UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 28 giugno 2014

PER AMBROSOLI





"Milano e la Memoria 2014" si conclude con il ricordo di Giorgio Ambrosoli
 nell'anniversario della sua morte. Venerdì 11 luglio, Piazza Affari, ore 21


La prima edizione di “Milano e la Memoria” si conclude l’11 luglio prossimo, non a caso, sul filo della memoria, nel giorno in cui cade l’Anniversario della morte di Giorgio Ambrosoli. Due piéces teatrali verranno messe in scena nella stessa serata allo scopo di commemorare quella giornata.
Luca Maciacchini in "Giorgio Ambrosoli"
Tiziana Di Masi in "Mafie in pentola"
Ore 21.00 Piazza Affari, Milano. Ingresso libero
"Milano e la Memoria Teatro, musica, narrazioni” (27 gennaio – 11 luglio 2014), è un progetto ideato e curato da Daniele Biacchessi e dall'Associazione “Arci Ponti di memoria” Con il contributo di Arci Milano, Fondazione Feltrinelli e Fondazione RCS. Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano.

Lo spettacolo di Luca Maciacchini Giorgio Ambrosoli racconta la tragedia dell’avvocato milanese, che ricevette l’arduo compito di essere il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona negli anni '70. Per la sua solerzia e incorruttibilità pagò con la vita il suo alto senso dello Stato e del dovere morale. Troppi interessi politici ed economici erano connessi con gli affari delle banche e così venne scritta una delle pagine più tristi e nello stesso tempo più rappresentative della storia d'Italia del dopoguerra. Lo spettacolo, scritto da Michela Marelli e Serenella Hugony Bonzano, con le musiche e le canzoni di Luca Maciacchini e la regia di Michela Marelli, ricostruisce la vicenda umana e professionale dell'avvocato milanese basandosi sulle testimonianze dirette dei familiari e sui testi fondamentali scritti sulla vicenda, tra cui ''Un eroe borghese'' di Corrado Stajano e ''Qualunque cosa succeda'' del figlio Umberto Ambrosoli. La formula è quella del ''Teatro - canzone'': Luca Maciacchini, attore e cantautore, narra la vicenda attraverso canzoni originali scritte per lo spettacolo.
Mafie in pentola Libera terra, il sapore di una sfida nasce dai viaggi di Andrea Guolo e Tiziana Di Masi nei terreni confiscati alle mafie, dove hanno raccolto interviste e documenti. Milioni di ettari di terreno tra Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, hanno assistito a secoli di violenza, sfruttamento, illegalità, omicidi. Dalle grandi regioni del sud le mafie si sono estese fino al nord. Ora quelle stesse terre, liberate con lo strumento della confisca, offrono al mercato alcuni gioielli enogastronomici del nostro paese: dai vini alle conserve, dai mieli ai legumi, all’olio extravergine, alla pasta. I prodotti eccellenti che su queste terre nascono, all’interno di cooperative come la Placido Rizzotto, la Pio La Torre di San Giuseppe Jato di Palermo, la Terre di Puglia di Mesagne e Valle del Marro a Gioia Tauro, sono il simbolo più concreto della lotta alla mafia e del nostro riappropriarci di un bene comune, segni tangibili che la guerra alla cosche può essere vinta creando occasioni di lavoro nel pieno rispetto della legalità e della terra. Lo spettacolo racconta la storia di questa sfida che Libera Terra ha vinto e che continua a combattere ogni giorno. Tiziana e Andrea hanno composto un esemplare menù della legalità, dall’antipasto al dolce: storie di vino, olio, taralli, friselle, peperoncini, melanzane, pasta, mozzarelle, torrone, marmellate, limoncello, s’intrecciano in un crescendo di gusto e di emozione con le parole di chi quei prodotti li ha seminati, coltivati, riempiendo di sapore coscienze e stomaci.
 “Quello in memoria di Giorgio Ambrosoli, è l'ultimo appuntamento di Milano e la memoria. Qualcosa di più di una rassegna o di un semplice festival. Si è trattato del primo esperimento di un progetto di tipo identitario di una città italiana” – dice Daniele Biacchessi ideatore del progetto.
“Nato dall'idea dell'associazione Arci Ponti di memoria, si è esteso a livello organizzativo al Comune di Milano, Arci Milano e ha ottenuto il sostegno di due importanti istituzioni culturali, Fondazione Rcs e Fondazione Feltrinelli. Una data, un anniversario, un luogo, uno spettacolo.Questo è il segreto del successo di Milano e la memoria. Realizzare teatro e musica nei luoghi simbolici della città. Siamo partiti il 27 gennaio dalla stazione centrale con i set di Massimo Priviero e Settegrani. Poi il 22 marzo abbiamo raccontato con Antonio Scurati le cinque giornate di Milano. Il 24 aprile abbiamo riempito piazza Mercanti con Daniele Biacchessi, Gang e Gaetano Liguori. E il 9 maggio abbiamo ricordato Walter Tobagi con Manuel Ferreira e Alma Rosé. Ora ci manca l'ultima tappa: il grande omaggio, il primo ufficiale, a Giorgio Ambrosoli, l'eroe borghese caduto l'11 luglio 1979 sotto i colpi della mafia politica. 35 anni dopo, in piazza Affari, nel luogo simbolo del potere finanziario”.
Con “Milano e la Memoria 2014”, Milano diventa la città dei narratori, il luogo in cui tutti i raccontatori di storie italiane si incrociano attraverso la forza delle parole.
Le date scelte nel calendario sono quelle simboliche: 27 gennaio (Giorno della Memoria), 22 marzo (Anniversario Cinque Giornate di Milano), 24 aprile (Verso il 25 aprile, Anniversario della Liberazione Italiana dal Nazi - Fascismo), 9 maggio (Giorno della Memoria delle Vittime del Terrorismo ), 11 luglio (Anniversario della Morte di Giorgio Ambrosoli). In coincidenza di ogni singolo evento Fondazione Giangiacomo Feltrinelli pubblica nella collana Memo un ebook  dedicato scaricabile gratuitamente dal proprio sito.
NFO
pontidimemoria@gmail.com
http://pontidimemoria.it
UFFICIO STAMPA

Andrea Guolo (338-2712616)



C'ERA UNA VOLTA IL CETO MEDIO



Abbiamo da poco subito l’ultimo salasso in termini di tasse con la TASI e la TARI, ultimo atto dell’eterna presa per i fondelli fiscale, l’ennesima truffa semantica per farci credere che non ci sono state nuove tasse sulla casa (ricordate? IMU sì IMU no). Lentamente ma inesorabilmente siamo scivolati ad un livello mai raggiunto prima, dove si è costretti a pagare tasse esorbitanti per una casa di modeste dimensioni e neanche di tua proprietà(se hai un mutuo è la banca che detiene l’ipoteca dell’appartamento). E nel prossimo futuro, con la tanto paventata riforma del catasto, sembra profilarsi una nuova stangata. Direte, sarà finita qui? Ho i miei dubbi, con il solito refrain del “ce lo chiede l’Europa” qualcuno parla con insistenza di “armonizzazione”(altra truffa semantica per indicare un aumento) dell’imposta di successione, quella odiosa tassa che fu ridotta nel 2000 dal governo di pseudo centro-sinistra (legge n. 342/2000) e fu abolita nel 2001 dal governo Berlusconi II (legge n. 383/2001) e infine ripristinata nel 2006 dal governo Prodi. Attualmente le aliquote variano dal 4 al 8 % , ma cosa succederebbe se passassero al 20-30% ?
Di questo passo e con la crisi inarrestabile, il ceto medio sarà solo un ricordo? Addirittura anche negli Stati Uniti ed in Germania la “middle class” sta diventando una specie in via di estinzione.

Luigi Sorrenti

domenica 22 giugno 2014

IL LIBRO CHE VISSE DUE VOLTE


LETTI DI NOTTE


Il regalo della domenica
Le ragioni delle barricate












In allegato potete vedere un mio giochino ("Le ragioni delle barricate")
presentato ad Alessandria in occasione della mostra de "I senza stato"
(giugno 2014).Partendo da una bandiera sequestrata da Bava Beccaris
sulle barricate di Milano del 1898, potete vedere una serie di testate
di giornali sovversivi che hanno portato alle barricate stesse, a partire dalla Prima
Internazionale del 1872. Tra l'altro troverete un intero documento delle
donne anarchiche datato 1872 (forse il primo manifesto femminista in
Italia), la prima pagina di un foglio clandestino che dà il via alle
insurrezioni delle Romagne e delle Puglie (1874), una rara foto di
Giuseppe Fanelli. Un semplice collage che spero vi piaccia.
Saluti libertari

Franco Schirone
Proletari di tutto il mondo scannatevi!



Questa logica di merda e guerrafondaia la dobbiamo ad una sinistra indegna
e a dei sindacati che non si sono mai posti seriamente il problema.
Altro che "Proletari di tutto il mondo unitevi!", dovremmo correggere:
"Proletari di tutto il mondo scannatevi!"

Venegono (Varese). Sabato 28 giugno presidio e manifestazione alla Alenia-Aermacchi a Venegono (Varese) contro la consegna a Israele degli aerei M346. La guerra è prodotta a casa nostra, la possibilità di fermarla anche. Ore 14.00 – presidio a Venegono Inferiore ritrovo all’incrocio via Varesina-via Pellico, davanti alla Chiesa di Loreto. Ore 15.00 – corteo da Venegono Inferiore a Venegono Superiore.
Domenica 29 giugno dalle ore 9.30 alle 13.00 assemblea del Forum contro la guerra
al Castello dei Comboniani di Venegono Superiore

Comitato “No M346 a Israele”

sabato 21 giugno 2014

ATTEGGIAMENTI MAFIOSI E SPECULAZIONE



E’ in atto lo sgombero dell’insediamento che negli anni è cresciuto nello
spazio adiacente alla cascina Torchiera.
Siamo e resteremo contrari agli sgomberi attuati a suon di camionette e a
qualsiasi tipo di azione che finga di risolvere il problema semplicemente
spostandolo o nascondendolo. Ma la situazione che circonda la Cascina è
andata oltre ogni limite di tollerabilità. Stiamo parlando di sfruttamento
della prostituzione minorile, spaccio di droga, criminalità organizzata,
ricettazione; situazione che non può trovare la nostra solidarietà.
Se prima esisteva un campo rom, con cui diverse volte ci siamo
interfacciati, abbiamo intessuto relazioni e condiviso momenti di
resistenza e solidarietà, il suo sgombero è all’origine della situazione
odierna. In questo modo si è creato un terreno estremamente fertile per
l’affermazione di dinamiche di sfruttamento del disagio e della povertà in
una logica di tipo mafioso. L’unica soluzione messa in atto finora è la
militarizzazione del territorio e il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Già nel 2000 in occasione del primo sgombero di Triboniano, aiutammo le
famiglie occupando la palazzina Enel di via Sapri e venne data momentanea
ospitalità a una famiglia in difficoltà proveniente dal campo, anche con
l’idea di intessere un rapporto di scambio reciproco e collaborazione,
oltre che per contrastare la propaganda razzista e discriminatoria che si
stava diffondendo.
Nonostante tutti i tentativi di coinvolgimento anche culturale
nell’attività della cascina, l’atteggiamento di questo nucleo famigliare è
stato sempre e solo rivolto ai propri interessi, con azioni contro la
cascina stessa e i suoi frequentatori, fino ad acquisire un potere mafioso
rispetto alla comunità rom e al quartiere. Questo potere ha raggiunto
l’apice dopo il secondo sgombero di Triboniano del 2010, in occasione del
quale hanno speculato sull’emergenza e sfruttato chi aveva perso tutto a
seguito dello smantellamento del campo.
Forse avremmo dovuto denunciare prima di allora queste pratiche mafiose,
l’abbiamo fatto quando sono diventate insostenibili.
Le responsabilità dell’amministrazione comunale sono evidenti. Da anni ha
pensato alla cementificazione di questo territorio avendo come unico fine
il ritorno economico per sé e gli investitori di turno e non si è mai
curata dei meccanismi che queste azioni mettono in moto. Finora si è
limitata a radere tutto al suolo: da una parte cascine storiche come la
Merlata; dall’altra campi rom, prima regolarizzati e poi sgomberati per
fini elettorali, come Triboniano.
Questa situazione ha dato agibilità anche a Lealtà Azione un gruppo
nazifascista ad essere tra i promotori di una raccolta di 2500 firme di un
comitato di quartiere “Musocco c’è” che chiede lo sgombero di Torchiera e
della famiglia Rom adiacente. Mentre il quartiere si chiude Torchiera
resta aperta a forme di cultura includenti da più di 20 anni.
Insistiamo nel dire che siamo contrari alle politiche degli sgomberi, ma
che nel caso specifico non possiamo essere solidali con chi sfrutta esseri
umani, spaccia e non ha mai dimostrato rispetto per nessuno.








La Cascina Autogestita Torchiera

mercoledì 18 giugno 2014

Milano. Nel corso della manifestazione del 5 giugno scorso in Piazza Scala da parte dei numerosi Comitati “No Canal” che si battono contro la devastazione dei loro parchi con la scusa delle vie d'acqua progettate per l'Expo, e a seguito degli arresti (vedi impresa Maltauro, ecc.), fra i vari documenti letti sulla piazza, anche la voce di un “milanese” illustre che tante opere ha realizzato per la città, attraverso la lettera che qui pubblichiamo. Una lettera la cui sostanza può essere con facilità verificata negli scritti del geniale inventore.




LETTERA DI LEONARDO DA VINCI AI MILANESI SULLE VIE D'ACQUA EXPO E CORRUZIONE
Cari milanesi,
da lungo tempo i fatti della vita mi hanno allontanato da voi, eppure, persino qui, mi soggiungono nuove di grandi mutamenti. Nella convinzione che ogni nostra cognizione principia dai sentimenti, io, che tanto tempo et ingegno ho dedicato per rendere vivibile la vostra città, non posso tacermi oltre di fronte ai soprusi presenti et alla complice inazione della municipalità, che, chi non punisce il male comanda che lo si faccia.
Rimembrerete gli anni trascorsi a studiare sulle carte, inseguendo il sogno di congiungere Mediolanum al mare e di attrezzare un porto, che la vita cittadina si desiderava far fiorire, mutando gli antiquati fossati di difesa in limpidi navigli navigabili.
Quanta acqua è passata sotto i ponti nostri. Ma percezione non ne potete aver, che le mie opere nei secoli sono state sepolte da asfalto e incuria.
Come il ferro in disuso arrugginisce, così l'inazione sciupa l'intelletto; eppur l'acqua ancor zampilla copiosa sotto il traffico!
Vi confesso che quando mi giunse voce della volontà di riaprire le vie d'acqua mi entusiasmai e di tutto avrei intentato per poter prestare nuovamente il mio ingegno alla commune utilità. Con attenzione ho mirato l'evolversi di tal progetto, rispolverato per imbellettarsi nell'occasio della Universale Esposizione, e credo sia giunto il momento di proferir parola si' come voialtri avete fatto in questi mesi di resistenzia. Dopo aver istudiato le moderne carte et le quotidiane notizie, a malincuore mi trovo costretto a concordare con la mobilitazione vostra contro un progetto si' dispendioso, inutile et nocivo per i bei parchi della periferia. Nulla resta del mio sogno di riaprire i navigli storici et renderli navigabili. E' offesa spudorata che il nome mio sia prestato a questo orrido guazzabuglio di cementum donde l'acqua che trabocca sopra i sua ripari, quegli discalza e ruina dalla opposita parte. Milano, io ti dico: fuggi i precetti di quelli speculatori, che le loro ragioni non son confermate dalla isperienzia e ricorda: gli uomini di ingegno elevato sono più attivi quando fanno il minimo lavoro, che quelli che s'innamorano di pratica senza scienza son come il nocchiere, che entra in naviglio senza timone o bussola e che mai ha certezza di dove si vada.
La forza, anche quella che si presume gentile, vive per violenza e more per libertà. Avete tutto il mio sostegno poiché raro cade chi ben cammina et amor onni cosa vince. Cum immutato affetto,
Leonardo

Alcuni momenti della manifestazione attraverso le foto di Alberto Grasso                                   e Edy Cantarella.























martedì 17 giugno 2014

IL CATTIVO ESEMPIO
C'è anche il sindaco di Milano tra i politici a cui sono state imputate le multe non ancora riscosse dal Comune per le affissioni abusive relative alla campagna elettorale 2011

Il 27 maggio scorso il Consigliere Radicale Marco Cappato ha fatto una interessante dichiarazione che Mattia Calise, consigliere del M5S sottoscrive e si unisce alla protesta concreta del collega facendo mancare il contributo al raggiungimento del numero legale nelle votazioni e non collaborando in alcun modo durante l’esame del bilancio, se nel frattempo non saranno state (ri)emesse le ordinanze di ingiunzione delle multe per le affissioni abusive di campagna elettorale che attendono da oltre 3 anni e che le stesse siano imputate al bilancio 2014. Si sta infatti pericolosamente avvicinando il termine dei 5 anni previsto per la PRESCRIZIONE.
Delle 3,716 infrazioni totali per un importo complessivo di 6.156.694 euro accertate dal Comune, dopo 3 anni d'attesa sono state emesse solo 1/10 delle ingiunzioni di pagamento per le affissioni abusive, ma colpo di scena l’8 aprile scorso le suddette ordinanze sono state annullate per gravi errori da parte Comune.
Le ordinanze in questione riguardano:
Consigliere MANFREDI PALMERI 392 infrazioni
Sindaco PIASAPIA 159 infrazioni (particolare che viene omesso nelle comunicazioni pubbliche)
Consigliere EDOARDO CROCI 8 infrazioni
L’Assessore Granelli ha risposto all’interrogazione di Cappato che "vista la numerosità dei verbali, scritti difensivi e delle osservazioni presentate, si presume che il lavoro connesso durerà 120 giorni". Cioè 6 mesi di lavoro, ma così ci avviciniamo in maniera preoccupante alla prescrizione (5 anni) e la richiesta di Cappato e Calise è che la contabilizzazione rientri nel bilancio 2014.
Cappato e Calise faranno quindi mancare il loro contributo al raggiungimento del numero legale durante le votazioni. Non collaboreranno durante l'esame del bilancio se nel frattempo non saranno state emesse le ingiunzioni di pagamento. Entrambi sono convinti che non si possano chiedere soldi ai cittadini se prima non si è fatto riscuotere il dovuto da parte di partiti e candidati che hanno violato la legge.

Ufficio Stampa M5S Milano

lunedì 16 giugno 2014

Nuove avventure militari italiane in territorio somalo                           
di Antonio Mazzeo

sangue in Somalia


Messina. Il tricolore torna a sventolare a Mogadiscio e il governo Renzi mette a disposizione dei nuovi signori della guerra parà, istruttori e veicoli militari. Un paio di giorni fa, nel corso di una cerimonia tenutasi nella capitale della Somalia, il comando del National Support Element (IT NSE), il team italiano attivo nel paese del Corno d’Africa lacerato dalla lunga guerra civile, ha donato al locale Ministero della difesa tre veicoli minivan per consentire una “migliore mobilità” dei militari impiegati a Gashandiga, Mogadiscio. “Gli aiuti alle istituzioni somale rappresentano parte dell’impegno profuso dall’Italia nell’ambito delle iniziative internazionali a salvaguardia della pace e della stabilità del paese”, si legge nel comunicato emesso dalle forze armate italiane.
Il contingente nazionale opera nell’ambito dell’European Union Training Mission to contribute to the training of Somali National Security Forces (EUTM Somalia), la missione di formazione e addestramento delle forze armate somale che l’Unione europea ha istituito il 15 febbraio 2010 per concorrere alla “stabilizzazione del Corno d’Africa” e “rafforzare” il governo e le istituzioni somale. Condotta in collegamento con il Comando militare statunitense per il continente africano (US AFRICOM) ed AMISOM, la missione dell’Unione africana che vede schierati in Somalia più di 17.000 uomini di Uganda, Kenya, Burundi, Sierra Leone e Nigeria, EUTM Somalia ha come obiettivo strategico il rafforzamento del dispositivo multinazionale chiamato a contrastare in Corno d’Africa le milizie armate al-shabaab ritenute vicine ad al-Qaeda.

Schierata inizialmente a Kampala, capitale dell’Uganda, e presso il centro addestrativo di Bihanga (250 km a ovest di Kampala), EUTM Somalia avrebbe dovuto operare sino al 2013, ma nel gennaio 2013 il Consiglio Europeo ha deciso la sua estensione sino al 31 marzo 2015, ampliandone i compiti alla “consulenza politico-strategico alle autorità somale” e all’addestramento specializzato delle forze governative. Nella seconda metà del 2013 la missione Ue ha trasferito il suo quartier generale e il Mentoring Advisory Training Element (MATE) presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio e dal gennaio 2014 tutte le sue attività sono condotte esclusivamente in territorio somalo. Attualmente l’addestramento delle unità viene effettuato presso il Jazeera Training Camp, a circa 5 Km a sud dallo scalo aereo.Sino ad oggi EUTM Somalia ha contribuito alla formazione di 3.600 tra ufficiali, specialisti e istruttori militari somali. La missione ha ottenuto un budget di 11,6 milioni di euro per il periodo compreso tra il febbraio 2013 e il marzo 2015 e vede schierati 125 militari di 13 paesi europei. Il team italiano è composto da 78 unità, in buona parte paracadutisti della Brigata “Folgore”, impiegate in vari ambiti, dall’addestramento delle forze armate somale alla sicurezza dei movimenti e del contingente, al supporto logistico e amministrativo. “I nostri specialisti forniscono alle reclute somale conoscenze e tecniche utili a contrastare la minaccia delle mine e degli ordigni esplosivi improvvisati (IED) unitamente a nozioni di primo soccorso tattico sul campo di battaglia, ecc.”, ha spiegato il National Support Element (IT NSE). Secondo il cronogramma operativo, nel 2014 il team italiano seguirà la formazione di 1.850 militari somali, per una spesa che solo nei primi sei mesi dell’anno è stata di 7 milioni e 62.000 euro. Dal 15 febbraio il comando della missione Ue in Somalia è stato affidato al generale Massimo Mingiardi, vice comandante della Scuola di fanteria di Cesano ed ex comandante della brigata “Folgore”. Il colonnello Mingiardi aveva già operato a Mogadiscio nel 1993 come comandante di compagnia durante l’Operazione “Ibis”, tragicamente segnata dall’incredibile numero di violazioni dei diritti umani commesso dal contingente italiano e dalla battaglia del check-point “Pasta” che il 2 luglio 1993 provocò la morte di tre uomini e il ferimento di 33 parà italiani.In vista del rafforzamento dei vincoli bilaterali tra l’Italia e la Somalia, il 17 settembre 2013 si è tenuto a Roma un vertice tra l’allora ministro Mario Mauro e Abdihakim Mohamed Haji Fiqi, responsabile del dicastero alla difesa del Governo federale somalo. Nel corso del meeting venne siglato un Memorandum di Cooperazione nel settore della difesa a sostegno delle nuove istituzioni politiche e militari somale.
DAL CARCERE DI PADOVA
Amore tra le Sbarre
il diritto all’affettività in carcere



Padova. Nel nostro paese dicono che la persona umana conserva pienamente anche nella condizione di detenzione il suo diritto inalienabile alla manifestazione della propria personalità nell’affettività. Eppure io - condannato alla cosiddetta "Pena di Morte Viva" (L’ergastolo ostativo) - e la mia compagna, sono ventitré anni che sogniamo l'amore senza poterlo fare. Lei, anche dopo tanti anni, è ancora l'amore che avevo sempre atteso. Mi ricordo ancora le sue prime parole, i suoi primi sorrisi e i suoi primi baci. Da molti anni viviamo giorni smarriti, perduti e disperati.
Da tanti anni lei ama e si fa amare da un uomo senza più speranza e futuro. Da ventitré anni il suo amore mi da vita di giorno e di notte. Eppure da molti anni i suoi sorrisi sanno di tristezza, delusione e malinconia perché da tanti anni le mie mani non la accarezzano. Da ventitré anni penso a lei in ogni battito del mio cuore. Da molti anni mi sta dando tanto ed io invece così poco, perché lei per me è il mare, il cielo, il sole e l’aria che respiro. Eppure da tanti anni ci abbracciamo, ci baciamo e ci amiamo solo con i nostri pensieri.
In carcere gli affetti e le relazioni, il rapporto stesso di un individuo con le persone amate, con la propria vitalità e con i desideri, viene sepolto. Di fronte all'impossibilità di coltivare i sentimenti, se non in forme frammentarie ed episodiche (i colloqui, le lettere, le telefonate dalla sezione) spesso i detenuti e le detenute cancellano l'idea di potersi sentire ancora vivi e vive nel cuore. Il corpo viene abbandonato come un cadavere nel fiume, oppure, al contrario, imbalsamato nella cura ripetitiva degli esercizi in palestra, fino a raggiungere una forma perfetta quanto inservibile.
Nelle carceri in Croazia sono consentiti colloqui non sorvegliati di quattro ore con il coniuge o il partner. In Germania alcuni Lander hanno predisposto piccoli appartamenti in cui i detenuti con lunghe pene possono incontrare i propri cari. In Olanda, Norvegia e Danimarca nelle carceri ci sono miniappartamenti nei quali si possono ricevere le visite. In Albania, una volta la settimana, sono previste visite non sorvegliate per i detenuti coniugati. In Québec, come nel resto del Canada, i detenuti incontrano le loro famiglie nella più completa intimità all'interno di prefabbricati. In Francia, come in Belgio, in Catalogna e Canton Ticino sono in corso sperimentazioni analoghe. La possibilità di coltivare i propri affetti è prevista anche in alcuni Paesi degli Stati Uniti.
In Italia invece, fare l'amore con la donna che ami, non è consentito ai detenuti.
Qualcuno può spiegarmi cosa c'è di rieducativo in tutto questo? E a chi giova il fatto che io non possa fare l'amore con la mia compagna?
Chiedo che la politica si occupi di rendere l'Italia al passo coi tempi anche per quel che concerne i diritti di noi detenuti.
Carmelo Musumeci.
Carcere di Padova




ESTATE AL BARGELLO. TEATRO POPOLARE D’ARTE
SANTA GIOVANNA DEI MACELLI dal 25 al 28 giugno



Firenze. La compagnia Teatro popolare d'arte torna al Museo Nazionale del Bargello per l'Estate al Bargello con la SANTA GIOVANNA DEI MACELLI!
Un luogo stupefacente per uno spettacolo corale di grande impatto!

Speciale iscritti alla newsletter: biglietto ridotto 10 euro esclusivamente su prenotazione a promozione@tparte.it (specificando nominativo, posti prenotati e data prescelta) o 3471961898
La compagnia Teatro popolare d'arte torna al Museo Nazionale del Bargello per l'Estate al Bargello.

da mercoledì 25 a sabato 28 giugno ore 21.15
Teatro popolare d’arte
SANTA GIOVANNA DEI MACELLI
di Bertolt Brecht un progetto di Gianfranco Pedullà
con Rosanna Gentili e Marco Natalucci
e con Stefano Algerini, Massimo Altomare, Antonella Andrei, Filippo Angeli, Riccardo Bono, Giovanna Braschi, Marco Cappuccini, Marco Cei, Mario Ghilardi, Giovanna Grassi, Giuditta Natali Elmi, Domenico Nuovo, Barbara Pichi, Isabella Vecoli.
musiche originali eseguite dal vivo a cura di: Massimo Altomare
scenografia: Claudio Pini
costumi: Rosanna Gentili
luci: Marco Falai
foto: Alessandro Botticelli

Un grande testo, scritto da Brecht solo due anni dopo la grande crisi del 1929,in un’epoca molto simile alla nostra, un’epoca di transizione, di crisi economica, morale, sociale. Il testo si concentra sul rapporto fra bisogni spirituali e bisogni materiali, spesso fra loro drammaticamente in contrasto. Accanto ai due protagonisti un coro rappresenta – di volta in volta – gli operai, gli industriali, gli allevatori. La produzione nasce da un primo laboratorio produttivo realizzato nel 2011-12 presso il carcere di Prato. La messa in scena utilizza le tecniche del “coro parlato”, ma anche delle azioni corali capaci di restituire il dramma attraverso musiche originali, macchine sceniche di segno costruttivista, luci con forte intento narrativo.
BIGLIETTI: intero 15 euro, ridotto 12 (under 26 - over 65, soci coop)

INFO e PRENOTAZIONI Teatro popolare d’arte promozione@tparte.it 3471961898 www.tparte.it
 'NDRANGHETA A LECCO





LECCO. I fatti di Metastasi ritornano sul territorio. E precisamente a Valmadrera il 23 e a Mandello del Lario il 25 giugno. Come promesso subito dopo l’incoraggiante risposta della città di Lecco lo scorso 7 maggio, ecco i prossimi appuntamenti dell’iniziativa “Metastasi – I fatti”.
Riteniamo necessario e fondamentale che la cittadinanza possa civilmente discutere e quanto più puntualmente conoscere i fatti e le responsabilità politiche emergenti dalle carte dell’indagine. Tutto ciò al netto delle eventuali responsabilità personali di rilievo penale la cui determinazione, com’è ovvio, è in capo alla magistratura.
A muoverci, oltre alla passione e competenza dimostrate in questi anni in materia di denuncia e informazione riguardo al fenomeno della ‘ndrangheta sul territorio, è la forte convinzione che, come giustamente ha scritto il Sindaco di Lecco Virginio Brivio ai dipendenti comunali per gli auguri di Pasqua, non si debba “mai aver paura delle verità, anche di quella più scomoda”.
Abbiamo deciso per questo di organizzare (di nuovo) due serate di approfondimento pubblico sulla ’ndrangheta sul territorio.
La prima avrà luogo lunedì 23 giugno alle 21 a Valmadrera, presso la sala auditorium del centro culturale Fatebenefratelli in Via Fatebenefratelli 6 (Qui l'evento su Facebook).
La seconda invece è fissata per mercoledì 25 giugno alle 21 a Mandello del Lario presso il teatro comunale Fabrizio De Andrè di Piazza Leonardo da Vinci (Qui l'evento su Facebook).
L’ingresso è ovviamente libero.
Fate girare la voce!
Qui Lecco Libera
quileccolibera@gmail.com

www.quileccolibera.net

SARDEGNA: TENIAMOLI D’OCCHIO

SIT IN martedì 17, ore 9,30, fronte Consiglio regionale, via Roma, Cagliari
per la LIBERAZIONE dall'OPPRESSIONE MILITARE, per il DIRITTO di UGUAGLIANZA tra cittadini e tra Regioni, per L’EQUIPARAZIONE, per il DIRITTO alla SALUTE e alla VITA, per FERMARE la STRAGE di STATO.
Martedì 17 il Consiglio regionale discute la mozione unitaria che impegna il governatore Pigliaru nella trattativa con lo Stato sul tema della militarizzazione della Sardegna in vista della Conferenza nazionale del 18 a Roma. Il Consiglio e il Governatore hanno finora ignorato le nostre richieste e proposte, pertanto presidieremo il palazzo per ribadire le inderogabili priorità.
“RIEQUILIBRIO”, la parola-bandiera oggi sventolata come novità, è un obbligo del ministro della Difesa sancito dalla leggi ed evaso da decenni con la complicità della Regione discriminata. Già nel 1976 la legge ha imposto l’equa ripartizione sul territorio nazionale dei gravami militari, valutati dal legislatore come causa di danni economici e sociali (in quel tempo mancava ancora la consapevolezza del danno ambientale e sanitario), ha messo sullo stesso piano, con pari rilevanza, gli interessi della Difesa e le esigenze della popolazione. Nel 1990 la legge 104 ha ribadito la necessità dell’equiparazione, fondata sul diritto di eguaglianza dei cittadini e delle Regioni sancito dalla Costituzione, ha modificato l’iter inefficiente stabilito nel 1976, ha imposto al ministro della Difesa il dovere di equilibrare  il carico militare tra le Regioni.
La 104/1990 non nasce dalla benevolenza di un governo-amico di turno, è in larga misura frutto dell’azione di Mario Melis e delle forti lotte di popolo degli anni 1987/90.  Il “riequilibrio”, se non si quantifica e non si pongono parametri di riferimento, è aria fritta o peggio fumo negli occhi per meglio turlupinare il popolo sardo. Tralasciando le immense zone di cielo e mare militarizzate (questa superficie supera quella dell’intera Sardegna) e usando i dati “storici” di Gettiamo le Basi, un poco più bassi rispetto a quelli di certo più precisi del governatore, risulta che il demanio militare in tutta Italia ammonta a circa 40.000 ettari di cui 24.000 (il 60%) concentrati in Sardegna e i restanti 16.000 sparsi nella penisola. Basta un calcolo elementare (40.000 :  n° Regioni) per chiarire che il ministero della Difesa ha il dovere di restituirci circa 22.000 ettari, grosso modo qual cosina in più delle aree occupate dalle tre bombing test areas  più vaste e a più intenso utilizzo  d’Europa (Capo Frasca 1.416 ha, Teulada 7.200, Salto di Quirra 13.000).
Il Governatore non si umili e non umili il popolo sardo supplicando alcune briciole, mendicando e predicando la “mitigazione” del servaggio.
“SMILITARIZZAZIONE di Teulada e Capo Frasca”, sacrosanta, nostro obiettivo da sempre,  però per come è adombrata da Pigliaru è miseramente insufficiente, eticamente inaccettabile.  La Regione chiederebbe solo la restituzione, “non per l’immediato”, di appena un terzo del dovuto e abbuonerebbe allo Stato circa due terzi del maltolto Si configura come merce da riscuotere, in un imprecisato e lontano futuro, pagata con la rinuncia, adesso e subito, sia del  diritto di uguaglianza con le altre Regioni e  i cittadini della penisola, sia della sovranità e del controllo democratico nell’area martoriata del Salto di Quirra. La Regione offrirebbe il suo consenso al potenziamento del poligono della morte in cambio di una promessa-miraggio, utile a sedare l’insofferenza di popolo, far dimenticare e incrementare stragi e devastazioni in corso.
Il diritto all’uguaglianza, alla non discriminazione non è merce  di baratto. La Regione ha i mezzi per far valere i diritti del popolo sardo (ad es. ricorso ai tribunali internazionali contro l’Italia per i danni inferti all’isola, per i crimini contro l'ambiente e contro l'umanità, per la violazione dei diritti umani con l’aggravante di averli perpetrati contro una minoranza etnica)


“SARDEGNA AZIONISTA di MAGGIORANZA” del turpe business della guerra è la trovata che nobilita e valorizza l’uso tradizionale dell’isola come paradiso-pattumiera di guerra e conferisce al “riequilibrio” significato e contenuti nuovi e sinistri. Vorremo fugare al più presto l’orribile sospetto che il governatore economista intenda equilibrare il tot di basi di guerra accollandoci anche un tot equivalente d’installazioni per esperimenti, fabbricazione, collaudi di ordigni bellici di sterminio.
L’inquietante “nuovo corso” - propagandato come “Riqualificazione Salto di Quirra” (analizzato da Gettiamo le Basi nelle varie fasi di messa a punto), llustrato nella mozione del Senato ossessivamente riproposta da Pigliaru,  perseguito con costanza da circa un decennio dal suo partito. il PD -  è  già deciso a livello governativo, è affidato a una società per azioni, la Difesa spa. Oltre al “regalo” dei droni robot assassini, spunta il “regalo” delle energie alternative e con queste ricompare lo spettro del nucleare scacciato nel 2003 e nel 2011 dalla grandiosa lotta spontanea di popolo. I criteri di scelta della Sogin del luogo del sarcofago di scorie indicano esplicitamente il demanio militare per esigenze di controllo  e sicurezza dell’impianto e, soprattutto,  zero ingerenze  delle Autorità civili.
Noi non cessiamo di esigere che il Governo assuma le sue responsabilità, osservi l’obbligo prioritario di porre fine alla strage di Stato provocata dalle devastanti attività militari, adotti con urgenza i sei improrogabili interventi che formano l’acronimo SERRAI (CHIUDERE)
S     Sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate le patologie di guerra;
E     Evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni di Quirra, Teulada, Decimo-      Capo Frasca 
R     Ripristino ambientale, bonifica seria e credibile delle aree contaminate a terra e a mare;
R     Risarcimento alle famiglie degli uccisi, ai malati, agli esposti, Risarcimento al popolo sardo del danno inferto all’isola.
A     Annichilimento, ripudio della guerra e delle sue basi illegalmente concentrate in Sardegna in misura iniqua;
I       Impiego delle risorse a fini di Pace   

Comitato sardo Gettiamo le Basi, tel 3467059885;
Comitato Amparu (Teulada) 3497851259;
Famiglie militari uccisi da tumore, tel 3341421838;

Comitato Su Sentidu (Decimomannu)
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Il filosofo Fulvio Papi scrive a Matteo Renzi


Fulvio Papi al centro della foto (Foto: Mirella G.)

Gentile Matteo Renzi,
ciascuno nasce al mondo con una parola. Lei ha inventato “rottamazione” che può avere molti significati che qui non contano. Per quanto mi riguarda, se le va, rottami pure la mia passione adolescenziale per il socialismo (1945-46), la mia più che modesta partecipazione politica, e quarant’anni di insegnamento all’Università, e i 25-30 libri di un filosofo che, con i suoi errori, è stato più attento alla ricerca della realtà che alla verità della filosofia. Posso vivere il mio tramonto con i miei rottami privati. Ma non rottami la passione morale che ho sempre considerato fondamentale per ogni compito politico (che è un onore). E allora “sbatta fuori” subito dal partito chi, in qualsiasi modo, abbia inquinato il suo compito con l’”esecranda fame dell’oro” che anche lei avrà studiato al liceo.
Un’ultima cosa. La considerazione secondo cui si è innocenti sino all’ultimo grado di giudizio, appartiene alla cultura, al lessico, alla prassi giuridica che, purtroppo, l’esperienza non ha mostrato uguale per tutti. Questa considerazione estesa al campo morale, quando vi è un sistema pubblico e inequivocabile di evidenze, è un argomento capzioso, non vero, interessato. Questo affermava Pasolini quando sosteneva di “sapere”. Credo che sia quanto ritengono i suoi elettori che possono anche aumentare. Ma i “suoi” corrotti a qualsiasi livello li sbatta fuori subito. So che non è facilissimo perché gli intrighi ci sono dovunque. Ma non c’è da avere alcuna paura quando milioni e milioni di persone che lavorano onestamente sono con lei.

Cordialmente
Fulvio Papi*

Filosofo, presidente della Fondazione “Corrente”
vice-presidente della Casa della Cultura –Milano-


domenica 15 giugno 2014

IL NUOVO NUMERO DI "CAPOVERSO"

CAPOVERSO
rivista di scritture poetiche
Edizioni Orizzonti Meridionali
N. 27 Gennaio-Giugno 2014
Pagg. 128 € 11,00

In questo numero scritti di:
Aprile, Are Caverni, Bafaro,
Bandinelli, Bianchi, Bonacini,
Carandente, Cipparrone, Ciprani,
Civitareale, Corbo, Dionesalvi,
Di Vito, Ederle, Gaccione,
Gordano, Maffìa, Mattei, Nigro,
Pagan, Pardini, Rega, Rizzo.




Giunta al XIII anno di vita, la bella e colta
rivista di scritture poetiche cosentina edita
dalle Edizioni Orizzonti Meridionali,
caparbiamente voluta da Antonio Alimena,
scomparso meno di un anno fa, si conferma
come una delle più attente e puntuali riviste
di scrittura poetica italiane. Tre ottimi poeti
e tre lucidi letterati, tutti e tre di Cosenza
(Cipparrone, Corbo, Dionesalvi), in questi
lunghi 13 anni, con il supporto prezioso
di Franco Alimena, hanno saputo radicarla
nel panorama letterario contemporaneo, ed
imporla all’attenzione non solo italiana.
Potete richiederla direttamente alla Redazione
telefonando ai seguenti numeri: 0984-24392;
328-9065192, o scrivendo all’indirizzo email
Potete anche ordinarla in libreria che ve la procurerà
in tempi brevissimi.



domenica 8 giugno 2014

CORROTTI: IERI E OGGI

Ieri la notizia dell’arresto del sindaco di Venezia e altri big del capoluogo veneto: L’ondata che travolge Venezia questa volta non è di marea, ma di arresti. Manette eccellenti a politici di primo piano e funzionari pubblici, fatte scattare dai magistrati che da tre anni seguono il sistema di fondi neri, tangenti e false fatture con cui, sostengono, si teneva in piedi il sistema di appalti collegati al Mose, l’opera colossal – 5 miliardi di euro – che entro il 2017 proteggerà la città dalle acque alte.”

Oggi elenco tutti gli arrestati eccellenti del Pd:

- Arrestato sindaco PD di Modugno per concussione
- Arrestato sindaco PD di Melito Porto Salvo per associazione mafiosa
- Arrestato sindaco appoggiato dal PD di Valmadrera per associazione mafiosa
- Arrestato sindaco PD di Pioltello per tangenti.
- Arrestato sindaco PD di Carlatino per concussione
- Primo Greganti del PD arrestato per lo scandalo Expo
- Francantonio Genovese deputato PD arrestato per associazione per delinquere, riciclaggio, peculato e truffa
- Arrestato
sindaco PD di Venezia per le tangenti Mose
 




Tutti ladri, nessun ladro.
E se fosse la dimostrazione della raggiunta unità d’Italia?
di Paolo Maria Di Stefano



Niente di nuovo sotto il sole. Neppure il titolo di questa nota. Innumerevoli volte un numero infinito di persone ha fatto ricorso a quello che, forse, Renato Rascel avrebbe definito “un giovane presto”: un adagio nato in tempi vicini a noi, e del quale qualcuno afferma di conoscere, se non l’autore, almeno un politico che lo ha citato più volte anche, sembra, per giustificare i comportamenti suoi e dei sodali. Suggestivo senza dubbio, “tutti ladri nessun ladro” probabilmente non è riuscito, non ostante tutto, ad assurgere a scriminante universale perché la perfezione non essendo di questo mondo, esiste ancora qualcuno che ladro non è e che si rifiuta pervicacemente di esser messo in un angolo. E, per di più, non solo spera che i ladri vengano puniti, ma addirittura ha fede in quella evoluzione morale e dunque anche giuridica della società della quale (evoluzione) tutti in qualche modo si occupano e che un giorno condurrà alla sparizione del furto, della corruzione e dei comportamenti connessi. O almeno alla loro riduzione a livelli fisiologici, sì, ma non generalizzati.
E allora, qualcuno pensa che indagare, scoprire e perseguire furto corruzione e compagnia, abbia un effetto negativo sull’immagine del Paese.
Che si rubi e si cerchi di guadagnare in ogni modo è fatto assolutamente accettato. “La gente” non si aspetta altro e dunque che imprenditori, politici, faccendieri e chi altro cerchino di dirottare a sé ogni e qualsiasi tipo di risorsa e si facciano un punto di onore di evadere le tasse e di finanziare i partiti è nelle cose, ed il successo e la professionalità si misurano dalla quantità di risorse rubate e dall’essere riusciti a farlo senza essere scoperti.
E’, in fondo, anche il senso di quel “cogliere le opportunità” che ogni economista si fa un punto d’onore di insegnare nelle Università e nei corsi di formazione aziendale, e di perseguire nelle imprese. Direttamente, o quali consulenti di gestione.
Con questo in più: l’elaborazione del concetto di “economia” come disciplina e pratica avulsa dalla morale, dall’etica e, secondo qualcuno, anche dal diritto. Un mondo ideale: sfrutto a mio vantaggio ogni occasione e realizzo appieno i principi dell’economia, che sono il cromosoma principe di ogni essere vivente.
Il “ma” che sempre tende a rompere l’equilibrio è costituito in Italia da una Magistratura che indaga, accerta, processa, punisce. Con questo, quasi per assurdo venendo meno ad una delle funzioni prime della Giustizia e del Diritto: forgiare, formare, improntare la società in vista (almeno) di un futuro diverso e migliore. Che non vuol dire “andare contro natura”.
Per la Giustizia, “tutti ladri, nessun ladro” sembra sia un brocardo non riconosciuto, al massimo una presunzione relativa, di quelle che sono valide fino a prova del contrario. E dunque non quella verità assoluta che sarebbe opportuna, per la pace sociale e per l’immagine del Paese.
Che è un errore, ovviamente, al quale la Giustizia ed i Magistrati sembrano finalmente risoluti a mettere riparo. L’azione “anticorruzione” (in senso lato) condotta avanti con pervicacia è stata per lungo tempo scambiata per una forma di repressione: la corruzione (sempre in senso lato) deve scomparire. Ma la Magistratura non è fatta di ignoranti e praticoni. Si può sostenere che si tratti di una delle categorie professionalmente più preparate, e più concretamente pensose dei destini futuri della società. Tanto da interpretare, correggere, ispirare le leggi che è chiamata ad applicare.
E allora? Allora la Magistratura ha elaborato un sistema di efficacia quasi certa -nulla è assolutamente certo sotto il sole e tra gli uomini- per mettere a posto le cose: dimostrare in modo inconfutabile che tutti sono ladri e corruttori e corrotti ed evasori fiscali.
A processo ultimato, poiché sarà dimostrato vero che questi (ed altri) comportamenti sono parte integrante della natura umana, incoercibili, indissolubilmente legati ad un istinto primordiale, sarà anche dimostrata l’incongruità di una Giustizia che si ostina a parlar di reati. Sarebbe come stabilire che tutti si nutrono, ma il mangiare è reato, e come tale va punito. Ragionamento insensato, e comunque in pratica non attuabile: se tutti si nutrono ma chi mangia delinque, tutti coloro che mangiano dovrebbero essere pesantemente puniti. Vorrei vedere come si potrebbe fare!

E allora, se tutti rubano, che senso avrebbe punire il furto? Accettando che“tutti ladri, nessun ladro”, avremo tre vantaggi certi:
  • la diminuzione del numero delle leggi, perché furto, corruzione, evasione fiscale e finanziamento illecito del partiti non avranno più ragion d’essere;
  • la diminuzione conseguente del numero dei processi, e dunque del carico di lavoro della magistratura, a tutto vantaggio della efficienza;
  • la diminuzione del  numero degli ospiti delle “colonie penali”: il sovraffollamento delle carceri sarà solo un cattivo ricordo.

Corollario primo: l’Unione Europea non avrà più occasione di comminare sanzioni ad un’Italia finalmente concretamente virtuosa.
Corollario secondo: la riforma della Giustizia ha ora un obbiettivo ed una ragione precisa. Questo: la pulizia da tutti quei magistrati che si ostinassero a considerare reati il furto, la corruzione, l’evasione fiscale e il finanziamento illecito dei partiti.
Con annessi e connessi.
Infine, ancora un possibile vantaggio: il diminuire degli studiosi (e delle pubblicazioni e delle cattedre) che si interrogano se, fatta l’Italia, siano stati fatti gli italiani.
O  no?


PS: ho usato il correttore del PC. Ha proposto di correggere la frase “per la Giustizia tutti ladri nessun ladro”con questa: "per la Giustizia, tutta ladra nessuna ladra”. Che avrà voluto di’?

martedì 3 giugno 2014

  
NESSUN VITALIZIO AI MAFIOSI
Ecco la petizione a Giorgio Napolitano
promossa da Pietro Franzetti sperando che
qualcuno di lor signori se ne vergogni.
“Odissea” l’ha firmata subito e ne pubblica
il testo. Chiediamo ai nostri lettori di sottoscriverla.


Nella foto Totò Cuffaro (vasa vasa)


Roma. Circa una settimana fa l'Assemblea regionale siciliana non ha approvato l'emendamento per la cancellazione del vitalizio di 6mila euro all'ex Governatore Totò Cuffaro condannato a 7 anni per mafia. Dopo tante polemiche gli verrà sospeso per un reato minore, la rivelazione d'ufficio.
Oggi più che mai non possiamo accettare questo atteggiamento.
Sono un giovane imprenditore vittima del racket mafioso. 
Chi come me ha denunciato per lottare contro la mafia, non può accettare che un condannato per mafia riceva dallo Stato un vitalizio.
Secondo il decreto Monti è prevista infatti la sospensione del vitalizio solo in "caso di condanna definitiva per i reati contro la pubblica amministrazione che comportino interdizione dai pubblici uffici".
Ed infatti ci sarebbe un'altra pensione d'oro ad un condannato per reati che hanno a che fare con Cosa Nostra. L'ex assessore regionale Udc Vincenzo Lo Giudice, arrestato nel 2004 e condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso, ha sempre percepito il vitalizio: un assegno di poco inferiore ai 6 mila euro al mese che riceve Cuffaro. E come loro chissà quanti altri.
Chiedo che vengano tagliati i vitalizi per tutti i condannati per mafia, come già avviene per quelli giudicati colpevoli di reati contro la pubblica amministrazione.




Il disincanto di Pinter nel teatro di Angelo Gaccione



IL DISINCANTO DI PINTER NEL TEATRO
DI ANGELO GACCIONE
di Giovanni Bianchi


Il volume “Ostaggi a teatro” raccoglie vent'anni di opere teatrali del poliedrico narratore e drammaturgo. Testi che vanno dal 1985 al 2007 e che lasciano presagire l'arrivo della grande crisi

Due figure sono scomparse da qualche decennio dalla nazione italiana: quella dell’intellettuale organico, celebrato da Gramsci, e quella del militante. Angelo Gaccione, muovendosi au rebours, sembra averle resuscitate entrambe se non sul palcoscenico almeno sulla pagina, esercitando con vigore una militanza letteraria della quale s’era persa memoria.

Lo scrittore Angelo Gaccione (Foto: Fabiano Braccini)

Lontano dalla didattica di Brecht come dall’ostinazione filosofante di Pirandello, più prossimo invece al disincanto di Pinter, Gaccione segue una sua strada che attraversa i secoli e i generi, ottenendo un risultato inatteso e accattivante.
I testi della raccolta Ostaggi a teatro (Ferrari editore, 2013, 208 pp.) hanno inizio nel 1985, quando un’ironia generale non sempre ben posta provò a storpiare l’eroe comune della politica, il militante appunto, nella caricatura del “militonto”. Di chi cioè non s’era avveduto della circostanza generale che una stagione s’era irrimediabilmente chiusa e che l’uomo a una dimensione si incamminava lungo i terreni asfaltati del pensiero unico.
Come reagire? Come esercitare la critica? Come essere dentro e contro?


Il punto di vista

Come sempre il primo problema è scegliere il punto di vista. È anche l’azzardo di queste note che, per dar conto di una realtà non abituale dentro la finzione organizzata da Angelo Gaccione, sanno di dover scegliere un’ottica in buona misura arbitraria e fors’anche anarchica. Le pièces arrivano fino al 2007, quando in autunno si annuncia e poi rapidamente esplode la grande crisi finanziaria.
Quella sorta di apocalisse in scatola che su diversi registri viene sciorinata davanti ai nostri occhi già contiene le paure e gli orrori che si trasformeranno in angoscia e in impotenza, in depressione generalizzata tra i popoli, tradotta la mattina sulle pagine dei quotidiani e la sera nei telegiornali e nei talk-show in grafici ed istogrammi che non annunciano niente di buono. La parola che non viene pronunciata è il termine “decadenza” che, probabilmente perché negato, rende più inquietanti tutte le parole e accorcia drammaticamente la prospettiva delle situazioni.
La militanza di Gaccione consiste allora nel non dare nulla per scontato, nell’ostinarsi a rappresentare il risvolto di situazioni che non riescono più ad indossare la maschera del perbenismo. È tutta borghese questa società e tutta piccoloborghese l’atmosfera che la pervade. Vi sono tutte le reminiscenze e le crudeltà del borghese piccolo piccolo, raccontate senza esitazione e senza insistenza. Insomma una sorta di limitato universo concentrazionario nel quale le vite si agitano senza poterne sortire.
I tempi diversi delle vicende si stemperano in un tempo unico che raccoglie ed evidenzia le similitudini della storia gettando ponti più sui significati che sulla scansione dei periodi. È così che la vicenda del massacro dei valdesi di Calabria si affianca allo stupro e alla conseguente evirazione metropolitana in una Londra o in una New York dove gli scenari sono assolutamente fungibili perché costruiti intorno ad una dimensione interiore dove la dismisura sembra avere annientato le persone d’ambo i sessi.
Gaccione non ama l’orrido, ma indaga quel sentimento inestirpabile dal moderno che sono le paure individuali e collettive. Su esse nascono gli Stati, una convivenza hobbesianamente organizzata, una violenza che proprio per non poter essere negata viene sottoposta ai tentativi e alle cure della riduzione del danno e poi finisce il più delle volte per assidersi in trono.
Nella cronologia dei testi il massacro dei seguaci di Valdo sembra costituire una sorta di drammatica età dell’oro della storia. Una storia tragica di ingenuità religiose di quanti intendono seguire nudi il Cristo nudo, e il tallone di ferro di una inquisizione che in ogni modo sembra ostentare la devozione al potere demoniaco del potere.
C’è qualcosa di duramente luterano nello sguardo di Angelo Gaccione, nell’inseguire i meandri della violenza nello spazio pubblico come in quello privato. Un demoniaco inarrestabile come inarrestabili sono le forme della violenza. E l’azione militante della pace che senza produrre manifesti insegue la propria immaginazione e le dà corpo nei personaggi, a volte a tutto tondo psicologico, talaltra volutamente schizzati come manichini. L’abbondanza del dialogo infatti si accompagna all’assenza di parole e alla nuda presenza di corpi cui viene conferita una inquietante gestualità simbolica.

La narrazione saggistica

Gaccione cioè sembra ripetere nei dialoghi del suo teatro l’esperienza proustiana del narrare per saggi successivi, che fu appunto la diagnosi che Moravia diede della Recherche. Non mancano ovviamente gli sprazzi di luce, come nel caso di quel convertito che cambia improvvisamente ditta lasciando attoniti i concittadini e così si legittima e giustifica: «Non sono pazzo, ma mi sono vendicato di questi miei nemici (le ricchezze) che mi avevano fatto schiavo».
Ma se i seguaci ignudi di un Cristo ignudo non sono legione, abbondano invece gli adepti di una violenza le cui forme stupiscono non soltanto chi ha scelto – come Angelo Gaccione – la pace come milizia principale.
Non mancano ovviamente le pause del grottesco, ma l’incalzare del ritmo è tale da togliere il respiro, anche quando un personaggio come la contessa O’Brian fa scialo di una sorta di minimalismo ironico e paradossale. E vi sono pure atti unici dove i gesti senza parole assumono un’eloquenza inquietante conferendo al silenzio tutte le tonalità del vuoto.
La mimesi delle cronache è ben rappresentata dal testo Ostaggi a teatro, dove è impossibile decidere se sia più inquietante la parodia rispetto alla realtà. In effetti non c’è atto unico che tenga: la violenza estende i suoi tentacoli di piovra ed arriva a far sì che il violento sia in grado di far sognare agli altri il proprio sogno: che è la grande lezione di Simone Weil in Venezia salva.
In effetti è lo stesso teatro che viene messo in scena e chiamato in giudizio. Interrogato senza sconti sulla sua residua missione e sul destino. Parabola di una realtà che ha paura di rappresentarsi, timorosa di se stessa.
Il grottesco come didattica? La paura come pedagogia? La violenza come destino?
Il sentore di una morte diffusa in tutti gli interstizi della vita… Eppure il discorso ogni volta riprende perché anche la critica – quella militante – pare in grado di eternamente risorgere. Così diversa, quella di Angelo Gaccione, da quella dei critici professionali che hanno saltato il fosso prima convertendosi alla pubblicità e poi dedicandosi a un ostinato mutismo.
[Quotidiano "Europa" Domenica 1 Giugno 2014]
ALLI BENIGNI LETTORI
Cari lettori, care lettrici,
vi segnalo alcuni nuovi magnifici scritti: quello del filosofo Fulvio Papi
nella Rubrica "Agorà", arricchito da diverse foto inedite e la bella
conversazione fra il filosofo e musicologo Gabriele Scaramuzza 
con la violoncellista Alice Cappagli dell'Orchestra della Scala,
nella Rubrica "Campi Elisi". Anche questo testo è supportato
da alcune belle foto, fra cui una foto artistica inedita di Oliviero Toscani
alla musicista Cappagli. 
Troverete come sempre altri materiali nelle diverse rubriche del giornale,
dei nostri prestigiosi collaboratori. 
Vi segnalo, infine, alcune testate che si sono occupate di noi o su cui hanno scritto
nostri collaboratori: La rivista di teatro "Hystrio" del mese di aprile;
"Rivista A" del mese di maggio (testo di Morando Morandini); 
"Iniziativa" del mese di maggio (testo di Rinaldo Caddeo),
il quotidiano "Europa" di domenica 1 giugno 
(testo di Giovanni Bianchi) che potete leggere cliccando sul sito del giornale
www.europaquotidiano.it
Buona lettura (Il direttore) 

lunedì 2 giugno 2014

A margine dei risultati elettorali
Spunto di meditazione

Stefania Giannini


Una delle massime adottate “toto corde” e praticate con pervicacia dalla politica e dalla burocrazia e non solo suona “promoveatur ut amoveatur”. Anche sorvolando sulle conseguenze che si legano al principio di Peter e che portano alla (tragica) conclusione che ogni e qualsiasi carica finisce per esser coperta da incompetenti, a me colpisce la possibilità della sua utilizzazione in modo consapevole a vantaggio proprio di colui che ne è oggetto. Un segretario di un qualsiasi partito può –e non è raro il caso che così sia– essere incaricato di coprire uno dei Ministeri, con promesse di rinnovamento, come fanno tutti i Governi e tutti i Ministri. Ed è possibile che la segreteria del partito costituisca già il livello di incompetenza ricordato da Peter. In questo caso, i risultati positivi, già meramente eventuali, non si avvererebbero proprio anche per l’incompetenza del responsabile. Il quale, però, grazie a quella segreteria è divenuto Ministro, forse anche in virtù di meriti di carriera non valutati abbastanza a fondo al di là delle apparenze o dei titoli e delle prebende.
Accade, cioè, che il partito in una consultazione elettorale a stento si avvicini alla seconda metà dell’uno per cento. Come ragiona il segretario? “Rassegno il mandato nelle mani degli iscritti”, dice, guardandosi comunque bene dal lasciare l’incarico di Ministro.
Ciascuno sa che dimettersi, in Italia, è talmente raro da esser divenuto segno di serietà e di onestà. In tal modo, il Ministro segretario dimissionario acquista un merito inconfutabile: le dimissioni, appunto. Da segretario, ripeto, ma non da Ministro. E’ possibile che questo rafforzi o quanto meno la poltrona. Ma è anche possibile che un Presidente del Consiglio moderatamente avveduto, di fronte alla incompetenza politica dell’ex segretario, si lasci cogliere dal dubbio che, forse, anche il Ministero non guadagni dalla situazione e che l’immagine del Governo non ne esca rafforzata.
E che sarebbe bene che la poltrona di Ministro venisse assegnata diversamente.
Certo, si tratta di un ex segretario di un partito che fa parte della coalizione…Non possiamo dimetterlo tout court…
Idea: noi italiani, grazie ai risultati elettorali, possiamo aspirare, perché è nostro diritto, ad un incarico di prestigio in Europa. E’ un fatto. Assegniamo quell’incarico all’ancora Ministro.
Promoveatur ut amoveatur, appunto. Come l’ex segretario e attuale Ministro aveva immaginato, l’incompetenza raggiunta e dimostrata gli procura un incarico di prestigio in Europa.
O forse anche no. Il partito cui appartiene l’ex segretario ancora Ministro non è una presenza rilevante. In parole povere, non conta. E questo consente di dimettere il Ministro senza dovergli assegnare incarichi e vitalizi di sorta. E soprattutto, guadagnando un punto a fare dell’immagine del Governo e dell’Italia. Un Presidente del Consiglio determinato, innovatore, deciso a rilanciare l’Italia in Europa e consapevole anche che ogni tipo di rilancio e di rinnovamento passa per la cultura e per la formazione e per la scuola…
Paolo Maria Di Stefano






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