UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

martedì 13 maggio 2025

QUELLO CHE RIMANE A GAZA
di Alida Airaghi


 
Dopo una vita trascorsa a interrogarmi, personalmente e professionalmente, su come il mondo abbia potuto permettere catastrofi come l’Olocausto, ho trovato la risposta tra le macerie nella mia terra martoriata, a migliaia di chilometri di distanza dai campi di sterminio europei. Scrivo questo libro perché il genocidio di Gaza mi ha cambiata nel profondo. Ha rivelato il vuoto morale e politico di un mondo che riduce l’umanità a una gerarchia di morte. Scrivo affinché nessuno, in futuro, possa dire di non sapere o che non poteva sapere… Scrivo perché le mie parole possano aiutare a impedire che il genocidio di Gaza diventi una dottrina da esportare nel resto del mondo, un modello da applicare ogni volta che il potere decida di avere ragione della ragione, minacciando la sicurezza e l’esistenza dell’umanità stessa”.



Con queste parole Rula Jebreal (Haifa 1973), giornalista esperta di politica internazionale, cresciuta a Gerusalemme e residente da anni negli Stati Uniti, introduce il suo volume Genocidio. Quello che rimane di noi nell’era neo-imperiale, in cui ricostruisce la storia della popolazione palestinese, soffermandosi particolarmente sulle vicende politiche che hanno portato alla creazione dello stato di Israele e ai successivi conflitti con la popolazione arabo-musulmana, fino alla recente e tragica invasione della striscia di Gaza.
Il resoconto puntuale delle sofferenze della sua gente viene misurato in cifre: oltre 61.000 morti a marzo del 2025 – secondo il calcolo al ribasso delle Nazioni Unite –, di cui il 75% donne e bambini con ventunomila dispersi, dai corpi disfatti e irriconoscibili; la distruzione del 94% delle strutture sanitarie di Gaza con centinaia di attacchi mirati, che hanno ucciso 1.200 operatori sanitari; più di duecento giornalisti assassinati; la devastazione del 90% del territorio: scuole, ospedali, palazzi, infrastrutture, coltivazioni; la carenza assoluta di cibo e acqua che ha provocato denutrizione e malattie croniche; un elenco tristissimo di torture, violenze sessuali, omicidi efferati… Un vero e proprio massacro che l’Occidente democratico guidato dagli Stati Uniti mistifica e minimizza, giustificando l’ingiustificabile, mettendo in atto una macchina di propaganda più letale delle stesse armi utilizzate, “mentre il mondo continua a girarsi dall’altra parte”.


Rula Jebreal

Rula Jebreal ripercorre la storia di questo genocidio a partire dalla Dichiarazione di Balfour del 1917 con cui l’impero britannico accordava al movimento sionista la creazione di un “focolare nazionale”, decidendo delle sorti dei popoli nel territorio palestinese. “Il potere politico e militare ebraico si è affermato, in Palestina, attraverso un rapporto violento con i nativi arabi, tanto musulmani quanto cristiani, un rapporto di disprezzo e volontà di schiacciamento, nella consapevolezza piena di stare occupando un territorio in spregio dei suoi abitanti”. Contemporaneamente, i governi europei utilizzavano il sionismo per giustificare la loro volontà di espellere gli ebrei dai propri Paesi. Per i palestinesi iniziava nei decenni successivi la Nakba, la catastrofe, un progetto di discriminazione, cancellazione, riduzione progressiva dei diritti e della presenza fisica dei palestinesi in Palestina, con la loro sostituzione etnica permanente.
Perché tale programmata occupazione delle terre palestinesi si può correttamente definire “genocidio”? Nel novembre del 2024, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sull’intento genocida della politica militare israeliana, che ha intenzionalmente violato il diritto internazionale umanitario. 



Concetto ribadito da Papa Francesco, dal Segretario delle Nazioni Unite António Guterres, dall’ex ministro degli Esteri europeo Josep Borrell, dai governi di Spagna, Irlanda, Sudafrica e Colombia, dalla Corte internazionale di giustizia, dalle Ong Human Rights Watch, Oxfam, Save the Children, Medici senza frontiere. E coraggiosamente documentato da Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani, nel suo report ONU del 2024 Anatomia di un genocidio, in cui accusava Israele di volere la distruzione materiale, morale e culturale del popolo palestinese, attraverso la negazione della sua dignità umana. Tali denunce sottolineano il rischio che, se lasciato impunito, questo genocidio possa rappresentare un precedente storico da esportare altrove, facendo “saltare l’ordine democratico, verso nuove giungle dominate dalla legge del più forte”.



Il genocidio di Gaza ha radici lontane, nelle dichiarazioni violentemente razziste e antidemocratiche dei dirigenti politici e militari di Israele, a partire da Theodor Herzl per arrivare a David Ben-Gurion, e poi a Golda Meir, Moshe Dayan, Menachem Begin, Badshir Gemayel, Ariel Sharon, fino all’attuale rappresentanza parlamentare guidata da Benjamin Netanyahu, che per decenni hanno portato avanti un progetto coloniale di sostituzione etnica per garantire la supremazia ebraica e costituire una “Grande Israele” esclusivamente per gli ebrei. “Oggi l’obiettivo di Israele è di cancellare la Palestina – una Palestina senza i palestinesi – con la complicità e il sostegno esplicito del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha legittimato il progetto di pulizia etnica dell’estrema destra israeliana, che il premier Netanyahu ha portato al potere, consolidando l’occupazione illegale, legalizzando la discriminazione razziale ed etnica del nostro popolo”.
Rula Jebreal ripercorre la storia della sua famiglia, dai nonni che dovettero lasciare la loro abitazione ad Haifa, ridotti a povertà estrema, al padre rifugiato con la famiglia a Gerusalemme est, a lei costretta a vivere con le sorelline in un orfanatrofio fino all’espatrio in America, dove dal 2018 insegna all’Università di Miami affrontando i temi della propaganda e del genocidio. Con coraggio e ostinazione ha creato una Fondazione, insieme a giuristi internazionali, diplomatici statunitensi e israeliani, per denunciare la strage in atto a Gaza sia al Congresso americano sia al Parlamento Europeo di Bruxelles, dove si è desolatamente imbattuta nell’indifferente scaricabarile della Vicepresidente e Deputata del PD Pina Picierno.



La voce dell’autrice si fa particolarmente commossa quando si sofferma sugli atti di eroica resistenza degli abitanti di Gaza (medici, operatori umanitari, giornalisti, avvocati e giudici, artisti), fornendo una puntuale documentazione del loro coraggioso operare. Infine enuncia tutte le iniziative legali che alcuni organismi politici mondiali hanno svolto e continuano a svolgere in appoggio alla popolazione palestinese (il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, il Consiglio per i diritti umani, la Corte internazionale di giustizia…), denunciando le potenze occidentali che esportano tecnologie di morte, trasgrediscono all’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra che vieta i trasferimenti forzati individuali o di massa, e negano l’apartheid, l’occupazione illegale e l’assedio paralizzante messo in atto da Israele a Gaza e in Cisgiordania.
Così infine conclude la sua drammatica e angosciante testimonianza: “La situazione non fa che peggiorare giorno dopo giorno, e la mia disperazione cresce. Siamo evidentemente alle soglie della soluzione finale per il mio popolo… Ma la nostra determinazione è superiore al dolore, è più forte dell’oppressione che grava su di noi da cinquantotto anni”.


 

Rula Jebreal
Genocidio.
Quello che rimane di noi nell’era neo-imperiale
Piemme Edizioni 2025
pagine 304

FERMIAMO IL GENOCIDIO



Mercoledì 14 maggio alle ore 20,30 troviamoci tutti in Piazza XXIV Maggio a Milano. Un corteo silenzioso e munito di fiaccole sfilerà per le strade di Milano in favore dei civili innocenti massacrati a Gaza. Facciamo sentire il nostro sdegno e la nostra umanità ai governi e agli indifferenti. [“Odissea”]

SALONE DEL LIBRO DI TORINO




Al Salone del libro di Torino al Padiglione 2 dello Spazio Abruzzo, alle ore 18,30 di sabato 17 maggio, conversazione sul volume collettivo Città e scrittori. Ne discuteranno assieme all’editore Valeria Di Felice, Chicca Morone, Renato Pennisi, Fabia Baldi.

AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO
Fabrizio Caramagna, Laura Zani, Silvio Sangiorgi






lunedì 12 maggio 2025

IL GOVERNO DI ISRAELE COME I NAZISTI
di Angelo Gaccione



Potete addolcire il linguaggio come meglio credete, lo potete falsificare a vostro piacimento, potete lavarvi la coscienza ed assolvere con mille pretesti la condotta nazista del governo di Israele in questa fase della storia nei confronti della popolazione civile inerme palestinese, ma tale resta. È indubbiamente terribile che a fare tutto ciò deliberatamente e senza alcun motivo di tipo militare (bombardare donne, vecchi, bambini innocenti e stremati; affamarli riducendoli a scheletri come facevano i nazisti nei loro confronti) siano gli eredi dei sopravvissuti allo sterminio nei lager e i loro complici internazionali, ma io resto fermo al principio morale espresso nel verso finale di una mia poesia: “tutto ciò che è disumano si somiglia”.



È amaro dirlo, ma la storia trasforma spesso le vittime in carnefici; li rende simili nel male. È quanto avvenuto in Israele. Scrivevo i versi del testo “La stessa faccia, lo stesso metodo” nei giorni del 25, 26, 27 marzo del 2020. Quei versi e quella poesia sono ora nella raccolta Una gioiosa fatica - 1964 -2022, appena pubblicata nella Collana di poesia civile della casa editrice napoletana La Scuola di Pitagora. Raccontano dell’orrore dei lager e dei gulag e mai avrei immaginato che lo sfortunato popolo che avevo sentito sempre fraterno, avrebbe potuto esprimere una casta religiosa e politica tanto spietata, tanto simile ai propri aguzzini.  

QUESTO LO STA FACENDO IL GOVERNO DI ISRAELE ORA  








LE PRIME FRASI “STORICHE” DI PAPA PREVOST
di Luigi Mazzella



Tra le citazioni di frasi pronunciate dal Papa neo eletto, ne ricordo
due: 
1) La prima frase è: “la perdita della fede è un dramma esistenziale”.
Essa, pronunciata da chi lascia presumere la sua soddisfazione di  non averla mai perduta, pur volendo apparire come un’espressione generosa di comprensione per una disgrazia altrui, appare, di primo acchito, apodittica, sfornita di prove convincenti e smentita dal fatto che tra i pretesi “traumatizzati psichici” vi sarebbero stati (e oso aggiungere: vi sarebbero) molti “geni” dell’umanità universalmente riconosciuti e, per ciò che è noto, abbastanza soddisfatti, se non felici della loro lucidità mentale. Papa Prevost, con buona probabilità, nei luoghi dove ha vissuto e operato, non si è imbattuto in laici autentici, non credenti e felici di essersi (a loro parere: intelligentemente) liberati dal peso di un ingombrante bagaglio, ritenendolo colmo di fandonie irrazionali e fantasiose e di avere riscoperto il gusto della conoscenza attraverso la filosofia, quella vera degli antenati lontani della civiltà greco-romana, della libertà di pensiero e d’azione più piena e della felicità di una vita volta edonisticamente alla conquista della serenità, dell’equilibrio psichico, dell’armonia con sé stessi e con gli altri, nonché, dulcis in fundo, dell’amore e del coniugio, costruiti su profonde affinità psichiche e mentali, pur senza benedizioni e odori d’incenso. I non credenti hanno seguito la sua elezione al soglio pontificio con interesse e pur senza farsi soverchie illusioni circa un avvicinamento della soluzione dei problemi realmente importanti del consorzio umano che riguardano guerre distruttive e morti atroci; odi sempre più feroci tra gli esseri umani soprattutto nella parte occidentale del globo dove dominano la sua religione e le altre due monoteiste, oltre al fascismo e al comunismo; aggressioni violente personali e collettive; aggregazioni innaturali e forzate di gente con usi e costumi diversi che portano comunque scompiglio in rapporti consolidati da secoli di convivenza sullo stesso territorio; finanze statali dissestate e in profondo rosso, foriere di incontri e scontri non sempre commendevoli; corruzioni diffuse; disordini sociali e via dicendo.
Gli “infedeli” si arrogano anche il diritto di poter liberamente criticare il linguaggio pregiudizialmente compiaciuto, zuccheroso, sdolcinato, mieloso che ha accompagnato la sua elezione a Papa (a differenza di quanto molto più compostamente avviene per ogni altro Capo di uno Stato estero). L’untuosità non necessaria conduce, infatti, ai livelli più bassi la prostituzione professionale e il servilismo espresso, scrivendo o concionando in tivù, da gente che dimostra di non conservare neppure il ricordo di che cosa possa significare vivere mantenendo la schiena dritta.
2) La seconda frase esprime la tesi secondo cui le donne debbano essere tenute lontane dai vertici ecclesiastici. Essa non ha sorpreso nessuno: costituisce, purtroppo, solo l’ennesima prova di una visione ingiustificatamente maschilista del genere umano (di cui pochi, anche se credenti e fedeli, avvertivano il bisogno).


 
Per compensare il miele sparso a piene mani dall’esercito dei laudatores, v’è il veleno, altrettanto potenziato da contributo straordinario di new entry, del battaglione mass-mediatico capitanato da una giornalista che più che intervistare pretende di ricevere consensi alle sue idee che espone senza i limiti di tempo (che impone agli altri partecipanti al talk show). Forte del suo ruolo, la sua voce predomina su quella dei partecipanti e raggiunge insolite note di altisonanza. E ciò nel tentativo ripetuto e petulante di sospingere il neo eletto Pontefice a pronunciare frasi contrarie all’odiato (da lei) Donald Trump e alla sua politica che, guarda caso, è di pace, come quella di Papa Prevost. Un proverbio dice: Ride bene chi ride per ultimo!

CONTRO LA GUERRA



Appello per una manifestazione regionale contro la guerra da tenersi a Trieste il 31 maggio 2025. 

Trieste. Non vogliamo che il porto di Trieste sia integrato nei piani di guerra e di rapina dell'imperialismo statunitense e della Nato. Il progetto di corridoio Imec lega Trieste al regime sionista, proprio mentre quest’ultimo sta commettendo un vero e proprio genocidio a Gaza. Gli yankee se ne devono tornare a casa da Aviano, deve cessare la militarizzazione del Friuli e la corsa alla produzione bellica, promossa ad esempio dall'ultimo accordo Meloni-Erdogan, che coinvolge anche lo stabilimento Leonardo di Ronchi. Ci opponiamo al riarmo europeo e italiano, il quale sacrifica le nostre condizioni di vita (e in futuro forse la vita stessa) alle velleità di gruppi di potere economico e politico che ci stanno progressivamente portando alla terza guerra mondiale. Dobbiamo ribellarci al “diritto di guerra” che il governo Meloni sta implementando con l’ennesimo “decreto sicurezza”. Vogliamo pace, libertà e vera sicurezza, che possono nascere solo da una società più giusta e da relazione internazionali eque. Il 31 maggio porteremo queste rivendicazioni a Trieste in un corteo regionale, assieme ad altre forze, unificate dall’appello in allegato. Esortiamo i singoli a partecipare al corteo e tutti i gruppi politici, sindacali, culturali e sociali che si battono per la pace, la fratellanza tra i popoli e contro il militarismo ad aderire, scrivendo un messaggio a:
fvgcontrolaguerra@protonmail.com 
Coordinamento No Green Pass e Oltre

domenica 11 maggio 2025

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
 
Albero di alloro

Acri. Nuvole, cielo, piante, luce e colori.

Gli elementi più amati della mia città non mi hanno mai deluso e continuano a sorprendermi positivamente anche a distanza di anni. Puoi giungervi a ridosso della Pasqua in una tarda sera con un tempo freddo e piovoso, e già all’indomani la luce del mattino ti regala un cielo cobalto striato da una quantità di nubi filiformi dal bel colore bianco che nessun pennello d’artista riuscirebbe a riprodurre. Se dal balcone spingi lo sguardo sulla collina di fronte, l’impasto e le tonalità di verde che sovrastano le abitazioni rivelano la straordinaria forza vitale di una vegetazione che si oppone ad ogni intrusione umana, ad ogni offesa urbana. È come se volesse dire: “Qui comanda la mia potenza e i vostri sforzi per dominarmi sono vani”. Giù in basso, invece, i filari di platani sono spogli e non schermano il viavai continuo delle auto e degli altri mezzi di trasporto. Quello che possiamo considerare un piccolo giardino incolto, annovera alberi fra i più diversi, e al di sopra di un muro di contenimento, fra la vegetazione spontanea in parte ancora verde, si fanno notare alcune piante di fichi già cariche di boccioli dei cui frutti io sono ghiottissimo. A Milano di fichi come i nostri non c’è nemmeno l’ombra e nei supermercati sono inguardabili, tanto sono meschini. Sono piante messe a dimora da alcuni abitanti della palazzina che mi ospita, e sono sempre loro che hanno fatto diventare splendido l’albero di alloro, che in questo rettangolo di verde domina incontrastato e spande il suo magico afrore.


Ginestre

Se mi spingo appena fuori dal centro urbano è un trionfo di fiori gialli di ginestra “abbarbicati a costoni”, come dicono i versi di una mia poesia dedicata a questa città. E se si percorre in auto qualche chilometro lungo la strada tutta curve per dirigersi oltre il Calvario, lasciandosi la vallata del Càlamo sulla sinistra, ci si può imbattere qua e là in “isole” di campi fitti di fiorellini selvatici dai mille colori che nascono spontanei. Sono colori così incredibili e luminosi che forse solo qui, in questa parte di Calabria benedetta, sono possibili.         

 

 

     

LE POESIE GIOVANILI DI ROSSETTI


Beatrice Anton Rossetti
 
Leggere Amori a noleggio di Beatrice Anton Rossetti è come gettare un sasso in un pozzo. Il sasso sprofonda nell’acqua buia e si apre per lui una diversa realtà, se vogliamo capovolta rispetto alla realtà che si vive fuori dal pozzo alla luce del sole. Così queste poesie raggiungono il fondo di un’anima che non riesce a esprimere all’esterno e vivere quelle passioni, quelle sofferenze interne accompagnate da un forte senso di estraneità, di marginalità.
L’amore, desidererebbe prima di tutto questa anima: l’amore che desse alfine pace alla sua anima martoriata. Un senso di sé fragile e spesso negativo come un fiore che non può sbocciare, a causa del destino, che schiaccia i deboli e i poeti. Ma la speranza non viene meno: si sente in molti brani la tensione ad una immaginaria fuga. Immaginaria, per il momento, ma possibile, nel caso miracoloso che il sasso riuscisse a fare il percorso inverso fuori dal pozzo.



Beatrice Anton Rossetti
Amori a noleggio
Impremix Edizioni, 2025
Pagg. 44 € 12,00

LA POETICA BILINGUE DI MARIA LENTI 
di Laura Margherita Volante


Maria Lenti

Nelle poesie di Maria Lenti ho incontrato il mio carattere alessandrino: un bel barolo forte deciso di annata, frutto della fatica dei contadini, messa a dura prova dalla grandine, che distruggeva le vigne e gli acini succosi e turgidi, dal sapore deciso. Dietro ogni grappolo viola o dorato c’era il lavoro instancabile dei viticoltori dai volti anneriti e rugosi dal sole, con le mani nodose e callose. C’era verità e sapore di buono. Nella raccolta poetica di Maria Lenti Segn e Artaj/ Segni e Ritagli, ho ripercorso il vino della mia infanzia. Un ritorno alla sorgente. La Nostra è una sorgente di valori e di espressioni, che coniugano memorie di appartenenza insieme a profonde e minuziose riflessioni, attraverso le fasi dell’esistenza tra cultura e impegno politico. Autenticità fattasi poesia. Esperienze e lezioni di vita, dalle cui domande ne sgorgano altre, e se ci fosse un’ultima domanda non ci sarebbe risposta alcuna. Maria Lenti trae anche ispirazione non solo dai ricordi, letti e riletti nel trascorrere dei cicli della vita, ma anche da poeti che hanno segnato il viaggio umano, come Catullo, Emily Dickinson, Camillo Sbarbaro, per citarne alcuni.
Suggestioni illuminanti di saggezza immediata nella formula bilingue fra il dialetto delle sue radici e la lingua italiana colta, semplice ed elevata. Filosofia esistenziale fino a toccare le corde più profonde dell’anima, esplorandone l’essenza, da cui non si sfugge.  Così è L’ora che volge il disio…
 


Odi et amo
Te voj ben e te voj mal
Sa’ n’intensità ugual
Com è posibil ent’tel so’ di’
Ma è così
E me sent in croc.


*
Odi et amo
Ti voglio bene e ti voglio male
Con la stessa intensità
Ma è così
E mi sento in croce.

 

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