UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

domenica 18 maggio 2025

I CONTRAPPUNTI DI GACCIONE
di Gabriella Galzio


A. Gaccione (Acri, 2025)

Nel commentare l’arte del contrappunto in Bach, il musicologo danese Knud Jeppesen mette in evidenza che “la musica di Bach cresce da uno sfondo idealmente armonico, contro il quale le voci si sviluppano con una coraggiosa indipendenza”. Volendo leggere attraverso questa lente i Contrappunti letterari di Angelo Gaccione, mi sono chiesta quale possa essere questo sfondo, contro il quale questi suoi brevi scritti narrativi-discorsivi si sviluppano indipendenti. E la risposta è duplice: da un lato può trattarsi del pensiero dominante, contro il quale l’Autore, sentendosi responsabile del linguaggio, si erge a baluardo di un rapporto non obliquo con la verità; dall’altro, questo sfondo tendenzialmente armonico può essere, invece, la sua stessa Weltanschauung, da cui si sprigionano più melodie contemporaneamente con effetto polifonico. E forse sono vere entrambe le cose, poiché la visione del mondo di Gaccione sarebbe inconcepibile senza una visione antagonista cui opporsi, fino a trascenderla arrivando ad attingere a una superiore umanità e sapienza. Troppo numerosi, infatti, gli adagi popolari o le riflessioni sapienziali di altri grandi pensatori da lui frequentati, di persona o nelle opere della sua “Carboneria” (dove ne custodisce una marea), che costellano il libro. Che dunque si configura come un viaggio affascinante nei luoghi “oggetto dell’innamoramento”, città radicate negli archetipi di civiltà e bellezza, come Parigi o la sua Milano; ma anche come attraversamento del tempo in compagnia dei grandi del pensiero e della letteratura, come Voltaire, Manzoni o Leonardo Da Vinci, conosciuti anche nelle intime pieghe diaristiche ed epistolari, perché non c’è albero o piazza che non abbia, oltre che un valore in sé, anche una valenza simbolica, quali luoghi della memoria collettiva, storica o artistica. Umano sin dalle radici degli alberi – cui dedica versi “per restare umano come loro” – e radicato nella lingua madre dialettale, Gaccione è rimasto fedele allo sposalizio di cultura materiale e cultura immateriale, dove il peperone è “Re dell’orto”, come Dante è padre nobile della poesia. Così l’usanza pasquale dei dolci continua a brillare nella memoria al pari della sacralità del pane: “Era la magnifica pratica del dono che mia moglie continua a tenere viva qui, in questa metropoli bella e feroce, e li prepara ogni anno per farne dono agli amici”. E, forte di questa memoria, troviamo anche l’osservatore attento e il testimone dei mutamenti antropologici della nostra civiltà, quando sottolinea che di intelligenza e sensibilità stiamo diventando sempre più poveri; o quando afferma indignato che siamo ormai “tutti obnubilati, tutti plagiati e con gli occhi fissi sul piccolo schermo dello smartphone, incantati, perduti come in un altrove metafisico”. Un oggetto – conclude ironico – che “ha prodotto una alienazione dal carattere eminentemente democratico”. Affiora, infatti, frequente in questi scritti un’ironia amara, quella che gli consente di sopravvivere, “come uomo, prima che come scrittore ed intellettuale – impegnato in tutte le cause perse di questo tempo amaro”. Un’ironia “che può essere anche amara, ma mai scivolare verso un sarcasmo oltraggioso e crudele” e – come recita un suo aforisma – “è il più efficace rimedio contro l’idiozia”. Leggerete il mondo passato al setaccio del suo “insano mestiere” di scrittore – dannato perché innervato da una forte dignità morale – la cui nobiltà “consiste proprio nella sua strenua resistenza al disumano”. E anche rispetto al potere che al disumano è contiguo, dovrete “scegliere da che parte stare, se non volete diventare una canaglia del potere. Ovviamente potete seguire la via più facile /_..._/ ma a patto che non abbiate una sola idea che sia vostra, personale, pericolosa”. E in Contrappunti queste idee personali e pericolose guizzano incaute tra gli scritti creando quella loro polifonia. Ritroverete in essi lo scrittore, l’autore di aforismi, il polemista (anche in polemica con la stessa polemica); in sintesi, l’intellettuale a tutto campo, instancabile e incoercibile – tra Eraclito che spera l’insperabile e Gandhi dalla volontà indomabile. Quel gramsciano ottimismo della volontà dell’intellettuale militante che vi dirà che “il vero realista è proprio l’utopista”, a partire dal quotidiano, da quell’epica della cura e della compassione che lo porta a difendere ogni essere senziente, umano, animale o vegetale. E per questo incontrerete anche un uomo dai piaceri semplici che ve lo renderanno subito familiare: “stare seduto in una qualsiasi stupenda piazza italiana /_..._/ a conversare amabilmente con persone altrettanto amabili. Se si tratta di persone di cui provo affetto, questo piacere si moltiplica fino alla gioia”. Anche se quell’uomo sa bene che così semplice non è, che “ciascuno di noi è un grumo di misteri per sé stesso e per gli altri”. E che allora è “meglio lasciare che il nostro sforzo di conoscenza si arresti al limitare senza varcare la soglia; che quella zona d’ombra resti inviolata”. Un mistero che ancora chiamiamo anima, senza la quale – citando Ròzanov – non verrebbe fuori nemmeno una goccia di letteratura.


La copertina del libro

Angelo Gaccione
Contrappunti
Arca Edizioni 2025
Pagg. 184 € 14

TRIBUTO A GARDELLA


 
Milano. La mattina di giovedì 15 maggio 2025 al Liceo Artistico “Umberto Boccioni” di Piazzale Arduino, si è tenuto un interessante incontro per rendere omaggio all’architetto Jacopo Gardella che con il Liceo, e in particolare con il prof. Gionata Tiengo, aveva intrattenuto rapporti amichevoli e collaborativi, come egli stesso ha illustrato nella parte introduttiva, subito dopo il saluto della dirigente, professoressa Giacalone. Splendido l’intervento dell’architetto Pierfrancesco Sacerdoti amico e collaboratore di Gardella, al quale hanno fatto seguito le testimonianze degli architetti Raffaella Neri, del prof. Daniele Vitale del Politecnico, e di don Michelangelo Bono, vice parroco della chiesa di Piazza Ovidio realizzata da Ignazio Gardella, padre di Jacopo. L’incontro si è svolto in un’aula affollata di studenti e alla presenza di parenti e amici dell’architetto scomparso nel 2021 alla cui memoria è stata dedicata l’aula 1.13 come si può vedere dalla targa.

CITTÀ E SCRITTORI AL SALONE DEL LIBRO


Salone del Libro di Torino sabato 17 maggio 2025
Da sinistra: Chicca Morone, Fabia Baldi
Renato Pennisi, Valeria Di Felice



Il Padiglione della Regione Abruzzo
e le copertine dei libri


Il manifesto degli incontri



Città e scrittori in primo piano



Chicca e Fabia


Renato 



 Un momento dell'incontro



Si brinda...


INCONTRI
di Laura Margherita Volante
 


Laura Margherita Volante conversa con Maria Lenti.
 
Nata ad Urbino dove tuttora vive, docente di lettere alle Superiori, ha spaziato in vari interessi culturali, riguardanti la scuola e la cultura, compresa la scelta politica, facendone parte attiva. Scrittrice, poetessa, saggista, giornalista per L’Unità e Paese Sera, nel 1994 viene eletta deputato per Rifondazione Comunista e poi riconfermata nel 1996. Da questa breve sintesi si evince che la Lenti è persona di cultura letteraria, non fine a sé stessa, ma con lo sguardo sulla società fino ad una scelta identitaria, sui valori della sinistra italiana rigorosa e precisa. Molti i libri della stessa, fra cui risaltano raccolte di poesie, i cui titoli sono una inequivocabile chiave di lettura della sua filosofia di vita e del proprio mondo interiore. Ho conosciuto Maria anni fa un paio di volte per incontri culturali a Pesaro/Urbino, dove percepii la bella personalità di Maria Lenti per la correttezza dei modi nel proporsi sia con le letture sia nell’argomentare sul tema della relazione. Il suo impegno è stato rivolto soprattutto a temi sociali di grande attualità e nello stesso tempo universali: i diritti delle donne, la pace, la giustizia sociale, i diritti umani. È un onore presentarla su “Odissea”.
 
Laura Volante: Riguardo il fenomeno sociale dei femminicidi le cause affondano le proprie radici in retaggi culturali, in una regressione inquietante oppure altri elementi si sono inseriti nelle dinamiche sociali e quali?


Maria Lenti: Certamente il retaggio e un patriarcato fissato nella mentalità degli uomini, il chiuso-uso del possesso, del comando, un “maschile” fermo culturalmente, che non ha visto, non vede, non ammette e rifiuta la strada compiuta dalla donna, che le donne compiono per la propria libertà e la propria vita.



L. V. Si parla di Pace e intanto le guerre imperversano su tutto il pianeta con alcuni centri focali di distruzione di massa, di paesi rasi al suolo e genocidi disumani a dir poco. Il fallimento della globalizzazione e la rottura degli equilibri mondiali, la cui lettura è ardua, da cosa dipendono, in questo periodo epocale complesso dove nulla è certo?


M. L. Noi, in Europa, abbiamo vissuto decenni di tregua e di pace. Ma nel mondo le guerre non sono mai finite e in qualcuna s’è esposto anche il nostro Paese. Oggi viviamo un mondo di “potere” che stravolge e fa scomparire Paesi e Popoli, che potrebbe anche intensificarsi nella crudeltà e nella distruzione. Guerre tragiche: ogni giorno ci vengono propinate notizie come manciate di brustolini e sono, invece, stermini e dolori. In questo “potere” c’è la prevaricazione e l’accumulazione capitalistica e politica che non tiene conto nemmeno degli accordi intercorsi tra Stati e delle direttive dell’Onu. Conseguenza e, forse, causa, anche uno sprezzo delle vite umane, il venir meno del sentimento della fraternità, la considerazione della prossimità degli esseri viventi.



L. V. Del mondo della scuola, della cultura, anche con una produzione di raccolte di poesie, pubblicate ottenendo prestigiosi riconoscimenti non solo in Italia, ne hai fatto una poetica della tua esistenza. Vuoi parlarci del tuo ultimo libro: Segn e Taj/Segni e Tagli, pubblicato nel 2024? Quale il senso dello scrivere in poesia sentimenti emozioni valori?


M. L. Poesie nella parlata di Urbino, nella quale italiano e dialetto sono insieme. Una radice da non perdere: la faccio vivere in un libro, in cui vi sono poesie su me e sul contesto in cui vivo, il desiderio che si aprano spiragli nella società, la riconoscenza verso i Maestri e le Maestre che mi hanno nutrita con la loro poesia, l’indignazione per i “potenti armati del mondo”. “Segni”, appunto, come valori e “ritagli” come insieme di emozioni e sentimenti che hanno puntellato, puntellano i miei giorni, che, spero, siano anche i giorni dei miei simili.



L. V. Ex deputato per Rifondazione Comunista, come impegno e risposta politica ai grandi fenomeni sociali, per cui ti sei battuta in ogni ambito, puoi dirci dove le radici di tale scelta? Senso di giustizia, fede, pragmatismo?


M. L. Senso della giustizia, vicinanza a chi necessita di diritti non riconosciuti o negati, possibilità di miglioramenti sociali e civili, solidarietà anche tra popoli: con puntigliosità da giovane, con la ragionevolezza, oggi, dell’esperienza e della riflessione. Con il cuore sempre dalla parte di chi meno ha (in ogni senso).



L. V. La morte di Papa Francesco ha risvegliato le coscienze? Tutto il suo pontificato ha avuto uno sguardo planetario per un mondo di popoli e non di nazioni, gettando il seme della convivenza pacifica fra tante diversità. Come potrebbe realizzarsi tale sogno?


M.L.
Le coscienze da risvegliare sono quelle dei potenti, gli stessi presenti al funerale di Papa Francesco: faranno propria la sua voce, alta in tutti gli anni del suo pontificato, di pace e di fratellanza concreta, nei fatti, di sguardo e attenzione a chi è “lontano” dalla sopravvivenza e più bisognoso e/o desideroso di vita non mendicata? Non significa niente piangere la morte di un Grande Uomo se se ne dimentica l’afflato e la Parola. Questa la mia risposta ad una domanda che implica anche un cambiamento delle coscienze individuali oltre che una rivoluzione dei rapporti e delle relazioni politiche tra Stati. Mi chiedo: i Capi leggono libri importanti, quei libri che rimuovono le convinzioni radicate, che toccano le ragioni profonde del vivere, le fibre del corpo, che spingono a scelte diverse dalla morte? Ecco, un passo, un gradino che i Capi potrebbero fare proprio a partire da sé.

sabato 17 maggio 2025

IL GUAZZABUGLIO
di Luigi Mazzella


 
La difficile pace in Ucraina. Ancora sull’artico 5° della Nato
 
In duemila anni di Storia l’Occidente degli irrazionalismi religiosi e politici di stramberie ne ha fatte molte ma l’ultima immaginata da un Presidente Statunitense, secondo osservatori americani, ai limiti della demenza senile non ha equivalenti. Che cosa ha fatto Joe Biden di tanto grave? Ha convinto i suoi servili fan della NATO a violare in modo eclatante l’articolo 5° del Patto Atlantico e a intervenire, con l’invio di armi e con altri sostegni, in una guerra tra la Russia e l’Ucraina. All’ insaputa delle popolazioni (e nella probabile ignoranza dei loro stessi governanti e consulenti diplomatici) quei Paesi Europei, che si erano uniti per evitare guerre nel vecchio Continente, sono scesi in guerra come “co-belligeranti” contro il Paese di un leader politico, accusato da Putin di nazismo. Grazie alla loro fornitura di missili, droni, carri armati, aerei supersonici di guerra, l’Ucraina ha combattuto per ben tre anni contro il gigante Russo e molte giovani vite di quel Paese “sono volate molto anzitempo all’Orco”. Alla guerra sui campi di battaglia si è aggiunto il delirio del turpiloquio, cui nessuno dei cobelligeranti si è sottratto dal più alto al più basso livello, involgarendo carta stampata e immagini televisive della “civile” Europa. Naturalmente, come in ogni luogo dove impazza un’ordinaria follia, anche in Occidente (come in ogni manicomio) possono esservi individui che hanno sprazzi di lucidità mentale. Uno di questi è stato, a mio giudizio, Donald Trump che come un personaggio della commedia napoletana, pur non sapendo né leggere né scrivere, si è tirato fuori dalla guerra, arrendendosi e issando bandiera bianca. Il neo eletto Presidente Statunitense ha fatto, poi, quel che fecero gli antifascisti nel Bel Paese quando riconobbero le buone ragioni di Albione e dello zio Sam, riconoscendo che la prima era tutt’altro che perfida e il secondo amico tradizionale dell’Italia. Trump  ha riconosciuto che Putin, dopo che tanti russi erano morti per combattere il Nazismo nella seconda guerra mondiale, bene aveva fatto a fermare i genocidi che i neo-nazisti di Azov avevano compiuto e stavano compiendo ai danni dei filo russi e russofoni delle zone ucraine di confine. Chiedere al neo eletto Presidente americano di fare di più uscendo clamorosamente dalla NATO e lasciando gli Europei sotto l’ombrello sforacchiato dell’articolo 5° male interpretato e letto da Biden e Ursula Von der Leyen, sarebbe stato, a giudizio di qualche raro saggio ancora esistente in Occidente, un “fuor d’opera”. Da cow-boy americano, il Donald ha fatto le irrazionalità tipiche dei “guapi”: ha promesso di fare il salto da “cobelligerante” a “paciere” e di escludere i Paesi Europei dalle trattative con Putin e Zelensky. Il che, in parole povere, significa: “farò solo io la pace e ne terrò fuori gli Europei che, come me, erano co-belligeranti, alleati dell’Ucraina e nemici a pari titolo della Russia.
Domanda: Che significa ciò, pensando e facendo uso della ragione? Che se Putin e Zelensky firmano la pace restano in guerra contro la Russia solo gli europei, armati sino ai denti con in testa, in prima fila, la Germania di Ursula? E, domanda ulteriore:  che farà la Meloni: sottoscriverà un nuovo “patto d’acciaio”?
Trump ha promesso di fare l’America grande e c’è da credere nelle sue parole fino a prova contraria. E l’Europa? Continuerà a infierire sul cadavere della Dea Ragione dopo averla (illuministicamente?) assassinata ai tempi del Terrore?

 

 

 

 

 

BIBLIOTECA CHIESA ROSSA



Mercoledì 21 maggio 2025 alle ore 18,30 presso la Biblioteca Chiesa Rossa di San Domenico Savio n. 3 (Piazzale Abbiategrasso
Metropolitana 2, tram n. 3 e 15).
 
Angelo Gaccione, Gabriella Galzio e Luca Marchesini, parleranno del volume Città e scrittori (Di Felice Edizioni, 2025).


Cliccare sulla locandina per ingrandire

Ingresso libero.

PER ÖCALAN


 
Un posto per Öcalan! campagna mediatica per la liberazione di Abdullah Öcalan e tutte e tutti i detenuti politici.
 
 
Cari e care, come sapete, stiamo vivendo un momento cruciale, con opportunità senza precedenti per ottenere la libertà di Presidente Abdullah Öcalan. È quindi fondamentale compiere nuovi passi per aumentare la pressione internazionale a favore della sua liberazione. Con questo obiettivo, e nell’ambito della campagna internazionale “Libertà per Öcalan, una soluzione politica alla questione curda”, stiamo lavorando a una nuova iniziativa sui social media dal titolo “Un posto per Öcalan”. Questa campagna farà parte di un’azione social più ampia per rompere la censura attorno alla figura di Presidente Abdullah Öcalan, dargli spazio nel mondo digitale e avvicinarlo a milioni di persone che ancora non conoscono la sua storia. La campagna si svilupperà in diverse fasi. Per la prima fase, proponiamo la realizzazione di brevi video (5-10 secondi) in cui ciascuno si riprende nel luogo che preferisce, lasciando un posto vuoto accanto a sé per Abdullah Öcalan. Il video puòessere silenzioso o accompagnato da musica di sottofondo. Il nostro intento è renderla una campagna virale, con una visione anche artistica, in cui quel posto vuoto diventi un grido simbolico per la libertà del presidente Öcalan.
Vogliamo lanciare la campagna con numerosi video che vedano protagoniste figure influenti del mondo della politica, dell’arte, della cultura, della letteratura, dello sport e altri ambiti. L’obiettivo è poi diffondere il messaggio a livello globale per creare un forte impatto virale. Vi chiediamo quindi il vostro sostegno per dare a questa iniziativa un lancio potente. Sarebbe di grande aiuto se poteste contribuire con un vostro video per il lancio della campagna. È importante che i video vengano registrati in verticale (con il telefono in posizione verticale). Sentitevi liberi di arricchire la proposta anche con idee personali. Grazie fin da ora per il vostro sostegno e la vostra solidarietà.
Con affetto e stima, Vigil for Öcalan.

 

POETI PER GAZA
di Alberto Figliolia



Ai bambini di Gaza
 
Il presepe delle case
bombardate è una macchia
di buio, scorcio del vuoto
che pencola nei brandelli
di muro, nelle tappezzerie
strappate, nei mobili
ottusamente incolumi;
è intimità violata,
esposta allo sguardo
di chiunque passi
nella strada costellata
di macerie e polvere
mista a sangue,
e il sangue è polvere
a sua volta: dolore
porpora, liofilizzato, concentrato,
che si alza e disperde
in granelli nel vento acre,
aria che rotea
in parole morte;
è il giocattolo abbandonato
– fra mattoni, pietre e ferro
in un caos da fine dei giorni –
di un bambino, abbandonato
a sua volta al ronzio
dei droni che macinano
implacabili il cielo
dividendolo in poligoni
di immobile attesa,
in reticoli di paura sospesa,
e non può indicarli col dito,
solo col moncherino
che fu braccio, gli occhi
un pozzo di silenzio
in domande senza risposta.

BIBLIOTECA VIGENTINA


 
AFORISMA IN CORSO
Anno XVI - A cura di Cesare Vergati

Mercoledì 21 maggio 2025, ore 18.15
Incontro con autori che leggeranno propri aforismi.


Amedeo Ansaldi: aforista
Dario Stanca: aforista, legge suoi aforismi e di Anacleto Verrecchia
Angela Passarello: poeta, artista visiva
Cesare Vergati: scrittore poeta
Lidia Sella: giornalista, scrittrice, aforista legge sua recensione al libro Frammenti di inesistenza di Giorgio Gramolini: poeta, aforista, narratore

L’aforisma suscita del tutto naturalmente un ricco dibattito. Diverse sono infatti le letture di questo singolare fatto letterario. È un’arte così antica, che attraversa diversi secoli; importa il senso del complesso, nella sua intrinseca costituzione chimica, costituita da più materie.

Ingresso libero fino a esaurimento posti. Biblioteca Vigentina
corso di Porta Vigentina 15 | Municipio 1 0288465798 | c.bibliovigentina@comune.milano.it milano.biblioteche.it

venerdì 16 maggio 2025

VIOLATO L’ARTICOLO QUINTO DELLA NATO
di Luigi Mazzella
 

Questo scritto di Luigi Mazzella insiste sul concetto di co-beliggeranza da cui il nostro Paese dovrebbe prendere le distanze. Approfondire la questione e metterla al centro di una seria discussione pubblica ci sembra fondamentale, soprattutto in un momento internazionale così drammatico. Le pagine di “Odissea” sono a disposizione.    


 

 
L’Italia, oltre al disarmo verbale, deve uscire dalla co-belligeranza.
 
Se gli abitanti dello Stivale intendono dimostrare di non essere affetti nella loro maggioranza o totalità da cupio dissolvi e, quindi, di non essere disposti a perdere la loro vita o a vedere distrutti i propri beni e le stupende città del Bel Paese (costituenti un enorme patrimonio storico artistico culturale) da missili e droni russi dovrebbero fare tesoro delle invocazioni di pace provenienti dal Vaticano. E, di conseguenza, “disarmare le parole” per evitare che giungano alle orecchie di Vladimir Putin, quotidianamente investito da improperi e ingiurie di uomini politici italiani anche investiti di importanti cariche istituzionali, che pur sinora calmo e compassato potrebbe alla fine spazientirsi e prendersela non solo con Zelensky. E ciò perché gli abitanti dello Stivale devono sapere di essere stati ingannati da Joe Biden, dalla diplomazia europea, dai cosiddetti alleati della NATO e probabilmente dai suoi stessi governanti, se non si vuole attribuire a crassa ignoranza della sua intera classe politica (anche di opposizione) la mancata conoscenza delle effettive conseguenze del loro folle invio di armi a Zelensky. L’America di Biden e i Paesi Europei, violando l’articolo 5° del Trattato sul Patto Atlantico si sono lasciati pienamente coinvolgere dal fantoccio ucraino messo lì per minacciare la Russia e sono entrati in guerra al fianco di Zelensky. La verità che è stata nascosta (o ignorata) è che l’Italia e gli altri Paesi della NATO sono veri e propri “co-belligeranti” (alias co protagonisti) e non è certamente un caso che Donald Trump, con saggia avvedutezza per il suo Paese, si sia tirato fuori dalla guerra, pur con evidenti, ambigue e irrazionali contraddizioni (ora paciere, ora minaccioso sanzionatore) che lasciano il cerino acceso nelle mani di una massa acefala e scriteriata di governanti europei che non sanno che pesci prendere. 



Naturalmente l’inganno è stato perpetrato con l’aiuto di “azzeccagarbugli” della diplomazia europea (o anche italiana?) che, nel leggere l’articolo 5° succitato, hanno tirato fuori, come colomba dal cilindro, la sconsiderata distinzione, totalmente inventata e risibile, tra assistenza alla guerra e co-belligeranza, ritenendo violatrice del Trattato solo la seconda e non la prima. Ora chi non ha  la sveglia al collo sa bene che inviare droni e missili in grado di bombardare Mosca è ben più grave che mandare giovani vite per immolarle in ormai inesistenti “assalti alla baionetta”. Stando così le cose, se Santi protettori o Stelloni dell’italico Stivale (Papa Prevosto e Donald Trump) riescono, con la comprensione di un (ancora paziente) Putin, a porre fine all’insana avventura neo-nazista di Zelensky e dei battaglioni Azov: nulla quaestio. Se invece le trattative di pace dovessero fallire per i forsennati balletti di Macron, von der Leyen, Stamer & Co., alla pulzella della Garbatella, sotterrata nuovamente l’ascia di guerra di Giovanna d’Arco, a causa dell’inganno subìto, converrebbe seguire l’esempio statunitense, uscire dichiaratamente dalla co-belligeranza “senza se e senza ma” e chiedere di rivalutare con l’alleato americano la necessità di tenere in piedi un organismo i cui dirigenti disinvoltamente interpretano le norme del Trattato da veri analfabeti del diritto. È tempo di scelte decise: i funambolismi hanno fatto il loro tempo. D’altronde l’Italia non è, di certo, aliena a rivedere alleanze contratte a livello internazionale. È già avvenuto e può ancora avvenire. La strada è quella tracciata dall’articolo 13 del Trattato del Nord Atlantico. Intenditoribus pauca

 

 

 

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