UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 30 maggio 2015

CALCIO MARCIO

L’arresto di ieri dei 7 dirigenti della FIFA è l’ennesimo scandalo nel mondo del calcio e può essere l’occasione per fare giustizia per tutte le vittime della corruzione di questo sport. Ma se non agiremo subito domani il capo del calcio mondiale, Sepp Blatter, verrà eletto per la quinta volta consecutiva e la farà franca!
Blatter ha lasciato che la corruzione rubasse milioni ai paesi dove passava la FIFA, e ha insabbiato l’inchiesta sull’assegnazione sospetta dei mondiali a Russia e Qatar. Ma non si tratta solo di calcio. La corruzione nella FIFA di Blatter ha permesso l’abuso e la morte dei lavoratori e la distruzione di intere comunità per costruire stadi di calcio in posti assurdi come la foresta Amazzonica e il deserto del Qatar. Questi arresti sono un’occasione unica per rimediare a questa vergogna. Ma senza un’enorme pressione non basteranno. Siamo già a Zurigo dove domani potrebbero rieleggere Blatter: ora serve una petizione che in un giorno solo raccolga un milione di firme per chiedere alla FIFA di espellere Blatter e eliminare la corruzione.

Firma ora e condividi con tutti:

https://secure.avaaz.org/it/clean_up_football_loc/?bhvKTcb&v=59475

Il calcio è lo sport più seguito al mondo, ma il modo scandaloso in cui viene gestito sta allontanando anche i tifosi più appassionati. Un sondaggio di questa settimana mostra che 4 tifosi su 5 non vogliono più Blatter come presidente, mentre due terzi hanno perso fiducia nella FIFA.
I pezzi grossi arrestati sono accusati di aver intascato 100 milioni di dollari in cambio di concessioni per i diritti tv o sugli sponsor dei più importanti eventi sportivi del mondo. Gli investigatori statunitensi che da anni lavorano sul caso hanno detto che la corruzione nella FIFA è “dilagante, sistemica... interessa gli ultimi 20 anni”. E tra gli indagati dell’FBI c’è anche Blatter.
Dobbiamo agire subito per chiedere in massa che Blatter venga espulso e che la FIFA rimandi l’elezione del nuovo presidente: servono candidati che la liberino una volta per tutte dalla corruzione. Firma ora e condividi con tutti:

https://secure.avaaz.org/it/clean_up_football_loc/?bhvKTcb&v=59475

Nei mesi scorsi la nostra comunità si è schierata contro le terribili condizioni di vita e lavoro di chi sta costruendo i mondiali in Qatar, veri e propri schiavi moderni. Ora possiamo ripulire il calcio a partire dal vertice della piramide.

Con speranza,
Alex, Rowena, Alice, Rewan, Andrea, Ricken
e tutto il team di Avaaz

Maggiori informazioni

New York Times, “retata” a Zurigo: in arresto diversi responsabili della Fifa (Il Secolo XIX)
http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2015/05/27/ARKvRSaE-diversi_responsabili_arresto.shtml

Indovinate chi sarà il prossimo presidente della FIFA (Il Post)
http://www.ilpost.it/2015/05/22/elezioni-fifa-2015-blatter/

Scandalo Fifa, l’Asia ribatte all’Uefa: «Pronti a rieleggere Blatter venerdì» (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/sport/15_maggio_28/scandalo-fifa-l-asia-ribatte-all-uefa-pronti-rieleggere-blatter-venerdi-7aa56ec8-0508-11e5-ae02-fdb51684f1d6.shtml

Usa accusano la Fifa: "Hanno corrotto il calcio ma li elimineremo". La protesta della Russia (Repubblica)
http://www.repubblica.it/sport/calcio/2015/05/27/news/usa_accusa_fifa_corruzione_arresti-115356239/

Gli appassionati di calcio non vogliono Blatter nella FIFA (LaInfo.es)
http://lainfo.es/it/2015/05/26/gli-appassionati-di-calcio-non-vogliono-seguire-nella-fifa-blatter/


Si direbbe importante
di Giovanni Bianchi


La sorpresa
Sembrava che gli alieni dovessero sbarcare sulla terra da un momento all'altro… È un'espressione di Chilenito che troviamo a chiusura di pagina 149 del libro Ragazzi Cattivi, edito da Giunti, a cura di don Claudio Burgio con Domenico Zingaro. Un libro che sarei tentato di definire "importante", se questo aggettivo non fosse inflazionato in tutti i sensi dal linguaggio corrente: è importante un goal o un fallo da espulsione nel derby, come è importante un provvedimento di Palazzo Chigi, o sono importanti gli effetti collaterali di una grave malattia o di un'operazione chirurgica.
Il consumismo onnivoro non risparmia proprio nulla: neppure le parole. Le svuota di significato, le manda in giro come laminati d'importazione e alla fin fine ce le riconsegna sputtanate… E invece questo libro è importante perché si ricollega a una grande tradizione della letteratura italiana che ha visto nel dopoguerra, dopo i fasti della scapigliatura, le Autobiografie della leggera di Danilo Montaldi, le storie di vita di Sesto San Giovanni, città delle fabbriche e Stalingrado d'Italia, di Franco Crespi e Franco Alasia, fino all'alta letteratura del Pasolini di Ragazzi di vita, Una vita violenta, Il sogno di una cosa
Non mancano i luoghi dove la scrittura dei ragazzi cattivi riesce a impressionare per la sua forza rappresentativa ed evocativa. Come quando Massimiliano descrive gli occhi della mamma al momento del suo arresto: La mattina che i carabinieri mi hanno portato via, non li dimenticherò mai. Sembravano spaccati in mezzo, lontani eppure vivi, come appena rotti, uno specchio lucido in cui non volevo riflettermi. Sono Massimiliano, vengo da Pavia, e a quattordici anni ho trovato lavoro: facevo lo spacciatore(p. 157).

Raccontare per capire
Raccontare per capire. Soprattutto raccontare bene. Questo lo si evince dalla riflessione conclusiva di don Claudio Burgio. 
Accogliere è più che raccontare. Vi è una forma di ospitalità che è insieme il meglio di sé e dell'altro. Ospitarsi è diventata l'occasione della stagione che attraversiamo. L'esatto contrario del concentrarsi connessi, a casa, per strada, in metropolitana, ovunque.
Non sappiamo più cosa sia vivere perché la rappresentazione si è sostituita al posto della nuda vita e l’ha sloggiata. È la società liquida, bellezza! E le sue conseguenze sono lì davanti a noi in queste pagine intense. Anzi, meglio dell'espressione di Bauman, funziona un passo del Manifesto del 1848: Tutto ciò che è solido si dissolve nell'aria.
A riprendere il passo come titolo di un proprio saggio -probabilmente il più tempestivo e importante sulla crisi che stiamo attraversando- è un newyorkese di nome Marshall Berman, che dedica il primo capitolo del proprio testo nientemeno che al Faust di Goethe.
C'è di mezzo, come in tutte le cose che ci andiamo dicendo in questi ultimi anni, il congedo dal Novecento. Perché il Novecento sognava nei suoi grandi e terribili leaders, sognava nei grandi capitani d'industria, sognava nelle ostinate ideologie, sognava nei grandi soggetti collettivi.
Il consumismo ha tolto di mezzo qualsiasi eroismo e ha messo i sogni in scatola sugli scaffali dei centri commerciali. Il sogno, anzi il delirio, è alla portata di tutti, basta avere i soldi necessari per comprarlo. C'è una cosa che colpisce nelle storie di questi ragazzi cattivi di don Claudio: sognano tutti e trasgrediscono in cento maniere diverse. Eppure c'è un canone al quale nessuno si sottrae: l'imperativo a consumare.
Il furto è per consumare, almeno alla pari degli altri, e meglio ancora se più degli altri, in una frenesia che non conosce limiti. Allo stesso modo funziona lo spaccio, con la professionalità di questi ragazzi che si astengono dallo sballo per essere più lucidi nella gestione di un commercio che presenta rischi da calcolare attentamente, e dove la disattenzione porta dritto in questura. I soldi dovrebbero consentire la pluralità delle scelte e quindi la loro libertà. Ma non è così. Arriva l'arresto, la galera, il Beccaria, la comunità. E alla fine il coraggio di rientrare in se stessi. La regola del mondo consumistico prima li ha ingannati e poi li ha rinchiusi. Ancora infinitamente giovani, provano a cambiare strada e la loro fortuna è trovare qualcuno che gliela indichi senza paternale e senza tornaconto. Come a dire che dalla schiavitù del consumo e del denaro che lo consente e lo promette, si esce con la gratuità dei rapporti veri.
Non è una Montessori al maschile don Claudio Burgio, ma un compagno di strada che ha scelto di mettersi sulla loro strada. Dopo averti ingannato con tanti fortunati testimonials, proprio questo mondo del consumo deve ospitare suo malgrado testimoni imprevedibili.

La funzione della scrittura
Non so se la scrittura guarisca, se fare in qualche modo outing sulla pagina migliori la situazione. Quel che è certo è che scrivere e confidarsi è un modo per rientrare in se stessi, quantomeno per sentirsi meno soli. Una virtù che gareggia con quella del prete e dello psicologo. Dal momento che vocazione e professione viaggiano da tempo appaiate.
Il ragazzo che racconta la propria storia prende le distanze dalla propria cattiveria nel momento in cui la descrive. E chi legge è quantomeno sollecitato a scoprire la propria di cattiveria e a provare a prenderne a sua volta le distanze. Forse è per questa ragione che il libro non muore e che il vero editore è quello che stampa libri che corrono il rischio di non essere un best seller. Perché non solo il consumo ha stravolto il rapporto con le cose, ma anche con le parole e la letteratura. Non ottieni audience e pubblicità e ascolto perché sei autentico e provi a fare un discorso duro ma bello, ma il tuo libro viene messo perfino sugli scaffali del supermercato, insieme al grana e al culatello, perché la tua fama comunque ottenuta è garanzia di successo e di vendite. Probabilmente un altro genere di spaccio, pulito e senza rischi...
Quel che voglio dire è che dietro questo testo ci deve essere un'operazione non soltanto commerciale e non soltanto editoriale: provare strade nuove è un coraggio che funziona nella prospettiva della vita, della letteratura e di una cittadinanza democratica.
Direbbe papa Francesco: non esiste la "ricaduta favorevole"; è invece necessario "uscire" e provare per tentativi, perché "l'eccesso diagnostico" è l'anticamera di una morte ben spiegata ma sicura.

I passi che avvincono
Ci sono scene che il lettore faticherà a dimenticare. Non poche quelle che fugacemente presentano una tranche de vie di famiglia a pezzi.
Antonino, di Palermo, che doveva fermarsi una settimana nella comunità e ci resta oramai da cinque anni, la dice così: Ogni sera a me e ai  miei fratelli toccava lo spettacolo angosciante della lite tra mamma e papà: erano sempre urla, spinte, percosse, insulti devastanti (p. 19).
David: Ho messo le mie cose in uno zaino e sono uscito di casa, con la sicurezza che non sarei tornato, lasciando la finestra aperta come unica incompleta spiegazione per mio padre (p. 33).
La realtà delle bande latinoamericane. Con le altre bande le risse erano sempre più frequenti, in Duomo, in discoteca, una volta ce n'è stata una a Lotto, alla stazione della metro. In queste risse usavamo i coltelli e se ti prendevano andava male… Io all'inizio giravo con uno spiedo. Poi è arrivato il machete (p. 43).
Constatazioni e consigli: A Quarto Oggiaro la risposta a ogni problema è sempre stata una: rubare (p. 59). Le rapine non si fanno mai vicino a casa (p. 61).
La durezza della Colombia nel ricordo di Jaysi: Quante volte avevo pensato a quel momento, ma la sensazione che ti dà avere un'arma tra le mani va oltre ogni immaginazione. Soprattutto se sei un bambino di undici anni(p. 77). E ancora: Dopo la lama sono passato al tirapugni, e tutti hanno iniziato a chiamarmi Mano di ferro (p. 89).
La precoce saggezza di Anas, il marocchino: Ecco come sono iniziati i miei guai. E i guai, di solito, hanno sempre a che fare con i soldi (p. 103).
Le malizie e i trucchi del mestiere: Poi abbiamo preso i portafogli di quei tizi – un piccolo compenso per il nostro disturbo – e ce ne siamo andati senza dire neppure una parola. Prima, però, abbiamo bucato le gomme della loro macchina (p. 113).
Non mancano i principi e i giudizi perentori. Scrive Chilenito: E io non sopporto chi vende droga... Uno spacciatore è una specie di ladro all'ennesima potenza, uno che ruba l'unica cosa che non può essere ricomprata: la vita (p. 138).
Gli attacchi di panico, conseguenza dell'assunzione di sostanze, angustiano invece Massimiliano in una discoteca di Pavia: Mi ritrovavo tutto sudato, con il cuore che sembrava esplodere e le gambe che formicolavano. Non riuscivo a capire come da fuori nessuno si accorgesse di niente, io ero lì, circondato solo dal frastuono dei battiti che mi esplodevano nel petto, e la vita intorno continuava (p. 161).
E la pazzia del fratello sfigurato dai farmaci in una clinica: Quel giorno d'estate non me lo dimenticherò mai, mi sono trovato davanti questo estraneo di almeno novanta chili che sembrava vagamente mio fratello ma come gonfiato, sembrava l'avessero svuotato dell'anima e poi riempito d'acqua (p. 171).
E allora perfino il tatuaggio diventa una modalità del ricordo e una scrittura per non dimenticare: Ho dovuto incidermi sul corpo la mia famiglia, perché già l'ho dimenticata una volta e non voglio scordarla più (p. 174).

Dire il dolore
Don Claudio è un prete ambrosiano a tutti gli effetti; l'aspetto amichevole e a suo modo manageriale, e anche antropologicamente parlando. Frequenta abitualmente il Duomo e si occupa del coro. Mi pongo a questo punto una domanda un poco insidiosa e forse plebea: dove è finito il civismo di questa Milano sempre ansiosa di essere la capitale di qualcosa, se tocca alla grande tradizione di Ambrogio e del Borromeo rimboccarsi le maniche sui guasti delle nuove fragilità? C'è qualcosa che va oltre il privato nelle vicende e nel significato di queste minute storie di vita, che per interni ed esterni evocano la scrittura di Testori (o magari Scerbanenco), le canzoni di Jannacci e la sublime macchina da presa di Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli?
Inquieta soltanto me questo quotidiano e capillare delirio del consumo, che non si astiene dal diventare malavitoso, che dalla sfera privata tende a sconfinare e a dilatarsi in quella pubblica, che strapazza la nostra cittadinanza quotidiana? Tutto ciò ha un suo statuto e delle regole non scritte ma inflessibili anche per chi lavora ai margini.
Chilenito ci offre addirittura la sintesi di un codice di comportamento, quasi la regola di una cittadinanza altra: perché anche l'emarginazione e la disperazione tendono a organizzarsi, ai margini, alle periferie del civile, alle "periferie esistenziali", ma comunque a darsi delle regole: Eravamo agili, veloci e spregiudicati: i ragazzini sono sempre i ladri migliori. Ho imparato ben presto che rubare è un lavoro come un altro. Ci vuole tecnica, impegno e disciplina. Se si vuole sopravvivere con furti e borseggi bisogna alzarsi presto la mattina e passare l'intera giornata a zonzo per le strade della città, con lo sguardo vigile, sempre all'erta. E bisogna farlo tutti i giorni: non si può sgarrare (p. 128).
Non sono ammesse pause di riflessione, né ai giovani protagonisti né a noi, né a nessuno. Dicono le studiose americane che i postmoderni surfano (come sulle onde dell'oceano, con la tavoletta) problemi e difficoltà della stagione del capitalismo finanziario e consumistico. Anche i ragazzi cattivi ci hanno provato.
Ma noi abbiamo ancora voglia di bagni e magari – i più robusti – di attraversare a nuoto lo Stretto, visto che è tramontato il sogno del megaponte concepito dal primo e oramai vecchio grande piazzista della scena italiana.  
Insciallah, ragazzi. Voi tentate di superare fragilità che non sono soltanto vostre. Non vuole esserci nessun buonismo e nessuna consolazione in questa osservazione. Nessun ottimismo. Perché, contrariamente alla moda, l'ottimismo in questi casi non serve. Serve la speranza: quella che mi ha insegnato il mio maestro David-Maria Turoldo. Il resto sono patacche.
C'è infatti una frase, forse addirittura una sentenza di sapore martiniano, a p. 182: E’ la fragilità che ricrea l'uomo e lo restituisce alla Verità. Tutto il contrario delle esibizioni muscolari che sono tipiche dei ragazzi cattivi come del divismo che si considera vincente.
E neppure è un caso che accanto a don Claudio ci sia Domenico Zingaro, creativo regista, che si è messo in testa di dimostrare che perfino la tv è in grado di aiutare ed educare. Perfino una tv oramai periferica e che rischia di chiudere i battenti.
A rendere le fragilità e il dolore dicibili non è dunque la riserva di caccia di un prete che sembra tirato fuori di botto da una riflessione di Weber del 1919: Non si riuscirebbe a fare quel poco che già oggi è possibile, se non si ritentasse ogni volta l'impossibile
Educare è questo. Un mestiere non diverso da quello dell'amicizia.

                                                                                               

                                                                                                    


Lo scalo pugliese di Grottaglie sarà centro aerospaziale dei droni
di Antonio Mazzeo

Governo nazionale, Regione Puglia, Finmeccanica e forze armate candidano lo scalo aeroportuale “Marcello Arlotta” di Grottaglie, Taranto, a futura base europea per la sperimentazione aerospaziale dei droni. Il 14 maggio si è insediato nell’aeroporto tarantino il tavolo tecnico che dovrà definire le regole per l’integrazione dei velivoli a pilotaggio remoto nello spazio aereo civile. All’iniziativa hanno preso parte, tra gli altri, l’amministratore unico di Aeroporti di Puglia S.p.A., Giuseppe Acierno; i direttori generali dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac), Alessio Quaranta e dell’Ente per l’assistenza al volo (Enav), Massimo Bellizzi; il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston; i rappresentanti degli Stati Maggiori dell’Aeronautica e della Marina militare, nonché gli amministratori di alcune delle imprese interessate al progetto droni, prima fra tutte Alenia Aermacchi (Finmeccanica) che dal 2006 a Monteiasi-Grottaglie produce per la statunitense Boeing le sezioni di fusoliera in fibra di carbonio dell’aereo 787 Dreamliner.
“Il programma di sviluppo dello scalo di Grottaglie si articolerà su tre principali direttrici: manifatturiera, logistica e sperimentazione di soluzioni aeronautiche con e senza pilota”, concordano i partecipanti al tavolo tecnico. “L’ampiezza, la flessibilità operativa, l’essere inserita nel corridoio di volo per aerei non pilotati e la collocazione geografica dell’infrastruttura, rendono l’aeroporto tarantino un asset nazionale ed europeo unico. Grottaglie può proporsi come luogo idoneo per i Test Range dell’aviazione e, non ultimo, per i mezzi a pilotaggio remoto”. L’obiettivo di industriali, centri di ricerca, forze armate e Regione Puglia è quello d’intercettare una parte dei finanziamenti del nuovo programma Ue per la ricerca e l’innovazione “Horizon 2020” (ammontare complessivo 80 miliardi di euro, 13 dei quali provenienti dall’Italia).
Le autorità pugliesi hanno posto grande attenzione al settore aerospaziale e al business internazionale che potrà derivare a breve e medio termine dallo sviluppo dei velivoli a pilotaggio remoto, civili e militari. “Abbiamo posto alla base della nuova programmazione 2014–2020 la realizzazione a Grottaglie di un’infrastruttura caratterizzata da favorevoli condizioni logistiche e meteo e abbiamo avviato un significativo progetto di ampliamento dello scalo che tiene conto, peraltro, delle esigenze espresse dai partner industriali coinvolti in questo ambizioso programma di insediamento produttivo”, afferma il governatore uscente Niki Vendola, dal 2014 alla guida di Nereus, la rete delle regioni spaziali d’Europa. La Regione ha promosso inoltre la creazione del Distretto tecnologico aerospaziale (Dta) pugliese, società consortile senza fini di lucro a cui aderiscono alcune imprese del settore aerospaziale, università e centri di ricerca pubblici e privati presenti in Puglia. Nel maggio 2014 la Dta ha firmato a Tolosa un accordo di cooperazione internazionale per lo sviluppo del settore aerospaziale con Aerospace Valley (AV) della regione Midi-Pyrenées (Francia) ed il Distretto per le tecnologie e le applicazioni spaziali “si-Cluster” greco.
“Sempre in ambito spaziale, per Grottaglie si aprono prospettive anche nell’ambito della ricerca e dello sviluppo dei voli suborbitali, che dovrebbero consentire di viaggiare a velocità finora impensabili e coprire in poco tempo anche voli transoceanici”, ha dichiarato il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (ASI), Roberto Battiston. L’Agenzia spaziale ha sottoscritto una convenzione con la Regione Puglia per la valorizzazione dell’infrastruttura tarantina. “Proprio a marzo scorso, a Washington, nella sede dell’Ambasciata d’Italia negli Stati Uniti, è stato firmato un Memorandum di cooperazione tra ENAC e Federal Aviation Administration, per lo sviluppo del trasporto commerciale sub spaziale e Grottaglie potrebbe esserne uno dei punti di riferimento”, riferisce l’ASI. Sono già una decina le imprese e i gruppi industriali che hanno manifestato la volontà di attivare a Grottaglie investimenti per centinaia di milioni di euro: tra essi compaiono Alenia, Selex ES, AgustaWestland, Vitrociset, Ids, Sipal, ecc. Le aziende del gruppo Finmeccanica, in particolare, sono impegnate attualmente con altri partner europei nella realizzazione di due prototipi di grandi droni d’attacco e bombardamento aereo, il nEUROn e l’Euro-drone.
Il sedime aeroportuale di Grottaglie si estende all’interno di un perimetro di poco superiore ai 6 Km, su una superficie di 160 ettari. Dal 2013 lo scalo è inserito nella lista degli aeroporti di “rilevanza nazionale” del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e vanta la pista più lunga di tutto il sud Italia (3.200 metri di lunghezza) per gli atterraggi dei pesantissimi aerei cargo Boeing 747-400 LCF su cui intervengono le maestranze di Alenia Aemacchi. Nonostante le sue enormi potenzialità per il traffico aereo civile, Grottaglie è in massima parte utilizzato solo a fini militari. Dal 1982 ospita la stazione aerea “Maristaer” della Marina militare che gestisce le attività del gruppo di volo “Grupaer” operante sui cacciabombardieri imbarcati a decollo verticale AV-8B “Harrier II” e del “Grupelicot 4” basato su elicotteri AB 212 ASu/ASW per la lotta antinave e antisommergibile e AB 212 NLA e SH-3D “Sea King” a supporto del Reggimento “San Marco”, del Gruppo operativo incursori del Comsubin e di altre forze speciali d’assalto italiane e Nato. Oltre alle guerra navale e anfibia, i reparti di Grottaglie concorrono alle attività di trasporto tattico, ricognizione, scorta armata a mezzi terrestri, ricerca e soccorso in mare, evacuazione medica, assistenza in caso di calamità naturali e “controllo anti-immigrazione clandestina”. Attualmente è in corso la sostituzione di tutti i vecchi AB-212 con i nuovi elicotteri NH-90 NFH testati al Centro Aeromarittimo di Luni-Sarzana (La Spezia). A partire dal 2017, Grottaglie accoglierà anche i primi esemplari del cacciabombardiere di ultima generazione F-35B, versione a decollo verticale STOVL. Nei piani di Aeronautica e Marina, nella base tarantina saranno rischierati sino a 30 di questi costosissimi velivoli da guerra. Il ministero della Difesa ha già stanziato 3 milioni di euro circa per la “progettazione esecutiva e la realizzazione di un fabbricato per la sistemazione di un simulatore di volo” per la Marina e 1,25 milioni per la costruzione di un magazzino per i pezzi di ricambio e gli strumenti necessari all’aggiornamento dei velivoli destinati all’Aeronautica militare. Oltre che da Grottaglie, i cacciabombardieri F-35 opereranno pure da un secondo scalo pugliese, quello di Amendola (Foggia), che ospita oggi il centro di comando e controllo operativo di tutti i droni in dotazione alle forze armate italiane.

In Tanzania, bracconaggio segreto di Stato: ambientalisti censurati
Nuove leggi promulgate recentemente in Tanzania criminalizzano e condannano chiunque  divulghi dati e statistiche che non coincidano con le cifre ufficiali del governo. Per esempio, riguardo all’uccisione illegale di elefanti per l’avorio. Scriviamo al governo perché ponga fine a questo sproposito.
                               Elefante, caccia illegale
                               Un elefante nel Serengeti

In Tanzania, ambientalisti, attivisti, giornalisti e scienziati affrontano un futuro incerto: nuove leggi criminalizzano la distribuzione di informazioni scomode o biasimevoli per il governo – compresi report che relazionano funzionari del governo a crimini contro la biodiversità.
La circolazione delle informazioni è cruciale per un lavoro efficace e per combattere la caccia illegale di elefanti ed il contrabbando del loro avorio. Le nuove leggi in Tanzania potrebbero servire a bloccare le azioni indipendenti volte a conservare la biodiversità e garantire i diritti umani.
L’anno scorso, il governo ha proibito la circolazione di un report dell’Agenzia di Investigazione Ambientale, EIA, nel quale si concludeva che il paese ha perso  due terzi dei suoi elefanti nei sei anni precedenti e responsabilizzava di questo “le più alte sfere del governo”. Secondo la EIA, la popolazione degli elefanti della Tanzania si è ridotta a 55.000 unità rispetto alle 142.000 dei dieci anni precedenti, durante il governo dell’attuale presidente Kikwete.
Il Grande Censimento degli Elefanti, un progetto di due anni del creatore di Miscrosoft, Paul Allen, ha constatato di recente che nel Parco Nazionale Ruhaha e nelle riserve di caccia vicine, la popolazione degli elefanti è passata da 20.000 a 8.000 in un solo anno. Il governo tanzaniano non ha pubblicato alcun report ad oggi, sostenendo che necessita una “ulteriore convalida”.
Anziché inasprire la repressione, la Tanzania necessita di maggiore libertà di informazione. Ora più che mai, devono nascere iniziative dal basso per obbligare il governo ad agire in modo responsabile. Per favore, firmate la nostra zione esigendo al presidente Kikwete di porre fine al regime di censura che ha stabilito. Questioni controverse come il bracconaggio non devono essere un segreto di stato.
Rettet den Regenwald (Salviamo la Foresta - Germania)

venerdì 29 maggio 2015


UNA PESSIMA FIGURA. UN COMPORTAMENTO INDEGNO

Il monumento contro le guerre di Gino Scarsi
Le due lettere che qui pubblichiamo, scritte da Gino Scarsi, autore del Monumento contro tutte le guerre, sono indirizzate una all’attuale sindaco di Acri, dottor Nicola Tenuta, e una (sotto forma di appello) ai cittadini e agli antimilitaristi in generale di ogni parte d’Italia. Le vicende del monumento le racconta Gino stesso nella lettera-appello, ma qualcosa sono costretto a dirla anch’io. Il monumento si trova in Acri, perché a quell’epoca io ero fortemente impegnato, assieme allo scrittore Carlo Cassola, in una intensa ed attiva militanza disarmista. Ero stato io a proporre a Gino la donazione al Comune di Acri del monumento, ed ero stato sempre io a tessere i contatti con l’allora sindaco Angelo Rocco e i suoi assessori, per portarlo ad Acri ed inaugurarlo durante le “Giornate per la pace” svoltesi ad Acri dal 26 al 30 dicembre 1984. Il successo di quelle giornate fu enorme, come documentato da tivù e giornali, e come lo stesso Rocco racconta nel suo libro “Memoria e protesta. Acri verso la rinascita 1944-1989” (Rubbettino editore, 2009), in un capitolo dal titolo “Prima di tutto la pace”, da pagina 165 a pagina 174, e arricchito anche da alcune foto.
In quel libro Rocco riporta anche il numero e l’anno della delibera di accettazione della Giunta municipale: si tratta della delibera n. 640 del 12 ottobre 1979. L’impegno di collocare il monumento in uno spazio pubblico adeguato, fu tuttavia disatteso. Alle mie rimostranze si rispondeva che ciò sarebbe avvenuto con la sistemazione di piazza dell’Annunziata e la rimozione del vecchio rifornimento di benzina. Passarono gli anni e cambiarono le amministrazioni; la tensione civile venne meno e quanti avrebbero dovuto vigilare in difesa di questo monumento e del suo forte significato simbolico, non mossero un dito. Coloro che lo difesero furono meno delle dita di una mano. Nel 1987 io lo avevo pubblicato assieme agli altri due monumenti presenti in Acri, in un libro di successo che varcò anche l’Oceano. Col tempo, dal cortile del Liceo Classico fu portato fuori dal centro della cittadina, e relegato accanto ai bidoni della spazzatura. Hanno governato la città di Acri in questo lungo corso di tempo (sono passati ben 31 anni), amministrazioni comuniste, liste civiche ed esponenti di quasi tutti i partiti presenti sul piano nazionale, ma non c’è stato un solo amministratore, che abbia avuto la sensibilità ed il ritegno necessari, per dare una sistemazione a questo monumento. Lasciamo stare gli idioti (non mancano mai) che hanno avversato le fattezze mostruose del monumento (come se le guerre, la morte, il nazi-fascismo, i regimi dittatoriali, fossero visioni da Eden o fossero delicati come le statue del Canova), almeno quanti avevano in passato avuto un briciolo di coscienza politica e di classe, non avrebbero dovuto cadere in questo tranello. Si deve alla testardaggine libertaria di Giuseppe Ritacco (Geppino), al giornalista Alessandro Feraco e alle pagine di “Odissea” se è rimasto desto un minimo di interesse pubblico, che ha continuato a parlarne e a pubblicarne le foto. Ora occorre una svolta, e a tempi stretti. Se il Comune di Acri non è più interessato al monumento, è giusto che riprenda la via del Nord. Già alcune città hanno espresso il desiderio di accoglierlo e valorizzarlo. Alla città di Acri resterà l’infamia di aver mostrato tutta la sua misera grettezza. (Angelo Gaccione)   


Il monumento in una piazza ad Alba

 Monumento ai caduti e dispersi delle ultime due guerre
Gentilissimo Sindaco Dott. Nicola Tenuta

Sono Gino Scarsi l'autore del monumento ai caduti, ospitato per alcuni anni nella sua città, e attualmente parcheggiato in un deposito. Lo stato attuale di conservazione dell'opera la rende non presentabile, ancorché la significativa condanna delle  guerre, con le forti simbologie che esprime , lo renda particolarmente attuale nel centenario della ricorrenza dell'entrata appunto dell'Italia nella prima guerra mondiale del 1915. Si rende necessario un corposo restauro che ovviamente non posso eseguire sul posto. Le avevo già inviato in questo senso una lettera il 6 agosto 2013, successivamente mia figlia era stata ad Acri e non trovando Lei, aveva parlato della cosa con il Dott. Giovanni Cofone. Successivamente dall'inizio di quest'anno ho avuto positivi contatti on l'Arch. Annunziata  Ranaldi. La stessa mi assicurò che era possibile addivenire ad un accordo per il restauro dell'opera previa una determinazione indicativa dei costi da sostenere. Pur considerando la disponibilità al mio apporto personale di mano d'opera sostanzialmente gratuita, rimangono i materiali, la sabbiatura, la zincatura. Su queste basi mi sono mosso ed ho trovato un amico trasportatore che di ritorno da Bari per una consegna passerebbe a ritirare il monumento, e questo sarà la mattina dell' 8 giugno prossimo. E' mia intenzione di scendere in Calabria la settimana prima e di riuscire ad essere ad Acri per venerdì 5 giugno, innanzitutto per verificare se esista la volontà da parte dell'amministrazione comunale, che Lei presiede, di riposizionare in luogo pubblico il monumento ai caduti contro tutte le guerre, in secondo luogo trovare un accordo per la parte tecnica relativa al restauro. Si consideri adeguatamente che questo monumento, costato tre anni di lavoro è stato donato al comune di Acri, che non sto parlando a titolo personale, ma in rappresentanza del vasto movimento di opinione che a suo tempo seguì le vicende relative alle numerose inaugurazioni (fu ospitato da una ventina di città e cittadine tra cui Alba, Torino, Verona e Reggio Emilia)  in modo particolare dal Movimento Nonviolento, a nome e per conto del quale tratterò con Lei e l'attuale amministrazione comunale di Acri. Il Presidente Nazionale del Movimento Nonviolento Massimo Valpiana le farà avere a parte le dovute credenziali. In attesa di conoscerla personalmente le invio i più cordali saluti  
Gino Scarsi


S.O.S. per salvare un Monumento ed il suo significato
Cari amici,
faccio un appello personale per raccontarvi una vicenda successa nel lontano 1977, e per raccontarvi l'epilogo che potrebbe avere oggi con il vostro aiuto.

Il monumento tra i bidoni della spazzatura ad Acri

SUCCESSE NEL 1977
A Canale, dopo 3 anni di lavoro, presento il MONUMENTO AI CADUTI E DISPERSI DELLE ULTIME DUE GUERRE, una scultura in ferro battuto del peso di 25 quintali. Il Monumento suscita scalpore: il concetto di caduto è ribaltato, non è l’eroe che si staglia ritto in cielo, ma è rappresentato come una vittima uccisa da un’idra a tre teste, simbolo del potere delle armi, della dittatura e dei soldi; sul fucile dell'idra una tacca sigilla l’imprimatur della Chiesa alle due ultime guerre mondiali. La scultura fa il giro delle maggiori città italiane del Nord grazie al coinvolgimento del Movimento Nonviolento, che organizza presentazioni e dibattiti a cui partecipano partiti politici, associazioni, ex-combattenti. (Vedi foto)
Viene sequestrata per due anni e fatta oggetto di atti di vandalismo nel corso delle esposizioni. In ultimo, provoca 4 denunce per vilipendio (tutte risolte favorevolmente in Istruttoria).

1984: IL MONUMENTO TROVA CASA AD ACRI (Calabria) 
Dopo aver peregrinato in una ventina di città (Alba, Bra, Saluzzo, Torino, Verona, Mantova, Reggio Emilia, Brescia, Cremona, Desenzano del Garda, ecc), il Monumento trova la sua collocazione ad Acri (Cosenza), per la disponibilità dell’amministrazione di allora ad esporlo permanentemente, condividendo gli ideali di cui il Monumento è portatore.

OGGI
Un particolare del monumento
Da circa 15 anni il Monumento si trova in stato di abbandono in un deposito comunale (vedi foto), e nonostante le pressioni di alcuni cittadini, le varie Amministrazioni che si sono succedute ad Acri non hanno dimostrato interesse ad una sua ricollocazione. Questo abbandono ha causato un parziale deterioramento dell’opera. Siccome ritengo che i significati della scultura abbiano la loro fresca attualità nell’essere “CONTRO LA GUERRA” e l’essere dalla parte di chi l’ha subìta, vorrei dare una seconda chance al Monumento, anche spronato dalla posa ufficiale di alcuni Monumenti alla diserzione/obiezione sia in Francia che in Inghilterra.
Per restaurarlo e consentirne una re-inaugurazione nel centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, l’Amministrazione Comunale di Acri deve rendersi disponibile ad una restituzione momentanea dell'opera, ma al momento tutto tace e dal Comune di Acri non ricevo risposte di nessun tipo.
Ho deciso quindi di andare sul posto per verificare la situazione, e vedrò di essere in Calabria il 5 giugno: nel caso di esito positivo nella trattativa con il Comune, approfitterò di un viaggio di ritorno da Bari di un camion della ditta canalese Sandri Trasporti per ”imbarcare” il Monumento che avrà bisogno di un significativo restauro.
Vi chiedo pertanto un aiuto nel sensibilizzare l’Amministrazione di Acri, inviando una mail di sostegno a questa iniziativa a vostro titolo.
Il testo indicativo che propongo è quello evidenziato di seguito.
Potrete inviare l’email a
e, per conoscenza, a

Vi ringrazio per l’aiuto e vi terrò informati sull'evolversi della vicenda. Un saluto,
Gino Scarsi

"Gentile Sindaco,
abbiamo saputo che il MONUMENTO AI CADUTI E DISPERSI DELLE ULTIME DUE GUERRE, realizzato da Gino Scarsi e fatto proprio dai Movimenti per la Pace, giace da anni inutilizzato nel Suo Comune, a cui era stato donato nel 1984 a condizione di una sua pubblica esposizione. Le chiediamo pertanto di permettere il suo restauro ri-affidandolo al suo autore e consentendo alla scultura di ridiventare, nel centenario dell'entrata in guerra dell' Italia nel 1915, un monumento portatore di un significato anticonformista più che mai attuale contro tutte le guerre. Ci auguriamo che la Sua città voglia ri-accogliere il Monumento restaurato per una seconda inaugurazione in un contesto adeguato ad una sua fruizione pubblica.

NOME, COGNOME, PROVENIENZA


LA LETTERA DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
AL SINDACO DI ACRI
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domenica 24 maggio 2015

MARIO BRACIGLIANO
Il fascino arcano della sua pittura
di Angelo Gaccione

Il pittore Mario Bracigliano
È stato Pablo Picasso a scrivere che la pittura è un atto di guerra e che non serve a decorare appartamenti. Opinione comprensibile per un artista spagnolo e che aveva dipinto “Guernica”, opera nata dalla barbarie franchista. Tuttavia c’è una pittura che si fonde così bene con alcune case, con le pareti di certe case, da restituir loro un’nima se non ne possiedono una. Ho sempre in mente la frase bellissima che l’aristocratico Sir Anderson, nella mia commedia “Tradimenti”, rivolge ai commensali, accogliendoli nella sua dimora, in attesa dell’arrivo della contessa O ’Brien: “La bellezza è la casa più libera dell’anima”. Qui il concetto di bellezza è più estensivo: implica l’armonia, il decoro, le architetture, gli oggetti, il paesaggio, le atmosfere, e così via enumerando. Non è, vale a dire, riferito solo alla pittura o ad una singola arte. Tuttavia nessuna casa mi è parsa misera e spoglia, come le case prive di un buon quadro e di alcuni libri necessari. 

"Le ragazze" 2011
La pittura di Mario Bracigliano mi è sempre parsa preziosa, da questo punto di vista, e magnificamente idonea a restituire alla fredda asetticità delle pareti delle case contemporanee, una singolare pudica bellezza. Per quella sognante, fiabesca atmosfera che vi promana; per le tinte tenue dei colori, (quasi dei pastelli ad olio), che ci seducono e ci riportano ad un universo e ad una età che abbiamo perduto; per i paesaggi e gli sfondi poetici; per quella sospesa immobilità dal sapore metafisico; per quel silenzio denso, attonito, che pervade tutta la scena pittorica; per quell’aura di mistero che avvolge volti e figure; per quel loro apparirci rinserrate, quelle figure, in un mondo tutto interiore, insondabile, psicologicamente complesso. Sono figure che paiono badare ognuna a se stessa, chiuse nel loro io esclusivo; figure dai visi irregolari e con un timido accenno di sorriso sulle labbra, mai del tutto schiuse e aliene da qual si voglia rumorosa allegria. Un accenno di sorriso rattenuto, quasi sardonico.
"Il Metrò" 2012
Possiamo cogliere questi moti d’animo, questi sottili stati d’animo, sia nel dipinto “Pandora” che nel dipinto “Coversazione”. Nel primo lavoro i personaggi della scena marcano una loro personale distanza, e sembrano seguire ognuno un autonomo moto del pensiero indifferente alla presenza dell’altro. Nel secondo non sembra esserci traccia di quello scambio, di quel confronto, che una conversazione e un dialogo comportano. Non ne avvertiamo l’eco, il suono. Le figure paiono distanti, perdute nella loro astrazione; la traiettoria dello sguardo non mira all’altro: uno tende lontano, verso un altrove ineffabile; l’altro è concentrato in se stesso come perso in un ricordo insondabile.

"Pandora"  2000


"Conversazione"  2014

C’è nella pittura di Bracigliano come un tempo sospeso. E c’è, altresì, la complessità di una vita arcana che noi avvertiamo con disagio, pur nello scenario moderno e contemporaneo dell’iconografia, e che non riusciamo a decifrare. E forse è proprio questo che ci affascina e ci attrae.

OPERE


"Edilizia" 2013


"Notturno" 2013



ALLA CASA DELLA CULTURA
CON IL FILOSOFO FULVIO PAPI     
       
Fulvio Papi sul balcone della sua casa (Milano,7-7-2014)
Foto di Fabiano Braccini (archivio "Odissea")
  
Mercoledì 27 maggio 2015 ore 18.00 la Casa della Cultura 
festeggia  il compleanno e ​l'impegno culturale e morale del filosofo

FULVIO PAPI
Oltre sessant'anni di impegno culturale e morale

Interverranno gli amici:
Silvana Borutti, Ferruccio Capelli, Tomaso Kemeny, Fabio Minazzi, 
Jacopo Muzio, Carlo Sini, Salvatore Veca, Silvia Vegetti Finzi... e voi tutti
La Redazione di “Odissea” formula all’amico e collaboratore Papi, 
gli auguri più fervidi per il suo ottantacinquesimo compleanno.

                                         ***



Per l'occasione il poeta Tomaso Kemeny ha scritto questo testo poetico
per l'amico filosofo.

PER FULVIO PAPI
Nel coro dei più accorti
esprimo la mia gratitudine
all'amico e maestro Fulvio
per avere fatto balenare,
nella nebbia dei giorni,
le chiavi di un formidabile pensiero
critico, aperto a tutto il mondo,
per il fulgore di riflessioni,
tra una risata e l'altra
sui pericoli teste di leone,
per il fulgore delle riflessioni
sull'impegnativa eredità del socialismo,
per le osservazioni sulla libertà
intesa come colore stile di una vita,
libertà inseparabile da un ideale di giustizia
per potere fronteggiare
la nuda faccia del sole
senza doversi vergognare.
Tomaso Kemeny
[Milano, Maggio 2015]

***
PER RIMANERE UMANI
LUCA FRIGERIO AL CENACOLO DIOCESANO DI MILAMO








L’orrore nascosto negli allevamenti italiani

Ecco come vengono allevati
Cari avaaziani,
lo scandalo sta scoppiando proprio in queste ore. Un’inchiesta giornalistica sta svelando l’orrore di tanti allevamenti intensivi in tutta Italia, dove migliaia di maiali sono costretti a vivere in condizioni tremende, a mangiare nei propri escrementi, mutilati alla nascita. Ma basta guardare i dati per capire l’enormità di questa violenza: il 38% degli allevamenti di suini controllati nel nostro Paese è irregolare. Siamo arrivati a questo punto perché non solo i controlli sono troppo pochi, ma quasi sempre gli allevatori ricevono solo dei richiami e non vere e proprie sanzioni. Secondo gli esperti la soluzione viene da una task force del ministero della Salute che potenziata e sostenuta sarebbe esattamente lo strumento necessario per avere più controlli, sanzioni più efficaci e dare supporto ai veterinari. Sull’onda di questo scandalo ora possiamo fare in modo che il Ministero della Salute senta la pressione necessaria a sbloccarla. Firma ora e unisciti a chi chiede dignità per gli animali e rispetto per la salute umana:

https://secure.avaaz.org/it/italy_animal_rights_farms_5/?bhvKTcb&v=59009

Le leggi sul benessere animale esistono in Italia da anni. Ma per la mancanza o l’inefficacia dei controlli in troppi allevamenti sono ancora ignorate. Questo porta a situazioni inaccettabili di sovraffollamento e torture, ma potremmo essere a una svolta: il potenziamento della task force è stato chiesto anche dal Parlamento! Gli allevatori dicono che adeguarsi alla legge è troppo costoso, ma in quei Paesi in Europa dove i controlli e le sanzioni sono stati rigorosi i regolamenti oggi vengono rispettati, e si è dimostrato che è possibile restare sul mercato anche rispettando leggi, diritti, salute e ambiente. Lo stesso succederà in Italia, se arriveranno i fondi e un forte mandato politico dal ministero.
Firma ora e condividi per spingere il ministero della Salute a dire “ora basta” e ottenere che si attivino gli strumenti affinché le irregolarità vengano punite e l’orrore di questi allevamenti finisca al più presto:

https://secure.avaaz.org/it/italy_animal_rights_farms_5/?bhvKTcb&v=59009

Poche settimane fa abbiamo lanciato una campagna globale per mettere fine all’abuso degli antibiotici nei grandi allevamenti, che generano super-batteri pericolosi anche per l’uomo. Abbiamo raccolto più di 1 milione di firme e stiamo per incontrare i ministri europei a Bruxelles, ma affinché le leggi abbiano un vero impatto bisogna farle rispettare. Ora possiamo fare un altro passo verso la fine di queste pratiche crudeli e pericolose.
Con speranza e determinazione,

Luca  Nicotra
Luis, Francesco e tutto il team di Avaaz

MAGGIORI INFORMAZIONI

[IMMAGINI FORTI] Dentro la carne: un’anticipazione dell’inchiesta all’interno degli allevamenti intensivi (Anno Uno, La7)
http://www.announo.tv/2015/05/unanticipazione-dalla-prima-puntata/

Allevamenti Intensivi, come vivono gli animali (Green Style)
http://www.greenstyle.it/allevamenti-intensivi-come-vivono-animali-132621.html

Relazione attività ispettiva 2013 (Ministero della Salute)
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2329_allegato.pdf

Sperimentazione animale. Il Senato approva (Quotidiano Sanità)
http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?approfondimento_id=6195

Allevamenti intensivi, trasporto animali vivi: "Ora il governo passi ai fatti" (Quotidiano Nazionale)
http://www.quotidiano.net/animali/animali-mozioni-ciwf-1.943543

Expo Inchieste: la via della «carne felice» e il dialogo (impossibile) sui diritti (Corriere della Sera)
http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_maggio_19/expo-inchieste-via-carne-felice-dialogo-impos...



TORINO. DEVASTATA LA SEDE ENPA

Angelo e Brando (Milano, Maggio, 2015)

Rabbia, esasperazione ed impotenza di fronte a quanto accaduto alla sede Enpa di Torino, assaltata e distrutta da vandali del campo Rom senza che né istituzioni, né forze dell’ordine, abbiano fatto qualcosa per evitarlo. Decine le intrusioni denunciate negli ultimi mesi, zero le risposte concrete che, se fossero arrivate, avrebbero evitato questo disastro. E così 30 persone, tra cui anche dei minori, si sono sentiti liberi di spaccare tutto nel canile come nel laboratorio: apparecchiature elettroniche e medicali, mobilio, infissi, boiler dell’acqua calda e medicinali, niente è sopravvissuto. A guardare impotenti lo spettacolo, gli animali terrorizzati ed imprigionati nelle gabbie rovesciate. I carabinieri invece, sono arrivati giusto in tempo per verbalizzare i danni e poco più. Danni che ammontano a circa 100.000 euro: troppi per Enpa Torino che ha alzato bandiera bianca e ha deciso per la chiusura definitiva se non facciamo qualcosa per aiutarli. Cosa facevano le istituzioni mentre gli assalti dei mesi scorsi venivano denunciati? Dove erano le forze dell’ordine mentre i rom spaccavano il canile e il laboratorio dove esseri innocenti trovano cure e ripari dalla malattia e dalla crudeltà dell’uomo?Con questa petizione chiediamo seri provvedimenti contro i vandali e contro chi doveva tutelare il lavoro benefico di Enpa dagli uffici che ci governano, chiediamo che le istituzioni diano delle risposte, insieme a delle scuse, e che si tirino su le maniche affinché Enpa Torino non chiuda. Noi cittadini invece, abbiamo l’obbligo morale di aiutare: firmiamo e conviviamo la petizione affinché tutti sappiano non ci sta bene quanto accaduto, mandiamo aiuti a Enpa Torino e, chi può, adotti uno degli animali terrorizzati vittima di questo terribile trauma (torino@enpa.org - www.enpatorino.com). GIUSTIZIA PER ENPA, GIUSTIZIA PER GLI ANIMALI, RISPOSTE DALLE ISTITUZIONI TORINESI!
PER RIMANERE UMANI
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CITTADINI CONSAPEVOLI
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venerdì 22 maggio 2015

L’APPELLO DI GREENPEACE
Basta pesca a strascico illegale: il mare va difeso


Gli ecosistemi marini, compresi quelli del Mediterraneo, stanno affrontando una grave minaccia. Vogliamo proteggere il nostro mare da chi lo sfrutta senza pietà: Siamo oltre 30.000: unisciti a noi.

FIRMA ORA
Diffondi la petizione con hashtag #InNomeDelMare
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gli ecosistemi marini, compresi quelli del Mediterraneo, stanno affrontando una grave minaccia: attività come la pesca a strascico illegale, praticata sotto costa e in aree non consentite, devastano i fondali mettendo in pericolo la crescita e la sopravvivenza delle specie che vi abitano.
Oltre 30.000 persone hanno già firmato il nostro appello In Nome del Mare per chiedere al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali - Maurizio Martina - di agire SUBITO per fermare la pesca eccessiva e distruttiva, e proteggere il Mar Mediterraneo, i pesci che vi abitano e le comunità che dipendono da esso.
FIRMA ORA ANCHE TU!
Per fermare questo scempio che sta svuotando i nostri mari, a Talamone -in Toscana- alcuni artisti hanno scolpito blocchi di marmo per proteggere il nostro meraviglioso mondo sott'acqua e dare un nuovo habitat ai pesci: le opere d'arte infatti, poste sui fondali, bloccano le reti a strascico illegali e favoriscono la nascita di nuove aree di ripopolamento per i pesci. Greenpeace sostiene attivamente questo progetto ed è al fianco di questi piccoli e coraggiosi pescatori, uniti per combattere la pesca illegale e distruttiva.
Sei anche tu al loro fianco? FIRMA ORA l'appello InNomeDelMare
per chiedere di eliminare la pesca distruttiva ed eccessiva, e sostenere chi pesca sostenibile.
Il mare deve essere di chi lo rispetta.
Grazie per tutto quello che farai In nome del Mare!
Greenpeace Italia



La "Carta di Milano": sotto le parole... nulla
Qualche riflessione critica


Ora tutto il dibattito su questa Expo rischia di dover ruotare attorno ad un'unica fotografia: da un lato migliaia di persone entusiaste tra gli stand della grande Esposizione, dall'altra le auto bruciate e la città sfregiata. Ma non è così. Restano tutte le ragioni della critica ad Expo. Restano le tante
persone che al di là dell'adesione alle manifestazioni continuano a pensare che occorre insistere nella critica e continuare ad avanzare proposte alternative su contenuti precisi. Occorre ripartire dal grande convegno realizzato il 7 febbraio a Milano, costruendo consensi ampi, parlando a tutte e a tutti, perché il tema: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, riguarda ognuno di noi e ben poco ha a che fare con quanto realizzato da questa EXPO. Noi continueremo questo impegno -anche in previsione del grande convegno internazionale che si svolgerà a Milano venerdì 26 e sabato 27 giugno con la seconda edizione di: "Expo nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali"- affinché: diritto all'acqua, diritto al cibo e giustizia sociale non siano solo degli slogan. Ripartiamo da qui e dalla critica alla "Carta di Milano". La Carta c’è, è ufficiale. E' stata presentata coi toni dei grandi eventi istituzionali che cambiano la Storia. Ma non sarà così. La Carta di Milano scivolerà nella storia senza incidere alcunché, legittimando ancora il modello agroalimentare che ha prodotto
insostenibilità, disastri ambientali e le terribili iniquità che vive il nostro mondo e che la stessa Carta denuncia ma ignorando lo strapotere politico delle multinazionali, che stanno dentro ad Expo e che sottoscrivono la Carta. Il presidente Sala ebbe a dire a suo tempo che in Expo dovevano coniugarsi il diavolo e l’acqua santa: pensiamo intendesse Coca Cola, Monsanto e l’agricoltura familiare e di villaggio, i Gas, il biologico, ecc. Il risultato è che nella Carta si sentono il linguaggio, le difficoltà, le mediazioni e i contributi di tanti docenti, personalità e realtà associative che
hanno cercato di migliorarla, ma purtroppo il loro onesto sforzo si è tradotto unicamente in un saccheggio del linguaggio dei movimenti dei contadini e di coloro che si battono per la difesa dell’acqua come bene comune e in favore delle energie alternative al petrolio. La “Carta di Milano”, presentata come l’eredità che EXPO lascia al mondo, è una grande operazione mediatica, che si limita a dichiarazioni generiche senza andare alle cause e alle responsabilità della situazione attuale. Non una parola sui sussidi che la Commissione Europea regala alle multinazionali europee agroalimentari permettendo loro una concorrenza sleale verso i produttori locali; non una parola sugli accordi commerciali tra l’Europa e l’Africa (gli EPA) che distruggono l’agricoltura africana; né si parla del water e land grabbing; né degli OGM che espropriano dal controllo sui semi i contadini e che condizionano l’agricoltura e l’economia di grandi paesi come il Brasile e l’Argentina; né si accenna alle volontà di privatizzare tutta l’acqua potabile e di monetizzare l’intero patrimonio idrico mondiale, né si fanno i conti con i combustibili fossili e il fraking. Nella “Carta” si parla di diritto al cibo equo, sano e sostenibile, si accenna persino alla sovranità alimentare, si ricorda che il cibo oggi disponibile sarebbe sufficiente a sfamare in modo corretto tutta la popolazione mondiale, si sprecano parole nate e vissute nella carne dei movimenti, ma poi?
La responsabilità di tutto questo sarebbe solo dei singoli cittadini: dello spreco familiare (che è invece surplus di produzione) che andrebbe orientato verso i poveri e verso le opere caritatevoli, sta nella loro mancanza di educazione ad una corretta alimentazione, al risparmio di cibo e di acqua,
ad una vita sana e sportiva. Le responsabilità pubbliche e private sono ignorate.
Manca la concretizzazione del diritto umano all’acqua potabile come indicato dalla risoluzione dell’ONU del 2010 e mancano gli impegni per impedirne la privatizzazione. Mancano le misure da intraprendere contro l’iniquità di un mercato e delle sue leggi, che strangolano i contadini del sud ma anche del nord del mondo. Mancano riferimenti a bloccare gli OGM su cui oggi si gioca concretamente la sovranità alimentare. Mancano i vincoli altrettanto concreti all’uso dei diserbanti e dei pesticidi che inquinano ormai le acque di tutto il mondo e avvelenano il nostro cibo. Ne prenda atto Sala da buon cattolico: il diavolo scappa se l’acqua è veramente santa. Ma qui di acqua santa non c’è traccia, mentre i diavoli, sotto mentite spoglie, affollano la nostra vita quotidiana e i padiglioni di EXPO.
Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Piero Basso, 
Vittorio Bellavite, Franco Calamida, Massimo Gatti, Antonio Lupo,
Emilio Molinari, Silvano Piccardi, Paolo Pinardi, Basilio Rizzo, Erica Rodari,
Anita Sonego, Guglielmo Spettante, Gianni Tamino, Vincenzo Vasciaveo,

Associazione CostituzioneBeniComuni
TERRA E VITA
Tornare alla sacralità degli elementi primigenei con il dovuto amore

(Le foto delle Terrazze Cortemilia sono di Bruno Murialdo)


Erano in otto fratelli a lavorare le terrazze dei “Granaret”. Al canto del gallo erano già tutti al lavoro; c’era de estirpare le erbacce per preparare la terra alla semina del grano che non bastava mai a fare il pane per tutti. La mamma ci preparava la polenta e la bagna e quando tornavamo dal lavoro, la fatica svaniva soltanto a sentire il profumo dei bule che cuocevano lenti sul putage. Nella nostra casa il cibo non mancava mai, con il duro lavoro si riusciva a tirare avanti tutto l’anno. Il pane, diceva la mamma, era benedetto da Dio; se il raccolto andava bene il signore ci aveva santificato, se andava male era per colpa dei nostri peccati  e allora bisognava aumentare le preghiere per santificare  la prossima semina. Nostro padre diceva che le terrazze di Cortemilia e quelle di Gorzegno erano le più belle del mondo, noi tutti ne andavamo fieri, ci raccontava anche che quelle terrazze una volta toccavano il cielo e arrivavano fin sulla luna, dove i bambini potevano giocare sempre senza mai mollare.


Zia Laurina ci narrava che quelle terrazze le aveva regalate Dio agli uomini. Su quei balconi anche la vigna faceva ottimo vino, era facile lavorare la terra e curare le piante perché le terrazze non stancavano, erano come una piccola pianura sospesa in cielo, una sopra l’altra come scale santificate ci si poteva riposare lavorando. Quelli che non avevano la fortuna di operare su quelle piane si spaccavano la schiena a zappare e spesso il raccolto non abbondava e il tempo perso non permetteva a quelle famiglie di avere sempre il pane sulla tavola o la bagna come quella che profumava la nostra fame. Quando Pierino andò a servitore a San Benedetto per otto soldi al mese, rimpiangeva quei poggioli  di casa e la scelta di essere andato servitore; di notte sognava una langa fatta di piramidi che si alzavano in volo verso la luna  e pane che cadeva come fosse pioggia dentro quella casa; sognava sua madre e i suoi fratelli così fortunati che, la nostalgia gli segnava il viso con una lacrima.
Bruno Murialdo


Milano. Ore 19.00. Politecnico di Milano. Tonnellate di cemento armato. Resistenze da calcolare. Tensioni da verificare. Parametri energetici da rispettare. Perplessità.

Ammetto di avere molta confusione in testa, sono di fronte alla proiezione del progetto del Padiglione Italia, non comprendo il nesso tra il cemento osmotico e l’obiettivo di nutrire il pianeta. Mi sono persa nella texture della foresta urbana bianco latte pura e cristallina, eterea che definisce la costruzione. Non ho un navigatore per uscirne. Sicuramente il Padiglione Italia è una struttura molto complessa, un labirinto di alta tecnologia.
Sempre alla ricerca di un nesso tra progetto e cibo, sempre più smarrita, percorro la foresta dei miei neuroni e giungo per puro caso all’architettura della terra in Piemonte, ma su e giù per l’Italia possiamo trovarne altri esempi in Liguria, in Valle d’Aosta, in Toscana e in altre regioni. Questa è una parte del mio lavoro che amo molto, conoscere la vita delle cose. Tornare ai tempi in cui il significato della parola nutrimento voleva dire prima di tutto non sprecare il cibo, quando la bulimia del sistema odierno non ci aveva ancora…, si costruiva insieme alla terra per sfamare.
Nel ricordo lontano mi sorge dentro gli occhi la visione, della povera terra faticosa che mi ha dato il respiro e l’ansia di quest’anima. La vita “bucolica” di campagna era legata alla sveglia con le ossa rotta, e se la vita è grama lo si vede anche in ciò che su un luogo si costruisce. Quando l’uomo disponeva di meno macchinari e tecnologie, il senso del proprio operato aveva un sapore diverso. Per spiegare questo andiamo da Milano a Cortemilia, un piccolo paese in direzione della Liguria.


I versanti delle colline esposti al sole sembrano quasi delle onde, queste fasce sono i terrazzamenti a secco realizzati in pietra di Langa. Non sappiamo bene la storia delle loro origini, ma probabilmente si diffusero dopo l’anno mille. Sono un modo silenzioso di scolpire il paesaggio, la loro costruzione richiede una buona combinazione di concentrazione, manualità, senso estetico, perché non si sta creando solamente una struttura, ma una scultura e lo si fa lentamente. Il terreno così modellato permetterà di far nascere il cibo o il vino. Senza cemento però, serve molta più abilità, il legante lo si crea solo quando si raggiunge un equilibrio tra le pietre e l’incastro perfetto. Non è un’architettura di texture. Forse non è nemmeno un’opera di architettura nel senso stretto del termine, ma è un’architettura della necessità, dell’abilità, della fame. Sei terra che dolora e che tace, scriveva Cesare Pavese, anche tu sei l’amore. Che sia umana fatta di carne o sia polvere, sabbia e rocce, parliamo della cultura profonda di un luogo. Questa memoria ha dato vita all’Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite. Dopo aver condotto un po’ di analisi in materia sono giunta alla conclusione che bisogna armarsi di molta pazienza per costruire un muro a secco, stiamo di fatto addomesticando un territorio per renderlo coltivabile, servono per cui molte più accortezze e conoscenze di quelle che si potrebbero pensare. E non basta, occorre conoscere bene molti aspetti: le caratteristiche pedologiche di un terreno, l’assetto idrogeologico, considerare la spinta dell’acqua piovana, l’esposizione al sole, una vera alchimia di sapienza e fatica. Il tutto senza cemento, al massimo terra e pietre più piccole, e farlo senza escavatori, al massimo con un mulo, con un piccone e i propri muscoli. Un po’ troppo faticoso per braccia allenate solo ai pc. Non so cosa rimarrà di tutto questo tra qualche generazione. Sarebbe il caso di chiederselo, e porsi anche altre domande.
Sono le 20,10 sono ancora a Milano è la conferenza è quasi finita, gli ingegneri ci confermano che i problemi di carichi sono stati risolti nonostante gli imprevisti. Tutto può succedere in un cantiere complicato, quando si sta realizzando qualcosa di estremamente innovativo. I miei dubbi rimangono… siamo proprio sicuri di non esserci dimenticati qualcosa?.
Silvana Pellerino



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