UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 30 aprile 2016

PROPOSTE DI FULVIO PAPI PER MILANO 
Milano 1° Maggio 2016.

Caro Angelo, con la nota che ti mando sulla amministrazione della città (che ovviamente richiederebbe molti approfondimenti) desidero testimoniare la mia adesione, e, se possibile, il mio supporto alla lista per le amministrative di Milano “Alternativa Municipale” che ha come capolista l’avv. prof. Felice Besostri. Una figura esemplare della storica tradizione socialista, di lunga fedeltà e coerente milizia secondo lo stile dell’onestà personale e della democrazia. Presente da decenni nella politica italiana ed europea, ultimamente ha condotto una lunga e faticosa azione legale in modo che la Consulta sia potuta giungere alla bocciatura come anticostituzionale della legge elettorale nota come “porcellum”. È tra i fondatori del movimento per la democrazia costituzionale.

Fulvio Papi nel suo studio (foto: Fabriano Braccini -archivio Odissea) 


Credo sarebbe un po’ fuori luogo se io, che da anni mi dedico prevalentemente allo studio e alla scrittura di opere teoriche, ora volessi indicare nei particolari i criteri di intervento amministrativo che sono prioritari per la città. Posso avere qualche valutazione di getto, ma quello che posso fare e credo di dover fare, è di indicare i criteri generali attraverso i quali si deve amministrare politicamente una città, poiché la politica non è altro che l’attuazione dei criteri che si ritengono validi per un vantaggio collettivo.
Indicherò subito il comportamento che è bene non avere, e cioè considerare il territorio come una forza produttiva che attraverso l’attuazione di valori d’uso nient’affatto valutati per la positività del loro impatto sociale, diventano tuttavia direttamente ragioni di profitto privato. Lo si sappia o meno, lo si rimuova o lo si nasconda, in questo caso il profitto privato diviene la misura  assoluta della propria azione, quindi in generale come lo scopo fondamentale della propria esistenza. Da questa considerazione si possono trarre tutte le conseguenze morali che si desiderano. Tuttavia non vorrei che il mio pensiero fosse assimilabile ad una specie di estremismo puritano e primitivo. Non nego affatto il diritto ad un profitto qualora esso derivi da sue condizioni fondamentali, in quale caso esso può diventare un’energia per una migliore riproduzione sociale. Le condizioni fondamentali sono le seguenti:
1. L’esecuzione di una qualsiasi opera si deve considerare come un bene pubblico, decisione che può derivare solo da analisi che tengano presente differenti punti di vista e dinamiche di esigenze sociali nella loro complessità.
2. Il costo di queste opere deve essere valutato oggettivamente sia riguardo al loro ammontare sia riguardo ai tempi di esecuzione. È indispensabile una severa sorveglianza sul gravame di interessi privati connessi con consorterie lobbistiche come appare oggi la situazione condizionata da un reticolo sostanzialmente malavitoso.
3. Considero inoltre che vi sono intuitivamente (l’intuizione è sempre storicamente determinata da bisogni primari)  alcuni beni fondamentali la cui salvaguardia costituisce di per se stessa una necessità naturale e un livello di civiltà: l’acqua, l’aria, lo spazio, la sicurezza, l’educazione scolare, l’infanzia, l’infermità, la tarda età, il sapere della collettività, che debbono essere assicurati prioritariamente dal servizio pubblico al costo necessario e a un livello di efficienza
So bene che esiste una obiezione che di solito si fa a questa concezione: si dice che se non esiste un interesse privato non si è in grado di raggiungere un livello di efficienza. Si osserva che senza una gestione che garantisce un profitto privato, questi beni sociali diventano l’occasione per la formazione di pubbliche consorterie che offrono legittimazione pubblica per interessi privati. Questo è quanto storicamente è accaduto nel nostro paese indipendentemente dalla gestione pubblica o privata, altrimenti non saremmo al 156°posto nella classifica mondiale della corruzione, notizia obiettiva che quotidianamente viene confermata da un’alternanza di corruzione e collusione che investe pressoché tutti i settori della vita socio-economica. Il ripristinare la legalità con ogni mezzo possibile probabilmente diminuirebbe il contributo fiscale che grava sui cittadini.
Si possono indicare tre prospettive:
1.la scelta rigorosa degli amministratori pubblici a tutti i livelli, poiché l’ideologia della positività democratica degli enti locali è del tutto fallita ed è stato anche un canale diretto per il disfacimento morale che ha avuto conseguenze dirette nello stile di vita sociale che l’opera onesta e positiva di molti non ha potuto arginare.
2. È necessario modificare il rapporto tra decisione politica ed esecuzione burocratica che nell’accumularsi dei tempi, fruisce di potere di intervento e di interdizione.
3. È un fenomeno del tutto positivo quello dell’intervento di comunità locali che in molte occasioni hanno saputo difendere con la propria iniziativa beni che costituiscono valore e identità della propria vita sociale contro decisioni la cui analisi mostrerebbe più di un elemento di dubbio sulla loro intelligenza sociale e sulla garanzia della trasparenza economica.

Felice Besostri
Occorre domandarsi più in generale quale possa essere la prospettiva strategica nella conduzione della città. È opinione comune che noi ci troviamo di fatto di fronte alla figura storica della città metropolitana secondo dimensioni che a livello mondiale sono ben note. Questo non significa che la situazione non possa avere elaborazioni differenti. Va detto che una urbanistica che, in qualche modo, derivi da una visione ideale della città, purtroppo si trova materialmente fuori gioco. Questo non vuol dire affatto che una città metropolitana possa estendersi per condizioni obiettive senza che possa essere pensata come il “luogo” della propria vita
È ovvio che questa concezione non può rimanere un patrimonio della intelligenza critica senza indicazioni materiali  e pratiche che vanno dai trasporti, alla valorizzazione qualitativa del territorio, alla erogazione dei servizi, alle modalità sociali della fruizione del tempo e dello spazio. Era molto più semplice, ma anch’essa mi pare fuori gioco, l’urbanistica europea socialdemocratica (e poi ereditata dal modernismo dei regimi autoritari) degli anni Trenta che costruiva una città secondo localizzazioni differenti: quelle industriali, commerciali, amministrative, culturali. Le stesse forme di produzione e di comunicazione contemporanea rendono obsoleti questi modelli. Non vi è alcuna soluzione già pronta, ma il problema, nella sua generalità, non può essere estraneo a chi suppone di poter dirigere una città secondo un’idea di bene comune. E qui devo ripetere un tema fondamentale che ebbi modo di indicare già molto tempo addietro. Sostengo che come assoluta priorità la città dovrebbe ri-costruirsi (nel limite del possibile) secondo le esigenze climatiche ed energetiche che sono decisive. La città dovrebbe essere messa in condizione di auto-prodursi come positività ambientale e come fonte di ricchezza energetica e non come fonte di consumi e di sperperi alla lunga insostenibili.  Questa prospettiva rimette in gioco la dimensione programmata, ridicolizzata da un post- moderno francamente più che modesto e concretamente motivo di errori di prospettiva piuttosto gravi. Una programmazione di questo tipo richiede competenze complesse e interagenti tra loro, risorse economiche regolate secondo una tempistica ben studiata, apertura di nuove e ampie possibilità di lavoro e di circolazione della ricchezza. Per queste ragioni sono sicuro che coloro che disprezzano il riflettere il prospettare e lodano e sostengono un praticismo delle cose come sono, in realtà sono tramite per la riproduzione delle medesime difficoltà e dei quesiti che noi lamentiamo, una insostenibilità sociale parallela a un edonismo affaristico di cui la città non ha bisogno. Pensare come “progresso” contenuti materiali di questa natura, non è solo segno di una totale assenza del sapere contemporaneo, ma proprio per questo, è un ulteriore fattore di crisi sociale di cui può beneficiare solo un’assoluta minoranza della popolazione Bisognerebbe essere dei benevoli utopisti per non sapere che è più facile scegliere un opportunismo, un poco volgare, piuttosto che collocarsi in un compito difficile, innovativo, privo di precedenti e anche a prova di errore. Ma per imprese di questo tipo occorre anche una condivisione di un’etica pubblica che è uno dei beni più rari. Rari ma non impossibili. Ricordo nella mia prima giovinezza il sindaco Greppi e il problema della ricostruzione della città. Non tutto fu al meglio ma non mancò mai una grande solidarietà sociale. Altri tempi, si dirà. Ed è vero. Ma la libertà del nostro agire è certo condizionata dal tempo storico, ma mantiene un suo margine di scelta ed è questo lo spazio in cui ha senso parlare di politica.
Fulvio Papi
Referendum costituzionale. Firma per le ragioni del No
e per bloccare l'Italicum
Marco Travaglio Roma, Italia


Manca ormai solo il voto della Camera ad aprile per l'approvazione di una revisione costituzionale che riduce il Senato a un'assemblea non eletta dai cittadini e sottrae poteri alle Regioni per consegnarli al governo, mentre scompaiono le Province.
Potevano essere trovate altre soluzioni, equilibrate, di modifica dell’assetto istituzionale, ascoltando le osservazioni, le proposte, le critiche emerse perfino nel seno della maggioranza. Si è preferito forzare la mano creando un confuso pasticcio istituzionale, non privo di seri pericoli. La revisione sarà oggetto di referendum popolare nel prossimo autunno, ma la conoscenza in proposito è scarsissima. I cittadini, cui secondo Costituzione appartiene la sovranità, non sono mai stati coinvolti nella discussione. Domina la scena la voce del governo che ha voluto e dettato al Parlamento questa deformazione della Costituzione, che viene descritta come passo decisivo per la semplificazione dell'attività legislativa e per il risparmio sui costi della politica: il risparmio è tutto da dimostrare e la semplificazione non ci sarà. Avremo invece la moltiplicazione dei procedimenti legislativi e la proliferazione di conflitti di competenza tra Camera e nuovo Senato, tra Stato e Regioni. Il risultato è prevedibile: sono ridotte le autonomie locali e regionali, l'iniziativa legislativa passa decisamente dal Parlamento al governo, in contraddizione con il carattere parlamentare della nostra Repubblica, e per di più il governo non sarà più l'espressione di una maggioranza del paese.
Già l’attuale parlamento è stato eletto con una legge elettorale definita Porcellum. Ancora di più in futuro: con la nuova legge elettorale (c.d. Italicum) - risultato di forzature parlamentari e di voti di fiducia - una minoranza, grazie ad un abnorme premio di maggioranza e al ballottaggio, si impadronirà alla Camera di 340 seggi su 630.
Ridotto a un'ombra il Senato, il Presidente del consiglio avrà il dominio incontrastato sui deputati in pratica da lui stesso nominati. Gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Csm) ne usciranno ridimensionati, o peggio subalterni. Se questa revisione costituzionale sarà definitivamente approvata la Repubblica democratica nata dalla Resistenza ne risulterà stravolta in profondità. E’ gravissimo che un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Corte abbia sconvolto il patto costituzionale che sorregge la vita politica e sociale del nostro paese. Nel deserto della comunicazione pubblica e con la Rai sempre più nelle mani del governo, chiediamo a tutte le persone di cultura e di scienza di esprimersi in un vasto dibattito pubblico, anzitutto per informare e poi per invitare i cittadini a partecipare in tutte le forme possibili per ottenere i referendum, firmando la richiesta, e per bocciare con il voto nei referendum queste pessime leggi. Sentiamo forte e irrinunciabile il compito di costruire e diffondere conoscenza per giungere al voto con una piena consapevolezza popolare, prima nel referendum sulla Costituzione e poi nei referendum abrogativi sulla legge elettorale. Per ottenere questi referendum sulla Costituzione e sulla legge elettorale occorrono almeno 500.000 firme, per questo dal prossimo aprile vi invitiamo a sostenere pienamente questo impegno. Sono Direttore de Il Fatto Quotidiano che ho contribuito a fondare nel 2009. Faccio appello a tutte le persone di buona volontà affinché diano il loro contributo creativo a questo essenziale dovere civico. Insieme a me ci sono:


Nicola Acocella, Marco Albeltaro, Vittorio Angiolini, Alberto Asor Rosa, Gaetano Azzariti, Michele Bacci, Andrea Bajani, Laura Barile, Carlo Bertelli, Francesco Bilancia, Franco Bile, Sofia Boesch, Ginevra Bompiani, Sandra Bonsanti, Mario Bova, Giuseppe Bozzi, Alberto Bradanini, Alberto Burgio, Maria Agostina Cabiddu, Giuseppe Campione, Luciano Canfora, Paolo Caretti, Lorenza Carlassare, Loris Caruso, Riccardo Chieppa, Luigi Ciotti, Pasquale Colella, Daria Colombo, Michele Conforti, Fernanda Contri, Girolamo Cotroneo, Nicola D’Angelo, Claudio De Fiores, Claudio Della Valle, Ida Dominijanni, Angelo D’Orsi, Roberto Einaudi, Vittorio Emiliani, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Vincenzo Ferrari, Maria Luisa Forenza, Patrizia Fregonese, Mino Gabriele, Alberto Gajano, Giuseppe Rocco Gembillo, Roberto Giannarelli, Paul Ginsborg, Antonio Giuliano, Fabio Grossi, Riccardo Guastini, Monica Guerritore, Elvira Guida, Leo Gullotta, Alexander Hobel, Elena Lattanzi, Paolo Leon, Antonio Lettieri, Rosetta Loy, Paolo Maddalena, Valerio Magrelli, Lucio Manisco, Fiorella Mannoia, Maria Mantello, Ivano Marescotti, Annibale Marini, Anna Marson, Federico Martino, Enzo Marzo, Citto Maselli, Stefano Merlini, Gian Giacomo Migone, Giuliano Montaldo, Tomaso Montanari, Paolo Napolitano, Giorgio Nebbia, Guido Neppi Modona, Diego Novelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Oldoni, Moni Ovadia, Alessandro Pace, Valentino Pace, Antonio Padellaro, Giovanni Palombarini, Giorgio Parisi, Gianfranco Pasquino, Valerio Pocar, Daniela Poggi, Michele Prospero, Alfonso Quaranta, Antonella Ranaldi, Norma Rangeri, Ermanno Rea, Giuseppe Ugo Rescigno, Marco Revelli, Stefano Rodotà, Umberto Romagnoli, Gennaro Sasso, Vincenzo Scalisi, Giacomo Scarpelli, Silvia Scola, Giuseppe Sergi, Tullio Seppilli, Toni Servillo, Salvatore Settis, Armando Spataro, Barbara Spinelli, Corrado Stajano, Mario Tiberi, Alessandro Torre, Aldo Tortorella, Nicola Tranfaglia, Marco Travaglio, Nadia Urbinati, Gianni Vattimo, Daniele Vicari, Massimo Villone, Maurizio Viroli, Mauro Volpi, Roberto Zaccaria, Gustavo Zagrebelsky, Alex Zanotelli.
BLOCCARE QUESTO SCONCIO


Ci rivolgiamo agli oltre 170.000 cittadini che hanno sottoscritto l'appello di intellettuali e personalità di “sana e robusta Costituzione” a favore della raccolta delle firme per tre referendum, uno contro la deformazione della Costituzione e gli altri due per correggere i due aspetti più inaccettabili della legge elettorale voluta dal governo Renzi e che la rendono simile al “porcellum”.
Vi chiediamo un altro contributo per far trionfare le idee nelle quali avete mostrato di credere.
Il primo contributo è la vostra firma ai banchetti di raccolta presenti in tutte le città per abrogare le norme dell’Italicum che impediscono ai cittadini di eleggere i loro parlamentari e che consegnano a una minoranza del Paese un enorme e incontrollato potere.
Per quanto riguarda il NO allo stravolgimento della Costituzione depositeremo il quesito referendario appena verrà pubblicato il testo della Renzi- Boschi sulla Gazzetta Ufficiale e ci attiveremo per fare arrivare i moduli sui banchetti per la raccolta delle firme prima possibile.
Sul sito www.iovotono.it e sul sito www.referendumitalicum.it troverete tulle le informazioni su quando e dove trovare in ogni città i banchetti per le firme.
Il secondo contributo che vi chiediamo è altrettanto importante.
Vi chiediamo un contributo finanziario, anche modesto, che ci consenta di fronteggiare le spese per la raccolta delle firme, i manifesti, i volantini e le iniziative necessarie per sostenere le campagne elettorali referendarie.
Il sostegno alla nostra campagna referendaria può venire solo dai cittadini che credono nella nostra battaglia. Basta un click e una carta di credito o bonifico bancario per donare alla nostra grande impresa democratica la cifra che riterrete più opportuna. Tutte le informazioni le trovate sui rispettivi siti www.iovotono.it - www.referendumitalicum.it
COMITATO PER IL NO NEL REFERENDUM SULLE MODIFICHE DELLA COSTITUZIONE
Sede Legale Studio Avv. Pietro Adami - Corso D’Italia 97 - 00198 ROMA
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PER RIMANERE UMANI
Musicisti Russi
Al Circolo della Stampa a Milano



Musicisti Russi al Conservatorio di Milano


venerdì 29 aprile 2016

25 aprile: rivolta e restaurazione
di Fulvio Papi


È sempre molto difficile tentare di disegnare il quadro etico di un paese -in specie come il nostro, dove sono molto accentuate le differenze locali- tuttavia vi sono fenomeni sociali che possono consentire alcune osservazioni di ordine generale abbastanza corrette. Per esempio è chiaro che in Austria esiste pressappoco il trenta per cento della popolazione che ha una posizione xenofoba perché teme che l'emigrazione possa essere un fattore che metta in crisi gli attuali equilibri sociali. Di fatto si può dire che questo è un comportamento razzista, ma sono convinto che per questa ampia parte dell'elettorato questo non sia assimilabile al razzismo di tradizione nazista. L'atteggiamento degli austriaci è un razzismo di difesa dei propri privilegi, non un razzismo di natura “teorica”: credo che essi avrebbero lo stesso atteggiamento se la migrazione venisse dall’Est invece che dal Sud, anche se gli effetti politici, comunque rilevanti, sono differenti. Una difesa ostinata dei propri privilegi non è la stessa cosa di una totale persecuzione.
Ho portato questo esempio per mostrare come sia del tutto possibile individuare importanti fenomeni sociali, dando però per scontato un livello di approssimazione. Da noi è interessante un analisi dei comportamenti politici e sociali in occasione del 25 aprile. È scontato che ormai sono pochi i viventi che in quella data possono ri-vivere alcuni sentimenti dominanti i giorni di aprile del 1945. Chi ha doti di scrittore o patrimonio di memoria potrebbe darne testimonianza, dato che il sapere storico, per sua natura di “genere”, non può ragionevolmente, affrontare queste prove. Ora veniamo all'oggi.
In due parole si può dire che il 25 aprile è diventata una data istituzionale per il potere politico; un’occasione di vacanza per larga parte della popolazione, indifferente alla storia, ma attenta alle occasione presenti; infine un momento eticamente molto rilevante per quella parte del paese forse minoritaria numericamente, ma molto importante non solo per la memoria (che pure ha un suo valore ideale) ma per il senso che possono avere le stesse strutture istituzionali.
Il Presidente Mattarella, recandosi per la celebrazione in Val Sesia (una delle valli piemontesi dove molto dura è stata la guerra partigiana), ha cercato con saggezza di tenere insieme i vari aspetti sociali che oggi interpretano la ricorrenza della Liberazione.
Non è affatto difficile capire come questa giornata diventi una situazione istituzionale. Non è solo una questione di “tempo” ma anche di cultura e di sedimentazione storico-politica. Basti pensare come nell'URSS veniva ricordata la rivoluzione di ottobre con una sfilata militare che voleva mostrare la potenza dello stato. Gli eventi successivi hanno mostrato che, al di là dell'ufficialità, le ragioni della rivoluzione, confuse ma pur sempre ideali, non avevano sedimentato nel paese.
Da noi non è così. In numerose città italiane organismi di base -l’ANPI in primo luogo, rinnovato dalla adesione dei giovani- spontaneamente hanno ricordato la Liberazione con grandi e festose manifestazioni popolari. C'è dunque una parte del paese che si riconosce in una eredità etica e storica che, a mio modo di vedere, non si consegna definitivamente alla Costituzione repubblicana, ma vuole mostrare una continuità di impegno civile e morale, un paradigma di stile etico che vale giorno per giorno per qualsiasi istituzione politica. Specie in un tempo come il nostro in cui l'intrigo tra potere politico e malaffare si è esteso dal centro a tutte (o quasi tutte) le periferie politiche che, al contrario delle aspettative, hanno dato una pessima prova di sé con uno sperpero di denaro pubblico che, da una parte o dall'altra, è andato a rafforzare clamorosi e profondamente ingiusti privilegi privati.
Se si tiene presente che oggi è questo “il male” che scredita la nostra repubblica (al 61º posto nel mondo tra i paesi più corrotti, penultima in Europa), allora possiamo anche dire che la celebrazione del 25 aprile con spontanee manifestazioni popolari è forse soprattutto un movimento di rivolta, la rinascita di uno spirito di resistenza contro una sopraffazione che da sotterranea è diventata quasi pubblica e tale che, con i suoi poteri, riesce a volgere a proprio favore le garanzie giuridiche del nostro ordine costituzionale, creando così un ulteriore e gravissimo elemento di scredito sociale. Quindi rivolta, ma anche restaurazione di un costume che, nell'immediato dopoguerra, consentì la ricostruzione del paese distrutto dalla guerra. Non era affatto una “ideologia” (come dicono gli stolti - in senso biblico - che non saprebbero nemmeno risalire al significato storico della parola), ma lo spirito di un'azione collettiva. Come invece è “ideologia”, nella sua natura essenziale, la dimensione del governare come management che, nella sua presunta razionalità, è, per lo più, una scelta nella direzione degli immediati interessi più potenti (o demagogici).
COME RUBARE E NON VERGOGNARSI


Il maggior giornale in appoggio al PARTITO della DAZIONE, per riconoscenza verso il tosco che ha convinto (?) le banche a regalare un MILIARDO DI EURO agli inetti -e in procinto di fallire-  figli del suo proprietario, scrive oggi per certo:
“Allungati per la corruzione i termini della prescrizione”.
Una boccata d’ossigeno per il tosco percosso e inaridito dagli ultimi rintocchi campani. Finalmente un provvedimento azzeccato!
Più prudentemente, il Corriere scrive che ne stanno discutendo con i corrotti che, naturalmente, non vedono l’ora che la legge entri in vigore.
I politici, una volta, si facevano corrompere dagli speculatori dell’edilizia. Cambio d’uso dei terreni, sei piani invece di quattro, oneri di urbanizzazione dimenticati, ecc. ecc. C’era abbondante trippa per gatti. E adesso che di case se ne vendono pochine? Meglio fare delle buone azioni! Per esempio? BONIFICARE.
Venticinque milioni di bonifica fatta per finta portando i terreni inquinati nei posti “giusti”, con controlli inesistenti e analisi taroccate possono fruttare agli “amici”-che saranno certo riconoscenti- dodici milioni netti.
Ho seguito centinaia di camion al servizio delle bonifiche. Non hanno bonificato un solo metro cubo. Se quindi sentirete parlare di una bonifica da venticinque milioni pensate a me e a coloro che non si vergognano per queste buone azioni.
E non chiedetevi perché la gente si rifiuta non solo di andare a votare ma di ricevere il vostro,
-pardon, il mio- volantino che tratta del problema. Amen.
Luigi Caroli 
Alli benigni lettori
Segnaliamo ai nostri lettori, nella rubrica
“Biblioteca di Odissea”, un omaggio a Lorenza Franco.
Troverete anche una lettera autografa inedita dello
Scrittore Giuseppe Pontiggia.
Se 13 milioni vi sembrano pochi.
E adesso i referendum sociali


Il referendum "sulle trivelle" non ha raggiunto il quorum necessario. Questo è un dato di fatto, come lo è che 13.334.764 italiani si sono recati alle urne per esprimere la loro netta contrarietà alla politica energetica del Governo. Nonostante una scarsa copertura dei media e l'inesistente coinvolgimento dell'opinione pubblica, oltre 15 milioni di italiani hanno votato. Di questi, la stragrande maggioranza ha detto che no, la salute e l'ambiente non sono beni sacrificabili sull'altare del profitto e no, il referendum non è uno strumento demagogico ma è un diritto inalienabile.
Noi vogliamo ripartire da qua. E vogliamo farlo allargando la piattaforma, dando voce in più capitoli agli italiani che ieri hanno dimostrato di avere voglia di prendere in mano il loro destino. Scuola, ambiente, salute e beni comuni. Cosa c'è di più importante nella vita di una comunità? I referendum sociali per cui stiamo raccogliendo le firme diventeranno la pietra miliare della volontà popolare. Smantelleremo la riforma della "cattiva scuola" renziana, che prevede un preside-manager e non educatori; che equipara lo studio al lavoro e le scuole pubbliche a quelle private; salveremo l'ambiente e la salute nostra e delle generazioni future impedendo la costruzione di inceneritori e di trivelle - tutte le trivelle, a prescindere da concessioni e deroghe - sul territorio italiano; ricorderemo, con una petizione popolare, che l'acqua e i beni comuni non sono sul mercato, con buona pace del ministro Madia e della sua direttiva che ignora il referendum del 2011.
Ieri hanno vinto i poteri forti. Quelli che fanno accordi con le compagnie petrolifere, che preferiscono ascoltare i dirigenti della Total piuttosto che i presidenti di Regione. Quelli che si scagliano contro le - in verità poche - trasmissioni televisive che tentano di fare informazione. Quelli che dai loro scranni parlamentari rispettano il mandato popolare con un "ciaone". Quelli a cui il voto, in fin dei conti, fa così paura da invitare all'astensione. Adesso tocca a noi. Noi siamo in piazza, a raccogliere le firme per i referendum sociali. Anche in questo fine settimana la raccolta è stata ottima, segno evidente di una volontà popolare che non perde tempo a leccarsi le ferite. Ci saremo ancora e sempre di più, finché l'obiettivo non sarà raggiunto. E l'obiettivo è chiaro: riprenderci il futuro nelle nostre mani.
Andrea Milluzzi
ufficiostampa@referendumsociali.info
+393497646213
Skype: Millandrea
www.referendumsociali.info
L'INTELLIGENZA SA DI ESSERE LIBERA
Un pensiero dedicato ai miei veri amici, quelli di libero pensiero.

La copertina del libro

Siamo in pochi noi veri liberi pensatori in questo Paese martoriato dall'ignoranza e dalla superstizione religiosa, e nel nostro piccolo territorio mediatico facciamo ciò che possiamo, con i nostri blog, con i nostri post su Facebook, con i nostri incontri culturali, con le nostre presentazioni di libri non allineati al pensiero dominante e di Autori che demistificano i miti che fanno comodo ai poteri forti (solo economicamente), con la nostra passione, con la nostra tenacia, con il nostro coraggio. E sappiamo di essere noi quelli veramente forti e liberi, perché, con le parole di Ida Magli (in Omaggio agli Italiani), "l'intelligenza sa di essere libera, quali che siano le censure e le coercizioni. Sappiamo che la grandezza dell'uomo è nel pensiero, e sappiamo che c'è sempre almeno un altro uomo che lo afferra e lo trasmette". Strano virus, il pensiero, come Lidia Sella intitola il suo ultimo libro, ma benefico.
Giovanni F.F.Bonomo



PER RIMANERE UMANI

Al Teatro Coccia di Novara 




UNO SPETTACOLO DA NON PERDERE
SULLA SPLENDIDA FIGURA DI DON MILANI

Un musical per ricordare don Lorenzo Milani, liberamente tratto dalla vita del priore di Barbiana
7 maggio 2016: musical della compagnia teatrale Tavolo 69, scritto e diretto dal musicista e autore Riccardo Ceratti, al Teatro Coccia di Novara, alle ore 21.
Il ricavato delle vendite dei biglietti dello spettacolo sarà destinato al progetto di Caritas "Smuoviamo l'integrazione", e all'iniziativa #beCoop a favore del Pedibus del Comune di Novara che, oltre a promuove l'andare a scuola a piedi, contribuisce alla lotta all’evasione scolastica.
I biglietti (10 euro gli adulti, 5 euro i bambini) sono in vendita presso il Teatro Coccia, oppure online sul sito www.fondazioneteatrococcia.it seguendo il percorso: biglietteria, acquista o prenota ondine, tutti gli eventi o eventi ospitati.
E' inoltre possibile acquistare, come sostenitori dell’evento, posti esclusivi situati nelle prime file (30 euro) presso la biglietteria del Teatro.


La Fondazione Corrente di Milano





Al Palazzo Reale di Milano


A Sesto San Giovanni - Milano





Al Filologico di Milano



Alla Biblioteca Sicilia di Milano


Alla Casa Rossa di Milano



Alla Biblioteca Vigentina di Milano

martedì 26 aprile 2016

ACQUA PUBBLICA, la lotta riprende sul decreto Madia
Acqua pubblica, Pd e governo Renzi calpestano referendum 2011.
Ma la battaglia continua contro il decreto Madia


Non sono passati più di tre giorni dalla rivendicazione da parte di Renzi dell’astensionismo nel referendum sulle trivellazioni (“referendum inutile”, come certamente hanno capito gli abitanti di Genova), che il governo e il Pd compiono l’ulteriore atto di disprezzo della volontà popolare. Il tema questa volta è l’acqua e la legge d’iniziativa popolare, presentata dai movimenti nove anni fa, dopo aver raccolto oltre 400.000 firme. La legge è stata approvata ieri alla Camera, fra le contestazioni dei deputati di M5S e SI e degli attivisti del Forum italiano per i movimenti dell'acqua che in aula non hanno fatto mancare di far sentire la loro voce di fronte a questo scippo.
Il testo approvato infatti è radicalmente diverso, nella forma e nei principi, di quello proposto dal Forum e sottoscritto dai cittadini. Nonostante il ministro Madia insista a dire che "finché c'è questo governo nessuno sentirà parlare di privatizzazione dell'acqua", il suo partito, il PD, e la sua maggioranza hanno stravolto il testo a partire dall’articolo 6 che disciplinava i processi di ripubblicizzazione. E la discussione di ieri ha fatto cadere anche l'ultima foglia di fico dietro la quale il PD aveva provato a nascondersi. Infatti, la Commissione Bilancio ha cancellato la via prioritaria assegnata all'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche.
Non solo, mentre la legge va in discussione al Senato procede a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestione dei servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa l’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti, nell’esatta dicitura abrogata dal voto referendario. Inoltre, tale decreto dice esplicitamente che prevarrà su tutte le norme di settore, comprese quelle sul servizio idrico. Questi sono i fatti, che smentiscono da soli il Ministro Madia quando afferma impunemente che “il dlgs rispetta l'esito del referendum”.
A tutto questo occorre rispondere con una vera e propria sollevazione dal basso, con iniziative di contrasto in tutti i territori e l’inondazione di firme in calce alla petizione popolare per il ritiro del decreto Madia, promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua all’interno della stagione appena aperta dei referendum sociali.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Movimento per la scuola pubblica
Campagna "Stop devastazioni", per i diritti sociali ed ambientali
Comitato Sì Blocca Inceneritori
Andrea Milluzzi
ufficiostampa@referendumsociali.info
+393497646213
Skype: Millandrea
www.referendumsociali.info
Nessun dorma!
Nella rubrica Agorà scritto di Fulvio Papi
su Franco Fergnani.
NO ALLE BOMBE NUCLEARI IN ITALIA


Sono in fase di sviluppo negli Stati Uniti le bombe nucleari B61-12, destinate a sostituire le attuali B61 installate dagli Usa in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia.
La B61-12 non è una semplice versione ammodernata della B61, ma una nuova arma nucleare. Ogni singola bomba ha una testata con quattro opzioni di potenza selezionabili: può così svolgere la funzione di più bombe. La potenza media della B61-12 equivale circa a quella di quattro bombe di Hiroshima. A differenza della B61 sganciata in verticale sull’obiettivo, la B61-12 viene lanciata a distanza e guidata sull’obiettivo tramite una speciale sezione di coda.
Sono in corso test per dotare la B61-12 della capacità di penetrare nel terreno prima di esplodere, distruggendo i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee in un attacco nucleare di sorpresa. Queste sono le nuove bombe nucleari Usa destinate anche all’Italia. Foto satellitari – pubblicate dalla Federazione degli scienziati americani (Fas) – mostrano che a tale scopo sono già state effettuate modifiche nelle basi di Aviano e Ghedi-Torre.
Secondo le ultime stime della Fas, gli Usa mantengono oggi 70 bombe nucleari B61 in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi), 50 in Turchia, 20 rispettivamente in Germania, Belgio e Olanda, per un totale di 180. Nessuno sa però con esattezza quante effettivamente siano le B-61, destinate ad essere sostituite dalle B61-12.
Una cosa comunque è certa: le B61-12, che gli Usa si preparano a installare in Italia, sono armi che abbassano la soglia nucleare, ossia rendono più probabile il lancio di un attacco nucleare dal nostro paese e lo espongono quindi a una rappresaglia nucleare.
L’Italia – che fa parte del Gruppo di pianificazione nucleare della Nato – mette a disposizione non solo il suo territorio per l’installazione di armi nucleari, ma anche piloti che vengono addestrati all’attacco nucleare con cacciabombardieri italiani sotto comando Usa.
L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, firmato nel 1969 e ratificato nel 1975, che all’Art. 2 stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente».
L’Italia deve smettere di violare il Trattato di non-proliferazione e, attenendosi a quanto esso stabilisce, deve chiedere agli Usa di rimuovere immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinunciare a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari.
Liberare il nostro territorio nazionale dalle armi nucleari, che non servono alla nostra sicurezza ma ci espongono a rischi crescenti, è il modo concreto attraverso cui possiamo contribuire a disinnescare l’escalation nucleare e a realizzare la completa eliminazione delle armi nucleari che minacciano la sopravvivenza dell’umanità.
Comitato No Guerra No Nato
PER RIMANERE UMANI
A VENEZIA

La locandina dell'evento

A MILANO AL FILOLOGICO

La locandina dellevento

A CANNERO RIVIERA


La locandina dell'evento

ARTE
Segnaliamo ai lettori e alle lettrici il nuovo scritto
di Giorgio Colombo nella sua rubrica “ARTE”
sulla mostra apertasi al Museo dell’Ara Pacis di Roma,
sull’opera grafica di  Toulouse-Lautrec.
Rimarrà aperta fino all’8 maggio prossimo.



WALTER PORZIO SEGNALA
Ridere o piangere?

La Corte distrettuale di Oslo non ha ritenuto violato il diritto alla vita privata e familiare del detenuto. Ma ha condannato lo Stato soprattutto per i cinque anni di isolamento a cui è stato sottoposto. Breivik sarà risarcito delle spese legali sostenute: 331 mila corone.


Nella foto il boia norvegese Breivik

È una sentenza che farà discutere e dividerà il mondo. La giustizia norvegese, con la sentenza emessa oggi pomeriggio, ha dato in buona parte ragione ad Anders Behring Breivik, il neonazista massacratore di 77 persone. Breivik aveva fatto causa allo Stato norvegese, denunciando "condizioni di detenzione inumane". La corte, presieduta dalla giudice Helen Andenaes Sekulic, gli ha dato ragione su questo punto, decidendo che le autorità dovranno al terrorista un indennizzo di 330mila corone norvegesi, cioè circa 35mila euro, per i cinque anni trascorsi in stretto isolamento. Il tribunale ha invece rigettato il secondo punto denunciato da Breivik e dei suoi avvocati, cioè il divieto seppur non assoluto di contatti verso l'esterno. Nel luglio del 2011 Breivik, vestito in nero con un'uniforme paramilitare, armato di tutto punto, prima seminò la morte nel centro della capitale Oslo, facendo saltare in aria il palazzo che ospita i più importanti uffici del governo con potenti cariche esplosive. Poi con un gommone raggiunse l'isola di Utoya, dove era in corso la festa estiva della gioventù del partito laburista (socialdemocratico) allora al governo. Spacciandosi per poliziotto, radunò tutti nello spiazzo centrale e cominciò a uccidere ragazze e ragazzi, molti dei quali minorenni, sparando all'impazzata col fucile a pompa e una potente pistola. Poi si accanì a dare il colpo di grazie alla nuca alle vittime ferite ma ancora non morte. Solo dopo, col cellulare chiamò la polizia: "Sono il comandante Breivik, la mia misione contro il veleno della società multiculturale è compiuta, mi arrendo, venitemi a prendere". 69 giovani erano a terra assassinati dalle sue pallottole. Per ore, le forze di sicurezza avevano brancolato nel buio pensando a un attentato islamista in centro, e dopo le poche chiamate disperate sui cellulari ricevute da Utoya da chi cercava di scampare al massacro faticò persino a cercare elicotteri delle forze armate per raggiungere l'isola. Nell'estate 2012 Breivik fu condannato a 23 anni di reclusione, con possibile prolungamento della pena se è o sarà giudicato particolarmente pericoloso. Da allora è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Skien, due ore da Oslo.
Nella sua causa allo Stato Breivik, divenuto nel frattempo esplicitamente neonazista (all'udienza generale si era presentato in nero salutando col braccio teso davanti alle telecamere) ha denunciato il totale isolamento, il frequente obbligo di portare manette, le frequenti perquisizioni. Per informazione del lettore: Breivik vive a Skien non in un'angusta cella bensì in un trilocale di 31 metri quadrati diviso in stanza letto, stanza palestra e stanza lavoro, più angolo cucina e servizi. Dispone di tv playstation e di un computer senza allacciamento a internet. 
La corte ha stabilito che comunque il suo totale isolamento viola l'articolo 3 della convenzione europea sui diritti umani. Ha invece decretato che vista l'alta pericolosità del detenuto, eroe brutale della galassia neonazista mondiale, i duri limiti ai suoi contatti e corrispondenza non sono in contraddizione con l'articolo 8 della stessa convenzione.Tanto più che egli aveva cercato più volte di stabilire contatti con terroristi neonazisti in altri paesi europei, persino scrivendo lettere d'amore a Beate Zschaepe, la leader e unica sopravvissuta del partito armato neonazi tedesco Nsu attualmente sotto processo a Monaco per l'assassinio in anni di dieci stranieri e di una poliziotta. La Norvegia ha scelto in modo estremo di mettersi in discussione, in nome dei suoi principi di Stato di diritto i cui valori sono validi anche per i nemici che lo vogliono distruggere. Ma la sentenza farà discutere a lungo, ovunque.

LE ESAGERAZIONI!
Allego l’articolo perché chi non ricorda o non conosce i fatti possa documentarsi. Come in tutti i fatti della vita e in ogni testa umana, ovviamente, ci possono essere svariate correnti di pensiero e diversità d’interpretazione degli avvenimenti. Ma credo di non essere così isolato quando, leggendo l’articolo in oggetto mi scandalizzo a tal punto da pensare che la follia umana spesso cada nell’incomprensione. Da noi in Italia, si discute sulle modalità di legittima difesa quando un malfattore armato si introduce in una casa e qui, ci possono essere i pareri più disparati più o meno condivisibili. Lo Stato italiano, viene multato e redarguito dal Consiglio Europeo perché le sue carceri non sono all’altezza degli standard europei in fatto di “confort” dei detenuti. Nella civile Norvegia, un “mostro convinto” che fa strage di ragazzi viene custodito col massimo riguardo in un appartamento di 3 stanze con acqua calda, televisione, forno a microonde, palestra, computer e tutto il resto. Non solo, per la legge di quel Paese, un assassino non può essere condannato a più di 25 anni, salvo che venga ritenuto pericoloso (ma quando un assassino è pericoloso?). Spero che questo bravo ragazzo un po’ discolo possa venire presto rimesso in libertà magari per buona condotta in modo che possa portare avanti la sua follia nazista creando così nuovi posti di lavoro. Poi, la Norvegia si oppone agli aiuti per i profughi mediorientali. Non trovate che ci sia qualcosa che non va? Altro che referendum, io in un Paese così farei esonerare il Parlamento, come avrebbero fatto i Vikinghi. Sono così schifato da queste notizie che preferisco smettere di scrivere. Meditate gente, meditate!
Walter Porzio

                                                                                                                             
PER RIMANERE UMANI
Chiara Pasetti consiglia ai lettori di Odissea
Un monologo tratto da
THOM PAIN
di WILL ENO
Regia ANTONIO ZAVATTERI
In scena ALBERTO GIUSTA
Luci FAUSTO PERRI
Traduzione NOEMI ABE
Produzione GANK


In scena al Teatro Garage di Genova (Sala Diana) il 29 e 30 aprile ore 21
Biglietti: intero 12 euro, ridotto 9 euro

 Thom Pain (basato sul niente), è un monologo del drammaturgo americano Will Eno, vincitore del Fringe Award all’Edinburgh International Festival del 2005 e, nello stesso anno, finalista del Premio Pulitzer per la sezione teatro.
Alberto Giusta, regista e attore genovese, acting coach e socio fondatore Compagnia Teatrale Gank, già regista e interprete di numerosi personaggi che hanno segnato la storia del teatro di tutti i tempi (si ricordano, tra le tante, in particolare le sue interpretazioni di Sganarello nel Don Giovanni di Molière, di Pierre ne Le Prénom della coppia Delaporte-de La Patellière, e le sue regie del Misantropo, sempre di Molière, e di Questa sera si recita a soggetto di Pirandello), sarà solo nella penombra di una scena spoglia per interpretare un antieroe solitario, che trascina gli spettatori in un’acrobazia esistenziale sul filo di una trama apparentemente sconnessa e illogica di ricordi e riflessioni. Pensieri e parole in libertà, un flusso di coscienza: l’infanzia, la memoria dolorosa, un amore perduto, la paura. Un uomo in cerca di ascolto, giocoliere di parole, saltimbanco delle emozioni, mendicante frustrato di attenzione, quella di un pubblico del quale cerca, avido, lo sguardo, il confronto diretto e frontale. Una confessione laica che mette a nudo le ferite, alcune mai rimarginate, di tutta una vita, in cerca di un senso da dare all’esistenza e di un’occasione, una possibilità di trasformare la rovina in salvezza.
«In quanto fenomeno estetico, ci è ancora sopportabile l’esistenza, e mediante l’arte ci è concesso l’occhio e la mano, e soprattutto la buona coscienza per poter far di noi un siffatto fenomeno. Dobbiamo, di tanto in tanto, riposarci dal peso di noi stessi, volgendo lo sguardo là in basso su di noi, ridendo o piangendo su di noi da una distanza di artisti: dobbiamo scoprire l’eroe e anche il giullare che si cela nella nostra passione della conoscenza, dobbiamo, qualche volta, rallegrarci della nostra follia per poter restare contenti della nostra saggezza! […] Dobbiamo poter sovrastare anche la morale: e non soltanto starcene impalati lassù con l’angosciosa rigidità di chi teme ad ogni istante di scivolare e di cadere; ma anche librarci su di essa e giocarci! Come perciò potremmo fare a meno dell’arte, e anche del giullare?». Friedrich Nietzsche
Chiara Pasetti

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Concerto per la pace


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Locandina dell'incontro

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Locandina dell'incontro

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venerdì 22 aprile 2016

ALLI BENIGNI LETTORI
Vi segnalo il bel ricordo di Fulvio Papi su Renato Solmi

nella rubrica “Agorà”.
Ruspe Arancio ai Tigli: Vergogna
di Stefano Mansi

Il lago dei Tigli com'era

 L'esperienza della Giunta Pisapia in zona 8 finisce peggio di com'era iniziata, con le ruspe a sfondare l'ultimo lembo del Lago dei Tigli, una oasi faunistica di 6000 mq devastata nel 2012 dalle ruspe di Expo con la connivenza del Consiglio di Zona. Questa mattina alle 8 ruspe e operai hanno sgomberato Monica Fasano, ex assegnataria del suolo comunale, con i suoi animali distruggendo la sua casa (foto allegate). Mentre alcuni attivisti dei comitati cittadini stanno convergendo sul luogo è pesante la reazione dei candidati alle prossime elezioni comunali con la Lista Alternativa Municipale, già attivi nei comitati contro il canale di cemento nei parchi Trenno e Cave. 'E' una vergogna che mette in mostra il vero volto di questa Giunta. Dopo le vie d'acqua e i 'muri' dei Giusti al Monte Stella questa è la prova dell'ipocrisia che sta dietro alle scelte dell'amministrazione', ha dichiarato alla stampa Luigi Caroli, uno dei candidati e residenti della zona. I lavori per la creazione della bretella di collegamento con Expo avevano provocato, nel 2012, le vive proteste di animalisti e ambientalisti per l'interramento di 4 tonnellate di pesci vivi. Tutto inutile. La 'Green City' di cui si è spesso ammantata l'assessore al verde Chiara Bisconti non arriva dietro il Cimitero Monumentale.

Lago dei Tigli interramento dei pesci


Massacro del Lago dei Tigli


La desolazione al Lago dei Tigli


Lago dei Tigli e terra divorata

Info: Monica Fasano 338.8419899
Foto e video: mansi.x@tiscali.it 347.4496947

martedì 19 aprile 2016

KEYNES E LE OPERE PUBBLICHE
di Fulvio Papi

Portare a termine opere pubbliche che nel territorio hanno l’aria di manufatti abbandonati per una foto che è molto più potente della loro progettazione e della loro esecuzione, è, in generale, una buona idea. Come, in generale, dare luogo a opere pubbliche nuove è una iniziativa da guardare, in generale, positivamente. Quello che però non si deve dimenticare è che in entrambi i casi ho introdotto una dimensione limitativa con l’espressione “in generale”. Poiché l’agire costruendo può anche diventare la presunzione di ignoranti endemici che, a orecchio, pensano di citare Keynes senza avere la più modesta informazione sulla cultura con cui nasce il suo pensiero economico, sull’insieme delle sue dottrine economiche, compresa quella importantissima, sulla moneta, sulla qualità della sua vita nella Bloosbury di allora. È chiaro che a questo punto, per evitare false generalizzazioni, è necessario un minimo di analisi. È certo che esistono opere pubbliche incompiute sulla base di decisioni che sintetizzavano uno stile di amministrazione che impiegava il capitale al fine di ottenere posti di lavoro occasionali, alla ricerca di un effetto demagogico per trovare consenso, un’approvazione superficiale e priva di riflessione da parte degli abitanti di un territorio. Forse si potrebbe conoscere, dico “forse” perché il discorso è ipotetico, quali e quante di queste opere, nate da decisioni prive di una vera cura delle esigenze e delle utilità sociali, si accompagnavano a territori abbandonati alle più inique discariche. I due fenomeni possono avere una simile coesistenza sociale che è propria di forme di corruzione, diverse tra loro, ma pur sempre corruzione. Una specie di stile politico che distribuisce anche distinzioni, potentati, assegni e abitudini. Contro i quali la reazione pulita, quando c’è stata, non ha avuto una forza decisiva.
Questa storia sarebbe da ricordare per le nuove opere pubbliche e, quello che per il passato dovrebbe essere ragione di inchieste (ma certamente tutto in prescrizione, un salvagente che vedrei volentieri del tutto eliminato), per il presente dovrebbe essere motivo di giudizio intorno al rapporto tra spesa, utilità sociale, moltiplicazione dei vantaggi, trasformazione positiva del territorio, occasione per una occupazione lavorativa. Condizioni non impossibili da ottenere, anche se in passato, in piena onestà e buona fede, si sono prese iniziative pubbliche che, in prospettiva, hanno condizionato negativamente il territorio e anche la forma della sua cultura.
Ma temi ormai ovvi, come la distribuzione dell’acqua, la messa in sicurezza di tutto il sistema idrogeologico, la trasformazione del sistema del trasporto, la adeguazione delle città alle trasformazioni climatiche, la messa in sicurezza delle scuole ecc. ecc., sono evidentemente prioritari. Se qualcuno pensa che non lo siano, deve, come minimo, argomentarlo. Altrimenti c’è chi pensa che la spesa sociale vada bene quando realizza un utile privato. Pensiero triste che assomiglia a quello che insinua: “In politica si mettono solo quelli che pensano di fare affari”. “Insinua” è un verbo ridicolo. Ma la critica seria, preparata intellettualmente, capace operativamente, abituata a questo costume, dov’è? Lasciamo perdere i tangheri selezionati legittimamente da un sistema (e su questo bisognerà tornare) costituzionale che, ottimo nel pensiero, col tempo ha finito per contraddire se stesso. Ma non riesco a prendere sul serio nemmeno signori e signore di civile aspetto ma di palese modestia intellettuale che si sono abituati a vivere di rendita sugli sbagli altrui, privi dell’ombra di una forma di progetto politico (ci vuole una “concezione di mondo”). Sempre fallibile, ma impegnativo molto di più che le quattro giaculatorie televisive (sempre uguali) o l’atmosfera sonora in Parlamento simile a quella degli antichi mercati del pesce delle cittadine di mare. Non so se il presidente del Consiglio abbia sulle opere pubbliche un’idea che assomigli, anche un po’, a quello che, troppo brevemente sono riuscito a dire. Molti dicono di no, e che le illusioni di un tempo sono divenute nuvole in fuga. Ed è un peccato perché altrove non c’è niente. E gli elettori, anche quelli che non sono animati da spirito di vendetta o di risentimento, non sapranno che farsene della loro “sovranità”. E questo è un altro tema sul quale riflettere molto seriamente (anche da parte di coloro che per adesso hanno in comune le sedie più comode).   
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