UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 27 marzo 2014


International Theatre Institute ITI
World Organization for the Performing Arts

World Theatre Day 2014
Il Messaggio di Brett Bailey



Ovunque vi sia una società umana, l’insopprimibile Spirito della Performance si manifesta.
Sotto gli alberi in piccoli villaggi, o sui palcoscenici ipertecnologici delle metropoli globalizzate; negli atri delle scuole, nei campi e nei templi; nei quartieri poveri, nelle piazze urbane, nei centri sociali, nei seminterrati, le persone si raccolgono per condividere gli effimeri mondi del teatro, che noi creiamo per esprimere la complessità umana, la nostra diversità, la nostra vulnerabilità, nella carne vivente, nel respiro e nella voce. 
Ci riuniamo per piangere e ricordare, per ridere e riflettere, per imparare, annunciare e immaginare; per meravigliarci dell’abilità tecnica e per incarnare gli dei; per riprendere fiato collettivamente di fronte alla nostra capacità di bellezza, compassione e mostruosità. Veniamo per riprendere energia e rafforzarci; per celebrare la ricchezza delle nostre differenti culture e dissolvere i confini che ci dividono.
Ovunque vi sia una società umana, l’insopprimibile Spirito della Performance si manifesta. Nato dalla comunità, indossa le maschere e i costumi delle nostre diverse tradizioni; rinforza le nostre lingue, i nostri ritmi e gesti, e si fa spazio in mezzo a noi.
E noi, gli artisti che lavoriamo con questo spirito antico, sentiamo il dovere di trasmetterlo attraverso i nostri cuori, le nostre idee e i nostri corpi per rivelare le nostre realtà in tutta la loro mondanità e nel loro splendente mistero.
Ma in quest’epoca in cui milioni di persone lottano per sopravvivere, soffrono sotto regimi oppressivi e un capitalismo predatore, o sfuggono conflitti e miseria; in quest’epoca in cui la nostra vita privata è violata da servizi segreti e le nostre parole sono censurate da governi invasivi; in cui le foreste vengono distrutte, le specie sterminate e gli oceani avvelenati: che cosa ci sentiamo in dovere di rivelare?

Carmelo Bene

In questo mondo di potere ingiusto, nel quale diversi ordini egemoni cercano di convincerci che una nazione, una razza, un genere, una preferenza sessuale, una religione, una ideologia, un contesto culturale è superiore a tutti gli altri, come si può sostenere che le arti debbano essere svincolate dalle agende sociali?
Noi, gli artisti delle arene e dei palcoscenici, ci stiamo conformando alle domande asettiche del mercato, oppure stiamo afferrando il potere che abbiamo: per fare spazio nei cuori e nelle menti della società, per raccogliere le persone attorno a noi, per ispirare, incantare e informare, e per creare un mondo di speranza e di sincera collaborazione?
Giorgio Zorcù


mercoledì 26 marzo 2014

OSTAGGI A TEATRO. Incontro con Angelo Gaccione (24. 3.2014)



Altre foto in galleria fotografica
- foto di Stefano Rizzi e Fabiano Braccini (quelle più colorate) - 

Un incontro appassionane e degno delle varie recensioni lusinghiere che il libro Ostaggi a teatro di Angelo Gaccione ha già raccolto, è stato quello di lunedì 24 marzo 2014 nello spazio culturale del ristorante Valentino Vintage.

L'Autore ha risposto alle domande della giornalista Francesca Romana Di Biagio e a quelle del pubblico, rievocando il suo passato di critico teatrale, prima che di critico d'arte e poi di scrittore. Alla domanda su come il teatro viene visto oggi, se cioè susciti ancora emozioni in una società pervasa dai nuovi media, Gaccione ha sottolineato che, proprio grazie al suo vissuto di attento studioso e osservatore di tutti i tipi di teatro, scoprì che certi spettacoli, anche quando discretamente rappresentati, non emozionavano più, e che il pubblico era "mitridatizzato" sul già fatto e sul già visto.

Comprese quindi che il successo di una rappresentazione era dovuta non tanto alla trama del dramma, più o meno noto, e alla recitazione impeccabile, ma alla messa in scena e alla capacità di interazione degli attori con gli spettatori.

Ecco perché in questi suoi testi, per la prima volta raccolti in maniera organica, si trovano tutti gli stilemi del teatro, da quelli classici e quelli surrealisti, al punto da coinvolgere lo spettatore, e in questo caso il lettore, in quell'inversione di ruolo tra finzione e realtà, tra palcoscenico e spettatori, tra vita narrata e vita narrante che ha il suo clou nel testo che dà il titolo al libro.

Si può dire che questa raccolta di testi teatrali è ancora un volta, dopo il libro di racconti La signorina volentieri, un elogio alla parola, al suo primato assoluto, all'unica arma che resta all'uomo libero di fronte alla barbarie delle ideologie e delle dittature di ogni tipo. Il dramma dell'eccidio dei valdesi, che apre il libro, dà voce ai puri d'animo e candidi di pensiero di ogni epoca, che si oppongono alle manifestazioni violente del potere nei secoli, avvenute con forme e volti diversi ma sempre uguali a discapito del progresso e del libero pensiero.
                                                                                      avv. Giovanni Bonomo

Trascrizione del discorso introduttivo

"Porto anzitutto i saluti del prof. Zerbetto, che per un imprevisto impegno dell'ultimo momento non può essere qui con noi. Egli avrebbe potuto intrattenerci, da psicologo, su quei risvolti cosi umanamente toccanti dei personaggi di Angelo Gaccione che sembrano voler reclamare l'intervento di uno psicanalista, se non di uno psichiatra.
Tuttavia bisogna considerare che la psicanalisi non è stata inventata dagli psicanalisti. Come osservava anche lo scrittore e drammaturgo austriaco, contemporaneo di Freud, Arthur Schnitzler, noto per aver messo a punto l'artificio narrativo del monologo interiore nelle sue opere,  dando una straordinaria vitalità al pensiero dei suoi personaggi, "Non è nuova la psicanalisi, è nuovo Freud. Qualsiasi scrittore ne sa più di qualunque analista, e conosce il loro animo più di qualunque stregone".
Quindi è con piacere che presentiamo oggi, in questa elegante sede del Valentino Vintage, un libro che contiene, a mio parere, dei piccoli capolavori di stile narrativo e anche teatrale, proprio per la maestria che Gaccione dimostra come sceneggiatore e drammaturgo. Non voglio entrare nell'esame dei racconti, operazione che farà la giornalista Francesca Romana di Biagio sotto forma di simpatica intervista all'Autore. Mi permetto solamente di citare, dal racconto intitolato La finzione, che quasi mi rimanda a quel capolavoro di Borges intitolato Finzioni, queste parole dello scrittore André Rivier, che risponde alla giornalista Valeria Merli che lo intervista, la quale resta incredula alla risposta dello scrittore sul fatto che di ciò che ha scritto non c'era niente che lo riguardasse: 
Rivier: «Vede signorina, in tutto quanto scritto non c’è niente
che mi riguarda»
Merli: “?»
Rivier: «Perché fa quella faccia?»
Merli: «Sono sorpresa, stupita... Lei dice niente, ma è poi possibile?»
Rivier: «Perchennò?»
Merli: «È incredibile! Neppure un briciolo di verità?»
Rivier: «Diciamo l’uno per cento se può bastare a tranquillizzarla»
Alerli: «Solamente l’uno per cento?»
Rivier (perentorio): «Sì»
Merli: «Allora lei ha sempre mentito?»
Rivier: «Non proprio»
Merli: «Come sarebbe a dire?»
Rivier: «Accreditavo le tante verità degli altri, i miti con i quali
essi rivestivano i miei personaggi e me. Perché avrei dovuto
deluderli? (...)in fin dei conti mi difendevo»
Merli: «Si difendeva? In che senso scusi?»
Rivier: «Ma sì, difendevo la mia vita, l’essenza più intima di me.
Dando in pasto alla voracità curiosa del mondo un simulacro,
un sembiante, io preservavo la parte autentica, l’originale.
Proprio come quei quadri falsi che girano per il mondo e che
i più credono veri, così un altro me stesso, falso e diverso da
me, vaga vivisezionato, decifrato; compie gesti, azioni, dice
cose interessanti o discutibili, ed in tal modo il me stesso, a
tutti gli altri sconosciuto, può essere lasciato in pace. Come
vede una specie di difesa necessaria, ecco tutto.»

Ecco, ho voluto leggervi questo estratto perché lo scrittore Rivier parla attraverso il suo creatore, Gaccione, che in fondo descrive se stesso: e il passo tra la finzione e la realtà è breve: qui abbiamo infatti ancora uno scrittore e una giornalista che lo intervista. Buon divertimento."     -   Giovanni Bonomo
FAVOLA
Di Fulvio Papi

La favola politica di un filosofo che ha il sapore di un apologo contemporaneo
illustrata da Adamo Calabrese




Diversamente dal 1847 quando due giovani intellettuali tedeschi iniziarono un loro splendido libretto e scrissero che per l’Europa si aggirava il fantasma del comunismo (e non era vero), nella mia stanza si ripete quotidiano il ronzio di un moscone che naturalmente non dice niente o non lascia nemmeno immaginare che possa dire qualcosa, ma disturba la nostra lettura con il suo volo fastidioso.
Ma non è nemmeno tutta colpa sua perché non c’era ragione di lasciare la finestra aperta e tanto meno lasciare che qualche sconsiderato abbia buttato un cumulo di immondizie nel giardino prossimo alla finestra, immondizie, per natura, grate al nostro moscone.
Cercheremo di farlo uscire dalla finestra senza alcun danno perché la vita, anche se fastidiosa, è pur sempre figlia di Dio. Ma, soprattutto a costo di farlo noi stessi, dovremo far sparire al più presto l’immondizia che si è accumulata nel tempo sotto la nostra finestra. Sono compiti che in certe circostanze toccano anche a chi di solito manipola incunaboli e pergamene.
E bisognerà anche punire quelli che nascostamente hanno avuto questa volgare trovata. Sinceramente non penso a un rabbuffo o a una indulgenza plenaria, poiché costoro che rovinano il giardino e la casa non mi sembrano simili all’immagine che aveva in mente Pico della Mirandola quando scrive il “De dignitate hominis”. Mi sembra piuttosto che questi malfattori rovinino quel poco che resta dell’ottimismo neoplatonico rinascimentale. Quindi la massima pena, senza tante storie, e senza la concessione della possibile decadenza temporale della pena. Essa può avere senso se richiesta con motivazioni plausibili, esaminata da persone dotate di intelligenza (intelligere = capire), senza nessuna preventiva burocrazia.
Quanto al moscone che continua ad aggirarsi nella stanza con il suo ronzio petulante, ho scoperto, guardando attentamente, che esso, solo nella sua specie, ha un piccolo specchio innanzi a sé in cui può guardare le sue imprese volatili e gioire dei suoi risultati. È il primo moscone narcisistico che si conosca nella sua specie, e, il più bello, è che questa notizia la conosce anche lui e ne approfitta per crescere nella considerazione di se stesso.
E non si può nemmeno dire che c’è qualcosa di sbagliato nell’evoluzione poiché essa è dominata da risultati contingenti e non da finalità in qualche modo antropomorfiche, cioè ideali.

Il problema vero è il rapporto tra la finestra e la spazzatura, ed è il vero rapporto grave e serio. Qui bisogna insistere. Quanto al moscone narcisistico si può consigliargli di prendere in mano i classici dell’economia politica, e se sono troppo difficili, almeno “Culex” che però la critica filologica non ha stabilito se è proprio di Virgilio oppure no. 

sabato 22 marzo 2014

UN LIBRO CHE NON DOVREBBE MANCARE AD OGNI MILANESE. LO TROVATE NELLE MIGLIORI LIBRERIE DELLA CITTA'.



martedì 18 marzo 2014

LA SCOMPARSA DI CESARE SEGRE


La direzione e i collaboratori tutti di “Odissea” partecipano al lutto molto doloroso
per la scomparsa di Cesare Segre. Filologo, semiologo, critico letterario, ha saputo fondere                   le diverse matrici della sua storia intellettuale in un’opera magistrale per la nostra cultura.         Riservato, era tutt’altro che privo di una acuta sensibilità sociale. Ricorderemo sempre agli inizi della invasione berlusconiana la sua iniziativa contro la telecrazia a cui parteciparono i più bei nomi della cultura italiana. Ricorderemo sempre il suo intervento contro il degrado in atto nelle università.        
Del suo lavoro, del suo stile, del suo insegnamento gli saremo sempre grati nel tempo a venire.
Attento lettore del nostro giornale, ne condivideva la tensione etica, e proprio sulla necessità di tener desto il rigore della coscienza, aveva scritto sul numero di settembre-ottobre del 2012 ("Odissea" anno X, n.1), un importante articolo dal titolo "Coscienza civile e doveri".
FIRMATE LA PETIZIONE DI AVAAZ.ORG
"Odissea" vi invita ad andare sul sito di AVAAZ
e di firmare per impedire questa criminale decisione




Abbiamo solo 24 ore di tempo ma siamo a un passo dalla vittoria! Il governo ha annunciato di voler rivedere la spesa per gli F35, ma la lobby delle armi sta lanciando l'ultimo attacco. Domani c'è un incontro decisivo: clicca qui per mandare un messaggio urgente e diretto a Renzi e al Ministro della Difesa affinché ascoltino i cittadini e poi gira questa email a tutti.

Tra meno di 24 ore la lobby delle armi potrebbe blindare un folle spreco di denaro pubblico: 14 miliardi per dei caccia americani che non servono a niente. Renzi ha annunciato di volerne rivedere l'acquisto, ma solo una enorme pressione può farlo andare fino in fondo.
E’ assurdo! Con 14 miliardi di euro, potremmo creare posti di lavoro per 150.000 giovani disoccupati, o finanziare gran parte dell'annunciato taglio delle tasse! E questi aerei F35 hanno così tanti problemi che moltissimi altri paesi stanno annullando la decisione di comprarli. Dopo la nostra enorme mobilitazione Renzi e il Ministro della Difesa hanno finalmente aperto alla possibilità di rivederne l’acquisto, ma ora la lobby delle armi ha fatto convocare il Consiglio Supremo di Difesa per provare a mettere il veto. E' fondamentale fare pressione subito sul Governo affinché resista a questo attacco!  Raggiungiamo la cifra record di 500mila firme prima dell'incontro e poi sommergiamoli di messaggi per essere ancora più decisivi:

https://secure.avaaz.org/it/italy_no_f35_reloaded_b/?bhvKTcb&v=37504

Molti politici italiani hanno detto di essere contrari allo spreco di denaro pubblico per questi bombardieri, inclusi Renzi, Bersani, D’Alema, Monti e perfino Berlusconi! E gli esperti militari ci dicono che questi aerei hanno enormi problemi tecnici e non sarebbero di alcun beneficio al nostro esercito. Grazie a una forte pressione pubblica, addirittura gli Stati Uniti, assieme a Canada, Danimarca e Turchia stanno ritrattando gli investimenti negli F35 e anche in Italia Governo e Ministro della Difesa stanno cominciando a cedere: per la prima volta nei giorni scorsi hanno annunciato che valuteranno un taglio del numero di F35 che l’Italia comprerà. Ma solo se faremo salire ancora la pressione nelle prossime ore potremo mettere fine a questo enorme spreco di denaro pubblico una volta per tutte. Mancano meno di 24 ore, firma subito la petizione e condividila con tutti:

https://secure.avaaz.org/it/italy_no_f35_reloaded_b/?bhvKTcb&v=37504

L’anno scorso oltre 430mila di noi hanno contribuito a creare, contro gli F35, la più grande mobilitazione online della nostra comunità, creando un movimento finito su tutti i giornali e che ci ha portato a mettere in discussione uno spreco fino a quel momento inattaccabile. Ora è arrivato finalmente il momento in cui possiamo vincere: facciamoci sentire.
Con speranza e determinazione,
Luis, Luca, Alice, Pascal, Patricia e tutto il team di Avaaz

ULTERIORI INFORMAZIONI

F35, Napolitano interviene per bloccare il diritto di scelta del Parlamento (Il Fatto Quotidiano)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/14/f35-napolitano-prepara-il-colpo-di-mano-per-mettere-il-bavaglio-al-parlamento/913475/

Pinotti: "Su F35 lecito immaginare riduzione" (La Repubblica)
http://www.repubblica.it/politica/2014/03/16/news/pinotti_f35-81130476/

F35, Pinotti non esclude un «ripensamento dei grandi progetti avviati» (Il Sole 24 Ore)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-03-12/f35-pinotti-non-esclude-ripensamento-grandi-progetti-avviati-172010.shtml?uuid=AB3S6a2

Sit-in di Avaaz al Senato: “No agli F35, spreco folle di denaro pubblico”  (Il Fatto Quotidiano)
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/07/15/sit-in-al-senato-no-agli-f35-spreco-folle-di-denaro-pubbli...

F35, taglio o dimezzamento per cuneo fiscale. Governo avrebbe contattato gli Usa (Blitz Quotidiano)
http://www.blitzquotidiano.it/economia/f35-taglio-dimezzamento-cuneo-fiscale-1813951/

F35: i numeri di un programma sbagliato (Altraeconomia)
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4518

Taglio alle spese militari, qualcuno lassù rema contro? (Vita)

http://www.vita.it/politica/governo/taglio-alle-spese-militari-qualcuno-lass-rema-contro.html

lunedì 17 marzo 2014

NEWS
Segnaliamo ai nostri lettori i nuovi scritti di Gabriele Scaramuzza nella Rubrica
“Campi Elisi”; di Francesco Piscitello nella Rubrica “L’Isola dei Feaci”; del poeta
Dante Maffìa nella Rubrica “Il Pane e le Rose”; di Giovanni Bianchi nella Rubrica
“Segnali di Fumo”; di Antonio Lubrano, di Renato Seregni e il magnifico reportage
Tutto dedicato a Porta Chica, una delle storiche Porte milanesi, con una serie                                       di curiosissime fotografie e grafiti, nella Rubrica “Dalla parte del Torto” ecc.

sabato 15 marzo 2014

Il neolibertarismo e il basilico
di Adriano Tango



Son passati alcuni anni da quando avevo attrezzato il mio orto in terrazza. Uno di quelli che andavano così di moda da essere propagandati, magari "spiando", ma neanche poi tanto, fra le mura della Casa Bianca. Ero quasi autonomo in quanto a ortaggi, salvo cali stagionali di raccolto. Tuttavia mi rimproveravo: "Sono un traditore del paese, non produco PIL!" e mi sentivo in colpa ascoltando il martellante "fai girar l'economia!" dei media. Soffocavo a stento la frustrazione e, considerato il risparmio, continuavo a compostare gli scarti vegetali e produrre. Al secondo anno di sperimentazione iniziava a mancarmi lo spazio, e così, al momento della messa a dimora del basilico, non ho saputo far di meglio che poggiarlo temporaneamente sul bordo della balaustra. È stato un attimo… e meno male che abito solo al primo piano, ma il vaso è caduto giù, sulla testa della mia vicina di casa che andava a messa. Urla dei primi soccorritori, la sirena dell'ambulanza! E tutto ciò proprio sotto casa mia e per mia colpa!
Atterrito sono sceso in strada e, visto che la signora Rossi era condotta al P.S., mi sono precipitato in ospedale anch'io. Niente di irreparabile, ferita lacero contusa al cuoio capelluto e trauma cranico con breve commotività, ma data l'età il ricovero era d'obbligo. Ho chiesto alla Signora di perdonarmi, e la clemenza mi è stata accordata. Anche perché le ho garantito di essere assicurato per danni verso terzi.
Recuperata la calma, spostato il vaso in zona sicura, ho riflettuto sulle ricadute economiche dell'accaduto. Prima mi potevo considerare a tutti gli effetti un evasore dal PIL, adesso invece, elencando in ordine temporale di danno emergente la mobilitazione di risorse causata  dall'evento fortuito e nefasto ne conseguiva:
1. Consumo di carburante per l'ambulanza e per la mia macchina, che ho utilizzato nell'urgenza invece della bicicletta: circa € 20, presumo.
2.     Degenza ospedaliera per la sig.ra Rossi, al completo di spese per sutura ferita e esami vari: circa € 2000
3.     Lavanderia per smacchiatura soprabito della stessa malcapitata € 4
4.     Rincaro della polizza assicurativa: € 100 circa
5.     Acquisto di un nuovo vaso: € 0,60

Forse dimentico qualcosa, mettiamo le telefonate, o il terriccio, ma mica male, avrei potuto addirittura arrivare a 2500 euro di spese con qualche voce accessoria! Mi son comunque sentito subito molto meglio, tanto da spargere immediatamente il diserbante, altra voce di spesa, su tutti i vasi della mia coltivazione domestica, riproponendomi di piantare in primavera solo rose. Ma capite che liberazione dall'angoscia di evasione dal PIL! Sapete, ho figli e nipoti io, non devo mica rispondere solo a me stesso e mettere in anteprima la mia buona salute contro gli interessi mondiali dell'economia! Loro, i miei cari, hanno un futuro, dovranno pensare alla mia pensione, e provvedere per tutto quanto io costo da parassita improduttivo alla società, non si può mica essere così egoisti! Finalmente ho fatto girare l'economia! Che ne dite?
Cosa ne penso io l'avete già capito: far crescere l'economia per far famiglia e quanto connesso, e creare posti di lavoro per figli che dovranno lavorare e quindi iperprodurre per buttar via, e fare ancora figli per poter turare i buchi di bilancio e poi, e poi, e poi…
La ricetta è ancora quella della nonna: frugalità.
Certo, meno capitali in movimento vuol dire meno ricerca, meno "presunto progresso", ma anche alle macchine di formula uno hanno messo dei limiti che tendono a stimolare nuove acquisizioni nel senso dell'equilibrio costi-benefici: quota percentuale di carburanti da fonti rinnovabili, recupero di energia, limiti di potenza, consumo limitato delle gomme.
In tutto ciò il primo allarme di insensatezza del sistema non è certo una novità, dal disappunto di Dostoevskij a metà Ottocento a Londra, a Marcuse e Adorno circa cento anni dopo negli Stati Uniti, uomini andati a cercar libertà e ritrovatisi nel perverso fenomeno dell'economia come unica dimensione umana. Ma niente da fare, siamo alle soglie dell'Expo italiano, e quel che conta è essere protagonisti mondiali del nuovo colpo di acceleratore! Amici non abbiamo avanti a noi  una balaustra da cui possa cadere in strada un vaso, ma un baratro senza transenne visibili.
Fermiamoci un attimo per sentire l'aroma del basilico, perché qualcosa nelle coscienze sta già cambiando. Svegliamoci, e diciamo tutti: "Non contate su di me, mi bastano le verdure del mio orto da balcone".


Paradisi "sperduti" e cultura informatica
di Adriano Tango




Che succederebbe se il resto della tecnologia procedesse ma i collegamenti, a qualsiasi rete, fossero quasi inesistenti? In fin dei conti è la condizione che molti oppositori alle insidie di questa forma di ipercomunicazione auspicano. Inverosimile, si dirà! No, una settimana non è certo sufficiente per trarre conclusioni, ma, trovandomi in questa condizione, ho potuto riflettere e "saggiare sul campo".
Già, una settimana al mio rifugio, la casa alla baia delle sirene, parco naturalistico marino, quindi niente ripetitori, neanche per televisione e cellulari, niente internet, né email. Circa quaranta famiglie tagliate fuori dal mondo, per disposizione dell'Ente parco. Un momento, non tutti! Prima del decreto che ha dato vita a questo giardino dell'Eden marino si erano rese disponibili quaranta linee telefoniche per la banda larga, la metà subito accaparrate dai ben informati gestori di attività turistiche, quindi non usufruibili durante la chiusura fuori stagione, il rimanente per abitazioni. Ne risulta una percentuale del 50% di residenti che possono navigare e altrettanti al buio. Condizione ideale per un'esperienza a doppio cieco, come si dice in ricerca. Metodo? random: contatti casuali con i residenti, per i più vari motivi, inviti per un caffè. Si entra in casa, si parla del clima che cambia, il rischio frane, Renzi, e quanto segue per suo moto proprio. Ovviamente con i responsabili di cantiere per i lavori alla vecchia dimora anche discorsi tecnici. Aggiornatissimi su materiali e soluzioni, esigenza dettata dalla concorrenza, ma l'opinione? Parlando del più e del meno cosa vien fuori? E qui si apre la forbice, fra i nostalgici del passato e quanti consapevoli della necessità di guardare avanti, indipendentemente dall'età: chi mi guarda scettico, ma chi d'altra parte mi anticipa su fatti di cronaca a me ancora ignoti e con opinioni molto dettagliate. Ma vuoi vedere che quel 50% di collegati fa la differenza? "Scusi, ma il suo pc ha un collegamento in Rete?" Centro! La differenza era proprio lì. Ma c'era dell'altro: i "collegati" non presentavano quell'insofferenza, vicina alla depressione profonda stagionale, che giunge in tutti i posti incantati ma solitari fino alla cronaca dei suicidi invernali. In qualche modo erano comunque nel mondo, e molto più consapevoli del loro ruolo di custodi di uno sperduto angolo di paradiso. Non ero certo lì per un'indagine sociologica, ma per un'improvvisa esigenza di presenza sul luogo, tuttavia le conclusioni saltavano all'occhio: informatizzazione = più preparazione, più sensibilità ambientale, maggior equilibrio emotivo.

È forse dimostrato, o comunque molto probabile, che le onde elettromagnetiche sono nocive per i cetacei, o uccelli migratori, che gli ultimi santuari della natura ospitano. Indubbio inoltre che il meno impattante collegamento via cavo in banda larga sia antieconomico per le compagnie telefoniche in zone a così bassa densità abitativa, ma proviamo a sommare dei valori aggiunti: salute mentale umana, gestione dell'ambiente affidata ai suoi stessi residenti e fruitori storici, valorizzazione economica delle aree turistiche di alto pregio. La risposta è unica: niente si sposa meglio dell'informatizzazione ai valori della conservazione ambientale. Eppure queste sacche di resistenza all'accesso informatico sono tante e disseminate per l'intera bell'Italia, dalle località marine e insulari a quelle montane, e la difficoltà di collegamento non è sempre legata alle citate disposizioni restrittive, certamente opportune, ma anche ai limiti intrinseci della diffusione del segnale in un paese orograficamente frammentato da barriere fisiche, con problematiche di mercato di convenienza economica di fornitura del servizio. Eppure sono proprio queste sedi disagiate ad avere la maggior necessità, in termini di socializzazione e conseguente benessere psichico, scolarizzazione e diffusione culturale in genere, sensibilizzazione e formazione tecnica per la propria stessa tutela naturalistica e di specificità. Non sono un informatico, nemmeno un sociologo, mi definirei un osservatore sensibile, e per questo mi chiedo se si possa comparare questo problema italiano a esperienze analoghe di altri paesi, o cosa tecnicamente le piccole società isolate possano fare con mezzi propri ma a costi contenuti, coinvolgendo comuni, associazioni, sponsorizzazioni, sempre sotto il controllo e nel rispetto dei principi delle associazioni ambientalistiche, perché, vedi caso, la location coincide con siti di alto valore naturalistico, e non sempre si tratta di luoghi turisticizzati. L'evidenza dell'equilibrio estremamente favorevole dei costi benefici rende a mio parere una valutazione più che opportuna. E mi viene un dubbio: se nell'Eden di Adamo e consorte ci fosse stato un pc collegato, anziché un melo, forse tanti guai per il genere umano…

giovedì 13 marzo 2014

CORSI E RICORSI DELLA STORIA
 di Sergio Azzolari






C'è qualcosa che non torna nella proposta Renzo-Berlusconiana di riforma elettorale. Anzi, torna sì, ma indietro. O, se vogliamo essere poetici ricordando Pascoli possiamo anche dire che “C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico.”
Nel 1953 con l'approvazione "legge Scelba", meglio conosciuta come legge truffa, che attribuiva un premio di maggioranza alla lista o coalizione vincente, la "Sinistra" di allora insorse mobilitando una quota consistente del  paese e di opinione pubblica riuscendo  ad imporne mesi dopo l'abrogazione. Interessante come la parola "truffa", nel giro di cinquant'anni cambi di significato, ed il succo della "famigerata" legge sia oggi utilizzato   dalla "nuova sinistra", trasformandolo da imbroglio a condizione necessaria per poter governare. Governabilità, una parola che sembra piena di dinamico modernismo ma che era usata anche sessant’anni fa come spiegazione e giustificazione per rendere il governo insindacabile e inamovibile. In parole semplici: non disturbate il manovratore, lasciatelo fare.
Questo paternalismo è oggi accompagnato dalla rassicurante promessa dell'alternanza. Se noi elettori, dopo cinque anni, non saremo soddisfatti dell'operato, potremmo votare per un altra coalizione. E così di alternanza in alternanza ciò che (forse) farà l'una sarà (forse) disfatto dall'altra. La stessa legge elettorale ne è la conferma. Siamo passati dal proporzionale al mattarellum al porcellum all' italicum secondo le coalizioni vincenti.
Vi è però un'altra considerazione che ci porta a dubitare di un sistema maggioritario. Sempre più frequentemente negli ultimi decenni, i presidenti della repubblica che via via si sono succeduti, non potendo ignorare la costituzione, hanno bacchettato i vari governi per il ricorso spregiudicato ai Decreti Legge ricordando loro che il compito di legiferare era di competenza del parlamento. Lo strumento del Decreto Legge doveva essere una eccezione e non la regola di governo. Ora, cosa si nasconde dietro il premio di maggioranza se non di fatto che  il Decreto Legge diventa la norma di procedere dei governi avendo la possibilità di controllo e condizionamento dei parlamentari che "formano" la maggioranza? Non ci sarà più bisogno dei Decreti Legge per il semplice fatto che il governo controllerà e condizionerà la quota cardine del parlamento. Si fa di dolo virtù.
Dietro questa concezione di governo si maschera perciò un grosso imbroglio di funzioni in quanto stravolge e uccide l'idea cardine della democrazia. Una legge, coinvolgendo in obblighi e doveri tutta una nazione, dovrebbe avere come minimo il consenso della maggioranza. Siamo d'accordo, l'idea di maggioranza in democrazia è un criterio corretto di validazione, in ogni situazione. Ma di quale maggioranza stiamo parlando? Del Cinquanta più uno? No del 37%. Cifra che, considerando schede bianche, nulle e persone che non votano  scenderebbe ad un terzo (e forse meno) della reale popolazione. Quindi un terzo deciderebbe e imporrebbe la propria volontà anche agli altri due terzi. Possiamo chiamare questa democrazia? Già ma allora che si fa obietteranno i più? Se si è arrivati a questo, vuol dire che qualche cosa nel sistema proporzionale non funzionava. Certamente, ma quello che non funzionava non era il sistema di voto proporzionale, ma l'idea di governo che via via si è imposta. Il governo dovrebbe avere, per il bene della nazione, una mera funzione amministrativa. Non a caso gli Stati Uniti, presi a modello di esempio di Democrazia (con la D maiuscola quando fa comodo) parlano di Amministrazione: amministrazione Bush, amministrazione Obama intendendo con questo che il Presidente deve Governare amministrando, cioè gestendo gli strumenti esistenti e non di crearne continuamente di ex novo con "motu proprio". Nella democratica America, Il Presidente non fa leggi, le propone. 



Le leggi, essendo per tutti non dovrebbero essere promulgate solo da chi detiene momentaneamente la maggioranza. Le leggi dovrebbero avere un fondamento di buon senso, di necessità, di uguaglianza, di lungimiranza. Devono essere "pensate", non si possono improvvisare, raffazzonare, imporre come hanno continuamente fatto i "nostri" ministri. Se finalmente i ministri facessero funzionare i ministeri, svolgendo una reale funzione di controllo, di sorveglianza e stimolo, questa sarebbe la vera riforma. Di un governo che funzioni. Che la formazione del governo sia affidato alla coalizione vincente va benissimo. Ma il compito di legiferare deve essere riservato a tutto il parlamento.
E se una legge proposta da un governo, uno qualsiasi, non dovesse essere approvata dal parlamento, speriamo voglia semplicemente dire che forse è una cattiva legge.

Qui però si apre una riflessione non semplice sui rappresentanti del popolo nelle istituzioni. Come si scelgono, come vengono eletti, che ruolo dovrebbero svolgere, che margini di libertà ideologica e partitica possono avere e farne uso. In ultima analisi a chi devono rispondere i parlamentari del loro operato? Al partito o agli elettori?

IL BENE DI NON FARE IL MALE

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sabato 8 marzo 2014

UCRAINA. LA FORZA INCONTENIBILE DELLA LIBERTÀ
di Marta Dyachyshyn

In questo lungo scritto di Marta Dyachyshyn per “Odissea”, la cronaca della lotta del popolo ucraino per la libertà e dei suoi martiri di piazza Maidan. 

Offensiva di Berkut

 La crisi che ha attraversato l’Ucraina negli ultimi mesi ha le radici profonde, radici piantate nella corruzione e nell’ingiustizia, nutrite dalla paura e dalle repressioni. Tuttavia ha raggiunto l’apice il 21 novembre del 2013, quando il presidente Yanukovic ha annunciato la decisione di interrompere le trattative per la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea. Questo patto, che avrebbe dovuto rafforzare i legami politici ed economici tra l’Ucraina e l’UE, aveva alla sua base dei requisiti precisi. A Yanukovic e al suo governo è stato chiesto di introdurre le riforme nell’ambito politico, giuridico e commerciale, di rendere più trasparenti i conti e i pubblici bilanci. Una delle condizioni fondamentali riguardava il rilascio di Yulia Tymoshenko. Naturalmente la pressione esercitata dall’Europa minacciava la “tranquillità” di Yanukovic e del suo seguito, soliti a gestire gli affari di Stato secondo i principi criminali, non avendo nessun riguardo né per la Costituzione né per la legge in generale. Per giustificare questa decisione politica, al popolo ucraino sono state fornite delle spiegazioni che spaziavano tra il fantasioso e il ridicolo: l’Europa è stata accusata di avidità, dispotismo e favoreggiamento degli atteggiamenti amorali, perciò sarebbe stato molto più saggio buttarsi tra le braccia della Russia.
Ciononostante nessuna spiegazione è servita a calmare lo scontento del popolo, restio a soffocare nell’abbraccio moscovita. Una parte cospicua di ucraini ha deciso di esprimere il proprio dissenso, scendendo in piazza Maidan, da cui prende il nome la rivolta. Iniziato a Kiev, il movimento si è diffuso velocemente in molte città del paese, mobilitando centinaia di migliaia di persone. Sfidando il freddo dell’ inverno ucraini hanno iniziato a convergere nella capitale, dando vita alla protesta che non ha precedenti nella storia del paese.


Serghiy Nigoyan

Chiaramente Yanukovic mai avrebbe potuto lasciare impunita tale disobbedienza. Contro i manifestanti sono stati sguinzagliati i reparti speciali delle forze dell’ordine, i “Berkut. Il primo duro colpo all’Euromaidan è stato sferrato nella notte tra il trenta novembre e il primo dicembre, in cui questi cosiddetti difensori della legge si sono lasciati dietro una scia di sangue, ferendo anche in modo grave circa un centinaio di persone. Un'altra notte che i manifestanti non dimenticheranno mai è stata quella tra il 10 e l’11 dicembre, la stessa in cui Catherine Ashton, rappresentante per gli affari esteri dell’UE si trovava a Kiev per negoziare la fuoriuscita dalla crisi, la stessa in cui i vertici del potere hanno ordinato lo sgombero della piazza. La gente disarmata è stata presa a calci, pugni e manganellate. La ferocia della polizia non ha risparmiato nessuno, si è scagliata persino sui giornalisti e sui medici, che assistevano i feriti. I Berkut sono stati affiancati da “tituscki”, le squadre di sicari, spesso provenienti dagli ambienti criminali, pagati dal governo filorusso per organizzare le provocazioni e screditare i manifestanti. Nonostante tutte le difficoltà Maidan è riuscita a resistere.
L’eco delle violenze in Ucraina si è diffuso in tutto il mondo, chiamando a raccolta le comunità ucraine residenti all’estero. Dopo i fatti sconvolgenti accaduti a Kiev in vari paesi è sceso in piazza più di un milione di persone con lo scopo di attirare l’attenzione dei governi stranieri sulla questione nazionale e dare appoggio ai propri concittadini. Le manifestazioni più numerose si sono svolte in Polonia, Italia, Repubblica Cecca e Germania. L’appello avanzato all’Occidente dall’Ucraina e dai cittadini ucraini soggiornanti fuori dal paese consistevano nell’introduzione delle sanzioni nei confronti del premier ucraino Asarov e del suo governo, ritenuti responsabili delle violenze in piazza. Le altre richieste dell’Euromaidan erano: le elezioni presidenziali anticipate, rinnovo delle trattative con l’Unione Europea per la firma dell’ accordo di associazione e rinuncia all’entrata dello Stato nell’Unione doganale, fortemente voluta da Yanukovic e dal presidente russo Putin. Nonostante il grido di aiuto del popolo ucraino, l’Europa, a quanto pare ha deciso di non intraprendere le azioni risolutive, dando una risposta fiacca e poco convincente alle aspettative dell’Ucraina. Le poche voci alleati, come Polonia e Lituania, che cercavano di gridare al mondo la gravità della crisi, hanno trovato scarsa risonanza a livello internazionale.


Michail Zhiznevsky

L’Ucraina, a questo punto ha capito di esser rimasta sola, faccia a faccia con il suo male che la stava divorando dall’interno. Malgrado ciò il paese non si è arreso, i manifestanti sono rimasti in piazza, aspettando giorno dopo giorno il nuovo assalto da parte dei Berkut. Dai massacri in piazza si è passato al linciaggio dei singoli. Gli attivisti, i giornalisti, i deputati venivano isolati e picchiati in strada. Diversi manifestanti sono stati incarcerati, altri invece sparivano nella notte, portati via dalla polizia; la sorte di queste persone, mai trovate dopo gli arresti, rimane tuttora ignota.
Dopo la breve tregua Natalizia, il governo ha deciso di scrivere la parola “fine” nella storia dell’Euromaidan, varando il 16 gennaio del 2014 un pacchetto di leggi volte a ridurre drasticamente i diritti dei cittadini. Divieto delle pubbliche manifestazioni, divieto di coprirsi il volto anche in parte o utilizzare i caschi durante i raduni pubblici, divieto di formare le autocolonne composte da più di cinque veicoli,  limitazione della libertà di parola nei mezzi di comunicazione di massa, divieto per la raccolta delle informazioni sui redditi dei giudici, dei funzionari dell’ordine pubblico e delle loro famiglie sono solo alcuni di questi provvedimenti anticostituzionali e assurdi, puniti con multe salatissime e con la reclusione di coloro che osavano trasgredire le direttive del governo.
Le nuove normative, tuttavia hanno avuto l’effetto opposto a quello che si aspettavano i loro ideatori. L’Ucraina, dopo l’introduzione del pacchetto leggi è stata sommersa da una nuova ondata di proteste. 19 gennaio una parte dei manifestanti ha abbandonato Maidan per sfilare in un corteo di contestazione. In via Grushevsky, poco distante dalla piazza incontrarono i blocchi dell’esercito. Gli scontri sono andati avanti per tutta la notte, il Berkut per fermare gli oppositori ha usato le pompe d’acqua, i manifestanti, a loro volta hanno iniziato a bruciare i pneumatici per difendersi dai cecchini. Nei giorni successivi è seguita una tregua, introdotta per condurre le trattative con il governo. La riappacificazione, purtroppo non è durata a lungo. La mattina del 22 gennaio ha fatto sprofondare l’Ucraina nell’orrore. I reparti speciali, portati nella capitale da ogni angolo del paese, hanno ucciso a colpi di fucile tattico Serghiy Nigoyan, ucraino di origine armena, il primo caduto nella lotta per la libertà. Dopo un po’ fu ucciso con un colpo al cuore Michail Zhiznevsky, cittadino bielorusso, uno dei più attivi partecipanti di Euromaidan. Lo stesso giorno in una zona boschiva, non lontano da Kiev fu trovato il corpo di Yuri Verbyzkiy, amato figlio della città di Lviv, culla della resistenza. L’uomo, brutalmente torturato, è stato legato e lasciato morire sulla neve.

Yuriy Verbyzkiy
Lacrime di sangue piangeva l’Ucraina, ricordando i suoi eroi, ma non sono morti invano. Il paese è uscito da questi scontri, più forte e più coeso che mai. Per fermare i reparti speciali che continuavano a confluire nella capitale, in diverse città ucraine furono occupate le amministrazioni regionali, attirando in tal modo su di sé la necessità dell’intervento militare. Alcuni giorni dopo L’Euromaidan ha ottenuto la prima grande conquista, le dimissioni del premier Asarov. Il 2 febbraio fu abrogata la gran parte delle leggi, votate in precedenza. Questa vittoria, tuttavia, non ha portato allo scioglimento dell’Euromaidan che ha continuato ad insistere sulle dimissioni immediate del presidente Yanukovic e sulla punizione dei responsabili dei massacri. La gente in piazza non sapeva ancora di dover vivere la giornata peggiore di tutti i tre mesi della rivolta. Il 18 febbraio fu organizzato dai partecipanti alla protesta il corteo, la cosiddetta “Processione pacifica” che avrebbe dovuto sfilare dalla piazza Maidan fino al palazzo del Parlamento. In via Grushevsky, il teatro degli scontri già in precedenza, i manifestanti si imbatterono nei reparti Berkut, che hanno dato il via ad una vera e propria carneficina. La gente senza armi in mano, picchiata e tempestata dalle granate stordenti, ha dovuto arretrare. Gli scontri continuarono anche in piazza. Verso le 22.00 presero fuoco le tende e le barricate che circondavano Maidan. Allo stesso tempo le forze dell’ ordine hanno dato fuoco all’Edificio dei Sindacati, occupato dagli eurointegralisti, che fungeva da mensa, dormitorio e ospedale da campo. Nell’incendio persero la vita circa 40-50 persone, che non riuscirono ad abbandonare la struttura. Nelle ore successive i dimostranti cercarono di recuperare le posizioni perse, incontrando la resistenza armata della polizia, affiancata in questo orribile massacro da tituscki e dagli “squadroni della morte” appositamente arrivati dalla Russia.
Nelle lunghe, interminabili ore tra il 18 e 20 febbraio, riempite di spari e di urla dei feriti agonizzanti, sul fronte governativo avvennero i cambiamenti significativi. I regionali, finora al timone del paese, hanno iniziato ad abbandonare il partito, cercando in tal modo di lavarsi le mani dal sangue degli innocenti. Yanukovic, boicottato dagli Stati Uniti e dall’Europa, che fino a quel momento è rimasta in uno stato di dormiveglia, perse in tal modo le ultime briciole di autorità. Dopo essersi nascosto per alcuni giorni, è fuggito in Russia. Il 28 febbraio Yanukovic ha tenuto una conferenza stampa da Rostov sul Don, in cui ha dichiarato di essere ancora il legittimo presidente dell’Ucraina. Secondo le sue parole, ha dovuto abbandonare il paese, perché la sua vita è stata messa in grave pericolo da terroristi, nazisti, estremisti che si sono impadroniti del potere.   
Mentre l’ex presidente si accomodava sotto l’ala protettrice di Putin, l’Ucraina salutava i suoi eroi, quei cosiddetti terroristi, che sfidavano i proiettili con i bastoni di legno in mano. I morti accertati dall’inizio degli scontri erano cento. È stato dato a loro il nome della “Centuria Celeste”, con riferimento alle squadre di cento persone che difendevano in questi mesi il Maidan. Purtroppo molti manifestanti sono scomparsi, rapiti dalle forze dell’ordine e dai “titushki”. Ogni giorno si teme sempre di più che queste persone andranno ad aggiungersi alle liste dei morti.

I corpi dei manifestanti in piazza
 La situazione politica dell’Ucraina, dopo i tragici fatti di fine febbraio si sta lentamente ristabilendo.Molti esponenti del “Partito delle regioni” hanno fatto perdere le loro tracce. Anche i militari, che hanno preso parte ai massacri si affrettano ad abbandonare il paese. Fuggono in Russia, dove a questi boia viene fornita la protezione governativa. In attesa delle elezioni presidenziali anticipate, indette per il 25 maggio 2014, entrano in scena i nuovi soggetti politici. La votazione sarà un’ impresa ardua, visto che nel corso della rivoluzione non è sorta la figura di un unico leader, capace di ottenere il consenso popolare. Le forze politiche, unite dalla crisi, rischiano di diventare avversari sleali nella campagna elettorale. In più, i partiti e i gruppi che hanno giocato il ruolo più attivo nella vita di Euromaidan sono principalmente di stampo nazionalista, quindi non sono visti sempre di buon occhio dalle popolazioni dell’Est. Le regioni orientali, da sempre l’asso nella manica di Yanukovic, ospitano una cospicua popolazione di lingua russa. 

Bisogna però sottolineare che non sono a favore dell’adesione alla Russia, ma semplicemente vittimizzate dalla propaganda antinazionalista, accentuata ancor di più dall’inizio della rivolta.
Per tutta la durata delle proteste le forze governative hanno cercato in tutti i modi di screditare coloro che vi partecipavano. I giornali, i siti internet, canali radio e televisivi brulicavano di messaggi secondo i quali alla protesta aderivano principalmente i fondi bassi della società: alcolizzati e disoccupati a vita, pronti a vendersi per qualche spicciolo, offerto dagli esponenti dell’opposizione parlamentare o chi sa chi altro. Questi individui sarebbero stati appoggiati, o meglio, sapientemente manovrati da anarchici e nazisti, avidi di potere e pieni di odio verso le minoranze etniche. La realtà dei fatti è che Maidan ha accolto tutt’altra gente: medici, imprenditori, professori, studenti, figli fedeli della Patria, incapaci di rimanere inerti mentre la loro terra viene saccheggiata e massacrata da una banda di criminali. Con la loro fede e la loro volontà questi uomini e donne hanno cambiato il corso della storia.
Ma ora una nuova minaccia incombe sull’Ucraina, la minaccia della guerra con la Russia Imperialista. Finiti i giochi Olimpici, Putin concentrò la sua non desiderata attenzione sull’Ucraina. Ma stavolta la sua fantasia è andata oltre i sicari e i poliziotti travestiti dai civili, decise di introdurre il contingente militare in Crimea. Eppure il piano di attacco, mascherato dall’intento di proteggere la popolazione russofona residente sulla penisola, non è andato a buon fine. Contro Putin si è alzato non solo l’Occidente, ma il suo stesso paese, sfinito dalle continue guerre personali del regime. Infatti con le manovre militari in Crimea è stato violato il memorandum di Budapest. Firmato nel 1994 da Ucraina, Usa, Gran Bretagna e Russia, questo documento stabiliva, che in cambio del disarmo nucleare dell’Ucraina, gli altri paesi si impegnano a rispettare la sua integrità territoriale. Nonostante ciò il regime moscovita non molla l’osso, tanto desiderato dal crollo dell’Unione Sovietica. Per far fronte a questa invasione l’Ucraina mobilita le truppe, pronta un'altra volta a dire di no alla schiavizzazione e respingere un altro attentato alla sua indipendenza. In questi mesi gli ucraini hanno dimostrato a tutto il mondo che il desiderio della libertà non congela sulla neve, non brucia nel fuoco e non soccombe sotto la pioggia dei proiettili, poiché il desiderio della libertà è più forte della morte stessa. Solo quando ogni occupante sarà scacciato e ogni carnefice del popolo sarà punito, l’Ucraina e noi, i suoi figli potremmo dormire sonni tranquilli.    




INVITO IN BIBLIOTECA


INSEGNANTI DI RUOLO: dieci su 100 eliminati

di Franco Manzoni



Servizio sanitario nazionale: -1.3 per cento. Regioni: - 5 per cento. Scuola: -10,9 per cento. Sono i dati della riduzione del personale della pubblica amministrazione con i tagli e le razionalizzazioni degli ultimi 5 anni, dal 2007 al 2012. Solo l’Università ha «dato» tanto quanto la scuola: - 9.4 per cento. E gli insegnanti che hanno lasciato o perso il posto di lavoro sono soprattutto quelli a tempo determinato: la fetta dei precari che ora lavorano nella scuola è scesa di un quarto, - 25 per cento.
La diminuzione degli insegnanti è il doppio degli altri comparti del pubblico impiego
A dare questi dati non sono i sindacati ma uno studio della Fondazione Agnelli che ha incrociato i dati della Ragioneria generale dello Stato e quelli del Miur. «Il personale della scuola statale (insegnanti e Ata) - si legge nel rapporto - è diminuito del 10,9%, una percentuale quasi doppia della media del pubblico impiego, che nello stesso periodo ha visto nel suo insieme una contrazione del 5,6%. In particolare, mentre nel frattempo la popolazione studentesca è rimasta a livello nazionale sostanzialmente stabile, gli insegnanti sono passati da 843mila a 766mila (-9%), una riduzione che ha toccato in eguale misura tutti i gradi scolastici, con l’eccezione della scuola dell’infanzia, e ha riguardato in modo più vistoso i docenti con un contratto a tempo determinato                    (-25%), mentre quelli di ruolo sono scesi del 6%».
Il ruolo della riforma e il contributo al risanamento della spesa pubblica

La contrazione degli insegnanti - che ha portato a modificare il rapporto professore/numero di studenti visto che la popolazione dei ragazzi a scuola non è cambiata - si è verificata soprattutto nel triennio 2008-11, come previsto effetto delle misure volute dai ministri Gelmini e Tremonti con la legge 133/2008. «Sappiamo che verso la fine del secolo scorso il numero degli insegnanti in Italia era cresciuto anche quando la popolazione studentesca stava diminuendo – ricorda il direttore della Fondazione, Andrea Gavosto – e ciò in parte spiega perché il rapporto studenti/docenti era in Italia inferiore alla media europea e ancora resta tale, sebbene le distanze ora si siano ridotte. Un riallineamento alle tendenze della demografia studentesca era necessario. Tuttavia, alla luce dei dati, non c’è dubbio che in questi anni la scuola italiana abbia già dato molto e contribuito al risanamento della spesa pubblica in misura assai superiore degli altri comparti del pubblico impiego. Sarebbe giusto tenerne conto in un’ottica di spending review».
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