UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 19 giugno 2025

ESCALATION: VA SEMPRE PEGGIO


 
Il cancelliere Merz, il più idiota dei super-idioti europei, ha almeno il merito di dire quello che pensa: noi stiamo con Israele non solo per mettere la parola fine al programma nucleare iraniano, ma per bloccare l’esportazione del terrorismo da parte di Teheran. Il discorso viene completato e ripulito degli evidenti equivoci dalla neonazi Kallas che prima si nasconde dietro alla de-escalation - una parola che serve per confondere le acque e le responsabilità, ossia per non criticare Israele; la legge internazionale, vedi il post di El Baradei, già direttore dell’IAEA, va ri
chiamata solo quando serve - poi, in risposta a una domanda, chiarisce cosa si intende per terrorismo: il sostegno alla Russia in Ucraina. L’appoggio a Israele contro l’Iran fa dunque parte della guerra europea alla Russia - indebolendo l’uno si indebolisce l’altra. Ai super-idioti va almeno riconosciuto di avere delle priorità, e di perseguirle - detto per inciso, tra queste priorità non ci sono i palestinesi. Fonte Bloomberg, Merz, lunedì, aveva anche previsto - previsione da super-idiota - che entro la mezzanotte di ieri Trump avrebbe deciso l’attacco all’Iran. Un’altra notizia di Bloomberg - una vera bomba - è l’affermazione dello stesso Trump che le sanzioni danneggiano l’America! Sulla decisione del presidente americano probabilmente grava ancora l’incertezza, però possiamo essere certi che al suo posto una Kamala Harris, tanto per fare un nome, avrebbe già dato il via alle ostilità. In attesa della conclusione del processo decisionale, vanno notate le prime incertezze del mainstream. France 24 si chiede: ma qual è il vero obiettivo di Israele? Il “regime change” a Teheran è realistico? È però il WP a mettere il dito nella piaga: le difese antiaeree israeliane sono inadeguate, costose e sufficienti solo per una guerra che non duri più di due settimane. Sulla stessa linea è Bhadrakumar che cita fonti russe. [Franco Continolo]

 

 
Il Cancelliere Friedrich Merz afferma di aver parlato con il governo degli Stati Uniti di un possibile intervento militare nella guerra tra Israele e Iran. Ha anche elogiato i successi dell’esercito israeliano. Secondo il Cancelliere Friedrich Merz (CDU), il governo degli Stati Uniti sta valutando un intervento militare nella guerra tra Israele e Iran. “Ne abbiamo discusso, ma ovviamente non c’è ancora una decisione da parte del governo degli Stati Uniti”, ha dichiarato Merz a margine del vertice del G7 in Canada, in uno speciale di WELT Talk con Jan Philipp Burgard, caporedattore del WELT Group. “Ora dipende molto da quando il regime dei mullah sarà disposto a tornare al tavolo delle trattative. In caso contrario, potrebbero esserci ulteriori sviluppi. Ma dovremo aspettare e vedere. Le decisioni saranno probabilmente prese nel prossimo futuro”. Merz ha anche sottolineato i successi dell’esercito israeliano. Israele ha distrutto “con grande successo” le strutture del programma nucleare iraniano. Oggi, si potrebbe probabilmente dire: non ci sono armi nucleari in Iran. Ci sarà ancora “lo stesso livello di finanziamento e sostegno al terrorismo globale da parte di questo Paese”. Il regime dei mullah è “molto indebolito” e probabilmente non tornerà alla sua precedente forza, ha affermato Merz. “Non tornerà a essere com’era fino a giovedì scorso”. L’esercito israeliano ha dimostrato le sue capacità negli ultimi giorni. Il futuro dell’Iran è incerto. “Noi europei ci siamo offerti di fornire tutta l’assistenza diplomatica. Se, ad esempio, ci fosse una ripresa dei colloqui diplomatici, saremmo pronti a partecipare”, ha affermato Merz. Nell’intervista, il Cancelliere ha anche contraddetto il Presidente degli Stati Uniti, che all’inizio del vertice aveva definito un grave errore l’esclusione del Presidente russo Vladimir Putin dal formato. “Continuo a credere che l’esclusione di Putin dal formato G8, come si chiamava all’epoca, dopo l’annessione della Crimea, sia stata corretta”, ha sottolineato Merz. “Non siamo qui seduti in questo formato con signori della guerra o criminali di guerra. Ed è per questo che rimane il fatto che Putin non ha posto a questo tavolo”.
 
(Trad. di Google)

GUERRA E MODERNITÀ
di Franco Astengo
 

La guerra sembra riaffacciarsi sullo scenario geopolitico come una prospettiva “globale”.
 
I conflitti in corso in particolare quelli in Ucraina, Iraq e Siria e lo spostamento d’asse nei principali equilibri internazionali hanno fatto riprendere consistenza all’ipotesi di un conflitto generalizzato di dimensioni planetarie che veda di fronte gli Stati Uniti e la coalizione occidentale (comprensiva del Giappone che, com’è noto geograficamente, si colloca nell’Estremo Oriente) e la Russia alla quale si sta accostando la Cina. Si tratterebbe di una deflagrazione a intensità altissima, quasi insopportabile per l’intera umanità: un rischio da scongiurare assolutamente ma che appare verosimile perché hanno ormai perso di forza e di autorevolezza quegli organismi internazionali che durante l’epoca del bipolarismo” atomico” Usa/Urss (1948-1991) avevano bene o male garantito la mediazione necessaria e l’insorgere, conclusa anche la fase della sola superpotenza, di una molteplicità apparente di conflitti dalle diverse motivazioni (compresa quella dello “scontro di civiltà, tra Occidente e Islam fondamentalista) della possibilità di una risoluzione del “contenzioso” (in particolare dal punto di vista degli approvvigionamenti energetici) attraverso una guerra di tipo generale. Soprattutto però è cambiato il concetto di “guerra” dal punto di vista della concezione della “modernità” e della possibilità di giustificare storicamente, e anche dal punto di vista filosofico, l’evento bellico.
La fase che stiamo attraversando appare proprio quella del superamento del ruolo degli USA a disporre da soli dello “ius ad bellum”: in questo periodo la guerra è rientrata in circolazione come moneta sonante del pagamento dell’azione politica anche nell’area europea, sia a livelli sub-statuali (quella definita come “terrorismo”) intrecciati a livelli sovra-statuali (appunto il già citato “scontro di civiltà”). In questo quadro, contraddistinto proprio dall’unicità di presenza di una sola superpotenza, quella statunitense e a fronte della già ricordata palese obsolescenza del sistema di legalità internazionale fondato sull’ONU, si era ricorsi ad un uso “normalizzante” della guerra: quella “asimmetrica” contro il cosiddetto terrorismo, quella “umanitaria” che oltrepassava il principio di non ingerenza; quella “preventiva” che andava oltre il divieto della guerra d’aggressione, fino alla guerra “per la democrazia” che si fondava sull’ipotesi che vi fossero nessi cogenti fra la qualità interna di un ordine politico e la sua propensione alla guerra, e che in un mondo democratizzato” all’occidentale” le guerre sarebbero state impossibili. Dal cappello dell’apprendista stregone di questi concetti sono sorti, non tanto improvvisi, mostri dalle diverse teste: i Talebani in Afghanistan, il Califfato del Levante e quello della Nigeria, tanto per fare degli esempi concreti oltre alle nuove dittature islamiche e/o militari in Egitto, Tunisia, Algeria e il dissolvimento d’intere unità statuali, dall’Iraq alla Libia dalla Somalia all’Eritrea al Sud Sudan. Sono ormai saltati quei principi che la teoria e la filosofia politica avevano ricercato per creare le condizioni e le modalità di una possibile “guerra giusta” (un ideale inseguito fin dalla prima filosofia cristiana in Agostino e poi nella Scolastica da Tommaso): limiti dell’ingerenza in difesa dei diritti umani; proporzione degli atti di guerra rispetto alle offese da riparare; problema della liceità delle armi di distruzione di massa.



La scienza politica aveva affrontato, da parte sua, il problema attraverso i metodi e le categorie dell’idealismo e del realismo, attraverso le nozioni di equilibrio e di egemonia. Oggi tutta questa impalcatura teorica e ideologica sembra saltata e siamo alla guerra globale dove è saltata la distinzione fra guerra e terrorismo, tra civili e militari, fra Stati e gruppi armati “privati”.
La scena internazionale appare così percorsa da innumerevoli conflitti di vario livello e diversa intensità, con base su sfondi apparenti anche diversi da quelli di tipo economico come quelli religiosi o identitari. Quale migliore occasione allora per “ripristinare l’ordine” per via bellica da parte di chi intende affermare un nuovo multipolarismo concepito in modo tale da usarne i meccanismi per puntare al recupero del bipolarismo presentandosi come il propugnatore di un diverso equilibrio rispetto a quello imperniato su di una sola superpotenza?
Potrebbe esser questo il tema all’ordine del giorno nei prossimi mesi, attorno al quale riflettere soprattutto da parte di chi sa benissimo che non è proprio il caso di cadere nella trappola dello “scontro di civiltà” e che la logica dominante rimane quella dello sfruttamento dell’uomo e del pianeta e che in gioco c’è proprio la libertà di poter disporre a proprio piacimento della facoltà di sfruttare al massimo dell’intensità senza tener conto della necessità di un equilibrio riguardante la presenza (ormai a rischio) del genere umano sul pianeta.


 

 

A NAPOLI
Contro il massacro dei giornalisti liberi.




TEATRO
“L’Occhio del Ciclone a Lucca”




 

mercoledì 18 giugno 2025

‘FUORI, SUL MARCIAPIEDE!’
di Associazione di volontariato Idra


 
 
Rischio idraulico e informazione nella Regione Toscana. 
 
Meno rischio in Toscana! Siamo d’accordo!’, spiega il responsabile di Idra al momento di porgere a chi è in fila nel vestibolo del Teatro della Compagnia un contributo temerariamente intitolato Nessuna Risposta, né in diretta né in differita, né a voce né per iscritto’.
È lunedì 16 giugno mattina, via Cavour, appuntamento finale del ‘percorso formativo e di comunicazione’ sulle politiche di contrasto ai guai idrogeologici intitolato Meno rischio in Toscana.
‘Ma lei, è dell’evento?’, obietta una ragazza dell’organizzazione.
‘Certo: sono registrato!’
‘Sì, però non si può distribuire materiale, se non è quello della Regione!’
‘Ma esistono ancora i cittadini!? niente spazio qui per le associazioni di volontariato?’
‘È così: non si possono dare i volantini’
‘Questo non è un volantino: è informazione! Questo contributo voi l’avete ricevuto, a suo tempo, e non avete risposto. Ci permetterete di farlo sapere a chi interviene, no?’
Subentra un’affabile responsabile di grado superiore.
‘Guardi, le devo chiedere di farlo fuori! Sul marciapiede!’
Indicazione perentoria. Ma, ammettiamolo, non inattesa.
‘D’accordo’.


Fuori, sul marciapiede, quella che il cronista annota è in buona parte una simpatica sfilata di gala.  Del resto, oggi sarà giorno di attestati, e premi, e foto, e celebrazioni. Qualcuno compulsa incerto il magico aggeggio e interpella l’indiscreto cittadino con quei fogli in mano, scambiandolo per usciere, a sincerarsi che sia questo il portone giusto.
‘Sì, è qui la festa!’, risponde lui ammiccando e porgendo una delle centocinquanta copie di pericolose integrazioni informative di cui è munito. Ma per correttezza aggiunge: ‘Non appartengo al Palazzo, rappresento l’opposizione!’.
Sgrana un attimo gli occhi.
‘No, non quella al governo della Regione, s’intende! Quella al Sistema’.
C’è chi afferra, chi meno, ma tutti - tranne uno, forse un po’ nervoso - accolgono il fronte/retro proposto. Qualcuno chiede addirittura spiegazioni.
‘Eccole! Sono scritte nelle prime righe. A Firenze abbiamo un caso-scuola di rischio idraulico gigantesco, concreto e attuale, acclarato e pervicace, grande come una casa, anzi come una stazione: l’enorme buca TAV che si scava da anni - senza valutazione di impatto ambientale - in un’area classificata ad elevato rischio idraulico’.
‘Cioè?’
‘Vede. Quella voragine fra viale Redi, viale Corsiva e via Circondaria doveva nascere molto più a est, all’incrocio col viale Belfiore. Ma poi, al momento dell’approvazione in conferenza di servizi, 26 anni fa, il disegno di quella stazione non piacque: prevedeva la demolizione di un’architettura razionalista storica. E allora si rifece il progetto, e la nuova stazione fu approvata nel 2003 accanto al subalveo del torrente Mugnone, in un’area di esondazione a pericolosità idraulica classificata ‘alta’ nelle carte dell’Autorità di bacino!’
‘È così!?’


‘Già! Si preferì evitare di riattivare una noiosissima (!) procedura di valutazione di impatto ambientale e si scolpì nella pietra delle carte ministeriali questa frase, che tutte le autorità di controllo accolsero con gioia: “Per quanto riguarda la nuova stazione AV restano confermate le valutazioni già espresse nella Conferenza dei servizi del 3.3.1999”. Solo che quelle valutazioni riguardavano un contesto urbanistico e trasportistico abbastanza differente. E, soprattutto, una fossa programmata a parecchie centinaia di metri a est del Mugnone, in un’area che l’Autorità di bacino definisce a pericolosità né alta né media, bensì bassa!’.
‘Se è vero, come si chiama questa, se non pirateria?’, obietta l’interlocutore.
‘Non esageriamo, nella neolingua si può ben chiamare… ‘democrazia’! La mancata procedura di VIA per la stazione Foster, e di VIA regionale o di altro tipo per l’adeguamento idraulico di Mugnone e Terzolle, ha impedito infatti scientificamente alla cittadinanza e alle autorità tecniche indipendenti l’accesso alla conoscenza dei progetti e l’esercizio del diritto di proporre osservazioni, correzioni, integrazioni!’



Un’amica ex cronista è lì che ascolta. Il responsabile di Idra le domanda a bruciapelo: ‘A proposito di bufale, lo sai dove vanno le terre di scavo delle gallerie della ‘grande opera’?’
‘No: dove?’
‘In discarica!’
‘Ma dài!’
‘Infatti. Nessuno dei ‘grandi giornali’ lo scrive. Lo abbiamo fatto sapere a tutti i media, in tutte le salse. Ma loro, zitti! Che mestiere è diventato mai quello dei giornalisti?’
E allora, quando il volontario-non-allineato, esaurito il proprio compito sul marciapiede, entra in sala per registrare l’esposizione compiaciuta dei risultati del percorso formativo e di comunicazione intitolato Meno rischio in Toscana. Nuove soluzioni contro alluvioni e frane’, qualcuno dovrebbe spiegargli come potrebbe ritenersi credibile e dignitoso quel coro di impegni, rassicurazioni, plausi, lodi e ringraziamenti di cui si è intessuto l’evento. Vano è stato chiedere del resto all’ingresso se ci fosse spazio per una breve comunicazione. ‘Possono parlare soltanto i premiati’, è stato sentenziato. Ma capiterà mai a Idra di esserlo?
Nessuno, del resto, che abbia osato fare dal palco un pur lontano riferimento ai contenuti della dettagliata incursione informativa sul caso più eclatante e concreto di apparente incuria amministrativa  sollevato e documentato ‘sul marciapiede’ da un’associazione che dal 1994 segue, monitora e - all’occorrenza - attesta nelle competenti sedi giurisdizionali l’avventura non sempre gloriosa delle cantierizzazioni per Alta Velocità ferroviaria, dal Mugello a Monte Morello, da Sesto Fiorentino alla città Unesco chiamata Firenze. Anche dal responsabile della Direzione Difesa del suolo e Protezione civile della Regione Toscana, cui sono state affidate le conclusioni dell’evento, né ieri né ieri l’altro né stamani è arrivato ai cittadini un qualsivoglia riscontro alla richiesta di colloquio e alle proposte trasmesse per Pec a gennaio da Idra. Cosa si chiedeva? Semplicemente che il progetto di bypass del Mugnone lì sotto il fascio ferroviario che origina in Santa Maria Novella tenga conto di due esigenze prioritarie che - ad avviso dell’associazione - sarebbe opportuno soddisfare.



La prima, quella di un’adeguata rivisitazione del progetto alla luce dei nuovi fattori di rischio sopraggiunti: si tratta di ricalcolare idraulicamente il dimensionamento dell’intervento, in relazione ai parametri cui è tenuto ad attenersi (fra questi, il set di dati pluviometrici, che risultavano (risultano ancora?) fissati un quarto di secolo fa, prima cioè che si rendessero palpabili i drammatici incrementi di rischio derivanti  dall’accresciuta frequenza e intensità di fenomeni meteorici estremi.
La seconda, quella della contestuale messa in sicurezza dell’intera asta del torrente, in termini di cura, manutenzione e interventi di sistema miranti a restituire - anche attraverso attività strutturate - equilibrio al territorio collinare, periurbano e urbano: la mera apertura di un quarto fornice, infatti, potrebbe non bastare a salvaguardare Romito e stazione AV dal rischio di esondazioni dovute a fango, rami secchi, sabbia e detriti di risulta provenienti da monte. I recenti episodi di piena del Mugnone, che ha lambito la base dei ponti su cui transitavano Italo e Freccia Rossa (28 gennaio, 14 marzo), stanno lì drammaticamente a ricordarlo. In ogni caso, giova aggiungere, quanta informazione è stata fornita ai cittadini che abitano l’area interessata dall’intervento del bypass, non banale né breve né indolore, in zona Romito?

LE PAROLE
di Vinicio Verzieri


 
Le parole o i termini, i vocaboli, sono nati senza una data precisa e nemmeno si sa chi sono i creatori. Hanno una sonorità che dovrebbero accostarsi alla forma della cosa definita o, nel caso del suono, al verso di un animale o di un rumore. Esse non seguono queste regole sempre a causa delle diverse lingue, quindi una parola viene scritta o detta in modo diverso. Gli scrittori vanno alla ricerca di quelle per meglio esprimersi e dare un valore letterario, per meravigliare e in alcuni casi le inventa. In altri ambiti tecnici fanno la catena delle derivazioni come dal greco, poi dal latino e infine all’italiano. Ci sono le appropriazioni da altre lingue, quelle che imbarbariscono fino a scomparire, possono essere lunghe o breve, fare commuovere, ridere, riflettere, zittire, entusiasmare, creare emozioni, fare innamorare e molto altro. Le parole non sono flessibili, eppure molti le interpretano a piacimento, sono inequivocabili, ma un sì diventa una negazione e viceversa. A voce si modellano con toni diversi, cambiano volto e si perdono. Quando scrivo non sempre rincorro un termine giusto, è esso che si presenta e scivola sul foglio con un seguito che molti dicono sia frutto di un momento creativo o ispirazione. Ti do la mia parola, ma ci si può fidare? Non sempre. Nel dormiveglia a volte creo pensieri scaturiti da una parola insolita e mi dico che non ho la forza di scriverli, lo farò domani, tanto è facile da ricordare. Invece non sempre ci riesco e mi rimprovero per non essermi svegliato. Che io sia ignorante è ovvio, non conosco tutte le parole del dizionario e anche quelle tecniche che non vi sono e nascono di continuo. Molte parole sono definite erroneamente, altre ambigue, non tutte di una valenza. Comunque, quelle che vorrei, non ci sono per descrivere quelle sensazioni emozioni e sentimenti che sono nel mondo delle astrazioni. Il silenzio a volte è più eloquente e sincero delle parole. Per esprimermi e comunicare percorro strade parallele con il disegno, la pittura e la scultura. Dove trovare l’archetipo che descrive l’interiore? Nella bellezza? Nella poesia? Ma esse sono astrazioni, e allora? Non trovo risposte, solamente interrogativi e dubbi. In tal caso mi chiedo come possono essere soddisfatti e appagati con presunzione gli scrittori? Tacere sempre non si può. Allora la vita è legata alla parola? Come hanno fatto i nostri progenitori e come fanno gli animali, le piante e le cose a intendersi? Ho letto delle risposte e certamente contribuisce l’intuito.

 

GAS E GENOCIDIO 



PER I DIRITTI E PER LA PACE
Sciopero generale! 




ARCHIVIO MORONI
La guerra è reazionaria e contro i popoli. 




martedì 17 giugno 2025

“PERSONE PER BENE”
di Angelo Gaccione



Questo bambino della foto di chiama Adam, è un palestinese, l’esercito criminale israeliano (tutti gli eserciti sono criminali perché ubbidiscono a ordini criminali e non si fanno mai nessuna domanda su chi gli ordina di andare ad ammazzare alla cieca e perché; soprattutto esseri umani, esseri vegetali ed esseri animali che non hanno colpa alcuna e che la guerra sono costretti a subirla, non la vogliono, non la dichiarano) gli ha massacrato quasi l’intera famiglia. Non ha più il papà, non ha più i tanti fratellini, ed è vivo per miracolo. Le bombe dell’esercito israeliano lo hanno ridotto come lo vedete. Non era un terrorista, non voleva la morte dei bambini israeliani e a questa età non sapeva nulla del perché gli adulti si fanno la guerra, ma ammazzano i bambini. I bambini non sanno che gli adulti (non tutti, per carità! Non mi si fraintenda, se fosse così sarebbe meglio che un’epidemia cancellasse prima possibile tutto il genere umano) sono dei vili: creano contrasti fra loro ma invece di sfidarsi a duello e risolvere con il loro sangue i problemi che creano, mandano i soldati ad ammazzare e a farsi ammazzare. Ai giorni nostri i soldati e le armi ammazzano soprattutto gente innocente che la guerra non la vuole e non la dichiara. Quelli che la vogliono e la dichiarano è raro che muoiano in guerra e quasi sempre la fanno franca. A volerla e a dichiararla è un gruppo limitato di concittadini che eleggiamo con il nostro voto. Li eleggiamo perché si occupino del buon funzionamento della comunità in cui viviamo, se ne prendano cura e risolvano, nei limiti del possibile, le difficoltà di tutti noi assolvendo al loro compito con onestà ed onore. Votandoli non gli abbiamo affidato nessun mandato per portarci in guerra, ma di stabilire relazioni pacifiche in modo che la nostra bella patria possa andarne fiera. Io non mi vergogno di usare la parola patria perché amo la sua lingua e come scrittore non poteva capitarmi una lingua più bella; amo il suo patrimonio culturale e vorrei fosse preservato per l’eternità, se davvero l’eternità esistesse.


90 anni, ma non si arrende.
Io ne ho di meno, ma come lei non mi 
arrendo.

Molti di coloro che eleggiamo hanno volti rassicuranti, sono moderati e ben vestiti. Hanno modi delicati e possono vantare buoni studi; frequentano chiese, sono affettuosi con i figli e spesso hanno in casa animali di compagnia che trattano bene e nella vita di tutti i giorni, se avete modo di parlarci, ragionano con il buon senso di ciascuno di noi. Ripeto, sono persone moderate e mai vi aspettereste che si possano trasformare in criminali. Eppure la guerra è una brutta bestia e le trasforma. “Sono proprio queste persone per bene a volere la guerra” ha detto domenica scorsa il mio amico scrittore Cataldo Russo, durante un incontro di poeti in un bellissimo giardino della cittadina di Pero. Queste persone per bene le mani di sangue direttamente non se le sporcano; se ci parlate assieme hanno persino orrore del sangue e se gli fate notare che le bombe potrebbero uccidere anche i loro figli e i loro padri, devastare le loro belle case, si affrettano a dirti che loro lavorano per evitarle le guerre. Così dicono, però usano le loro cariche di ministri e di governanti per autorizzare l’invio di armi a chi si fa la guerra. In questo modo la guerra la alimentano invece di farla cessare, e contribuiscono alle morti e alle distruzioni. Potrebbero usare moderazione e diplomazia, e invece mandano armi. Queste persone per bene ogni tanto si commuovono: prima però devono morire tanti bambini, tante mamme, tanti nonni, tanti papà innocenti che la guerra non la vogliono e non la causano. Per lungo tempo dormono tranquilli e la loro coscienza di cristiani e di credenti non li turba. Poi, finalmente, hanno un piccolo sussulto e dopo aver mandato le armi che hanno massacrato senza colpa alcuna la famiglia di Adam, e reso Adam stesso un orfano e un sopravvissuto, lo mandano a prelevare e lo portano a Milano per curalo in un grande ospedale della città. Si fanno anche fotografare mentre attendono che barella lo cali giù dall’aereo appena atterrato. Ed è una scena commovente, edificante. 

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