UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

mercoledì 16 aprile 2025

BUONA PASQUA E BUON 25 APRILE A TUTTE E TUTTI



A partire da oggi “Odissea” si concede una pausa. Riprenderemo il lavoro a fine aprile. Daremo un po’ di tregua ai nostri occhi. Avrete modo di leggere ciò che vi è sfuggito o che avete dovuto trascurare per mancanza di tempo.
 
 
ORA E SEMPRE RESISTENZA
Buon 25 Aprile e buon riposo. Odissea riprenderà la pubblicazione a fine mese. 

CONTRAPPUNTI



A partire da giovedì 15 maggio sarà in libreria il nuovo saggio letterario - e non solo - di Angelo Gaccione, Contrappunti.
 
La condizione umana, il tempo e la vita, i fraintendimenti, la responsabilità del linguaggio, i piaceri, la quotidianità, l’eterno presente, il rapporto fra musica e letteratura, il valore dell’utopia, la cecità, la memoria, l’ironia, il mestiere dello scrittore e molto altro, nelle pagine di Contrappunti. Una carrellata di stimolanti riflessioni che ne fanno un agile e prezioso volume.
 
*
In distribuzione dal 15 maggio in poi e sarà ordinabile da quella data sia nelle librerie sia sui Siti on-line
 
Angelo Gaccione
Contrappunti
Introduzione Gabriella Galzio
Arca Edizioni 2025
Pagg. 186 € 14
 
 
Per Richieste
Arca Edizioni
Via Pico della Mirandola 8/b
20151 Milano
info@arca-edizioni.it
Tel. 02 - 70014024
“Odissea” 
latoestremo@gmail.com




CITTÀ E SCRITTORI




A partire da lunedì 5 maggio sarà in libreria il volume collettivo Città e scrittori curato da Angelo Gaccione.
 
Eugenio Borgna, Dacia Maraini, Roberto Pazzi, Maurizio Cucchi, Roberta De Monticelli, Fulvio Papi, Alessandro Zaccuri, Giuseppe Langella, Jacopo Gardella, Elio Veltri, Marco Vitale, Luigi Mazzella… In prevalenza letterati (narratori, poeti, saggisti, critici), ma non mancano gli urbanisti, i filosofi, gli economisti, i pittori, gli aforisti, così come non mancano commediografi, psichiatri, giornalisti e studiosi dalle diverse discipline. Per l’esattezza trentasei: trentasei autori diversi per professione e interessi, ma tutti accomunati dalla passione per la scrittura. Delle città o di parti di esse, quelle a loro più care ed amate, hanno raccontato scampoli di memorie, bellezze, atmosfere, riferimenti alla storia, a personaggi, ma anche affetti, rivalse, lati insospettati e sorprendenti: sempre in bilico fra cuore e ragione.
 
Tra le città raccontate: Torino, Milano, Roma, Zurigo, Trieste, Senigallia, Catania, Modena, Perugia, Alessandria, Ferrara, Piacenza, Ascoli Piceno, Siena, Brescia, Lucca, Novara, Grosseto, Savona, Salerno e poi centri minori, ma di grande suggestione: Longobardi, Bisceglie, Montichiari, Ceraso, San Nicola Arcella, Stresa, Borgomanero, Martinsicuro, Acri, Crucoli, Cinisello Balsamo…
 
Gli autori
Abati, Airaghi, Astengo, Borgna, Colombo, Cucchi, De Monticelli, Di Felice, Gaccione, Gallo, Galzio, Gardella, Guarracino, Langella, Longo, Mantiloni, Maraini, Marchesini, Mazzella, Migliorati, Morone, Pacetti, Papi, Pazzi, Pennisi, Rinaldi, Russo, Scaramuzza, Seregni, Toscani, Veltri, Vitale, Volante, Zaccuri, Zanini, Zipolini.
 
Autori Vari
Città e scrittori
A cura di Angelo Gaccione
Di Felice Edizioni 2025
Pagine 176 € 25

 
Per Richieste
Di Felice Edizioni tel. 329 - 4338259
info@edizionidifelice.it
Il libro può essere ordinato in libreria e su Amazon
Per richieste a “Odissea” latoestremo@gmail.com 

DEMOCRAZIA PARLAMENTARE
di Franco Astengo



Mi permetto di intervenire sul tema del dibattito aperto dal cosiddetto “Decreto Sicurezza” esaminandone l’aspetto della qualità di procedura democratica seguita dal governo nell’occasione su di un tema di così estrema delicatezza. Prendo anche a prestito alcune frasi che l’ex-ministro della Sanità Renato Balduzzi, oggi presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, ha scritto nella lettera mensile pubblicata dalla stessa Associazione. Balduzzi ha esaminato il quadro complessivo dell’iter legislativo in questione rilevando la forza della polarizzazione del conflitto giuridico e istituzionale la cui versione oggi prevalente appare tornata a tratti quasi primitivi. Di conseguenza proprio la radicalità del conflitto e della relativa polarizzazione consiglierebbe ai giuristi e, in particolare, ai costituzionalisti di ritornare a interrogarsi sulle questioni fondamentali e sulle ragioni che fondano la forma e la sostanza di una comunità politica, della nostra comunità politica. L’occasione per questo tipo di riflessione è appunto rappresentata da parte del governo dall’adozione (e l’emanazione da parte del Presidente della Repubblica) del decreto-legge n. 48 del 2025, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario».



Nel caso emerge una constatazione evidente: siamo di fronte - anche a giudizio del presidente dell’AIC - a una torsione della forma di governo parlamentare in senso maggioritario e della forma di Stato democratica in senso decidente. Questa evidenza dovrebbe da un lato, renderci avvertiti di quali e quante siano le conseguenze che possono derivare da mutamenti, impliciti e a maggior ragione espressi, della forma di governo, dall’altro, indurci a riproporre, con coraggio, la questione, da tempo avanzata in dottrina e della quale non si è sempre percepita l’importanza, se il decreto con “forza” di legge del Governo sia davvero atto “equi-valente” alla legge parlamentare, e ciò pur nella piena consapevolezza che, in un Parlamento inteso come comitato esecutivo del Governo, sia contestualmente mutato anche il senso della legge (sia detto per inciso, una tale questione è stata posta in questi corretti termini dalla sentenza n. 146 del 2024 della Corte costituzionale). 



Ho lasciato intatta la formulazione usata da Balduzzi per porre un interrogativo fondamentale per l’indirizzo che sta assumendo la trasformazione della democrazia repubblicana. Una formulazione ancorché di lettura abbastanza complessa perché sembra proprio arrivato il momento di avviare un confronto di merito sullo spostamento istituzionale in atto verso una forma di governo diversa da quella parlamentare. Non ci troviamo di fronte soltanto ad un fatto di natura procedurale ma ad un “evento” di piena natura politica. Può discutersi di tutto questo, ma ciò che appare fuori discussione, che è indiscutibile, è che la forza di legge nella Costituzione vigente è la negazione della legge della forza, anche ove questa sia la forza dei numeri. Occorre far notare, inoltre, che l’attuale legge elettorale in vigore in Italia riduce fortemente la capacità rappresentativa delle Camere, per una molteplicità di ragioni: dal premio di maggioranza, alle liste bloccate. Inoltre la riduzione nel numero dei parlamentari ha sottratto sia rappresentanza territoriale sia equilibrio nella rappresentanza politica. A futura memoria si ricordano le cinque principali funzioni parlamentari seguendo la sostanza del dettato costituzionale:


 
1) La funzione d’indirizzo politico, inteso come determinazione dei grandi obiettivi della politica nazionale e alla scelta degli strumenti per conseguirli, in specificazione dell’attualizzazione e dell’opposizione - dai diversi punti di vista - del programma di governo;
2) La funzione legislativa, comprensiva dei procedimenti legislativi cosiddetti “duali” che richiedono cioè la compartecipazione necessaria del Governo o di altri soggetti dotati di potestà normativa;
3) La funzione di controllo, definita come una verifica dell’attività di un soggetto politico in grado di attivare una possibile attività sanzionatoria; 
4 La funzione di garanzia costituzionale, da interpretarsi come concorso delle Camere alla salvaguardia della legittimità costituzionale nella vita politica del Paese; 
5) La funzione di coordinamento delle Autonomie, sempre più complessa da attuare in un sistema che, nelle sedi di raccordo esistenti sia a livello internazionale che infra-nazionale tende a privilegiare il dialogo tra esecutivi.



In conclusione si può affermare che nell’utilizzo specifico dello strumento della decretazione è stata chiamata in causa l’attività del Parlamento come organo dello Stato-ordinamento: cioè la Repubblica e di conseguenza la priorità dell’assolvimento del compito della più elevata capacità rappresentativa della molteplicità di articolazioni politiche, sociali, culturali, esistenti nella realtà nazionale. Ne consegue, come ricorda la “Lettera” dell’AIC una minor forza del provvedimento legislativo: passaggio delicato verso una forma dell’esercizio di governo fondata sulla priorità del “comando” rispetto all'esercizio democratico della sovranità parlamentare.

 

 

 

 

 

 

 

PIÙ FOLLIA DI COSÌ SI MUORE
di Luigi Mazzella
 



Il caos nella mente degli Occidentali sembra ormai non conoscere limiti. Persino sulle alleanze militari  di guerra si fa sempre più confusione e mancano idee se non proprio chiare almeno comprensibili per un’intelligenza media. Per la verità, in tale settore, atteggiamenti ondivaghi e di dubbia coerenza razionale non sono mancati anche in passato (protagonista, per giunta, il nostro Paese). Nella prima guerra mondiale l’Italia entrò in guerra con la cosiddetta Triplice Alleanza (Germania, Austria e Ungheria) e passò successivamente a far parte, combattendo,  della Triplice Intesa (Francia, Regno Unito di Gran Bretagna e Impero Russo). Nella seconda, la contrapposizione iniziale era tra le potenze dette “dell’Asse”(Germania e Italia con l’aggiunta successiva del Giappone nel cosiddetto“patto d’acciaio”) e gli Alleati (Francia, Inghilterra, Stati Uniti d’America e Unione Sovietica) ma le vicende successive, dopo la debacle prima della Francia e molto dopo dell’Italia, erano state caratterizzate dalla presenza di governi-fantocci diversamente schierati con le potenze in guerra. Oggi, nel conflitto tra la Russia e l’Ucraina v’è stato il coinvolgimento, in favore del secondo Paese,  della cosiddetta Alleanza NATO e qui, dopo il risultato delle elezioni presidenziali americane con la vittoria del Partito Repubblicano e di Donald Trump,  il mondo esterrefatto ha cominciato a vedere stranezze di ogni tipo e colore. Il neo eletto Presidente Statunitense ha scelto tra le “propagande” delle due maggiori parti in conflitto quella dei Russi, come la più vicina alla realtà, condannando inappellabilmente quella di Zelensky, condivisa dal suo predecessore Joe Biden, e da lui  ritenuta artificiosa e strumentale (per l’interesse dell’industria delle  armi e del Partito Democratico succube del Deep State  costituito da CIA,NSA, FBI e Pentagono). In pratica, l’America del Nord ha dichiarato la propria sconfitta e si è ritirata dalla mischia. 
Se avessero seguito la prassi delle due guerre mondiali precedenti, gli USA avrebbero “rotto” e ripudiato ogni rapporto con la NATO, ritenendo il suo comportamento contrario alle prescrizioni dell’alleanza atlantica, e schierati al fianco della Russia nella guerra contro l’Ucraina anche con il rischio che la parte restante NATO continuasse a ritenersi in guerra.



Che cosa è successo, invece, nel caotico Occidente? Vediamo in quali punti la razionalità è stata tradita.
1) Gli Stati Uniti si sono dissociati dall’azione della NATO senza allontanarsi dall’alleanza atlantica, pur ritenuta implicitamente responsabile di un comportamento contrario alle finalità dell’Istituzione;
2) Essi hanno promesso al mondo di realizzare la “pace” in quella guerra all’interno dell’Europa, pur non essendo più “padroni” dell’Alleanza atlantica, come lo erano stati i precedenti Presidenti americani  nel manovrarla a proprio piacimento;
3) A differenza di quanto l’Italia, da voltagabbana consumata, aveva fatto nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli USA non hanno ritenuto che la guerra continuasse e non si sono schierati apertamente con la Russia contro Zelensky, pur ritenuto un subdolo dittatore, nemico della democrazia  e autore di massacri e genocidi;
4) In conseguenza, non hanno dichiarato guerra con le armi  ai restanti Paesi della NATO, in prevalenza europei, ma hanno minacciato per loro dure conseguenze commerciali, estendendole, contro ogni logica, alla lontana Cina. 
5) La guerra continua tra i Russi e  Zelensky con i suoi persistenti alleati  europei che da semi-belligeranti continuano a mandare armi al grido di “Vile attacco di Putin”ad ogni azione bellica del “nemico”.
6) Per l’atteggiamento dei Paesi Europei la pace non si allontana ma diventa ragionevolmente impossibile!
Più follia di così, si muore!
 

 

BORO E RAMIZ  
di Gianmarco Pisa

 

Ramiz

Una storia di fratellanza e unità.

La lotta di liberazione antifascista dei popoli della Jugoslavia è stata, com’è noto, una delle resistenze partigiane più estese dell’Europa sotto l’oppressione nazista e fascista, una resistenza vittoriosa, che ha portato alla sconfitta del fascismo e del nazismo e alla costituzione di un nuovo ordine sociale e politico per i popoli slavi del sud; ma è stata anche un crogiolo di unità e solidarietà antifascista, di unità e fratellanza, di amicizia tra i diversi popoli della regione.
Non pochi furono gli esempi di lotta unitaria tra i diversi popoli jugoslavi, e l’esempio forse più iconico, tra i tanti che hanno segnato quelle pagine memorabili, è la lotta di Boro e Ramiz. Si tratta dei due “eroi del popolo della Jugoslavia”, Boro Vukmirović (serbo) e Ramiz Sadiku (albanese), la cui storia è tanto più significativa, perfino emotiva, oggi, di fronte alle divisioni etniche e alle continue violazioni dei diritti umani delle diverse comunità non maggioritarie che caratterizzano la situazione del Kosovo odierno.
Fatti prigionieri a seguito di un’imboscata nell'aprile del 1943, mentre si trovavano sulla strada da Djakovica a Prizren, in Kosovo, diretti a un incontro con il leggendario comandante partigiano Svetozar Vukmanović Tempo, Boro e Ramiz furono torturati dalla polizia fascista e poi fucilati, l'uno tra le braccia dell'altro, insieme, dal momento che, avendo condotto insieme le fasi più dure della lotta, rifiutarono di separarsi proprio nel momento della fine.
I due sono un vero e proprio simbolo di fratellanza e unità tra albanesi e serbi.



Boris (Boro) Vukmirović (1912-1943) era partigiano e operaio. Era nato il 1° agosto 1912 e, perso il padre in giovane età, fu costretto a interrompere gli studi e iniziare a lavorare come operaio. A venti anni (1932) è membro dell’organizzazione giovanile (Skoj), dall’anno successivo membro del Partito Comunista di Jugoslavia, del quale, nel giro di appena un anno, diviene segretario del Comitato locale a Peć (Peja), nel Kosovo occidentale.
Imprigionato più volte, a causa della sua attività rivoluzionaria, fu poi rinchiuso, torturato e processato nel 1935 nel carcere di Peć, salvo poi andare assolto per mancanza di prove. Nel 1940, fu fatto membro del Comitato regionale del Partito Comunista di Jugoslavia per il Kosovo e la Metohija, il Montenegro e il Sangiaccato. Ma nel 1940 siamo già alle porte della guerra.
Instancabile organizzatore di scioperi e manifestazioni, protagonista delle lotte operaie a Peć e in tutto il Kosovo, ebbe un ruolo di primo piano, tra le altre, nelle grandi manifestazioni antifasciste del maggio 1940 e poi nelle manifestazioni del marzo 1941. Subito dopo l’aggressione nazista alla Jugoslavia, il 6 aprile 1941, si impegnò instancabilmente nell’avvio della lotta partigiana. Dall'ottobre 1941 fu commissario politico del distaccamento partigiano della Metohija e dall’anno successivo membro temporaneo dello Stato maggiore dei distaccamenti partigiani per l’intera regione del Kosovo.



Proprio durante una di queste missioni, mentre lasciava Djakovica, con Ramiz Sadiku, per incontrare Svetozar Vukmanović Tempo, delegato del Comitato centrale del Partito Comunista di Jugoslavia e del Quartier generale supremo, il 7 aprile 1943, cadde in un'imboscata e, in uno scontro con fascisti italiani e nazionalisti albanesi, fu ferito, catturato e sottoposto a tortura, senza che fosse possibile, tuttavia, estorcergli alcuna confessione. Fu fucilato il 10 aprile 1943 a Landovica e nominato eroe dei popoli della Jugoslavia nel 1945.
Insieme con lui, c’era Ramiz. Ramiz Sadiku era nato a Peć nel 1915. Si unì al movimento rivoluzionario ancora studente al ginnasio. Tra i fondatori del circolo rivoluzionario “Budućnost”, divenne membro dell’organizzazione giovanile (Skoj) nel 1933 e poi del Partito Comunista di Jugoslavia nel 1936. Nel giro di poco più di un anno divenne membro dell'Ufficio di presidenza del Comitato distrettuale per il Kosovo e la Metohija e, dopo l’invasione e l’occupazione italiana dell’Albania (1939), iniziò a organizzare raduni in tutta la regione del Kosovo contro l'invasione e l’occupazione fascista.
L’intervento della polizia non tardò ad arrivare e Ramiz fu presto catturato e imprigionato nella famigerata Torre Sheremet a Peć. Al processo, il pubblico ministero ne chiese la condanna a morte, ma Ramiz fu poi mandato assolto, per mancanza di prove. Nel giro di pochi mesi (luglio 1942) fu di nuovo arrestato e di nuovo imprigionato, ancora nella torre di Sheremet.
Nonostante le continue torture, anche lui non indulse ad alcuna confessione, e fu quindi trasferito nel carcere di Tirana, da cui riuscì incredibilmente ad evadere, grazie all’aiuto di un gruppo di comunisti albanesi, giunti in suo soccorso, guidati da un altro eminente leader rivoluzionario, Koçi Xoxe, e tornare così in Kosovo in clandestinità. Caduto nell’agguato del 7 aprile, fu catturato, torturato e fucilato il 10 aprile 1943 a Landovica, con Boro.



Con Boro, nel 1945, fu proclamato Eroe dei Popoli della Jugoslavia.
Apparentemente lontana, è, in realtà, una storia che parla di noi. Di un territorio in cui le leadership nazionaliste e le diffidenze interetniche, spesso tra sciovinismi e razzismi, sono subentrate alla disgregazione della federazione e alle eredità del conflitto, e dove la guerra ha lasciato uno strascico profondo, in termini di contrasti etnopolitici, violazioni dei diritti e ingerenze esterne.
Ma anche di una vicenda che si vorrebbe, da parte di quelle medesime leadership nazionaliste, sepolta nel passato, in cui revisionismi e manipolazioni della storia si impongono e dove il rispetto dei diritti umani e il tessuto della solidarietà e dell’amicizia tra i popoli si fanno sempre più tesi e sfrangiati.
Nel caso del Kosovo, come ha riferito in Consiglio di Sicurezza Caroline Ziadeh, Rappresentante speciale, le minoranze non si sentono protette e, riportando le interlocuzioni con la società civile serba, i cittadini “deplorano le azioni unilaterali intraprese dalle autorità di Prishtina, tra cui la recente chiusura dei Centri di assistenza sociale gestiti dalla Serbia e il conseguente drammatico impatto socioeconomico”. Un contesto di violazioni diffuse dei diritti umani. “Ciononostante, non si vedono alternative alla necessità per i serbi del Kosovo di riappropriarsi di un senso di autonomia con un sistema di autogoverno nel quadro della Comunità dei Comuni a maggioranza serba del Kosovo”. Quella lezione di solidarietà e amicizia torna, dunque, più attuale che mai.
 
Riferimenti:
Special Representative of the Secretary-General (SRSG), Caroline Ziadeh, calls for concrete steps to prioritize commitments under the dialogue, 08.04.2025:  https://unmik.unmissions.org/srsg-ziadeh-calls-concrete-steps-prioritize-commitments-under-dialogue-presents-trust-building
 
Immagine:
Lo storico monumento “Boro e Ramiz” nel Parco cittadino di Prishtina, Kosovo. Il busto di Boro è stato distrutto e rimosso.

RONCO BRIANTINO
Con Di Poce e con Bencini





martedì 15 aprile 2025

LA DIFFICILE PACE
di Luigi Mazzella


 
Domanda iniziale: perché, pure essendo, le due grandi potenze mondiali del Nord America di Donald Trump e della Russia di Vladimir Putin, decisamente orientate nella stessa direzione di volere, cioè, la pace, il conflitto in Ucraina continua a mietere morti di giovani vite e a produrre ingenti distruzioni materiali? Provo a dare una risposta: probabilmente perché si ritengono inscindibili la guerra e la propaganda (che, sempre, da una parte e dall’altra, accompagna il conflitto). 
Seconda domanda: perché si ritiene che esse secondo il motto latino “simul stabunt et simul cadent? Può entrarci il fatto che, normalmente, la Storia la scrivono i vincitori ed essi intendono affidare alla memoria dei posteri le “buone ragioni” della loro discesa in campo? E significa qualcosa che nel conflitto ucraino non v’è ancora chiarezza tra vinti e vincitori perché la guerra continua con l’aiuto degli Stati Europei a Zelensky? Solo gli Stati Uniti d’America hanno dichiarato formalmente di avere perso una guerra, voluta sostanzialmente da Joe Biden e con Trump, Vance, Kennedy jr. e hanno ammesso pubblicamente che a provocare l’invasione russa in Ucraina sarebbero stati, da un lato, l’inosservanza da parte di Zelensky di ben due patti stilati a Minsk a garanzia dell’indipendenza e a protezione delle minoranze filorusse e russofone nelle regioni di confine  (un patto del tipo De Gasperi-Gruber per l’Alto Adige sarebbe stato necessario e sufficiente per evitare ogni contesa) e, dall’altro, la presenza di risorti battaglioni neonazisti (denominati Azov) al confine della Russia (che i tedeschi di Hitler aveva dovuto già sconfiggerli e cacciarli dal proprio territorio nella seconda guerra mondiale). La posizione degli Statunitensi (e quella  corrispondente dei Russi)  era l’unica che potesse consentire una trattativa utile per giungere alla pace. Purtroppo, però, Russi e Statunitensi si sono trovati sul cammino della pace Europei e Ucraini, in posizione che è restata nettamente contrapposta alla loro versione dei fatti. E ciò a causa della presenza, in Europa, di una scomoda propaggine (verosimilmente sostenuta dai servizi d’intelligence dei vari Paesi del Vecchio Continente) del Partito Democratico americano, sconfitto negli States da Trump, ma in grado di mandare, attraverso la NATO, tutto all’aria e mantenere in piedi una sanguinosa e catastrofica guerra, continuando a mandare armi a Zelensky, ringalluzzito belligerante. Ancora una volta, nella storia dell’Umanità, la fideistica, fanatica, utopista, ideologizzata Europa si è dimostrata, come il vicino Medio Oriente (da cui ha ereditato la rissosa cultura religiosa) focolaio di guerre e di conflitti distruttivi di portata mondiale. Macron, Von Der Leyen, Starmer & co. hanno continuato a propagandare la “versione sull’aggressione russa” formulata di Joe Biden, e i medesimi  in aggiunta e contro ogni regola di buon gusto, hanno fatto a gara con altri “Capi” Occidentali” a ingiuriare Putin con un un vergognoso linguaggio da trivio.
Terza Domanda: E l’Italia che, nel passato della Destra pre-governativa aveva assunto posizione critica nei confronti dell’Unione Europea filo-diretta dai Democratici Statunitensi che cosa ha fatto nei suindicati frangenti? Contraddicendo la sua precedente politica e la versione di un suo passato leader come Silvio Berlusconi (nel  2014) si è barcamenata come al solito tra Scilli e Cariddi, mostrando di essere imparzialmente non “inimica a Dio (Trump)” ma nemmeno “agli inimici sui”, senza mai osare, cioè di avere una coraggiosa e autonoma idea propria.
Ultima Domanda: Quando vi sarà la pace? 
Risposta possibile: Quando la “sinistra” Europea, Democratica per procura, per effetto dell’inevitabile ribaltamento politico realizzato dai fautori della pace, incuranti di essere definiti di destra, perderà i suoi attuali leader (in alcuni Paesi ancora  governanti) e la Storia, per i risultati ottenuti sul campo, potrà essere scritta secondo la versione berlusconiana del 2014 e non in base a quella tajanea odierna.
 

 

UNA SPERANZA REALISSIMA
di Pierpaolo Calonaci


 
In una delle ultime sequenze del film Novecento (1976) di Bernardo Bertolucci, mentre i fascisti scappavano lungo le campagne inseguiti dal popolo insorto, una contadina sale su di una balla di fieno e guardando l’orizzonte (la macchina da presa ne inquadra lo sguardo senza riferire nulla di ciò che è guardato, che non interessa) esclama forte: beati i giovani che vedono quello che non c’è ancora. Alludendo ad un popolo finalmente unito, libero, forte e capace di scegliere il futuro assetto democratico. Il film si chiude, se non ricordo male, proprio sull’immagine di ragazzi e ragazze delle campagne che impugnando ogni sorta di utensile, senza requie, cacciano i fascisti.



Questo è il collegamento con la prima foto che T. P. ha voluto pubblicare dove di spalle guarda a ciò che non c’è ancora. O meglio, a ciò che è stato perduto, che non è stato curato bene, che non è stato difeso con coraggio e determinazione a qualsiasi costo: ovvero la dignità umana. Ma che non è persa, che abbisogna di individui centrati, determinati e disinteressati, spogliati tra l’altro del piccolo paranoico orgoglio personale.
La giovane donna guarda la sua Firenze e s’indigna e mentre sente questo fuoco, l’ama. E come ogni sguardo genuino e ingenuo che solo ogni giovane possiede chiede che la si ascolti, che le venga sgombrato da parte degli adulti (che si credono maestri e saggi) il campo di visuale e di azione. Ché i giovani insomma vengano lasciati vivere da giovani poiché non sono adulti immaturi o fotocopie di questi; di più, che quest’ultimi usino loro la cortesia di mettersi un po’ da parte, di lasciare il palcoscenico.
È esattamente questo uno dei temi letterari del libro di Thomas Bernhard Antichi maestri: i maestri sono coloro che, mutatis mutandis, pervertono, traviano, mistificano, normalizzano le attese, i desideri di liberazione, l’eros di palpiti segreti per nuovi sogni e speranze che nell’arte, nel pensiero, nei corpi sessuati della vita non aspettano altro che esplodere e fiorire autonomamente. E che invece i “maestri” ricoprono con la loro coltre spessa di nausea di perbenismo e moralismo.


 
In piazza Tasso, qualche giorno fa, in uno dei rioni storici quello di San Frediano - una piazza sempre contrassegnata da contraddizioni sociali che colpiscono gli individui rendendoli schiavi della droga, dell’alcol, del furto, dello spaccio ecc. - vengono trovati morti per cause ancora da definire due uomini senza fissa dimora. Questo fatto rappresenta per il consigliere della Lega a Palazzo Vecchio, tale Mossuto, uno dei tanti modi per consolidare il proprio consenso politico basato sulla violenza, sulla tracotanza, sull’odio xenofobo e islamofobo e in questo caso sul “bisogno” di rendere una città “decorosa e pulita”. Alcuni fiorentini gli rispondono direttamente sui suoi profili social cercando di fargli notare il suo atteggiamento a dir poco stupido. Ma è proprio di questo che i vari Mossuto sparsi ovunque si nutrono: non possedendo alcuna capacità riflessiva su cui costruire un pensiero minimamente razionale e umano attingono dalle parole che a loro vengono rivolte per deformarne il senso in arma con cui colpire il cosiddetto nemico ovvero chi li critica. L'unico modo di lasciar morire questi Mossuto è far loro intorno terra bruciata (ma nello scorso fine settimana la Lega a Firenze ha tenuto il suo congresso...). Tale Mossuto posta quindi le foto di quei due “devianti” mentre si riparavano nelle casette di legno dei giochi da bambini con i soliti commenti che oramai dobbiamo sorbirci. Un luogo anodino (Firenze) che pullula di bed and breakfast, dove tutti gli spazi per vivere sono ridotti al profitto, dove la maggior parte degli edifici storici del centro in cui il popolo vi abitava e lottava sono destinati al turismo, non può permettersi lontanamente di pensare di tornare a essere città di vita e solidarietà. Men che mai di pace.
A questi Mossuti d’Italia e alla loro protervia bullista e razzista sul modello “Vannacci”, T. si rivolge. E scrive parole semplici con le quali afferma la centralità della dignità umana. Analogamente alla lotta del meraviglioso popolo palestinese e parte del popolo ebreo che da decenni la stanno testimoniando a proprie spese davanti al mondo che se ne frega.
Ecco perché parlo di speranza realissima (e non di un mio bisogno che essa esista a cui poi attaccarmi) davanti alla lucidità e al nitore dell’anima e dell’intelligenza di T. e dei giovani come lei.
Beati i giovani che sanno osare l'amore contro il mondo degli adulti popolato di fantasmi, di nemici e di sangue!
Beati i giovani che rompono con la propria timidezza e fioriscono attraverso la grazia dell’errore!
Beati i giovani che s’impossessano della parola come strumento di lotta di classe, assumendosi la responsabilità della sofferenza umana!


 

 
 
UNA VITA, UN DIRITTO
di T. P.


Teresa e Firenze
 
Salve sig. Mossuto, a scriverle è una ragazza di quasi 17 anni, che voleva esprimere il disprezzo, anzi meglio il disgusto nei suoi confronti. Dovrebbe sapere meglio di me che il suo mestiere è stato creato per difendere i diritti dell’umanità, indipendentemente dal colore della pelle, dalla sessualità o dei propri disagi, quindi mi sembra assurdo come lei, signor avvocato, sia il primo a negare il diritto umano della dignità sociale. Non tutti come lei signore posso permettersi un telefono, dei vestiti, un tetto sulla testa o molto più semplicemente un aiuto. Questi due ragazzi che sono morti erano italiani quanto lei solo con una storia diversa, che né lei né io conosciamo, e denigrare la loro morte mi sembra una delle cose più viscide e nauseanti che io abbia mai sentito. Come ha detto lei noi accogliamo un sacco di persone in Italia e la lotta che dovremmo affrontare dovrebbe essere per offrire loro un posto migliore e non farli ricadere in queste situazioni. Ma lei ovviamente, come tutti i politici dalla sua disgustosa parte, riesce o a pensare solo a se stesso, perché se qualcosa non succede alla propria (nauseabonda) persona allora non esiste. 

LA RESISTENZA ANARCHICA




Privacy Policy