumi, in continua crescita nel tempo, tradotta in tutta Europa. Prendono il nome antico di Philosophes, a cui succedono gli Idéologues, studiano l’origine delle idee, la loro sistemazione in conoscenza.
Un altro passo e arriviamo all’affare Dreyfus e al J’accuse sul giornale socialista L’Aurore, gennaio 1898, di Emile Zola. Si parla “d’engagement politique de l’intellectuel”. Un salto alla fine della guerra, anni 1945-50, ed ecco ‘L’intellectuel engagé’ di Sartre. No, non ‘l’intellettuale organico’ al partito. Piuttosto il  ‘maître à penser’. A Sartre si possono aggiungere figure più giovani  come quelle di Barthes e Foucault. Con i suoi strumenti concettuali l’intellettuale prende parte in favore di e contro chi o qualcosa. Si tratta di un contrasto netto contro qualcosa e in favore di qualcosa d’altro, in un momento in cui la società è divisa tra una molteplicità di progetti che si reputano raggiungibili.

Venendo all’oggi la situazione mi sembra stia cambiando. Da una parte esistono ancora, per fortuna, ‘cittadini contro’, ma ‘il gruppo’ si è sfaldato e la risposta sociale è debole, non perché si scontri ad una censura politica – che in certi Paesi pure esiste -, ma perché si è diffuso un ‘individualismo di massa’, un ‘narcisismo da facebook’, una deriva favorita dalla inamovibilità delle figure del ‘potere’, che, quando cambiano, si sostituiscono a quelle precedenti, in una specie di gioco delle parti. Così il ‘cittadino contro’, armato di memoria e di progetto, cioè di passato e di futuro, si trova più solo. Cresce il merito della sua voce e insieme la difficoltà di farsi sentire. Per questo credo che la figura dell’intellettuale si sia trasformata, mancando oggi di alcuni caratteri che la definivano nel passato: la solidarietà del gruppo e la malleabilità, la mobilità dei conglomerati sociali ai quali si rivolgeva. Forse la sua figura andrebbe ridefinita. Un compito non facile, ma indispensabile. 

martedì 11 novembre 2014

L’aforisma


"L'altezza si misura, la statura 
si stima..."
Laura Margherita Volante


 


Vogliamo la verità sulla morte di Stefano Cucchi, chi sa parli
Diretta a Comando generale dell'Arma dei Carabinieri- Roma


Stefano Cucchi con la sorella

Petizione Lanciata da "Il Fatto Quotidiano"

Roma."Chi sa parli, che si abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità perché questo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo". 
Con queste parole il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha chiesto pubblicamente che "i rappresentanti delle istituzioni che sono certamente coinvolti in questo caso" rompano il silenzio e forniscano particolari su quanto accaduto nelle notti tra il fermo di Stefano Cucchi operato il 15 ottobre 2009 dai Carabinieri e la morte del geometra romano avvenuta nel reparto detentivo dell'ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre.
Per fare in modo che le parole del presidente del Senato non rimangano solo una frase a effetto in un momento di commozione, il Fatto Quotidiano lancia una raccolta firme rivolta a tutte le autorità che hanno avuto in custodia Stefano Cucchi nei suoi ultimi giorni di vita, estendendola a chiunque altro abbia informazioni utili a ricostruire quanto accaduto.

A:
Comando generale dell'Arma dei Carabinieri- Roma
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Ministero della Giustizia)
Direzione e personale sanitario dell'ospedale Pertini di Roma
Vogliamo la verità sulla morte di Stefano Cucchi, chi sa parli

Odissea vi invita a firmare l’appello.


#stefanocucchi 

domenica 9 novembre 2014


IL MONUMENTO A PERTINI


Monumento a Sandro Pertini

La brutta gradinata che vedete si trova a Milano, e precisamente all’uscita della Metropolitana Gialla Linea 3 fermata Montenapoleone. È stato concepito come un monumento di Milano in onore dello scomparso presidente della Repubblica Sandro Pertini. Pertini a Milano vi entrò da partigiano e da liberatore della città al seguito di altre truppe di volontari che avevano preso le armi contro la dittatura fascista. Pertini era un appassionato d’arte e si recava spesso per mostre.  Ci dispiace per l’autore Aldo Rossi e per chi lo ha approvato, ma questo monumento ha due difetti: è oggettivamente brutto (una colata di marmo a gradoni), ed è fuori contesto. È eccessivamente massiccio ed ingombrante, riguardo allo spazio che lo contiene, e per nulla armonico rispetto allo scenario che gli sta intorno. A nostro avviso andrebbe rimosso da via Croce Rossa dove si trova, e rimontato altrove, ad esempio in una delle tante zone a edificazione urbana moderna e dagli spazi più ampi e coerenti per manufatti e innesti urbani. La piccola graziosa piazzuola dove ora si trova, recupererebbe il suo respiro e potrebbe essere meglio valorizzata dalle panche e dagli alberi che la contornano. Un’aiuola fiorita di dimensioni contenute, potrebbe essere realizzata con facilità e a costi contenutissimi, magari chiedendo al vicino Emporio Armani di adottarla e di prendersene cura. Potrebbe essere questa semplice, aiuola, com’era semplice nei suoi modi di vita il presidente, a conservarne il ricordo, e non questa sorta di triste e funereo mausoleo, che ricorda troppo da vicino il periodo della Russia sovietica.                                        
Angelo Gaccione


Sabato 25 Ottobre 2014, come ha scritto sulle colonne del quotidiano “Il Giorno” Piero Lotito, “Questo luogo così controverso si è di colpo affollato d’un bel gruppo di intellettuali: scrittori, poeti, giornalisti”. Sulle sue gradinate ho convocato un gruppo dei 109 “naviganti” del giornale “Odissea” che, durante gli scorsi mesi, avevano preso parte con i loro lavori inediti, ai festeggiamenti per il 1° anniversario del passaggio del giornale da cartaceo alla Rete, per una foto-ricordo. Dopo 10 meravigliosi anni cartacei del giornale, era del tutto doveroso. Chi ha nostalgia di quelle pagine cartacee e di quegli anni, troverà alcuni numeri in pdf del giornale, sulla prima pagina (colonna di destra) cliccando su questa sigla: www.libertariam.blogspot.it
Sempre sul blog troverà una marea di scritti, in prima pagina e nelle varie Rubriche. Questa che qui pubblichiamo è la foto a forma di albero di Natale, realizzata quel famoso sabato. Mentre la lista riproduce i nomi di tutti i 109 autori che hanno riempito con i loro scritti
le tre Rubriche “Campi Elisi”, “La Carboneria”, “Fuori Luogo”.
(A.G.)



“CENTO AUTORI PER ODISSEA”

Grande successo per: “Cento autori per Odissea”
per festeggiare il 1° anniversario in Rete del giornale
dopo 10 anni di vita cartacea. (Ottobre 2013 – Ottobre 2014)
Superato il traguardo che ci eravamo prefisso: 
siamo arrivati a quota 109 interventi in appena 2 mesi. 
La Rubrica “Fuori Luogo” contiene 37 autori in totale;
la Rubrica “Campi Elisi” contiene 48 autori ; 
mentre una terza Rubrica dal titolo “La Carboneria” 
ospita il resto degli autori.  

Elenco degli autori inseriti nella Rubrica “Fuori Luogo”.

1.Fulvio Papi
2.Morando Morandini
3.Arturo Schwarz
4.Giuseppe Bonura
5.Tomaso Kemeny
6.Laura Margherita Volante
7.Pier Luigi Amietta
8.Franco Manzoni
9.Don Luigi Ciotti
10.Giulio Stocchi
11.Attilio Mangano
12.Fabio Minazzi
13.Adamo Calabrese
14.Franco Dionesalvi
15.Adele Desideri
16.Stefano Raimondi
17.Dino Ignani
18.Adam Vaccaro
19.Paolo Maria Di Stefano
20.Dario Pericolosi
21.Maria Carla Baroni
22.Livia Corona
23.Rinaldo Caddeo
24.Meeten Nasr
25.Annalisa Bellerio
26.Lisa Albertini
27.Fabiano Braccini
28.Ornella Ferrerio
29.Graziella Poluzzi
30.Tiziano Rovelli
31.Leonardo Nobili
32.Alberto Casiraghy
33.Giuseppe De Vincenti
34.Angela Passarello
35.Roberto Carusi
36.Maria Gabriella Carbonetto
37.Maria Cristina Spigaglia

Elenco degli autori inseriti nella Rubrica “Campi Elisi”

38.Emilio Molinari
39.Gabriele Scaramuzza
40.Emilio Renzi
41.Giorgio Colombo
42.Lidia Sella
43.Cesare Vergati
44.Ottavio Rossani
45.Giuseppe Denti
46.Luca Marchesini
47.Cataldo Russo
48.Francesco Piscitello
49.Franco Esposito
50.Claudia Azzola
51.Francesca Romana Di Biagio
52.Giovanni Bianchi
53.padre Alex Zanotelli
54.Maurizio Meschia
55.Roberto Marelli
56.Marilena Vita
57.Gilberto Finzi
58.Mauro Della Porta Raffo
59.Luigi Caroli
60.Anita Guarino Sanesi
61.Renato Seregni
62.Raffaele Talarico
63.Pino Corbo
64.Antonio Lubrano
65.Silvana Borutti
66.Michela Beatrice Ferri
67.Valerio Fantinel
68.Tiziana Canfori
69.Gilberto Isella
70.Alessandro Zaccuri
71.Alice Cappagli
72.Luigi Tasso
73.Felice Carlo Besostri
74.Donatella Bisutti
75.Gio Ferri
76.Giacomo Guidetti
77.Barabara Gabotto
78.Lelio Scanavini
79.Leandro Fossi
80.Mariella De Santis
81.Alessandra Paganardi
82.Tiziano Rossi
83.Vittorio Sedini
84.Carlo Cipparrone
85. Edoardo Walter Porzio

Elenco degli autori inseriti nella Rubrica “La Carboneria”

86.Franco Toscani
87.Mario Rondi
88.Elio Veltri
89.Çlirim Muça
90.Alberto Figliolia
91.Dante Maffìa
92.Noam Chomsky
93.Luigi Marsiglia
94.Sergio Azzolari
95.Giuseppe Puma
96.Michele Sangineto
97.Carlo Rovelli
98.Vincenzo Guarracino
99.Giovanna Rosadini
100.Piero Lotito
101.Alice Scialoja (Legambiente)
102.Filippo Gallipoli
103.Medici Senza Frontiere
104.Roberto Cicala
105.Fiorenza Casanova
106.Giorgia Monti (Greenpeace)
107.Christian Eccher
108.Jacopo Gardella
109.Angelo Gaccione



ALZIAMO LA TESTA
I potenti del mondo vogliono divorare le risorse del mondo
ed il sangue dei popoli, è necessario far loro paura.









CLAUDIA AZZOLA
ACQUA

Non tormentate l’acqua delle campagne
che non sarà torrente,
solo acqua del campo, pelle del seme,
pelle di animali, anche dell’istrice,
miraggio della libellula lacustre,
non ferite acqua-vena,
acqua che brilla tra odori,
acqua-fiore- pane-mangiare,
quando tutto vacilla in un’epoca
storta; mi stendo pacificante
dove la sete è ombrosa, a lume di fosso,
peso meno di tutte le mie molecole,
di tre milioni di anni di concrezioni;
fui acqua del barone, del vescovo-feudatario,
di qualsiasi uomo violento, attivo, spezzato,
perennemente alla cerca di preda,
ma non sono acqua-nazione,
acqua della carrucola,
della forza di trazione del braccio;
non tormentate con l’uso insensibile,
anch’io mi spavento al latrato dei cani,
non scorticatemi viva
nei miei fragili insondabili nervi,
non smaterializzate la mia sostanza
simbolica, di ninfa che s’accasò in me,
me risonante, me stagnante, me fossile
libertaria come animali già stati e che sono.


Per una alleanza sull’acqua.
di Emilio Molinari


La ripubblicizzazione dei servizi idrici si è arenata in un vicolo cieco. A tre anni dal referendum solo Napoli ha trasformato il servizio da SPA in house ad azienda speciale.
I successi del movimento stanno: nell’aver fermato la Multiutility del Nord, respinto a Cremona il tentativo di far entrare i privati nella gestione in house, impedito ad ACEA di vendere altre quote, scorporato l’acqua a Trento e si spera anche a Reggio Emilia e aperto una discussione in Toscana con alcuni sindaci sullo scorporo da Acea....
L’ostilità dei governi e l’attacco allo stesso referendum erano scontati. Ma ciò non spiega il perché del vicolo cieco in cui si è arenato il movimento. Credo sia tempo di rivedere criticamente, non il contenuto della ripubblicizzazione in se, ma la strategia con la quale è stato perseguito, improntata al rigido spartiacque della coerenza al vincolo quasi ideologico dell’eliminazione delle SPA in house. Prescindendo dalla realtà, dai rapporti di forza, dalla capacità di farsi capire dalla gente, dai limiti stessi presenti nel risultato referendario che, al di la della volontà degli elettori, di certo è che fermava l’obbligatorietà all’ingresso dei privati.
Non c’è stato un percorso, dove accumulare forze, con tappe e obbiettivi intermedi da cui ripartire con le alleanze possibili.
 Anzi, alla rigidità è stata aggiunta una campagna sulla “obbedienza civile”con relativa autoriduzione delle tariffe, che non poteva che arenarsi.
In questa visione, oggettivamente tutti i Comuni, tutti i sindaci e tutte le aziende in house non potevano che diventare avversari da attaccare. E il movimento connotarsi come parte di un fronte di sacrosante “resistenze” territoriali, ( No Tav, No Mose, No Expo, No dal Molin, No al gasificatore,No alla precarietà, No agli sgomberi delle case, ecc…) tenuto assieme da un involucro politico/ideologico “ il fronte antagonista dei beni comuni” . Uno recinto, nel quale le ragioni dell’acqua, la novità della sua cultura inclusiva, si sono perse assieme all’anima universale, il linguaggio popolare, la capacità di dare passione a tanti e costruire ampie adesioni e alleanze.
Da qui l’impantanamento tra radicalità e interpretazioni giuridiche, localismi, attività sindacali sulla tariffa, ricorsi ai tribunali.


Facciamo una pausa di riflessione per ripartire.
Proviamo a pensare come nostri interlocutori e possibili alleati tutti quei Comuni e (perché no) anche a quelle aziende in house, che resistono ancora all’ingresso dei privati o quelle che vorrebbero disfarsi dei privati.
C’è una relazione profonda tra la volontà di privatizzare i servizi pubblici locali e quella di svuotare d’ogni ruolo e  credibilità i Comuni, che dovrebbe avvicinare le due condizioni. L’alleanza non sarebbe solo una opportunità, ma una strategia politica da perseguire.
Oggi tutte le istituzioni sono sotto attacco e i Comuni sono la prima linea. Vincoli economici, soppressione/privatizzazione, Sblocca Italia, ne sono l’espressione.
E sono in prima linea a reggere l’urto dei cittadini arrabbiati per la decadenza e la soppressione dei servizi, il degrado del territorio.
La sottrazione di sovranità alle istituzioni ad ogni livello è la politica di questo nostro tempo. Dalla troika al trattato USA – UE si va prefigurando un nuovo ordine mondiale che privatizza la politica e la trasferisce alle sedi finanziarie e ai tribunali arbitrari delle Multinazionali. Leggete un po’ la politica di Renzi come anticipazione di questo nuovo ordine.

Un esempio sono gli organismi extraistituzionali sull'acqua.
Le multinazionali sono diventate soggetti decisionali e attori ufficiali della “Governance”, termine che oggi sostituisce i “Governi politici e rappresentativi.”
Il Consiglio Mondiale dell'acqua, partecipato dall'ONU è presieduto da SUEZ e VEOLIA ( a loro volta controllate da Goldman Sachs).
Il CEO Water Mandate, delegato dall'ONU, con più di 100 aziende multinazionali di tutti i comparti produttive, impegnate ad assicurare acqua alle loro produzioni.
Da una parte c’è lo svuotamento delle istituzioni e dall’altra la mercificazione dei beni comuni, di tutta l’acqua, da quotare in Borsa e istituzionalizzare la compra vendita dei diritti al suo sfruttamento.
Negli USA – Canada – Cile – Australia, la compravendita dei diritti allo sfruttamento dell’acqua è già operante e per darne una idea un magnate texano  ha comprato un lago in Alaska e lo rivende all'Arabia Saudita e alla Cina.
In Cile, l'acqua dei fiumi è lottizzata e venduta all'asta e la concessione ha la priorità sui bisogni essenziali degli abitanti del luogo. Il Water grabbing è la realtà di tutta l’Africa
Nella Detroit della crisi dell'auto, 90000 persone sono private dall'accesso all'acqua perché indigenti.
In EXPO, è la multinazionale Barilla a lanciare un Protocollo Mondiale sull'alimentazione e la politica e l’associazionismo corrono ad aderivi, ribaltando ogni ruolo. A Nestlè viene delegata la piazza tematica dell’acqua mentre l’acqua pubblica di Milano viene esclusa.

C’è un contesto che correre verso il suicidio idrico.
15 milioni di persone all’anno si devono spostare nel mondo solo per effetto di scelte tecnologiche inerenti all’acqua.
Alla domanda di acqua del 2030, verrà a mancare il 40%;
Il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città e la metà degli abitanti dei grandi Centri vivrà in baraccopoli, con problemi d'acqua potabile, servizi igienici, smaltimento dei rifiuti e reti energetiche.
E’ una realtà che scarica sui Comuni e le aree metropolitane tutti i drammatici problemi di questo secolo, al contempo privandoli di ruolo, di poteri e di risorse.
La corruzione e l’impotenza screditano la politica e le istituzioni, dall’ONU in giù, fino ai Comuni e cresce nei movimenti l’idea di combatterle, lasciarle affondare poi si vedrà. Ma il nostro compito è altro. E’ quello, di riconquistarle in quanto istituzioni, alla politica, al bene pubblico, alla fiscalità generale per le opere e i servizi di interesse generale. Difendendone il ruolo con la stessa volontà con la quale difendiamo la Costituzione.


Ecco, ripartire dall’acqua con i Comuni che vogliono ritrovare l’orgoglio e la volontà di “disobbedire” e non solo sui diritti civili.
Ripartire per mettere in sicurezza l’acqua potabile e i servizi pubblici come la raccolta dei rifiuti.
Per affermare il diritto all’acqua potabile e ai servizi sanitari.
Per costruire una rete di Città dell’acqua ( water policy), ma anche di imprese pubbliche e in house, che si muovano con in testa la visione di quale città progettare. Non con l’anarchia dei costruttori, ma con i cittadini, il territorio agricolo e l’acqua circostante. Con i contadini veri con i loro prodotti ( food policy). Una rete che in Italia e in Europa sia in grado di fare politica. Soggetti, capaci di strappare ai governi leggi e direttive.
Per rimuovere assieme gli ostacoli alla riappropriazione delle quote delle SPA in mano ai privati : A2A  ACEA   IREN  HERA.
Per promuovere incontri tra sindaci di tutto il mondo affinché l’ONU concretizzi quella che è stata una grande vittoria del movimento: la risoluzione del 2010 con la quale l’acqua potabile e i servizi igienici, sono diventati un diritto umano.
Per costituzionalizzare il diritto all’acqua e promuovere Protocolli, Trattati e organismi internazionali politici, garanti del diritto all’acqua e non del suo commercio, che fissino regole, principi, quantità e ne sanzionino le violazioni.
Per impedire la formazione di grandi multiutility nazionali e quotate in borsa.


Per dotarsi di una Carta dell’acqua, nella quale gli aderenti si impegnano a:
- Promuovere l’acqua pubblica del proprio acquedotto.
- Promuovere la cultura del diritto all’acqua.
- Fuoriuscire dalla logica della tariffa, garantendo il diritto ai 50 litri al giorno per ogni persona e il risparmio con una tariffa progressiva.
- Non togliere l’acqua a nessun cittadino o immigrato, Rhom o baraccato.
- Dare vita ad un fondo con le imprese, per progetti nel Sud del mondo attraverso partenariati pubblico/pubblico.
Il movimento dell’acqua ha indicato a tutti un qualcosa di straordinariamente nuovo.
Qualcosa da cui partire non solo per realizzare gli obiettivi in se, ma per riprendere a ragionare sul nostro tempo, sulla necessità di una nuova visione della politica e dei movimenti con al centro i diritti universali.
L’abbozzo per trovare la strada perduta da una politica agonizzante e per chiamarla a salvarsi e a salvare la democrazia.




SALVIAMO LA MADRE ACQUA
di Alex Zanotelli



Con questo scritto padre Alex Zanotelli ci sprona a riprendere la battaglia
per l’acqua pubblica, contro i farabutti che vogliono vanificare la grande
vittoria del Referendum del Giugno 2011.

“Tra i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista Roberto Lessio nel suo libro All’ombra dell’acqua.
“Un progetto folle a cui possono credere solo persone profondamente malate , ammalate del nulla”. E in questo paese sono tante le persone ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il referendum (11-12 giugno 2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .
A tutt’oggi il parlamento italiano è stato incapace di rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure lo scorso anno duecento deputati hanno preparato un disegno di legge che non si riesce a far discutere in parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi pubblici. È il tradimento del Referendum.
Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio regionale la finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società operanti sul territorio, soprattutto alla Gori, non solo la gestione e distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione e l’adduzione alla fonte. Per di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli enti locali.
Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione.  Tutto questo mette in pericolo l’Abc (Acqua Bene Comune) di Napoli, un comune che è passato da una gestione Spa ad un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti.
Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito al referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con un’Azienda Speciale. L’errore del sindaco De Magistris è stato che, nonostante le pressioni dei comitati, non ha “messo in sicurezza l’Abc”. Così anche l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro. A raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’Acea (Roma) di Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua del Meridione. L’Acea detiene il 37% delle azioni della Gori, che ha una gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.
Al Nord sono in atto le stesse manovre di unificazione fra Iren (Torino-Genova) e A2a (Milano Brescia) a cui guarda con interesse Hera (Emilia Romagna). Rischiamo così di avere una grande multiutility, che gestirà l’acqua del Nord. Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una gravità estrema. È la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi viene spontaneo chiedermi: “Dov’è il grande movimento dell’acqua? Dove sono i 26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ri-pubblicizzazione dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta Terra?”. La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il diritto all’acqua come ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana Christiana Peppard nel suo volume Just Water.
È questo il tempo opportuno per credenti e non, per riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua diritto fondamentale umano. Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Mettiamo da parte rancori e scontri e continuiamo a camminare insieme! A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.
A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua, firmata da duecento parlamentari. E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni a dei “sit-in” davanti a Montecitorio? Dobbiamo batterci contro le politiche del Governo Renzi contenute in  “Sblocca Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a privatizzare  i servizi pubblici.
A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata di prendere in considerazione l’iniziativa dell’Ice (Iniziativa dei cittadini europei) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette paesi.
A livello internazionale continuiamo a sostenere come movimento Acqua, il vasto movimento contro il T-Tip (Partenariato Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra Usa e Ue) e il Tisa (Trattato sui servizi pubblici  sotto l’egida della Wto), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi pubblici.
Infine, in un momento così grave, chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) di dichiarare che l’acqua è un diritto fondamentale, invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella del vescovo cileno  Luis Infanti della Mora: “Dacci oggi la nostra Acqua  Quotidiana”.

“La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile, scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha impedito che l’Enel  costruisse 5 dighe in Patagonia), quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria: gli esclusi! Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e soprattutto dell’acqua, possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. È un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare”.
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