UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

martedì 3 ottobre 2023

AHI SERVA ITALIA! 
di Luigi Mazzella
 


Opinioni a confronto
 
S
e gli Stati Uniti d’America e l’Inghilterra sono egemoni nel mondo, lo devono certamente al fatto che sono stati gli unici Paesi dell’Occidente ad avere conservato tracce del vecchio empirismo, sperimentale e razionalistico, dell’antica filosofia greca pre-socratica. La caratteristica dominante della loro politica è il pragmatismo: le filosofie astratte e assolutistiche sono utilizzate da quei due Paesi unicamente per tenere in stato di fibrillazione e, conseguentemente, di sottomissione gli Stati loro satelliti; fascismo e comunismo per il loro istinto distruttivo (morte agli avversari) possono tornare utili per destabilizzare la vita democratica non di certo per vivacizzarla (come ritengono gli sciocchi amanti della passionalità politica, acefala); il bipartitismo è l’unico sbocco pratico della democrazia e va mantenuto a dispetto di tutto (secondo la massima di Winston Churchill); il rispetto per le religioni, ebraica e cristiana, è quello dovuto a chi, in un regime capitalistico, riesce a fare soldi a palate (con l’usura bancaria e la beneficenza a spesa dei gonzi); i problemi politici veri si riducono a pochi e di scarsa importanza (quelli strategici sono risolti dalle intelligence, secondo le indicazioni direttamente provenienti dal potere finanziario che ha sede a Wall Street e alla City). Per tenere in “scacco matto” i Paesi della costellazione Occidentale le norme, soprattutto costituzionali che i due Paesi egemoni, con le loro “teste d’uovo” riescono a suggerire sono essenziali. Esse sono favorite dalla cosiddetta cultura dell’Occidente Europeo, infarcita di verità astratte, irrazionali, fideistiche o politicamente fanatiche, ma fatte oggetto di encomi, falsi e interessati, e sono paralizzanti e deleterie. L’Italia, liberatasi dalla dittatura politica, l’ha trasferita in altri luoghi. L’uso politico della giustizia impedisce il libero esercizio dell’attività parlamentare e amministrativa. La cultura è stata affidata sostanzialmente a istituzioni religiose o private tema progressivo di imposizione fiscale (la flat-tax è costituzionalmente vietata) gestiti con intenti di locupletazione. Lo sviluppo economico è impedito dal sistema fiscale improntato alla progressività (l’aliquota unica, la cosiddetta flat tax è quindi costituzionalmente vietata). Il sistema elettorale ha vanificato la regola-principe della democrazia, consentendo a una minoranza di governare se raggiunge una soglia considerata ragionevole contro ogni razionalità. La guerra non è stata bandita perché è stata prevista una norma deroga per le iniziative belliche della NATO e di altre organizzazioni internazionali per la pace (?). I confini sono stati aperti rendendo ridicola la statuizione che la difesa della Patria è sacro (?) dovere del cittadino. L’Europa è prona di fronte ai diktat di America del Nord e Gran Bretagna della cui Brexit non si è tentato neppure di capire il senso. All’unica voce dissenziente dell’Ungheria di Orban si aggiungerà probabilmente a breve quella della Slovacchia dove i cosiddetti “sovranisti” o “populisti” di Robert Fico hanno vinto con il programma esplicito di chiudere i propri confini agli immigrati e di smetterla di inviare armi a Zelensky utilizzando gli esborsi dei contribuenti. A differenza dell’Italia, dove manca un partito che non sia asservito agli Stati Uniti d’America e dove l’astensionismo rappresenta l’unica forma di (sterile) contrasto all’ascia di guerra impugnata dalla Meloni e “dagli inimici sui”, i votanti, in Slovacchia, hanno raggiunto percentuali mai raggiunte prima. Domanda finale: Quando avverrà che le solite organizzazioni non governative (dall’attività segreta e dagli occulti finanziamenti) non si intromettano più nelle vicende interne nel nostro Paese, condizionandolo nella scelta dei mezzi più adeguati, per difendere la polis e la res publica?

 

 

 

 

LA PAROLA DISARMO FA PAURA
Infatti non la troviamo mai nei documenti di chi dice di volere la pace.







FANTATO AL PICCOLO MUSEO




QT8. IL DIALOGO TRA LE ARTI




lunedì 2 ottobre 2023

CI SONO ANCH’IO




Ce n’è voluto per un po’, ma alla fine eccomi qui. Di Piazza Fontana e Pinelli si sono occupate quasi tutte le forme espressive: il teatro, il cinema, la musica, la narrativa, la saggistica, il giornalismo, l’arte figurativa, persino il fumetto, ma la voce dei poeti era rimasta assente o nascosta. Allora mi sono detto che era necessario che io ci fossi; che la voce dei poeti dispersa e silente fosse raccolta, come merita, in un libro pieno di versi per colmare questo vuoto. A volermi è stato Angelo Gaccione con la sua paziente ricerca e i giusti contatti. Il titolo è un po’ lungo: Piazza Fontana. La strage e Pinelli. La poesia non dimentica, ma era necessario chiarire subito di che si tratta. La mia copertina l’ha disegnata Dario Fo. Ad introdurmi è stato il giudice Guido Salvini. Ad arricchirmi con le loro testimonianze ci hanno pensato il presidente del Comitato dei familiari delle vittime di Piazza Fontana Federico Sinicato, il presidente dell’Anpi Provinciale Roberto Cenati e la figlia di Pinelli, Silvia. I poeti dovevano essere 41, tanti quanti gli anni di Pinelli, ma quando il libro era quasi pronto sono arrivati i versi di Nicolino Longo. Le poesie, invece, sono un po’ di più, è questa è una buona cosa. Anche me troverete nelle migliori librerie, ma se volete potete anche ordinarmi mandando una email a “Odissea”. In questo caso farete cosa meritoria perché un piccolo contributo sarà devoluto alle casse vuote del nostro povero, ma libero giornale. latoestremo@gmail.com
 
Gli Autori
Ecco qui di seguito i nomi dei poeti che mi hanno dato vita, mescolati e senza un ordine alfabetico: Pier Paolo Pasolini, Pietro Valpreda, Roberto Sanesi, Giovanni Raboni, Julian Beck, Guido Oldani, Giuseppe Gozzini, Renzo Vanni, Adriano Bosi, Ottavio Rossani, Santo Catanuto, Alberto Figliolia, Laura Cantelmo, Alfredo Panetta, Ivan Guerrini, Cataldo Russo, Giuseppe Langella, Tania Di Malta, Valentina Neri, Angelo Puma, Claudia Pinelli, Antje Stehn, Angelo Taioli, Giuseppe Natale, Annitta Di Mineo, Olmo Losca, Maria Carla Baroni, Alessandro Lanzani, Giovanni Canzoneri, Ivan Guarneri, Stefano Baldinu, Umberto Fiori, Giancarlo Consonni, Graziella Tonon, Renato Pennisi, Zaccaria Gallo, Brenda Porster, Vincenzo Guarracino, Angelo Sposato, Franco Esposito, Nicolino Longo, Angelo Gaccione.
 
Autori Vari
Piazza Fontana. La strage e Pinelli
La poesia non dimentica
Interlinea Edizioni 2023
Pagine 170 euro 14
    

L’ETERNA BELLEZZA DELLE MARCHE
di Federico Migliorati

Pesaro. Palazzo Ducale
 
La variabilità del paesaggio, la terra natale di Raffaello, Bramante e Leopardi, gli inestimabili tesori artistici conservati in alcune delle più belle città italiane, il flusso turistico che le posiziona in testa alla classifica delle regioni sono tutti elementi che fanno delle Marche un piccolo scrigno di cultura e di buon vivere. Ho toccato con mano tutto ciò quando, a più riprese negli scorsi anni, durante i periodi estivi, le ho scelte come meta di vacanze. Come dimenticare l’elegante centro storico di Jesi con lo splendido teatro dedicato a Pergolesi, figlio illustre della città, o la Rocca di Gradara dove Dante ambientò il V dell’Inferno per non parlare della rinascimentale Urbino ove amo perdermi tra le sue vie strette e di fronte all’imponente mole del Palazzo Ducale o ancora la gentile grazia della malatestiana Fano? E l’anno prossimo ci sarà l’occasione per ammirare una Pesaro vestita a festa per il ruolo di Capitale Italiana della Cultura. 


Jesi. Monumento a Pergolesi

Le Marche, regione “al plurale”, sono insomma un crogiuolo di identità, tradizioni e accenti differenti che formano un mosaico composito e attraente in ogni stagione dell’anno. Lo si scopre anche dal bel volume fotografico che Minerva Editore ha dato recentemente alle stampe: Viaggio nelle Marche (192 pagine, 20 euro), con testi di Angelo Ferracuti e Tullio Pericoli, è inserito nella collana “I luoghi dei sentimenti” di cui avevo già letto e recensito, dei 15 volumi sinora editi, quelli dedicati a Napoli e Cervo. Autore delle fotografie è Lorenzo Capellini, ultraottantenne instancabile professionista del settore che seguita a macinare chilometri e chilometri in lungo e in largo per l’Italia con lo scopo di mettere in risalto luoghi, personaggi, scorci paesaggistici del Bel Paese e il cui archivio fotografico, tra l’altro, è stato acquisito dalla Biennale di Venezia. 


Scorcio di Urbino

L’incontro tra i tre è a Rosara, sopra Ascoli Piceno, buen retiro estivo ormai da tempo dello stesso Pericoli, piccolo e scenografico borgo collinare da cui lo sguardo si perde verso l’infinito: una chiacchiera via l’altra tra il disegnatore e lo scrittore-reporter, due universi che si incrociano dando vita a un dialogo intenso e ricco di spunti da cogliere al volo. Come nel caso dell’invito a visitare il monte Sibilla, sulla catena dei Sibillini, luogo magico e reale insieme “dove storie, leggende e natura si fondono in modo straordinario”, ben descritto nel testo già apparso per Adelphi nel 2019 e ripreso dall’editore Minerva nel volume in oggetto. È sul paesaggio in rapporto con l’orizzonte che si focalizza l’attenzione di Pericoli, il paesaggio che rimarrà sempre nella nostra mente, uno e molteplice, scomposto in più parti: “Un’aura di esso continuerà a contenerci e a proteggerci”. Tra le sue tante passioni si annovera anche la pittura: in lui essa assume una funzione maieutica, gli consente cioè di recuperare alla memoria, di far fuoruscire la verità nascosta, ma anche di “tendere” verso mondi lontani o inavvicinabili. Scrive ancora Pericoli: “Nei miei dipinti incontro e riconosco i miei sogni, i miei colori e le mie forme, e ad essi affido i ruoli di una rappresentazione dove cerco di mettere in scena qualcosa che prima non c’era”. 



Visione e incanto, proprio come ciò che sprigionano le Marche, ben evidenziato dagli scatti di Capellini (delizioso il ritratto di una lunga e proficua esperienza professionale dedicatogli da Ferracuti) che ha colto con acribia realtà urbane, ambienti naturali e luoghi turistici offrendo un caleidoscopio variegato e multiforme di territori: passiamo così da Fermo, “austera e con postura vescovile”, ad Ascoli Piceno, “misteriosamente chiusa, cuore antico del Paese”, cerniera di separazione tra lo Stato Pontificio a nord e il Regno di Napoli a sud il cui travertino si fa ammirare in quella Piazza del Popolo ch’è forse una delle più belle d’Italia; da Grottammare e Numana a Macerata sino alla Recanati leopardiana. Mi piace concludere questo breve excursus nel Centro Italia con una confessione di Capellini, una delle tre “anime” del libro: L’occhio del fotografo e come quello del pittore che gode della forma, della struttura, della luce. Le gambe devono essere a disposizione di una curiosità insaziabile, ma non indiscreta: una presenza lieve che disegna con la luce un’immagine che solo lui, il fotografo, in quel momento vede: vedere, non guardare. Vedere cose che altri non vedono o che non sanno vedere. La mano, l’indice della mano, hanno il grande privilegio di fermare quell’attimo irripetibile”. L’attimo di bellezza che anche stavolta, grazie alla penna di Ferracuti e Pericoli, è stato possibile fissare e donare al lettore con candore e profondità.

 

SPORT, GIOVANI E PERIFERIE A MILANO
di Sergio Giuntini 



La metamorfosi dello sport a Milano  
 
L'assegnazione a Milano (e Cortina) delle Olimpiadi invernali del 2026 sembra aver ancora accresciuto, nella metropoli lombarda, la forbice tra centro (quello dei grattacieli arditi e degli orti verticali) e periferie (il suo profondo, dimenticato "sottobosco orizzontale"). Un divario che si coglie anche, macroscopicamente, dal degrado di molte sue strutture sportive periferiche o, ancor peggio, dalle loro prolungate chiusure (emblematico il caso del campo "Carraro" al Gratosoglio). Alla luce di queste considerazioni fare previsioni su come andranno i prossimi Giochi olimpici è assai azzardato. Peccando in ottimismo, si può sperare non deluderanno le attese. Così, per lo meno nell'immediato, fu anche per Torino 2006: il modello a noi più vicino cui riferirsi. La vera sfida inizierà però dopo: con il post-Olimpiadi. Sarà questa, crediamo, la scommessa più difficile per Milano. Un'occasione per dimostrare che, economicamente, rispetto alla compatibilità ambientale e urbana, i Giochi olimpici non costituiscono solo un'effimera, rutilante "grande bellezza" che sfiorisce nell'arco delle due settimane in cui vanno in scena. Volendo essere pessimisti o giustamente realisti, invece, è da temere che le cose continuino come ora.  Che cioè un simile appuntamento venga sfruttato quale paravento per nascondere quello sviluppo duale, gravemente squilibrato, che sta caratterizzando la città. Se le Olimpiadi del 2026 allargheranno ulteriormente la frattura tra Duomo e Gratosoglio, Montenapoleone e Comasina, favoriranno delle nuove spericolate speculazioni edilizie (le notizie di relative all'arrivare, prossimamente,  all'eccesso d'avere tre grandi, costosi stadi  calcistici spalmati sul territorio da questo punto di vista non tranquillizzano), allora si dovrà dar ragione a chi verso la smania di grandi eventi (da Expo, appunto alle Olimpiadi nell'era Sala)  nutre un certo comprensibile scetticismo. A cominciare, lo sappiamo bene, dal santo patrono Ambrogio: il primo e più risoluto tra gli olimpo-scettici della storia.    

*

L’ATTIVITÀ MOTORIA
di Bruno Mantovani  

 
L’attività motoria educa, lo sport allena alla vita   
 
Il bambino impara a conoscere il mondo attraverso il corpo in movimento Tutte le percezioni lo mettono in contatto con le persone e col mondo degli oggetti. L’attività motoria allena il cervello il quale memorizza tutte le informazioni che giungono attraverso le esperienze, che serviranno successivamente per tutti i processi logici. Una buona coordinazione crea un buon rapporto con il proprio corpo e facilita la relazione con gli altri. Ci permette di operare in modo efficace nelle situazioni, di poter inserirsi in contesti di squadra. Per gli adolescenti l’attività sportiva educativa e non selettiva è un allenamento alla vita perché insegna a perdere, a saper accettare sé stessi con i propri limiti. La sconfitta deve essere è lo stimolo a impegnarci per migliorare, per raggiungere traguardi con la squadra ma anche individuali. Si impara a fare fatica, ad avere soddisfazione anche dalla fatica che ci permette di migliorare. Ad avere rispetto degli avversari.
  
Lo sport è la metafora della vita.   
Nello sport si vivono tutte le situazioni che saranno successivamente incontrate nella vita. Si impara a diventare autonomi, a superare da soli le difficoltà sia individuali che di gruppo. Una volta si diceva “svegliati” (e non è nostalgia del passato ma sapere ciò che è utile alla crescita) se un giovane trovava degli ostacoli che lo mettevano in difficoltà. Oggi si tende a eliminare ogni difficoltà nella crescita dei giovani.
Lo sport è fondamentale per lavorare con i giovani in difficoltà, con i disabili.       
Investire nello sport significa risparmiare nella sanità. È evidente che un buon stato di salute è il mezzo principale di prevenzione per la salute e la coordinazione migliora l’efficacia nel lavoro e previene gli infortuni. Investire nello sport scolastico e nelle periferie significa migliorare la qualità della vita.
La scuola è l’unico luogo nel quale passano tutti i bambini e quindi nella scuola deve essere sviluppata l’attività fisico-sportiva per tutti. Chiudere gli impianti invece di farne di nuovi per rendere più capillare l’offerta sportiva, significa tradire tutte le dichiarazioni che mettono al centro dell’impegno politico il benessere dei giovani e delle persone.

 

POETI
di Laura Margherita Volante


 
Non è mai la stessa uva...
 
Venuta alla luce
nel solstizio d'estate
l'incontro con l'autunno
fu la magia dei colori
caldi forti e luminosi:
l'oro e il rubino delle foglie
ardenti
in ascolto della vendemmia
sullo scricchiolio dei passi...
Non è mai la stessa uva...
Quella magia porto nella
mia anima ora che
la vivo per non perdermi
nel mio autunno
sull'ultima foglia caduta...
Il calice dorato è
un invito all' autunno e...
non sarà la stessa uva.

A PIAZZA XXIV MAGGIO 




A GENOVA QUARTO




domenica 1 ottobre 2023

L’ABIEZIONE POLITICA 
di Luigi Mazzella 


Ennio Flaiano

Quando Ennio Flaiano diceva, con comprensibile orgoglio di non essere “democristiano” e di avere consimile ripugnanza per il fascismo e per il comunismo, indicava, senza dirlo espressamente, l’unico percorso che possa portare ad evitare l’abiezione politica. Le sue parole, pur nel riconoscimento (formale) delle qualità intellettuali dello scrittore, peraltro innegabili, sono sempre rimaste inascoltate nel nostro Paese, massacrato in ordine temporale prima dal Fascismo e poi dalla Democristianeria, dal Comunismo e dal neo Fascismo alla Salò di Giorgia Meloni. Continuano, invece, a essere illustrati personaggi e raccontate storie che andrebbero dimenticate, con la speranza che non si ripetano; si “commemorano” fastosamente le tappe del declino di un Paese che avendo conosciuto, come l’Italia, molte tragedie non riesce a evitare che si verifichino, con effetti ancor più dannosi, le troppe “farse” successive ai drammi di cui parlava Marx. Il Paese da due millenni è infestato da assolutismi religiosi e da circa due secoli da ideologie ugualmente astratte, irrazionali e funeste come quelle collegate a visioni della vita pubblica di tipo fascista e comunista. Un tale clima consente la sopravvivenza e la fortuna politica soprattutto di personaggi che non possono non arrecare danni alla collettività nazionale. Chi respira, fin dall’infanzia, aria di  assolutismi intolleranti, coltiva necessariamente il desiderio di imporsi come “capo” ai suoi coetanei e, dando ben presto ascolto alla sua maturata vocazione e natura tirannica, anche se abbandona l’autoritarismo religioso non trascura il Verbo, ugualmente incline al dispotismo, dell’idealismo tedesco di Hegel: si limita a passare dalla sua versione di destra a quella di sinistra o viceversa; stando attento a non perdere la sua qualifica di  “idealista” che è considerata la fonte irrinunciabile del suo inesauribile odio verso gli altri (id est, quelli che non la pensano come lui). D’altronde, strutturalmente e psicologicamente, un fascista equivale in tutto e per tutto a un comunista, non solo per la violenza del messaggio politico ma anche per l’obbedienza pronta, cieca ed assoluta nei confronti dei Capo: dare il cervello all’ammasso è una necessità per tutti i fanatici dell’idealismo teutonico, “amanti dell’ordine nel pensiero”. Ora se si può anche ritenere che diventare comunista o fascista possa costituire una disgrazia anche relativamente incolpevole, il fatto successivo che si plauda ad invasioni feroci di popoli privati della libertà, come avvenne ai tempi dell’Unione Sovietica o a guerre spietate, anche attuali, o a bombardamenti distruttivi, come quelli pluridecennali dei Nord-Americani usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale, significa inoltrarsi disinvoltamente in tutte le tappe del percorso dell’abiezione politica. A maggior ragione, quando si passa da una precedente adesione alla politica tirannica dei bolscevichi creata da Lenin e da Stalin all’encomio successivo delle guerre degli Stati Uniti d’America in nome di un atlantismo, maturato frequentando logge massoniche o banche controllate da Israele, la misura per poter dare un giudizio negativo è veramente colma. Domanda finale: È verosimile che di ciò tengano conto i fanatici delle “commemorazioni”?

 

 

 

STO ARRIVANDO




Sono bellissimo. Sono un libro ricco, ma strano. Racconto Milano come non ve l’hanno mai raccontata. Se siete innamorati di Milano non potete non comprare questo libro. Se non la conoscete imparerete molto, ma non le solite cose. Se credete di conoscerla vi stupirete e non poco. Se avete dei pregiudizi nei suoi confronti vi ricrederete. Se ti regalerai questo libro non ti pentirai. Se lo regalerai sarà molto apprezzato. Mi troverai nelle migliori librerie, ma potrai anche ordinarmi mandando una email a “Odissea”, in questo caso avrai un libro delle nostre edizioni in omaggio. latoestremo@gmail.com
 
Angelo Gaccione
La mia Milano
Meravigli Editrice 2023
Pagine 224 euro 17

POST-IT


Sapiens aut insipiens?  


Recenti ricerche genetiche hanno dimostrato che la maggior incisività che ha avuto il virus SARS-CoV-2 sulle popolazioni bergamasche, può essere ascritta alla presenza di un gene neandertaliano negli individui che hanno accusato le maggiori sofferenze (inclusi gli esiti infausti). Notoriamente i virus, così come altri fattori ambientali avversi, rappresentano uno stimolo al processo evolutivo della specie; in altre parole, la cosiddetta selezione naturale. Volendo dunque interpretare in modo assolutamente asettico, per non dire brutale, quanto è accaduto nella bergamasca, la presenza di “residui” neandertaliani ovvero di caratteristiche evolutive precedenti il “Sapiens”, è stata oggetto di un processo evolutivo della specie tramite il virus del Covid-19. Mi chiedo: quanti tra coloro che affollano il pratone di Pontida lanciando invettive xenofobe e razziste a destra e a manca si rendono conto dell’ironia della sorte?
Romano Rinaldi

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada

 

I prefissi 2

Si aggiungono altre esemplificazioni, per mostrare come evolvono le radici mediante i prefissi.


Coniando linquo, in cui la q corrisponde a χ (passare) dei greci, assimilabile a λείπω, indicarono la creatura che lascia/abbandona il grembo, mediante questa perifrasi: si genera dentro dallo sciogliere il passare della creatura, per cui con de (dal generare il mancare) dedussero: de-linquo: commetto un fallo, manco al mio dovere. Da delinquo si generò delictum: delitto, come morte di un inerme e di un innocente, causata da quel mancare, per cui delinquente indicò chi compie crimini e in chi li ha compiuti si genera il delitto. D’altra parte, i greci avevano formulato φόνος: omicidio, mediante questa perifrasi: è ciò che nasce dentro dal generare il mancare: uccisione. Poi, fu dedotto: re-linquo: lascio dietro, abbandono. Per lasciare il grembo, la creatura procede in avanti, anche facendo tappe, per cui i latini ricavarono il sostantivo neutro relictum: il resto, la parte rimasta, in quanto pensarono che il passo fatto in avanti fa presupporre la rimanente parte da percorrere. Dal participio relictus (abbandonato), gli italici dedussero: derelitto.
Poi vollero definire chi rimane/ciò che rimane: reliquus e i rimanenti: reliqui, in quanto, in un parto plurigemellare, ci sono alle spalle i rimanenti. In0ltre, da ciò che rimane si evincono le reliquie, che ebbero tanti significati, ma il senso di sacralità delle reliquie fu acquisito dalle ceneri di persona cara. Quindi, dalla radice liqu, con il deduttivo eo (è ciò che si genera da) fu ricavato liqu-eo: sono liquido, che, presumibilmente, rimanda al flusso gravidico e/o alla rottura delle acque. Infine, da questa radice liqu fu dedotto: de-liqu-ium: assenza (di coscienza), in generale, ma anche transitoria perdita di coscienza della neo-puerpera per le fatiche del parto.
Dall’utilizzo di radici e dall’uso dei deduttivi da parte dei latini, è evidente lo stretto legame tra la cultura greca e quella latina, soprattutto a livello di formazione delle parole. C’è da rimarcare che, oltre all’uso dello stesso codice dei greci da parte dei latini, questi utilizzarono in modo originale le radici greche, deducendo, con grande libertà, nuovi significati.



I greci, quando formularono λέγ, dissero: dallo sciogliere si genera, per cui, formulando λέγω, pensarono a: dico, nel senso che l’abbozzo del grembo dice, ma anche scelgo, nel senso che l’ingravidamento determinava delle scelte da parte del pastore, sia per il maschio sia per la femmina. Da λέγω si ebbe anche: metto insieme, perché il pastore latino pensò che il gregge sciolto poi viene riunito. Da κλέγω: scelgo, eleggo, si ebbe, in italiano, scελγω (scelgo). Da λέγω furono dedotti διαλέγω: converso e διάλογος: dialogo, mentre da καταλέγω: espongo minutamente fu dedotto il deverbale: κατάλογος: lista, elenco, registro, catalogo, in quanto, nel grembo, c’è anche il concetto di elenco, come sequenza di tutto ciò che manca alla creatura per venire al mondo.
I sentimenti di tristezza profonda e abituale, compresi in elegia, furono dedotti da λεγος: canto triste, melodia triste, ad indicare la melodia straziante del pastore, con il suo piffero, per la morte da parto della sua creatura o della sua amata. Mi piace ricordare l’elegia, sicuramente di maniera, per la morte del passero di Lesbia.
Il pastore latino diede a lego il significato di chi interpreta il segno: legge, di chi sceglie, di chi raccoglie (mette insieme). Tenendo presenti questi significati, dedusse: eligo/electum: faccio una scelta, scelgo, eleggo, per cui da chi è stato scelto fu dedotta elezione. Poi, ricavò diligo/dilectum: ho caro, amo, onoro, in quanto la lettera del prefisso: δεα (per crasi δη): dal generare il legare e di λεγ dallo sciogliere genera, fece pensare al legame di chi sta insieme (madre e figlio) e all’amore pieno di tenerezza della madre per la sua creatura. Da diletto altri pensarono a: prediletto. Poi, il pastore pensò che colui che ha operato quel legame è stato diligente: preciso, accurato, scrupoloso, significati che si completano con il contrario: negligente.
Con la perifrasi int-en (in cui la t è una teta), preposta a lego, il pastore latino formulò: intellego/intellectum: riconosco, comprendo, in quanto la nuova locuzione contestualizza la lettura del grembo: quando noto quel segno della crescita, lo riconosco e lo capisco/comprendo. Quindi, chi ha questa capacità è intelligente e in chi ha compreso (intellectus) si evince la capacità mentale dell’intelletto, che è un grosso guaio per chi non ce l’ha, per cui Dante disse: “Noi siam venuti al loco ov’io t’ho detto/che tu vedrai le genti dolorose/ch’hanno perduto il ben dell’intelletto”. 



I latini, inoltre, ebbero due verbi molto prossimi per suono: ligo ligas/ligatum: lego e lego legas/legatum: eleggo qualcuno come legato, mando qualcuno come legato, che, forse, rimanda a: λέγω, mentre per ligo, da cui ligamen, si deve pensare al legame nel grembo tra madre e figlio. I latini dedussero da λέγω: e-legans elegantis, che è colui che sa fare gli abbinamenti, legato e delegato, mentre da ligare si dedussero: relegare, che, espressamente, mostra com’è la creatura legata nel grembo, collegare, allego, quindi: slego, slogare, slogatura, verosimilmente: allignare, tralignare. Mi piace ribadire il processo formativo di collega: compagno, che svolge la stessa attività, in qualità di legato, di eletto per svolgere la stessa funzione. Poi, da collega fu dedotto collegium.
Dalla radice λεγ, gli italici dedussero: ligio, i latini avevano ricavato reλιγ-io: scrupolo (di poter causare anche involontariamente il male), coscienza, lealtà, timore degli dei, timore religioso, che sono sentimenti che attengono alla filosofia del pastore, che ha una sensibilità precristiana: il timore di Dio per prevenire i mali, ma, soprattutto, il forte senso di giustizia per poter avere quello che spetta, meglio: quanto ognuno ha meritato.



Voglio soffermarmi su alcuni verbi dedotti da mitto, cui i latini diedero essenzialmente il significato di: mando: il bambino che nasce è il missus (mandato), poi: messia. Nell’attesa dell’evento-nascita di quella creatura mandata, si coglie: il promettere. Per quanto riguarda o-metto, occorre fare delle puntualizzazioni; i greci avevano attribuito a άω (per contrazione ω), la cui perifrasi si può tradurre: è ciò che consegue al generare, i seguenti significati cesso, permetto, tralascio. I latini, premettendo la o a mettere, non intesero dire: tralascio di mandare, bensì: tralascio tutto in occasione dell’evento nascita, in quanto mitto (μιγτ): va a rimanere il generare il tendere, induceva a pensare alla nascita, per cui, se maiora premunt, è doveroso trascurare anche altro di una certa importanza. Da qui gli omissis (messi da parte), da qui i peccati di omissione del cristiano: il non aver fatto (l’aver trascurato) quanto pur dovuto, che è omologabile a fare il male. Per l’immorale, invece, il non fare ciò che è bene, non è un atto dovuto. Per l’ipocrita l’importane è non fare il male.
I latini diedero a di-mitto i seguenti significati: allontano (dal punto di partenza), licenzio (con la nascita), lascio libero, condono (chi era stato legato, con la nascita, è libero), ripudio, perché il prefisso di da tradurre: genera il mancare indica anche l’infertilità della donna, motivo di ripudio (dimittere uxorem).



Ci fu anche: de-mitto: mando giù, abbasso, mi abbasso, pianto, conficco, concetti desunti dall’amplesso e dal mettere a dimora, quindi al legare. Infatti, il prefisso di (alla greca: δη), qui, si deve tradurre: dal generare il legare. Pertanto, fu formulato il participio/aggettivo: demissus (abbassato), da cui i latini ricavarono: umile, modesto, abbattuto, avvilito. Nel mio dialetto c’è un’espressione che rende lo stato d’animo di scoramento, di abbattimento, di avvilimento: ied’ addimis’ (è abbattuto e avvilito).
I latini coniarono la radice uinch, alla greca: ουιγχ (è ciò che si genera da dentro il passare) da cui dedussero: vincio: avvincere, obbligare, frenare, incatenare, significati di azioni che si fanno mentre la creatura è legata durante il passare della gestazione. Da vincio fu dedotto il deverbale: vincolo, da cui: vincolare, vincolante. Dalla stessa radice, i latini ricavarono vinco/victum, in quanto il passare della creatura, a seguito della nascita, rappresenta una vittoria nella lotta del travaglio. Tante furono le deduzioni da questo verbo, per cui a me piace indugiare su pro-vinc-ia. I Latini, divenuti conquistatori, coniando questa parola, intesero dire: a ben pensarci è ciò che costituisco quando vinco, conquistando dei territori! 

 

ACQUA PUBBLICA ALL’ATENEO LIBERTARIO




FESTA DEI LETTORI A BISCEGLIE




sabato 30 settembre 2023

ORDINE PUBBLICO
di Franco Astengo

 
Suscita grande preoccupazione la decisione del Governo di usare l'esercito per compiti di ordine pubblico. Una preoccupazione che va misurata ben oltre il numero degli effettivi che saranno impiegati nel lavoro di controllo del territorio, in luoghi strategici come aeroporti e stazioni ferroviarie.
Il segnale che ne deriva è quella di una irresistibile tendenza alla militarizzazione del territorio prima ancora che del conflitto e del contrasto a situazioni "devianti". Una situazione che, naturalmente, fa il paio con l'idea della chiusura dei porti e dell'utilizzo della marina militare: ricordando come, in questi casi, si tratti del respingimento dei migranti e non tanto della lotta ai cosiddetti "scafisti". Si tratta di un tema di grande delicatezza considerato che si intende rubricarlo alla voce "sicurezza" mentre l'esatta catalogazione del provvedimento dovrebbe essere quella di "repressione" esercitata senza individuare con chiarezza bersagli e limiti possibili degli interventi.
Debbono essere sollecitate, allora, le forze parlamentari della sinistra, democratiche e progressiste allo scopo di aprire immediatamente un dibattito su questo punto con l'eventuale coinvolgimento delle Camere in una precisa presa di posizione. Vale la pena, ancora, ricordare la definizione “democratura: regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale”; definizione usata da Eduardo Galeano per definire il modello sudamericano e da Pedrag Matvejevic per definire i sistemi dell'Est Europa cui si ispira direttamente la destra italiana.
 

A TE PASSANTE DISTRATTO 
di Associazione di volontariato Idra


Scavi Tav al buio nelle barbe di Firenze  
 
Se è dimostrato che:
1. la prima galleria ferroviaria ad Alta Velocità fra Castello e Rifredi è un colabrodo che perde acqua di falda da mesi, forse anni
2. il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze non sa niente del progetto di 12.888 metri di scavi TAV sotto la città: non è stato interpellato
3. non c’è il Piano di Emergenza che le norme ministeriali obbligano a predisporre prima dell’avvio dei lavori
4. l’attività della talpa per lo scavo è partita invece il 15 maggio, e il Comune di Firenze ne ha caricato su una pagina web il progetto esecutivo solo in ritardo e solo in parte, e senza nessuna iniziativa di presentazione pubblica dell’opera… se tutto questo è vero…
a. che effetto ti fa sapere che proprio il Comune di Firenze, documentato sui danni ambientali registrati sul suo territorio e sul paventato rischio emergenza, risponde seccamente di non avere (testuale) “nessuna competenza in materia”?
b. che effetto ti fa sapere che la Regione Toscana, altrettanto informata e documentata, risponde (testuale) che “il Comune di Firenze, ai sensi dell’ex art. 28 del D.P.R. 380/2001, è il soggetto chiamato al controllo della conformità dei lavori al progetto” e che “per il controllo ambientale della fase attuativa è stata disposta l’istituzione dell’Osservatorio Ambientale nazionale del Nodo di Firenze”, reclamando “l’assenza di competenze della Regione sull’approvazione del progetto esecutivo”  e suggerendo di domandare direttamente all’oste se il vino è buono (“pare opportuno che le richieste ed i dubbi espressi vengano rivolti ad RFI”)?
c. che effetto ti fa sapere che anche l’Osservatorio Ambientale si dichiara ‘non competente’, persino sull’acqua che filtra in più foto dalle pareti della galleria a Castello?
d. che effetto ti fa sapere che la Prefetto di Firenze, più volte interpellata sul Piano di Emergenza, non ha mai risposto, e non ha ancora accordato un incontro richiesto da mesi, benché abbia ricevuto dai Vigili del Fuoco della città la dichiarazione di mancata consultazione?
e. come valuti il grado di indipendenza e di deontologia professionale dei giornalisti che, informati, tacciono?

 
Violenza Pelosa a Piombino 
 
È giustificata una ricetta che sostituisce una dipendenza energetica a basso costo (gas via tubo) con un’analoga dipendenza assai più onerosa (GNL, Gas Naturale Liquefatto)?
È logico imporre in nome dell’ambiente misure che aggravano più e più volte il bilancio ecologico del pianeta a causa dei metodi di estrazione, di trasporto e di rigassificazione di una fonte fossile?
È ancora provvista di senso la scelta di adottare un modello energetico fondato su emergenze smentite dai fatti, come i bilanci nazionali di esportazione del gas attestano, e la sostanziale inattività della Golar Tundra conferma?
È legittimata da qualche normativa ambientale la scelta di costringere il nostro Paese col pretesto di una cobelligeranza mai avallata da una consultazione popolare al ruolo di piattaforma internazionale di trasformazione e transito delle energie fossili?
Denota competenza istituzionale disdire notizie e ritrattare impegni solennemente assunti, come dal presidente-commissario Eugenio Giani, dinanzi al Consiglio regionale?
È corretto rovesciare le sorti di una città, di un litorale e di un’intera economia senza informare la popolazione?
È civile rifuggire come la peste gli incontri con la cittadinanza e concedersi solo a quelli di telecamere compiacenti?
Trasmette affidabilità l’abitudine a schivare all’infinito verifiche e confronti tecnici dopo avere assunto dinanzi a testimoni istituzionali l’impegno a onorarli?
Sarebbe del tutto  inopportuno che anche in Toscana, di fronte all’atteggiamento autoritario e incongruente del suo governo,  le scuole si comportassero come il Collegio dei Docenti e la Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo di Quiliano (Savona), che hanno annunciato la volontà di “disertare qualsiasi proposta idi educazione ambientale, civica e di salute che pervenga dalla Regione o dagli enti ad essa collegati ritenendo ipocrita la richiesta di formare le coscienze degli studenti a valori che nella realtà vengono disattesi e calpestati?”

 
 
Disboscamento green in Mugello 
 
È decoroso che un soggetto con responsabilità pubblica si scagli contro un’istituzione come le Soprintendenze quando, adempiendo il proprio compito, esse esprimono legittimamente un parere indipendente su progetti di grande impatto?
È saggio non tener conto delle obiezioni dell’Ente Parco delle Foreste Casentinesi?
È rispettabile la volontà - liberamente espressa dal presidente Giani - di sovvertire addirittura le regole e le procedure per poter avere il sopravvento sulle conclusioni tecniche delle Soprintendenze?

 
Armi facili alla guerra e base militare a San Rossore      
 
Ricorda forse l’azione di Giorgio La Pira, di Ernesto Balducci o di Lorenzo Milani la scelta di avallare e benedire il foraggiamento con denaro pubblico di una guerra repellente, esponendo per giunta sui Palazzi regionali bandiere della pace?
Si può classificare come intervento ispirato alla tutela dei valori ambientali quello di destinare a base militare parte di un parco regionale pregiato?
È buona prova di equità intergenerazionale attingere al PNRR, e caricare quindi sulle generazioni future i costi di “opere destinate alla difesa nazionale” di una popolazione che non è sotto attacco e alla quale non è mai stato chiesto alcun consenso alla cobelligeranza?
 
Ti sembra una Regione Presentabile?

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