UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

martedì 30 novembre 2021

POZZO DEI DESIDERI
di Paolo Vincenti

 
Sempre più spesso, negli ultimi tempi, frequentando tabacchi e bar (di più nei primi, dal momento che i secondi hanno subito le gravi limitazioni imposte dal covid e sono stati fra gli esercizi commerciali maggiormente vessati dalla “decretazione emergenziale”), incontro donne in età chine sul banco, monetina in pugno, a raschiare i tagliandini del gratta e vinci e a giocare compulsivamente numeri del Lotto o delle mille altre lotterie italiane. Prima della pandemia, erano di più gli uomini che, affetti dalla febbre del gioco, occupavano gli angusti e bui spazi del retrobottega destinati da bar e pub alle infernali macchinette succhiasoldi. Mi capitava di incrociare le loro terga mentre consumavo il caffè al banco oppure i loro sguardi inespressivi mentre mi dirigevo nella toilette di cui questi ciechi locali molto spesso fanno da anticamera. Ora, così mi pare, sono di più le esponenti del gentil sesso. In ogni caso, l’emergenza ludopatia ha assunto proporzioni davvero allarmanti. La dipendenza dal gioco, di cui secondo alcuni dati soffre il 3 % della popolazione nazionale, è significativa per un popolo come il nostro che affida ad un terno, un ambo, insomma ai numeri, la svolta, il jackpot della propria mediocre o insoddisfatta esistenza.  La febbre dell’azzardo ha contagiato tutti. Addirittura nelle Marche c’è una cittadina nel Fermano, Porto San Giorgio, che detiene il record di 2700 euro a testa per un totale di 43 milioni all’anno in slot. L’azzardo è una grande piaga, se consideriamo che è intrecciato sempre con la malavita. Le grandi sale di bingo e slot sono gestite dalle organizzazioni criminali attraverso i piccoli imprenditori locali che ne fanno da testa di ponte e questi ritrovi sono spesso anche piazze di spaccio perché dove si creano concentrazioni di adolescenti, giovani e giovinastri persi dietro alla loro deriva, si annidano anche gli sciacalli che gli vendono la roba. Dunque, un circolo vizioso. A voler allargare lo sguardo, molto italiane in effetti sono alcune forme di dipendenza come quella dalla droga, quella dal sesso e quella dal gioco. La pornografia, attraverso Internet, è diventata una vera e propria ossessione negli ultimi anni e ben simboleggia il clima di neo- decadenza in cui si dissolve la perdita di ogni valore e punto di riferimento. Viene equiparata alla tossicodipendenza, indotta da sostanze chimiche endogene, rilasciate dall’organismo di fronte alle immagini stimolanti del porno, nel recente libro di Mark B. Castleman e Tullio DeRuvo, L'ultima droga. La pornografia su Internet e il suo impatto sulla mente (Il Grande Noce, 2016). Gli autori indicano i pericoli che possono derivare da questa psicopatologia, in primis per i bambini, nelle forme della pedofilia, ma anche per le donne, che possono diventarne vittime come donne oggetto, e per gli uomini, che diventano nevrotici compulsivi alienati. “La pornografia alimenta il crimine”, affermano gli autori, “il porno è un killer silenzioso”. Del tutto italiane, anzi italiote, sono alcune forme regressive di perversioni sessuali, determinate dal consumismo e dalla mercificazione, le degenerazioni di questa sorta di pansessualismo, per dirla con Freud, o di “pansessualità”, secondo le teorie di Mario Mieli nei suoi Elementi di critica omosessuale. Esse sono: l’esibizionismo, il voyeurismo, il feticismo, il sadomasochismo e appunto la pedofilia. Del pari, insidiosa è la dipendenza da stupefacenti; ma quello della droga è in verità un business mondiale e talmente potente che vane sono state fino ad oggi le strategie adottate dai vari governi, e la lotta contro l’uso e il commercio della sostanza si è rivelata inefficace, una battaglia persa, insomma. “Povero il paese”, mi viene da dire, parafrasando Bertolt Brecht, “che ha bisogno di gratta e vinci, lotterie e youporn”.

 

Tribuna Libera
MEDICINA E LAVORATORI
 

Protesta per i bambini colpiti da tumore
a Taranto

La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali, al di sopra delle parti o al servizio del potere? Ecco alcune semplici riflessioni.
 
Il profitto è la molla, il fondamento e l’obiettivo di tutta la società capitalista. Per i borghesi, i padroni, il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita del proletariato e delle masse popolari. Pagare gli scienziati, i tecnici, per ricerche finalizzate a realizzare il massimo profitto in ogni campo economico della società e una delle spese necessarie per il capitale.
Nello stesso tempo ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sulla salute, sugli inquinanti e cancerogeni, sulle malattie, è da sempre l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.
La scienza e la medicina del capitale sono funzionali alle esigenze e agli interessi del sistema. La storia dell’amianto e del cloruro di vinile monomero che tanti morti hanno causato, lo dimostrano. L’amianto e le fibre da cui è composto, come altri cancerogeni, uccidono. L’asbesto è un killer che non perdona ed è direttamente collegato all’insorgenza del mesotelioma della pleura e del peritoneo e di altri tipi di cancro, fra i quali al polmone e alle vie respiratorie. La vicenda dell’amianto che produce migliaia di morti ogni anno dimostra il cinismo, il crimine di chi in nome del profitto ha mandato consapevolmente a morte decine di migliaia di lavoratori e cittadini.
Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per chi si ammalava.


Sinistri. All'Ilva di Taranto gli operai 
si ammalavano e morivano
ma il presidente della Regione
Nicola Vendola (Nichi) quello di
Rifondazione Comunista e poi capo
di Sinistra Ecologia e Libertà
rideva al telefono...

L’uso dell’amianto che ha arricchito le multinazionali e i padroni di tutto il mondo hanno causato una strage di lavoratori e cittadini dimenticata da tutti i governi caduta nell’oblio che continua. Ancora oggi l’amianto uccide, solo in Italia ogni anno le vittime sono 6000, 16 al giorno quasi 2 ogni ora. L’amianto è un cancerogeno che non provoca solo il mesotelioma, il tipico tumore d’amianto, ma anche un’altra decina e più di cancri e tumori e malattie molto invalidanti. I governi, le autorità mediche scientifiche, molti delle quali sui libri paga delle multinazionali e delle lobbie dell’amianto, fino a pochi anni fa negavano la cancerogenicità di questo minerale e ancora oggi nei processi gli avvocati e i consulenti dei padroni continuano a negarlo.
Noi abbiamo imparato sulla nostra pelle che la lotta per la salute in fabbrica e nel territorio non va delegata nessuno, meno che mai ai Governi, padroni e Confindustria che oggi durante la pandemia mentre a parole dichiarano difendere la salute dei cittadini, costringono i lavoratori con il ricatto della perdita del posto di lavoro, con il Green pass a condizioni lavorative sempre peggiori. Eppure la prevenzione sarebbe semplice: basterebbe un piano nazionale di rimozione delle 40 milioni di tonnellate di amianto presenti in Italia a cominciare dai 400mila manufatti di amianto di scuole, ospedali, tubature, edifici pubblici per salvare decine di migliaia di vita umane. Questo sì che sarebbe una grande opera utile alla popolazione! Che le industrie capitaliste finanzino studi di parte e nascondano, per ragioni di profitto, i danni che certe sostanze nocive usate nelle lavorazioni provocano a lavoratori e cittadini è ormai dimostrato.


 
Morti per cloruro di vinile monomero.
Anche durante il processo Montedison a Porto Marghera sugli omicidi dei lavoratori morti per cloruro di vinile monomero e sui crimini ambientali della laguna di Venezia iniziato il 13 marzo 1998, l’azienda nascose i dati sulla cancerogenicità e la relazione tra angiosarcoma e cloruro di vinile già dimostrata da studi condotti dalle stesse aziende chimiche produttrici e tenuta segreta senza avvisare i lavoratori e senza prendere nessun provvedimento per la salute. Le gravi conseguenze dell’esposizione al CVM, ipotizzate per la prima volta nel 1969 al Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro di Tokio da un medico della Solvay, Pierluigi Viola, furono definitivamente confermate in Italia a seguito di un’indagine epidemiologica commissionata da Montedison all’Università di Milano, condotta nel 1971 dal prof. Cesare Maltoni negli stabilimenti di Brindisi, Marghera, Terni e colpevolmente nascoste per non intaccare i profitti della multinazionale.
Non c’è da stupirsi che il capo redattore della rivista scientifica Lancet (una delle più autorevoli) abbia dichiarato recentemente che “(…) gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può semplicemente essere falsa”.
La ricerca indipendente è strozzata, la stragrande maggioranza delle ricerche è finanziata da aziende private, sia per quanto riguarda l’attendibilità dei risultati, sia perché la ricerca è indirizzata a ottenere risultati spendibili sul mercato, non socialmente utili. Anche nei pochi casi in cui è finanziata dallo stato, come nel caso dei vaccini, i profitti diventano privati e finiscono nelle tasche degli azionisti delle multinazionali. Quando si parla di scienza, sia fatta da uno scienziato, sia da un non addetto ai lavori, si ha sempre l’idea di parlare di qualcosa che non ha a che fare con la fallibilità umana, col conflitto d’interessi, con l’economia, con l’egemonia, con il capitalismo, con l’utilitarismo, con la produttività. Questo è il grande errore.
Nel capitalismo, la scienza, la medicina, le leggi i governi e le istituzioni sono espressione delle dinamiche economiche capitaliste, industriali, produttivistiche, politiche e militari. Sono al loro servizio, sostengono i loro interessi e le decisioni ricevendo in cambio lauti compensi. Oggi padroni e governi giustificano il peggioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari in tutti i paesi, prendendo a pretesto l’allungamento della vita media della popolazione e la pandemia di covid 19, nascondono la realtà, cioè che nella società in cui ci sono ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori ci si ammala e si muore di più (e spesso ancora giovani) fra la classe proletaria che in quella borghese. In una società divisa in classi dove il potere è in mano ai capitalisti il cui unico scopo è la realizzazione del massimo profitto, la scienza e la medicina non sono neutre, ma al servizio della classe dominante.
Solo in una società socialista, con il potere operaio, dove la proprietà privata dei mezzi di produzione è abolita, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo considerato un crimine contro l’umanità, dove si produce per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, la classe operaia e proletaria liberando sé stessa può emancipare e liberare anche la scienza, la medicina.

 
La salute dei lavoratori non la difendono i governi e i padroni.
La nocività, l’usura, la fatica fisica e psicologica dovuta all’aumento dei ritmi, alla ripetitività del lavoro, la precarietà, il salario insufficiente, le pandemie, l’incertezza del futuro, il comando di fabbrica o azienda sempre più repressivo, portano il lavoratore a logorarsi minando la sua salute.
La vera medicina preventiva è quella che si oppone al capitale, quella che ricerca le cause patogene e le elimina, non quella che cronicizza malattie su cui fare profitti.
 
Michele Michelino
Comitato per la Difesa della Salute
nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

 

LA FRASE DEL GIORNO



“Chi è incline al viaggio interiore
incontra l’essenza e non se ne libera più”.
Laura Volante

IL PENSIERO DEL GIORNO



“Sol se si arretra, non si hanno più frecce in faretra”.

Nicolino Longo

Libri
BRUNI SU DANTE



Dante dentro il cammino dell'uomo nel nuovo libro
di Pierfranco Bruni sulla pietà impossibile.

 
Pierfranco Bruni pone la parola di Dante nel cammino dell'uomo contemporaneo, ma entrare nella cognizione del patire è un viaggio nel destino di Dante certamente ma del mostro destino. Il patire è un partire alla ricerca della Luce. Va oltre ogni porto e supera il sottosuolo delle ombre.
Il nuovo libro di Pierfranco Bruni, dedicato appunto a Dante, dal titolo L'impossibile pietà di Dante, edito da Solfanelli, è un pellegrinaggio tra le voci e i segreti della filosofia e della Canzone di Dante. Sottolinea la necessità di superare il bene e il male cercando di convivere con una impossibile pietà.
Una lettura che ha due riferimenti esistenziali e ontologici. Da una parte Nietzsche e dall'altra Maria Zambrano. Anche quando si tratta di argomentare linguaggi, come quelli del canto moderno, Pierfranco Bruni penetra il senso della verità delle "anime salve", che vagano nel regno di una drammatica Spoon River. Ma è l'impossibile pietà che domina tutto il contesto nel quale Bruni esplora i dettagli metafisici dell'Opera di Dante. La stessa pietà è un patire. Una lettura singolare e originale si compie in questo coinvolgente pensare. Porta sulla scena il naufragio, l'esilio, la compassione, il tragico, il perduto, la rinascita. L’impossibile pietà è il labirinto filosofico di un Dante poeta che abita la contemporaneità.
 

Pierfranco Bruni
L'impossibili pietà in Dante
Edizioni Solfanelli
Pagg.144  € 11,00

DIRITTI. ALLA CAMERA DEL LAVORO




domenica 28 novembre 2021

GUERRAFONDAI
di Alessandro Pascolini

Iran. Armi di sterminio

Ci sarà un accordo sul programma nucleare iraniano?
 
Padova. Il 29 novembre si riunirà a Vienna la Joint Commission of the Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) sotto la presidenza di Enrique Mora, direttore politico dell'European External Action Service, come annunciato la sera dello scorso 3 novembre dalla Commissione Europea (CE). Vi prenderanno parte rappresentanti di Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Iran. I partecipanti proseguiranno le discussioni sulla prospettiva di un possibile ritorno degli Stati Uniti al JCPOA e su come garantire la piena ed effettiva attuazione dell'accordo da tutte le parti. La dichiarazione formale della CE segue un messaggio tweet del principale negoziatore iraniano Ali Bagheri-Kani, che ha appunto garantito la partecipazione dell'Iran: in a phone call with @enriquemora, we agreed to start the negotiations aiming at removal of unlawful & inhumane sanctions on 29 November in Vienna. Si tratterà appunto della settima fase dei negoziati miranti a rivitalizzare l'accordo del 2015 sul programma nucleare iraniano, messo in crisi nel 2018 dall'uscita degli USA voluta dal presidente Donald Trump. Come promesso in campagna elettorale dal nuovo presidente Joe Biden, gli USA hanno accolto la sollecitazione europea di intraprendere negoziati con la Commissione JCPOA. A partire dal 6 aprile 2021 si sono svolti incontri a Vienna, secondo un formato particolare, voluto dagli iracheni: la delegazione americana, guidata da Robert Malley, non partecipa direttamente ai lavori della Commissione (di cui non fa più parte), ma viene informata sui lavori e presenta le proprie posizioni tramite gli intermediari europei. La delegazione americana e la Commissione sono ospitate in due alberghi vicini. I lavori sono proceduti in gruppi di lavoro: uno sui passi che l'Iran deve compiere per ritornare a un pieno rispetto del JCPOA, un secondo sul processo di revoca delle sanzioni imposte dagli USA e, nei più recenti incontri, un terzo per affrontare i problemi di sequenziamento. 


Italia. Armi di sterminio

In realtà, alla conclusione della sesta fase di negoziati (domenica 20 giugno) l'intesa sembrava raggiungibile in tempi brevi (secondo sia i negoziatori europei che l'allora capo negoziatore iraniano, Abbas Araghchi, tutti i documenti sono pronti), ma l'elezione del nuovo presidente iraniano (18 giugno) e la costituzione del nuovo governo (3 agosto) hanno differito per cinque mesi la convocazione della Commissione, che avrà una differente delegazione iraniana, guidata appunto da Bagheri-Kani. Il JCPOA L'accordo, laboriosamente raggiunto nel luglio 2015 fra l’Iran e i "5 paesi+1"(i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e la Germania) e l'Unione Europea, intende disciplinare il programma nucleare iraniano e sospendere le sanzioni economiche imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e da vari paesi sull’Iran a causa della sua violazione del trattato di non-proliferazione (NPT) con lo sviluppo di impianti segreti per l'arricchimento dell’uranio e la produzione di plutonio. Il 14 agosto 2002, un gruppo dissidente iraniano (il Consiglio nazionale della resistenza dell'Iran) denunciò l'esistenza di due siti nucleari clandestini in Iran: un impianto di arricchimento dell'uranio a Natanz (con una parte sotterranea) e un reattore nucleare ad acqua pesante ad Arak, particolarmente adatto alla generazione di plutonio. L'Iran come membro del NPT avrebbe dovuto informare la comunità internazionale e sottoporre gli impianti alle verifiche dell'Agenzia internazionale per l'energia atonica (IAEA). L'esistenza di impianti clandestini ha immediatamente preoccupato la comunità internazionale, temendo l'esistenza di un preciso progetto nucleare militare.


Stati Uniti. Armi di sterminio

Sono immediatamente iniziate ispezioni della IAEA e iniziative diplomatiche di Francia, Germania e Regno Unito con l'Iran per risolvere le questioni relative al suo programma nucleare. Nel corso degli anni, il programma nucleare dell'Iran, la sua cooperazione con la IAEA e i processi negoziali hanno avuto fasi alterne, risentendo del clima politico internazionale e dei problemi specifici dei conflitti medio-orientali, in particolare del continuo confronto fra Iran e Israele. Dal 2006 al 2013 il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha emesso 9 risoluzioni (n. 1696, 1737, 1747, 1803, 1835, 1929, 1984, 2049 e 2105) imponendo all'Iran sanzioni economiche (incluso il blocco delle esportazioni di petrolio e di crediti presso banche estere) ed embargo; ulteriori sanzioni sono state imposte in particolare dagli USA, con gravi effetti sull'economia e le condizioni di vita del paese. Nel 2013, per iniziativa del presidente americano Barack Obama si svolsero incontri segreti bilaterali con funzionari iraniani, e il nuovo presidente iraniano Hassan Rouhani si impegnò in concreti negoziati con i 5 paesi+1, che portarono a un accordo provvisorio nel novembre 2013, evoluto nell'accordo quadro stipulato il 14 luglio 2015. 


Russia. Armi di sterminio


L’accordo JCPOA prevede da una parte l'eliminazione (o sospensione) delle sanzioni imposte per le attività nucleari (l'Iran è sottoposto a sanzioni anche per supporto al "terrorismo" e per violazioni dei diritti umani) e lo sblocco di circa 100 miliardi di dollari di proventi petroliferi, dall'altra impone all’Iran di ridurre in modo significativo le capacità dei suoi impianti di arricchimento (ridurre da 19138 a 6104 le centrifughe di Natanz; per 15 anni usare solo 5000 centrifughe di prima generazione IR-1 per un arricchimento limitato al 3,67%; cessare l'arricchimento nel nuovo impianto di Fordow eliminando 1008 centrifughe avanzate; limitare per 10 anni la ricerca e lo sviluppo di centrifughe di nuove generazioni); limitare la quantità di uranio arricchito per 15 anni (da 7154 kg a 300 kg di LEU al 3,67% come esafluoruro, ed eliminazione dei 196 kg di uranio al 20%); riprogettare il reattore di Arak per evitare la produzione di plutonio; non accumulare acqua pesante per 15 anni; accettare il Protocollo addizionale della IAEA e forme di verifica intrusiva su tutte le strutture nucleari. Le misure imposte sul programma dovrebbero, secondo analisti occidentali, assicurare che l'Iran non possa produrre sufficienti esplosivi fissili per un'arma nucleare in un tempo inferiore a un anno, dando quindi alla comunità internazionale la possibilità di prendere eventualmente tempestivi provvedimenti. Il 20 luglio 2015 il Consiglio di sicurezza dell'ONU recepì il JCPOA con la risoluzione 2231, che comprende anche limiti alle attività di ricerca e sviluppo iraniane di missili balistici per testate nucleari. Israele e la destra americana hanno da subito osteggiato il JCPOA, e il 30 aprile 2018 il primo ministro Benjamin Netanyahu rese pubblico parte dell'archivio nucleare dell'Iran, trafugato dal Mossad, rivelante l'esistenza di un preciso piano militare (progetto AMAD). In seguito, l'intera collezione fu messa a disposizione della IAEA, degli USA e di altri governi interessati. 


Cina. Armi di sterminio

Il primo maggio 2018 la IAEA riportò di aver trovato prove credibili che l'Iran avesse condotto esperimenti volti a progettare una bomba nucleare fino al 2003, e affermò di non aver trovato prove credibili di attività per armi nucleari in Iran dopo il 2009. L'Iran ha sempre negato l'esistenza di un suo progetto militare nucleare. La campagna di massima pressione americana sull'Iran L'8 maggio 2018 Trump, su richiesta di Israele, e nonostante le riserve da parte di suoi consiglieri e degli alleati europei, annunciò unilateralmente l'uscita dall'accordo, rilanciando le sanzioni economiche contro il paese mediorientale al fine di indurre il brutale regime iraniano a cessare la propria attività destabilizzante, ovvero a ritirarsi dalla Siria, dove guardie della rivoluzione islamica (IRGC) agiscono in appoggio del governo di Bashar al-Assad, oltre a cessare il supporto militare e logistico alla milizia sciita libanese Hezbollah e all'opposizione yemenita impegnata nella guerra civile dello Yemen; destabilizzante era per Trump anche lo sviluppo missilistico iraniano, ritenuto un pericolo primario da Israele. Gli scopi della campagna di massima pressione non erano chiari: se portare a un accordo nucleare "migliore" attraverso nuovi negoziati, ovvero se ottenere un comportamento regionale iraniano meno ostile agli interessi americani; ma per alcuni osservatori l'obiettivo finale era provocare il crollo del regime della repubblica islamica. Il meccanismo chiave per la nuova campagna di pressione sono state ancora una volta le sanzioni. Gli Stati Uniti non solo hanno ripristinato tutte le sanzioni revocate attraverso l'accordo nucleare, ma hanno anche aggiunto una serie di nuove sanzioni, inclusa la designazione dell'IRGC come sostenitore del terrorismo. 


Israele. Armi di sterminio

Una caratteristica fondamentale della massima pressione era quella di punire qualsiasi attore globale, amico o nemico, che cercasse di investire o commerciare con l'Iran, anche a rischio di alienarsi i più vicini partner in Europa e in Asia, che invece sostennero il JCPOA e avevano già preventivato e parzialmente avviato programmi di investimenti sul mercato iraniano. A maggio 2019, l'amministrazione USA pose termine alla maggior parte delle deroghe per i paesi che stavano ancora importando petrolio iraniano, cercando di annullarne del tutto l'export; solo la Russia e la Cina hanno continuato ad acquistare greggio iraniano. Per opporsi alle sanzioni secondarie statunitensi, che escludevano dal mercato americano qualunque banca, azienda o entità mondiale che continuasse a commerciare con l'Iran, la CE istituì un Istrument of Support of Trade Exchanges, ma non riuscì a dare garanzie al settore privato: il commercio Iran-EU passò dai 20 miliardi di euro annui dopo il JCPOA a soli 5 miliardi nel 2019 e 2020 e le riserve valutarie iraniane sono scese da 122 miliardi di dollari nel 2018 a 4 miliardi alla fine del 2020. L'8 ottobre 2020, dopo che gli Stati Uniti non riuscirono ad imporre ulteriori sanzioni dell'ONU contro l'Iran, Trump sanzionò l'intero settore finanziario iraniano, escludendo l'Iran anche dal commercio di cibo e medicinali (risparmiati fino a quel punto dalle sanzioni statunitensi). Anche durante la transizione presidenziale del 2020, l'amministrazione Trump propose un'inondazione di nuove sanzioni contro l'Iran in un tentativo di rendere più difficile per l'amministrazione Biden ricongiungersi all'accordo.


Francia. Armi di sterminio

Tuttavia, le politiche di massima pressione non hanno funzionato a raggiungere qualsiasi obiettivo della politica articolato nelle dichiarazioni dell'amministrazione Trump: l'Iran è riuscito a far fronte alle difficoltà economiche causate dalle sanzioni con la sua economia di resistenza; non ha accettato vincoli maggiori sul suo programma nucleare, anzi ha sviluppato programmi proibiti dall'accordo, non ha modificato la sua politica nella regione e le sanzioni hanno finito per indebolire politicamente i moderati iraniani (che guidati dal precedente presidente Hassan Rouhani, sono stati i principali sostenitori dell'accordo), a favore degli ultraconservatori. Gli sviluppi del programma nucleare iraniano In un primo tempo l'Iran continuò a rispettare i limiti imposti dal JCPOA, come certificato dalla IAEA nel febbraio 2019, ma di fronte all'incapacità dell'Unione Europea di far aggirare le sanzioni statunitensi, al crescere dell'impatto sull'economia delle sanzioni, a fronte di azioni ostili americane e israeliane, alle uccisioni del generale iraniano Qasem Soleimani (5 gennaio 2020) e di Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, direttore del programma nucleare iraniano (27 novembre 2020), e ai sabotaggi di impianti (Natanz, luglio 2020 e Karaj, giugno 2021) l'Iran intraprese via via crescenti iniziative proibite dall'accordo, anche per precise deliberazioni parlamentari (in particolare del 2 dicembre 2020): aumento del tasso di arricchimento dell'uranio senza restrizioni in base alle proprie esigenze tecniche, sviluppo e impiego di centrifughe di prestazioni elevate, limitazione dei controlli della IAEA ed espulsione dei suoi ispettori dal paese. 


Inghilterra. Armi di sterminio

Gli sviluppi attuali del programma nucleare iraniano sono documentati nel rapporto della IAEA del 17 novembre e riguardano tutti limiti imposti dall'accordo: mentre l'Iran continua a rispettare l'impegno sulla conversione del reattore di Arak, vi sono ampie violazioni per gli altri punti. Attualmente la quantità di uranio arricchito ha raggiunto la massa di 2489,7 kg, 2313,4 kg in forma gassosa, 125,4 kg come ossido, 35,4 kg in elementi di combustibile e 15,5 kg in forma solida o liquida. In particolare sono stati prodotti 2,42 kg di uranio metallico, in parte arricchito al 20%. La scorta di uranio gassoso comprende 559,6 kg arricchito al 2%, 1622,3 kg al 5%, 113,8 kg al 20% e 17,7 kg al 60%, con significativi incrementi negli ultimi due mesi per i saggi più elevati. L'Iran ha sviluppato, prodotto e posto in operazione più tipi di centrifughe avanzate: IR-2m, IR-4 e IR-6, in varie forme di cascate; le nuove centrifughe vengono prodotte nell'opificio TESA di Karaj, inaccessibile ai controlli IAEA. Il numero di centrifughe IR-1 a Natanz sta raggiungendo 6050, oltre a 6 cascate di IR-2m, 6 cascate IR-4 e una di IR-6, ciascuna con 164 centrifughe. Anche a Fordow sono riprese le attività di arricchimento con 1044 centrifughe IR-1 e si stanno installando due cascate di tipo IR-6. L'Iran limita anche le attività ispettive della IAEA, sospendendo l'applicazione del protocollo addizionale delle salvaguardie; viene impedito l'accesso a Karaj, agli impianti di produzione di acqua pesante e a 4 siti, precedentemente non dichiarati, dove era stato individuato uranio di origine antropica (Turquz-Abad, Lavizan-Shian, Tehran e Marivan). La AIEA riferisce inoltre che guardie di sicurezza hanno in più occasioni molestato fisicamente e tentato di intimidire gli ispettori (in particolare di sesso femminile) dell'agenzia all'ingresso negli impianti nucleari, violando i privilegi e le immunità previste. In vista della riunione del Consiglio dei direttori della IAEA (24-26 novembre), il direttore generale Rafael Grossi il 23 novembre si è recato a colloqui con la leadership iraniana per cercare di ritrovare un accordo sulla cooperazione, in gran parte sospesa lo scorso febbraio, ma è rientrato senza essere riuscito a raggiungere un'intesa per consentire agli ispettori l'accesso a tutte le strutture del programma nucleare. 


India. Armi di sterminio

Con i recenti sviluppi del programma, l'Iran ha raggiunto un territorio precedentemente inesplorato, accumulando nuove importanti conoscenze, esperienze e pratiche, che in gran parte sono irreversibili, minacciando di minare lo scopo generale del JCPOA di rallentare la possibile produzione di uranio di qualità militare (WGU). I progressi irreversibili riguardano principalmente tre aree: produzione e funzionamento centrifughe di prestazioni avanzate, produzione di uranio altamente arricchito (HEU) e produzione di uranio metallico. Le scorte di uranio arricchito vengono facilmente miscelate o spedite fuori dall'Iran, consentendo il ripristino dei limiti di uranio arricchito del JCPOA. Tuttavia, la nuova esperienza iraniana nella produzione di uranio arricchito al 60% ha permesso all'Iran di apprendere informazioni critiche sulla produzione di HEU nelle sue cascate. Questa quantità di HEU potrebbe essere ulteriormente arricchita al 90% in una cascata di centrifughe in poche settimane o addirittura giorni se si utilizzassero due cascate. Il passaggio a WGU è rapido, perché, in termini di lavoro separativo, la produzione di uranio arricchito al 60% rappresenta il 99% del lavoro necessario per produrre WGU. Va ricordato che anche uranio arricchito al 60% può essere utilizzato direttamente come esplosivo nucleare, sebbene con una maggiore massa critica. La produzione di uranio metallico è significativa poiché è indispensabile per armi nucleari mentre mancano applicazioni civili credibili. Mentre l'uranio metallico può essere reso inutilizzabile o rimosso dall'Iran, le nuove conoscenze non possono essere cancellate. 


Corea del Nord. Armi di sterminio

L'atteggiamento israeliano in continuità con il passato, anche il nuovo governo israeliano considera un pericolo esiziale l'eventuale acquisizione di armi nucleari da parte dell'Iran, e il primo ministro Naftali Bennett in un discorso all'università Reichman (23 novembre) ha denunciato i recenti progressi dell'Iran come un programma di armi nucleari allo stadio più avanzato e ha dichiarato che anche nel caso del ripristino del JCPOA, Israele non si riterrà vincolato dall'accordo, ma rimane pronta ad agire per proteggere i propri interessi. Intanto, a metà ottobre Israele ha approvato un finanziamento di circa 5 miliardi di shekel (1,5 miliardi di dollari) per preparare le forze armate per un possibile attacco contro le strutture nucleari iraniane: fondi per vari tipi di aerei, droni per la raccolta di informazioni e armamenti specifici per un tale attacco, che dovrebbe colpire anche siti sotterranei pesantemente fortificati. Al momento le forze armate israeliane (IDF) non appaiono in grado di colpire gli impianti iraniani in modo analogo agli attacchi aerei che hanno distrutto il reattore irakeno Osirak il 7 giugno 1981 e il sospetto reattore siriano ad Al Kibar il 6 settembre 2007: tali obiettivi erano isolati, senza particolare protezione, entro il raggio di combattimento degli aerei; invece sono numerosi i centri iraniani da colpire, sotto la protezione di sistemi difensivi avanzati, e circa 2000 km lontani dalle basi israeliane, distanza ben superiore al raggio di combattimento sia degli F-35 (833 km) che degli F-15 (687 km) per cui si richiede un rifornimento in volo, non essendo credibile una disponibilità di paesi arabi a rifornire gli aerei attaccanti; attualmente Israele possiede solo vetusti aerei cisterna KC-130, del tutto inadeguati, e non ha ancora ricevuto gli otto nuovi KC-46 ordinati negli USA. 


Pakistan. Armi di sterminio

Va inoltre considerata la certa reazione missilistica iraniana contro le città israeliane e possibili attacchi degli Hezbollah dalle basi libanesi, per cui le IDF dovrebbero prepararsi per vaste operazioni su più fronti. Un attacco armato contro i centri iraniani, in assenza di aperte azioni militari iraniane, sarebbe un atto di guerra chiaramente illegale e condannato dall'ONU, assolutamente inaccettabile dai paesi europei, Russia e Cina e difficilmente difeso dagli stessi USA, con gravi conseguenze economiche e diplomatiche; anche il recente accordo Abraham fra Israele e alcuni paesi arabi potrebbe venir vanificato. Probabilmente Israele continuerà a tentare di rallentare il programma iraniano con attacchi cibernetici e azioni di sabotaggio. Prospettive per il nuovo negoziato L'amministrazione americana si è impegnata in un'intensa attività diplomatica in vista del rinnovo dei colloqui, nel tentativo di cogliere quanto più consenso possibile con i partner negoziali, nonché con i paesi del Medio Oriente. Lo scorso ottobre, a margine del vertice del G20, il presidente Biden ha tenuto una speciale riunione con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron sul tema specifico; gli alleati hanno formalmente invitato l'Iran a riprendere i colloqui sull'accordo per prevenire una pericolosa escalation. 


Arsenali nucleari

La questione iraniana è emersa anche nella conversazione tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping e nei colloqui tra il capo negoziatore americano Rob Malley e i funzionari russi. Nel frattempo, Malley ha visitato Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In Arabia Saudita, una straordinaria riunione ha avuto luogo il 18 novembre con rappresentanti di 6 Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Stati del Golfo, Egitto e Giordania. Anche l'Iran si è impegnato in sforzi diplomatici alla vigilia dei colloqui: il ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e il capo della sua delegazione ai colloqui di Vienna hanno tenuto una serie di discussioni nei paesi europei. L'Iran sta cercando in particolare di garantire che Russia e Cina sosterranno le sue posizioni; in questo contesto, il presidente iraniano Sayyid Ebrahim Raisol-Sadati ha avuto colloqui con i suoi omologhi a Mosca e a Pechino. Anche Iran e Stati del Golfo dialogano ormai da diversi mesi. La posizione dei pesi occidentali vede necessaria la ripresa dei negoziati al punto in cui erano giunti alla fine di giugno, per ripristinare i vincoli previsti dall'accordo, "sterilizzando" le acquisizioni tecnologiche iraniane sulla via della produzione di WGU. Al G20 di Roma, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov aveva affermato che la Russia sostiene pienamente l'idea di tornare all'accordo nucleare iraniano nella forma in cui è stato firmato, senza aggiunte o esenzioni: dovrebbe essere ripreso esclusivamente nella forma in cui è stato approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 2015. 


Guerrafondai turchi

Qualsiasi aggiunta ed esenzione è inaccettabile per la parte iraniana. Non è ancora chiara la posizione della nuova leadership iraniana, sia per quanto riguarda lo svolgimento dei colloqui – se proseguiranno dal punto in cui si erano interrotti, o se l'Iran cercherà di riaprire questioni già discusse e concordate – sia per quanto riguarda la volontà dell'Iran di tornare all'accordo. Sebbene gli iraniani abbiano dichiarato il loro interesse a tornare all'accordo, le indiscrezioni dei media indicano che l'Iran prevede di concentrare il prossimo round di colloqui sulla completa rimozione di tutte (oltre 1500) le sanzioni, comprese quelle non direttamente collegate alla questione nucleare – senza riguardare le questioni del programma nucleare. Inoltre, nelle conferenze stampa rilasciate in varie occasioni Amir-Abdollahian e Bagheri-Kani hanno anche richiesto che le sanzioni vengano rimosse prima che l'Iran sia tenuto a rinunciare ai suoi progressi nucleari, nonché un impegno dell'amministrazione americana che gli Stati Uniti non si ritireranno mai dall'accordo. Questa richiesta pone seri problemi politici e istituzionali a Biden: infatti il Congresso ha esaminato il JCPOA ai sensi dell'Iran Nuclear Agreement Review Act, in base al quale l'accordo rappresenta un insieme non vincolante di impegni politici piuttosto che un accordo giuridicamente vincolante soggetto al parere e al consenso del Senato. E indipendentemente dal fatto che un nuovo accordo sia legalmente vincolante, secondo la costituzione degli Stati Uniti il presidente manterrebbe l'autorità di ritirare gli USA senza l'approvazione del Congresso. 


Mercenari libici

La complessità dei problemi da affrontare in uno stato di aperto confronto fra USA e Iran su quasi ogni questione, tenuto anche conto che sia il nuovo presidente che il capo-negoziatore iraniani a suo tempo furono fra i più decisi oppositori del JCPOA e dell'aperta ostilità delle lobby americane filo-israeliane a ogni accordo, gli osservatori internazionali sono fortemente scettici sulla possibilità che la prossima fase di colloqui possa portare in tempi ragionevoli a risultati positivi, soddisfacenti tutte le parti. Con un mix di volontà politica, abilità diplomatiche e un po' di fortuna, possiamo sperare che il JCPOA possa sopravvivere in qualche forma e diventare una componente importante dei futuri necessari accordi regionali sulle armi di distruzione di massa e strumento per la realizzazione di un sistema globale di sicurezza per tutti i paesi del Medio Oriente, oltre a costituire un viatico per i prossimi lavori della Conferenza di revisione del trattato di non-proliferazione.
 
*Università di Padova 

COSTA SAN GIORGIO

Pianta di Costa San Giorgio

Una delegazione di Idra in visita al complesso.
Trasparenza zero dalla Giunta: nessuna notizia sugli accordi con la proprietà annunciati da sindaco e assessora
.
 
Imbarazzato muro di gomma da Palazzo Vecchio: né il sindaco né l’assessora all’Urbanistica svelano i contenuti della “convenzione con il privato, che prevede l’ampliamento dell'accessibilità pubblica del complesso dell’ex caserma Vittorio Veneto in Costa San Giorgio tramite diverse attività e programmazioni condivise con l’amministrazione comunale”. Vana la richiesta di documentazione da parte dei cittadini: la Giunta non risponde, i gruppi consiliari – interpellati – tacciono anch’essi. Con un comunicato-propaganda, lo scorso 19 novembre, la Giunta aveva fatto credere alla cittadinanza (e ai media copia-incolla, incapaci ormai di interrogare fonti e documenti) che “si chiude una variante complessa e discussa” (parole del sindaco!). In realtà, non si chiude un bel niente, se è vero che la separazione dei poteri ha ancora qualche significato nella città del fiore: l’analisi delle osservazioni dei cittadini e delle controdeduzioni della Direzione Urbanistica deve ancora passare attraverso la Commissione Urbanistica, che ha in agenda per il prossimo 1 dicembre alle 12 l’audizione proprio dell’associazione che dalla primavera del 2020 contrasta insieme a centinaia di cittadini dell’Oltrarno e a uno stuolo di intellettuali di ogni parte d’Italia e del mondo la ‘resa’ di Palazzo Vecchio alla turistificazione pesante anche dell’area Unesco. Non solo. La Commissione consiliare deve ancora iniziare a esaminare le proposte di delibera inoltrate dalla Giunta.
Dovrà essere poi convocata la seduta aperta del Consiglio di Quartiere 1, che ospita il Centro storico di Firenze, ottenuta con una nuova campagna di firme la scorsa estate, ma mai calendarizzata.


Ingresso dalla ex Caserma
San Giorgio

Poi toccherà al Consiglio comunale pronunciarsi. Dove si auspica che il sentimento di rispetto per la storia, la cultura e l’immagine di questa città nel mondo prevalga su altre eventuali pressioni. Anche solo esercitando il diritto/dovere a valutare affermazioni come quella che leggiamo attribuita all’assessora all’Urbanistica e all’Ambiente, secondo la quale “l’attività turistico ricettiva consentirà di non aggravare il carico urbanistico di questa parte delicata della città per accessibilità e fruibilità: caratteristica che ha determinato l’individuazione di questa funzione come necessariamente prevalente ad esito del concorso e delle valutazioni tecniche”. Com’è arcinoto, è vero il contrario: è proprio con la delicatezza di questa parte della città che farebbe a pugni l’ennesima monocultura turistica, questa volta allietata da trecento posti letto, trecento addetti ai servizi, scavi per parcheggi e servizi sotterranei, e un sistema di circolazione e sosta nella zona non ulteriormente aggravabile. Incontrovertibile in questo senso la sentenza del Servizio Mobilità dello stesso Comune: “L’ambito urbano contermine all’area di intervento risulta caratterizzato da una viabilità carrabile e pedonale sottodimensionata, anche rispetto alle attuali esigenze e destinazioni d’uso, comportando per questo un deficit infrastrutturale”, ragion per cui si detta la condizione “che l’attuale regime di circolazione di Costa San Giorgio rimanga invariato”. La mano destra non sa quel che fa la sinistra? In attesa di una qualche iniziativa informativa pubblica del governo della città su tutta questa partita, che ha addosso ormai gli occhi di così tanta parte della cultura nazionale e internazionale, fondatamente preoccupata.
 
[Idra – Firenze]

 

OPPORSI ALLE ARMI DI STERMINIO


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TORINO. LA FAI CONTRO LA GUERRA




sabato 27 novembre 2021

TASSE
di Angelo Gaccione


Rubano ai poveri per dare ai ricchi.
 
Tagliano, come è sempre avvenuto, le tasse a chi guadagna di più. I ceti poveri diventano sempre più poveri, gran parte del ceto medio è precipitato nella povertà, questi due ceti non hanno più alcuna rappresentanza politica e giustamente non vanno più a votare. Quello dell’astensione è divenuto il primo partito in Italia e dopo questa manovra di draghi e vampiri vari, crescerà ancora di più. Per ora la violenza sociale è contenuta, ma nessuno si dovrà scandalizzare o far finta di non aver saputo, se scorrerà del sangue. Io non lo farò e ne sosterrò fino all’ultimo respiro le giuste ragioni, qualunque sia l’entità di quella violenza. Tutti noi che ci siamo guadagnati il nostro misero tozzo di pane con onestà fin dall’età della fanciullezza, senza sfruttare, senza far scendere lacrime a chicchessia, senza evadere tasse, la subiamo ogni giorno sulla nostra pelle. Lo sanno tutti: politici, imprenditori, banchieri, economisti, prelati, giuristi, amministratori della giustizia (?), onorevoli (si fa per dire) che quelli come me, in piena vecchiaia, sono costretti a scegliere se pagare le spese condominiali o recarsi dal dentista, fare la spesa o comprare le medicine per curarsi, fare debiti per concedersi due settimane di vacanze o restare nella città deserta e infuocata di Milano, fare l’abbonamento ai mezzi pubblici o comprare tutte le mattine il giornale. Lo sanno tutti costoro che quelli come me che non hanno voluto diventare né servi né vili né disonesti, nonostante studio, impegno, fatica, intelligenza, conducono in piena vecchiaia un’esistenza di poveri. Non se ne vergognano, perché sono consapevoli di rappresentare la parte più decente della Nazione, che possono guardarsi allo specchio senza sputarsi in faccia e i loro figli possono andare nel mondo a testa alta. Ma hanno una dignità e su questo non sono disposti a transigere, dovete tenerlo da conto. Io starò con quelli che risponderanno alla vostra barbarie con altrettanta barbarie, al sangue con il sangue, all’annientamento con l’annientamento, alla morte con la morte. Non gli avete dato via d’uscita, non ci avete dato via d’uscita.   

ALLA RICERCA DEL CETO MEDIO PERDUTO 
di Alfonso Gianni  


C’erano varie proposte avanzate dal team nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze sul tavolo di confronto con i partiti politici della maggioranza per definire il disegno di legge delega di riforma fiscale, che il governo aveva dichiarato nella Nadef essere uno dei ben 21 collegati alla manovra di bilancio. Alla fine della discussione è stata scelta la peggiore. Questa ora verrà sottoposta all’approvazione di Draghi e dei segretari dei partiti della maggioranza e poi confluirà in un emendamento governativo al testo della manovra di bilancio ora in discussione al Senato. Ma l’accordo politico c’è, hanno tutti assicurato nelle dichiarazioni di ieri. Si tratta di un intervento sull’Irpef e sull’Irap che configura una manovra regressiva, peggiore di quanto ci si potesse aspettare, vista la discussione nelle commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che avrebbero dovuto fornire consigli per l’elaborazione della legge. Senza contare che anche da Bankitalia erano giunti moniti che sono stati tenuti in non cale. Degli 8 miliardi previsti 7 verrebbero utilizzati sull’Irpef e uno sull’Irap. L’Irpef verrebbe ridisegnata lungo 4 aliquote rispetto alle 5 attuali. Il che comporta un’ulteriore riduzione del criterio della progressività contenuto in Costituzione.



Si ricorderà che la riforma fiscale entrata in vigore nel 1974 prevedeva un sistema tributario di 32 aliquote dal 10% al 72%. Da allora si è snodato un lungo ma implacabile percorso, punteggiato da innovazioni legislative regressive, che hanno sorretto la lotta di classe condotta dalle classi e dai ceti dominanti lungo l’ultimo quarantennio e che ora troverebbe così la sua nuova epifania. Le 4 aliquote sarebbero del 23%, del 25%, del 35% e del 43%. Mentre per la no-tax area si parla di minime e per ora imprecisate modifiche, la fascia di reddito fino a 15mila euro resta al 23%; quella tra i 15 e i 28mila euro scende dal 27% al 25%; la successiva dai 28mila ai 50mila euro (non più 55mila) diminuisce di tre punti dal 38% al 35%; oltre quella cifra, avendo cancellato l’aliquota del 41%, si applicherebbe quella del 43%. Il famoso salto dalla seconda alla terza aliquota che prima era di 11 punti verrebbe solo ritoccato portandolo a 10. L’effetto di questo ridisegno di scaglioni e aliquote favorisce i redditi medi ed anche quelli con un alto imponibile. Basta guardare al terzo scaglione per rendersene conto. La riduzione di tre punti dell’aliquota favorisce proporzionalmente di più coloro che si trovano nella parte alta dello scaglione, ovvero vicino ai 50 mila euro, che non quelli che stanno vicini ai 28 mila, poiché per questi ultimi la riduzione agirebbe solo su una componente minimale del loro reddito che verrebbe per il restante investito da una riduzione inferiore dell’aliquota. Nel contempo l’aliquota del 43% rimane il tetto del sistema tributario, molto lontano da quel 72% di quaranta anni fa, e lascerebbe indifferenti gli strati più ricchi della popolazione. Altro che riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente e sui pensionati, soprattutto quelli con gli assegni più bassi. Come aveva avvertito la stessa Bankitalia, la scelta di agire in modo orizzontale sulle aliquote, per giunta riducendone il numero, finisce per favorire maggiormente redditi ben diversi di quelli del lavoro dipendente. Alla faccia della recente elaborazione di Openpolis su dati Ocse, che mostra come i salari italiani siano gli unici nel quadro europeo ad essere diminuiti (del 2,9%) dal 1990 ad oggi. Ma la scelta e l’obiettivo erano altri, cioè quelli di venire incontro ai mitici ceti medi. Lo si vede anche dall’intervento sull’Irap, ove peraltro le cose appaiono più confuse. Non solo l’intervento complessivo rientra negli otto miliardi previsti, mentre ne servivano ben di più per una misura che avesse una qualche efficacia sullo scarso reddito dei lavoratori dipendenti. Ma un miliardo se ne va per la riduzione della tassa che svolge un ruolo fondamentale nel finanziamento del sistema sanitario nazionale, scegliendo irresponsabilmente il momento meno indicato di fare ciò che è pur sempre una cosa sbagliata. Un contentino alla Lega, dopo il braccio di ferro sulle misure anti-Covid? Sarà, sta di fatto che l’eliminazione dell’Irap per ditte individuali si aggiunge ai diversi tagli che hanno più che dimezzato il gettito fiscale di questa imposta dal 2,7% del Pil nel 2007 all’1,2% nel 2020. L’accordo politico è quindi pessimo, i suoi dettagli se confermati lo dimostrano. C’è poco da sperare in questo Parlamento la cui composizione è essenzialmente frutto delle scelte dei vertici dei partiti. Eppure sarebbe un errore considerare chiusa la vicenda. Chi l’ha condotta afferma trionfante che si tratta di misure strutturali e non per il solo 2022. Non è solo la Cgil a mostrare contrarietà. Ma non è cosa che può essere lasciata a mobilitazioni locali. Se è compatibile il lavoro con lo stato di emergenza determinato dalla pandemia, lo è anche l’astensione dallo stesso per motivate ragioni. È proprio il caso in cui non è necessario essere tardivi seguaci di Sorel per chiedere uno sciopero generale. Capace di realizzare quella coesione sociale fra lavoratori dipendenti, precari, pensionati di cui c’è grande bisogno per riportare la questione sociale, oltre a quella sanitaria, in cima all’agenda del  paese.
 
 
 

 

 

 

FINESTRA ERETICA
di Gabriella Galzio


 
 

Autostima e pari dignità per uscire dal patriarcato.
 
 
Ho passato la giornata di ieri a cercare di recepire segnali di cambiamento. Forse quello più significativo è stato, a partire dal linguaggio, che alcuni uomini intervistati cominciano a distinguere "uomo" e "maschio", segno che iniziano a guardarsi dentro e dall'esterno, e a recepire che siamo sì un'unica specie, ma articolata in due sessi, con buona pace della retorica universalistica della parola "uomo". Quanto a retorica poi, le somme istituzioni hanno dato il loro rinforzo allo status quo: il papa che s'indigna sulla violenza contro le donne dimentica il papa che dà delle assassine con tanto di sicario alle donne che abortiscono (a casa mia si chiama violenza morale); e il presidente della repubblica dimentica che gli alti vertici delle istituzioni (compresa la presidenza della repubblica) sono maschi, con qualche eccezione riservata a femmine di fatto "cooptate", e questo banalmente perché le attuali istituzioni sono state concepite da maschi sulla base di valori maschili spacciati per universali. Rare sono state le analisi del fenomeno della violenza contro le donne che avessero la profondità di campo dell'analisi di una intera civiltà, quella patriarcale. Non è mai stato fatto cenno, ad esempio, all'obbligo della patrilinearità (riconoscibile anche dal cognome, quello del padre è "obbligatorio", mentre quello della madre è solo "opzionale") che affonda le sue radici storiche nella destituzione della legittima matrilinearità, dorsale naturale di ogni ulteriore aggregazione in clan; quale migliore ricatto per soggiogare le donne, se non togliere loro i figli (assetto riproduttivo) e sottrarre loro i beni (assetto produttivo)?! Quello che avviene ancora oggi a tante donne vittima di violenza, che subiscono per timore che venga fatto del male ai figli o non hanno la forza di andarsene perché non dispongono dell'indipendenza economica, è la ricapitolazione filogenetica della storia patriarcale, dal "rape" delle origini (in inglese la parola "rape" porta l'ambivalenza di significare "ratto" e "stupro") all'odierno stupro di guerra. E sì, perché c'è un nesso tutto patriarcale che salda insieme stupro, come "dominio" del maschio sulla femmina, e guerra, come "dominio" del maschio sul maschio. E allora varrebbe la pena che i maschi si interrogassero seriamente sulla loro aggressività (vedi per esempio il tentativo dello psicanalista Luigi Zoja nel suo nuovo libro Centauri, l'origine della violenza maschile), ma anche che le donne stanassero il "basista interno" che le consegna al loro carnefice là fuori. Perché è indubbio che in 4000 anni di patriarcato uomini e donne hanno introiettato questa violenza - chi come vittima, chi come carnefice - rafforzata in taluni casi anche dai vissuti familiari, dalle forme più "blande" della misoginia a quelle più violente del femminicidio. E allora quello che mi sento di dire è di incoraggiare le donne a coltivare l'autostima, la propria e quelle delle altre donne, in un progressivo rinforzo personale e collettivo che estrometta dalla loro psiche quel pericoloso "basista interno" e le sottragga al "dominio", per edificare insieme una civiltà fondata sull'amore che non può prescindere dalla "pari dignità".

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