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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
Buon compleanno Odissea
venerdì 13 settembre 2024
IL DON JUAN DI BYRON
Fu questo, di Giovanni, il primo cozzo.
IL PROCESSO AL CRIMINALE NAZISTA
di Anna Lina Molteni e Giuseppe Mendicino
Seifert a vent'anni
La
battaglia legale di Arnaldo Loner e Bartolomeo Costantini per dare giustizia
alle vittime del lager di Bolzano.
L’occasione
di scrivere del Lager di Bolzano e del processo Seifert è conseguenza di una recente
stesura a quattro mani della biografia di Arnaldo Loner, avvocato, bibliofilo,
appassionato cultore di storia e di tutela del paesaggio. Loner è stato infatti
legale di parte civile del Comune di Bolzano nel processo a Michael Seifert, il
“boia del Lager di Bolzano”, processato dal Tribunale militare di Verona, estradato
dal Canada nel 2008, morto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere nel
2010. Con Walter Reder per la strage di Marzabotto, Herbert Kappler ed Erich
Priebke per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, è uno dei soli quattro criminali
di guerra tedeschi che abbiano scontato il carcere in Italia.
A
Bolzano oggi del Lager rimane solo il muro perimetrale e un percorso di
pannelli con immagini della sua storia; è stato il processo Seifert a fornire prove
documentali inconfutabili che non sia stato solo un campo di transito, come
diceva il nome Polizeiliches
Durchgangslager Bozen, ma un vero e proprio campo di sterminio in cui si torturò, si seviziò,
si uccise. Fu aperto nell’estate del 1944, in contemporanea con la chiusura
dell’altro campo d’internamento e di transito italiano, quello di Fossoli in
Emilia, i cui prigionieri non ancora deportati vi furono trasferiti in blocco,
insieme alle SS, al personale addetto, al comandante Karl Friedrich Titho e al vicecomandante
Hans Haage.
Seifert a vent'anni |
Amministrativamente dipendeva dalle
SS di Verona. Rimase attivo fino al 3 maggio 1945. In dieci mesi di attività vi
transitarono circa 11.000 arrestati: civili, partigiani, soldati sbandati,
famiglie di renitenti alla leva e ricercati, rastrellati, ebrei, sinti che
furono trasferiti a Mauthausen, Flossenbürg, Dachau, Ravensbrück e Auschwitz. Gli internati erano uomini
e donne di ogni età, ragazzi e bambini di entrambi i sessi, provenivano da
tutte le regioni dell’Italia del nord e soprattutto dalla Zona di Operazione
delle Prealpi, Alpenvorland,
comprendente le provincie di Bolzano, Trento e Belluno. Quasi tutti furono
adibiti a lavori interni al lager o nelle fabbriche di materiale bellico, alla
raccolta di mele per conto di privati, allo sgombero delle macerie nel centro
storico di Bolzano dopo i bombardamenti, allo scavo per la posa di tubature e
cavi elettrici.
Il processo contro Michael Seifert, accusato di aver causato la morte di 18
internati nel lager di Bolzano, è stato celebrato presso il Tribunale Militare
di Verona nel 2000. La prima sentenza, del 24 novembre 2000, lo riconobbe
colpevole di 11 omicidi provocati con torture e sevizie e lo condannò
all’ergastolo. Impugnata dall’imputato, venne confermata in data 18 ottobre
2001 dalla Corte Militare d’Appello di Verona. L’ulteriore ricorso venne
rigettato dalla Corte di Cassazione a Roma in data 8 ottobre 2002 e la sentenza
divenne definitiva. Proseguiva intanto la pratica per la estradizione, richiesta
nel 1999 dalla Procura e infine accolta dall’Alta Corte di Giustizia del Canada,
che nel 2008 consegnò Michael Seifert alle autorità italiane, la sua latitanza
era durata 63 anni.
Nel processo spiccano due figure, Arnaldo Loner, avvocato di parte civile,
e il pubblico ministero Bartolomeo Costantini. Ognuno nel proprio ambito, agirono
entrambi avendo ben chiaro il significato che il procedimento aveva sia dal
punto di vista storico sia da quello etico. Non si trattava, come qualcuno
disse, di “archeologia giudiziaria”, né di inutile giustizia a posteriori o di accanimento contro un
imputato ormai anziano, ma di un atto dovuto alla verità storica e alla memoria
delle vittime e di coloro che, pur sopravvissuti, avevano portato per tutta la
vita i segni delle torture e della violenza subite. “Certi delitti non si
possono, non dico perdonare, ma nemmeno dimenticare. Non
dimenticare è quindi un obbligo morale, ma è anche in certo senso un obbligo
giuridico” afferma il pubblico ministero Costantini.
“La
materia di questo processo riguarda crimini che aggrediscono i valori
fondamentali dell’uomo, l’integrità della vita fisica e la dignità della
persona umana” conclude l’avvocato Loner nell’arringa finale.
Dalle carte del processo emerge la brutalità dell’imputato che in molti
casi era stata solo un cieco soddisfacimento della sua natura sadica, senza una
qualsiasi ragione, pur aberrante, che la potesse giustificare. La violenza per
la violenza, l’uccidere per il gusto di uccidere. Non a caso Seifert, dopo
torture e sevizie atroci, specie con armi da taglio e bastoni, non sferrava il
colpo finale con un’arma, ma usava le mani strangolando o i piedi, finendo la
vittima a pedate. Il tutto nella condiscendente indifferenza del comandante del
Lager, Karl Titho. Più le vittime erano giovani e fragili, più Seifert si
accaniva.
Nei primi giorni del marzo 1945 morì sotto tortura anche il giovane
capitano Steve Hall, dei servizi segreti americani, che nei mesi precedenti
aveva collaborato con le formazioni partigiane del Bellunese. Il più diretto
responsabile della sua morte, il sadico maggiore August Schiffer venne
processato a Napoli alla fine del conflitto da una corte marziale statunitense
e fucilato. Purtroppo, la giustizia italiana del dopoguerra non fu altrettanto
solerte con gli altri criminali del lager.
Costantini e Loner nel 2017
“Concorso
in violenza con omicidio contro privati nemici, aggravata e continuata” è il
reato contestato a Seifert dal pubblico ministero Costantini, che raccolse
elementi di prova circostanziali per 18 omicidi. Alcuni testimoni, ancora
viventi, lo riconobbero dalle foto e i loro ricordi coincidevano con la
relazione scritta alla fine del 1945 dal professor Alfredo Poggi, ex internato,
e allegata al fascicolo 1250, rimasto chiuso per mezzo secolo nel cosiddetto
“armadio della vergogna”. Un mobile situato negli uffici della Procura
Militare di Roma, sigillato con una catena. Aperto nel 1994 durante
una ricerca di documentazione per il massacro delle Fosse Ardeatine, al suo
interno sono stati rinvenuti fascicoli riguardanti le stragi e i crimini
commessi dai nazifascisti in Italia. I procedimenti erano stati praticamente
insabbiati, in quanto era stato apposto in calce un timbro di “archiviazione
provvisoria”; procedura questa, sconosciuta al nostro ordinamento processuale. Nel fascicolo 1250
compaiono i nomi di tutti i maggiori responsabili di torture e assassinii avvenuti
nel lager di Bolzano e tra questi Michael Seifert. Il procedimento è della
Procura Generale Militare del Regno – Ufficio procedimenti contro criminali di
guerra tedeschi e la data della trasmissione per “l’eventuale azione giudiziaria”
è 25 aprile 1946. Come parte lesa sono indicati gli “internati italiani nel
lager di Bolzano” e gli eventi sono così riassunti: “Nel campo di
concentramento di Bolzano, durante il lungo periodo della occupazione nazista,
trattarono in modo inumano gli italiani (militari, ebrei ed altri civili),
sottoponendoli a continue sevizie e bastonature, imprigionamenti lunghi,
terribili ed estenuanti. Per questo brutale trattamento alcuni internati
perirono (…)”.
Il decreto di archiviazione del 1960
Seifert
vi è descritto come un sadico torturatore e assassino, ma il suo comportamento
non può essere ridotto a una faccenda
privata tra un carnefice e le sue vittime, entra in un contesto più ampio, in
un “massacro dell’umanità” dalle proporzioni enormi. È un criminale, ma è
figlio del suo tempo. “Non è una scheggia impazzita del sistema, è funzionale
al sistema (…) un uomo che realizza gli obiettivi di sistema, sia pure con dei
massacri voluti e decisi individualmente, ma che il sistema consentiva,
tollerava e facilitava, non ordinava in questo caso” scrive ancora Loner.
In un
clima politico in cui a tratti riemerge la tentazione del revisionismo, o del
riduzionismo che ne è la versione attenuata, e si mira a riscrivere la storia “in base non a un più
attento esame dei documenti e delle testimonianze, bensì in base alle proprie
pregiudiziali ideologiche” (Costantini) è importante che sia mantenuta viva la
memoria su quanto accadde davvero, perché “verità alternative” costruite a posteriori non ne prendano il posto.
Arnaldo Loner e
Bartolomeo Costantini sono oggi due anziani e tranquilli signori che passano i
loro giorni tra libri e incontri finalizzati a diffondere cultura e coscienza
civile, se parlando con loro il discorso cade sul lager di Bolzano i loro occhi
si accendono di passione e indignazione. Facile immaginare che sarà così usque ad finem, sino all’ultimo dei loro
giorni.
giovedì 12 settembre 2024
MILANO PER LA PACE
Silvano Piccardi a destra della foto |
Sabato 21 settembre 2024 in occasione della Tre giorni per la pace presso il C.I.Q di via Fabio Massimo n. 19 a Milano (fermata della Metropolitana Porto di Mare, Linea Gialla) l’attore e regista Silvano Piccardi, dalle ore 21 in poi, terrà una lettura teatrale sulla cultura della guerra. Dall’antichità fino ai giorni nostri, attraverso la parola dei poeti. Da Omero fino ai contemporanei.
IL LAVORO
SPORCO DEGLI USA
Per chi non fosse
ancora convinto che gli Stati Uniti stanno facendo un lavoro molto sporco,
mettendo a rischio il futuro dell’umanità, è consigliabile la lettura
dell’intervista del già citato Jack Matlock, ambasciatore americano a Mosca
negli anni cruciali della fine della Guerra Fredda. Si tratta di una
testimonianza importante, e un’occasione per tutti per ripercorrere gli ultimi
40 anni di storia. Nella risposta alla prima domanda, tradotta con l’aiuto di
Google (o meglio, da Google con il mio aiuto), c’è il giudizio conclusivo; un
giudizio che il resto del racconto giustifica pienamente.
Jack
Matlock: Ovviamente, siamo entrati in una
fase molto pericolosa, perché la Russia ha attribuito alle azioni degli Stati
Uniti e dei suoi alleati della NATO intenzioni aggressive, azioni che
minacciano la sua sicurezza nazionale. La Russia è una potenza dotata di armi
nucleari con un arsenale, che sembra essere del tutto equivalente, se non
addirittura più grande, di quello degli Stati Uniti; un arsenale molto più
grande di quelli dei nostri alleati della NATO, Francia e Gran Bretagna. Mi
sembra un atto estremamente pericoloso tentare quella che è, di fatto, una
guerra non dichiarata contro una potenza nucleare, che percepisce, giustamente
o erroneamente, che la sua sovranità e perfino la sua esistenza politica sono
minacciate. Quindi penso che sia una situazione molto pericolosa. Non al punto
che entrambe le parti faranno necessariamente uso delle armi nucleari. Ma penso
che una situazione come questa può facilmente sfociare in uno scambio nucleare
per errore. Una volta messi in posizione i missili su entrambi i fronti, e
messo in allerta il loro sistema nucleare, è molto facile confondere i segnali.
Queste cose sono successe diverse volte durante la Guerra Fredda, e siamo stati
fortunati che in qualche modo esse non hanno avuto seguito.
Direi
anche che ciò che ignoriamo nella nostra attuale guerra non dichiarata contro
la Russia è che la Russia ha a disposizione molti altri mezzi per colpirci, il
che sarebbe molto difficile da tollerare. Ad esempio, la loro capacità nella
guerra cibernetica è certamente equivalente a quella degli Stati Uniti o di
qualsiasi membro della NATO. Inoltre, non siamo in grado di stabilire con certezza
l’origine di questi attacchi. In secondo luogo, la Russia ha certamente la
capacità di eliminare i satelliti di comunicazione che sono essenziali per
la guerra che si combatte oggi. Mi sembra quindi che correre un rischio del
genere sia assolutamente folle.
[Traduzione
di Franco Continolo]
DECRETO ANTI GANDHI ALLA CAMERA
di
Ultima Generazione
Due nuovi esempi della strategia di accanimento del governo contro chi
protesta.
Roma, 11
settembre 2024. In questo momento la Camera sta discutendo il DDL 1660, rinominato DDL anti-Gandhi per
alcuni suoi provvedimenti antidemocratici. Visto lo spirito di accanimento di
questo governo, non ci sorprende l’arrivo della richiesta di sorveglianza
speciale al consulente legale e membro di Ultima Generazione Giacomo Baggio. La
richiesta è: 2 anni di impossibilità di allontanarsi dal proprio Comune di
residenza; coprifuoco notturno dalle 20:00 alle 7:00; obbligo di firma
quotidiano; e divieto di partecipare a qualsiasi manifestazione a sfondo
politico, gare sportive, concerti negli stadi e processioni religiose. Questa
misura cautelare è di fatto una misura prevista dal Codice Antimafia per
limitare la libertà personale dei cosiddetti "soggetti pericolosi con
tenace propensione delittuosa". Nulla di più distante da Giacomo quindi
che con azioni nonviolente di disobbedienza civile, il cui alto valore morale è
riconosciuto da diversi tribunali e perfino dall’ONU, ha scelto di portare
attenzione sul collasso climatico e sull’inazione del governo nel contrastarlo.
Alla luce di questa richiesta e della probabile approvazione del DDL, la nostra
domanda è: chi è invece che controlla questo governo?
Giacomo,
33 anni, consulente legale veneto: “Quando ho visto nel 2023 la prima
richiesta di sorveglianza speciale per un membro di Ultima Generazione, ho
pensato fosse grave. Quando ho ricevuto la mia, ho pensato che la situazione
fosse surreale. Quello che ho visto non è stata l'applicazione della legge che
ho studiato negli anni di università, ma qualcosa di diverso. La siccità sta
facendo danni ovunque e il primo atto discusso alla Camera dopo la pausa estiva
è il DDL Anti-Gandhi. Non serve essere ambientalisti per provare un senso di
profonda indignazione di fronte alla devastazione sistemica del nostro
territorio. Mi rifiuto di rimanere in silenzio davanti a un governo che pensa
solo a silenziare l’opposizione per rimanere indisturbato al potere. Il
problema non è la disobbedienza civile ma l’obbedienza davanti a questa
assurdità. È anche assurda perché dovrebbe essere la Questura di Roma ad essere
sorvegliata dopo il soffocamento che ho subito al Commissariato Prati, e
successiva manipolazione del referto medico da parte di un agente”.
Paola
Bevere, avvocato di Giacomo: “Si tratta di una richiesta molto dura, il
tipo di sorveglianza più limitativo della libertà personale. Questa richiesta
si basa principalmente sul sospetto che questo attivista, che tra l'altro è
incensurato, sia una persona pericolosa per la sicurezza pubblica. Come legali
sosteniamo sempre che queste persone non possono essere equiparate ai mafiosi”.
Chi è Giacomo?
Giacomo,
33 anni, è un consulente legale e membro di Ultima Generazione. Originario di
un piccolo paese di provincia nelle montagne venete, da una decina d’anni vive
a Milano, dove ha coniugato la sua formazione giuridica con la sensibilità per
le questioni ambientali e sociali. La presa di consapevolezza sull'urgenza e
sulla gravità della crisi climatica lo ha spinto a dedicare le proprie
competenze legali per difendere e informare gli attivisti sui propri diritti. È
proprio per la sua formazione e il grande rispetto per i principi della nostra
Costituzione il motivo per cui Giacomo ha deciso di disobbedire alla legge di
fronte a una politica che, come ricorda anche il segretario generale dell’ONU
Antonio Guterres, ha il piede sull’acceleratore verso l’inferno climatico e
sociale.
Invece di affrontare la realtà della crisi climatica, il Governo silenzia
chi si oppone.
Non
serve essere ambientalisti per provare paura davanti alle alluvioni o alla
siccità. È assurdo pensare che, mentre assistiamo all'aumento di disastri
climatici di ogni tipo, i politici non mirano alla sicurezza dell’Italia ma
piuttosto a soffocare chi, con spirito critico, mette in discussione il potere
e il non-operato di Meloni. Non si tratta solo di una repressione in più, ma di
una strategia politica che usa la repressione come meccanismo principale per
controllare la società, rappresentando una svolta pericolosa per la democrazia.
Chi sorveglia questo Governo?
Questa
Primavera con Ultima Generazione Giacomo ha compiuto diverse azioni di
disobbedienza civile nonviolenta. Il 13 maggio 2024, dopo aver partecipato ad una protesta nonviolenta per manifestare contro il collasso climatico, fu fermato dalla
polizia e, in commissariato, soffocato. Il pronto soccorso emise una prima
prognosi di 15 giorni, che il medico di turno, dopo aver parlato con degli
agenti, ridusse a un solo giorno di prognosi. Ma non è con la repressione, gli
atti intimidatori e violenti, e il carcere per gli attivisti che si rallentano
gli effetti del clima; con questi si riempiranno solo ancora di più le carceri,
già stracolme e in condizioni disumane, dove solo quest’anno sono stati fino al
16 luglio, 58 i suicidi di detenuti e 6 quelli degli agenti penitenziari.
Mentre il governo legifera, reprime e arresta, la crisi climatica prosegue
velocemente nel suo processo estintivo dell’umanità.
Cartella
stampa su tutte le azioni organizzate da dicembre 2021 qui
Prossimi incontri
Online:
ogni domenica sera alle ore 21:00, iscrivendosi a questo link.
Processi:
23
settembre, prima udienza predibattimentale per azione sul quadro di Van gogh
presso il tribunale di Roma
24
settembre, udienza istruttoria per azione su via del Tritone, presso il
Tribunale di Roma
26
settembre, prima udienza di comparizione per azione nel dicembre 2023
26
settembre, prima udienza di comparizione per blocco di Fiumicino, presso
tribunale di Civitavecchia
27
settembre, udienza a seguito di richiesta archiviazione per azione agli Uffizi
del marzo 2024, presso il Tribunale di Firenze
1°
ottobre udienza, dibattimentale per azione alla Barcaccia
3
ottobre udienza, predibattimentale per blocco stradale sulla statale 7 Appia
nell’aprile 2023
8
ottobre discussione, per violazione foglio di via presso il tribunale di Milano
10
ottobre, prima udienza di comparizione predibattimentale per azione dell’
aprile 2022 al palazzo dell’ENI
14
ottobre, udienza per richiesta di sorveglianza speciale al Tribunale di Roma
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mercoledì 11 settembre 2024
TACCUINI
di Angelo Gaccione
Il Parco
Alessandrina Ravizza
Ci si può
domandare che cosa sarebbero le città senza parchi e viali alberati. Vengono i
brividi solo a pensarci. Guardando le immagini di certe megalopoli
contemporanee soffocate da colate di cemento, da grattacieli sempre più alti e
da palazzi sempre più dilatati, si percepisce immediatamente quanto
l’urbanistica sia entrata in conflitto con la natura. Hanno dovuto inventarsi
terrazze piantumate forse per rimuovere un inconscio senso di colpa, o di
vergogna, e le hanno spacciate per “bosco in città”. Il bosco in città c’era,
ma gli urbanisti hanno aiutato amministratori e speculatori dalle diverse fogge
a cancellarlo, ad abbatterlo, a farlo sparire, a mercificarlo. Porta Nuova a
Milano ne è l’esempio più lampante. La cementificazione intensiva lungo lo scalo
di Porta Romana, con la scusa del villaggio olimpico per le olimpiadi
invernali, ne è un’altra dimostrazione da manuale. Non se ne possono ritenere
assolti né le amministrazioni di centro-destra né quelle di centro-sinistra; né
gli urbanisti finti progressisti né gli urbanisti reazionari. Tutti costoro
appartengono ad una stessa logica e agiscono allo stesso modo: che se ne voglia
prendere atto o meno.
Alessandrina Ravizza in piedi a destra
Il parco Ravizza (racchiuso tra il viale Toscana, la via Vittadini, la via Bocconi) data ai primi del Novecento. Il piano regolatore Beruto lo aveva destinato a tale uso nel 1889. Gli studenti della vicina Università Bocconi non ne sanno nulla, molti di loro sono stranieri o provengono da altri luoghi d’Italia. Se non ci fosse, se lo avessero cementificato, non potrebbero goderne né stendersi a leggere sul prato. La stragrande maggioranza di loro è convinta che l’economia sia una scienza e non lo è. Si tratta, invece, di una scelta politica, una scelta di campo, una scelta di classe. Una bestemmia, questa parola, in quell’ambiente dove l’economia si studia come una scienza neutra.
La cucina per malati e poveri
A quel tempo di questo parco si è deciso di farne un uso pubblico, cioè di tutti, e non una merce. È per questo che ne possono ora godere anche loro, gli studenti di economia della vicina Bocconi. È probabile che non sappiano nulla anche di Alessandrina Massini sposata Ravizza: è a lei che è stato intestato il parco. Ed è stata una decisione saggia perché è stata una grande donna e una grande filantropa. La chiamavano la “Madonna dei poveri” e anche la “Contessa del brodo” – perché i poveri li soccorreva davvero – consapevole di quanto è ingiusta l’economia asservita ai ricchi i quali chiamano non abbienti coloro che hanno sfruttato e affamato per arricchire.
È a questa donna che vogliamo rendere omaggio con questo scritto: a lei che si diede da fare in favore delle operaie milanesi attraverso l’Associazione generale di mutuo soccorso fondata da un’altra grande donna: Laura Solera sposata Mantegazza. A lei che aveva aperto nel 1879 la Cucina per malati poveri, nel 1887 un ambulatorio medico, nel 1904 una scuola-laboratorio per curare le giovani mamme e i bambini infettati di sifilide. Non paga, impegnò soldi ed energie per favorire l’istruzione popolare, dare un mestiere ai giovani disoccupati e poi ancora e ancora fino all’ultimo respiro.
C’era mezza
Milano ai suoi funerali: assieme alle autorità, i suoi diseredati e quelli che con
la sua opera filantropica e solidaristica aveva riscattato. Ecco, a voi non
parrà, ma questa è una lezione di economia. Di buona economia.
TRUMP FA PAURA
di Luigi Mazzella
L’uscita di Mario Draghi
che, gridando, all’improvviso, una sorta di “Al lupo! ”Al lupo!” per l’Europa
in caduta libera, ci esorta ad indebitarci ulteriormente con l’America (e per
essa con la Finanza di Wall Street e della City) per evitare una catastrofe di
cui non poteva non essere a conoscenza da tempo per i suoi alti incarichi europei e nazionali offre lo spunto
per molte considerazioni (purtroppo tristi):
a) Essa
ha trovato l’immediato consenso di Fratelli d’Italia (Foti) che pure di Draghi
era stata la forza di opposizione più accanita e tenace durante il periodo di
tempo in cui Giorgia Meloni non aveva ancora adagiato la sua testa bionda sui
capaci pettorali dello zio Sam e non si era lasciata convincere ad abbandonare
tutti i suoi cavalli di battaglia (anche elettorali) per sposare le cause d’oltreoceano
persino sugli scenari di guerra;
b) Essa
sembra adombrare la certezza di Draghi, fedele alla linea del Partito
Democratico Nordamericano, che la Harris ridens abbia
poche prospettive di vittoria alle prossime elezioni presidenziali statunitensi
e che le sue personali fortune e soggettive ambizioni di presunto grande
statista per il Vecchio Continente siano per lui in irreversibile declino a
causa dell’idea che Donald Trump ha di un’Europa non più colonizzata dagli
States attraverso l’interposta Unione Europea, attualmente ancora affidata all’Ursula
Von der Leyen & co;
c) Essa
mette ancora una volta in luce alternativamente o 1) l’incapacità,
l’improntitudine, il pressapochismo, la superficialità perniciosa,
l’inconcludenza, l’arrendevolezza
oppure: 2) la mala fede, la corruzione, il tradimento dell’interesse
nazionale, di una classe dirigente politica che o è incapace di “leggere” gli
eventi politici e si lascia incantare da pifferai venduti a Stati stranieri o
perpetua l’abitudine contratta ab immemorabili dagli
Italiani, di accontentarsi di governanti di mezza tacca.
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