LA STORIA ADDOSSO
di Angelo Gaccione
La nuova
raccolta poetica di Alida Airaghi
La poesia
civile è in buone mani e numerosi sono i poeti che dentro la storia del loro
tempo sono immersi e ne sanno cogliere gli eventi più tragici, conflittuali e
dolorosi. Le poetesse (o poete), soprattutto. Alida Airaghi ce lo mostra con il
suo recentissimo volume dal titolo Quanto di storia, pubblicato dalle
edizioni Marco Saya (pagine 76 € 13,00). Già, poesia civile; chissà perché poi
continuiamo ad utilizzare questa formula, come se non fosse civile tutto ciò
che oppone l’umano al disumano. Come se ogni poeta degno di questo nome non si
sia occupato del dolore del mondo in ogni tempo. E quanta di storia è rimasta
addosso alla poetessa veronese? Quanta incisa sulla sua carne e nella nostra?
Tanta, e della più scandalosa, della più feroce. Basta scorrere i giorni i mesi
e gli anni che contrassegnano i titoli delle composizioni per averne la
riprova. Dal 28 maggio 1974 al 7 ottobre 2023: dal massacro fascista e di Stato
di Piazza della Loggia in quel di Brescia, al massacro di Hamas avvenuta in Israele
con l’operazione denominata “Alluvione”. E via via, data dopo data, il Rosario
è sgranato come una laica, dolente e impietosa Via Crucis, Stazione per
Stazione: 9 maggio 1978 assassinio di Aldo Moro dopo 55 giorni di sequestro; 27
giugno 1980 strage di Ustica; 26 aprile 1986 disastro nucleare alla centrale di
Chernobyl; 19 luglio 1992 strage di via D’Amelio; 11 settembre 2011 attentato
alle Torri Gemelle; 21 febbraio 2020 la pandemia mondiale da Covid 19; 24
febbraio 2022 l’invasione russa dell’Ucraina. Date impresse a fuoco e a sangue
sul corpo della storia, della società e dei popoli, ma anche sui nostri stessi
corpi, sulle nostre sensibilità individuali, sul nostro sentire, sulla nostra
ragione fino a modificarli in profondità; a incancrenire la nostra anima e
sporcarla per sempre. La foto con l’uomo che piegato su quel che resta di un
corpo coperto dagli striscioni sindacali in Piazza della Loggia si regge la
testa annichilito, non la potremo più togliere dai nostri occhi e dalla nostra
memoria. Airaghi l’ha voluta in copertina perché Brescia apre il suo “viaggio
all’inferno”, come la strage di Piazza Fontana del 1969 ha aperto il “viaggio
all’inferno” di altri poeti: Pasolini, Raboni, Sanesi… perché la poesia non
dimentica. Un arco temporale di sangue che ha il suo svolgimento tra la
giovinezza (Juvenilia è il primo componimento), tempo di naufragi del
cuore, ma anche scelta consapevole di abbracciare la causa dei vinti;
e l’età matura o tarda (De Senectute) che è l’ultimo testo e
chiude l’arco come finale di partita, con la presa d’atto di essere ormai storia
snervata spremuta / ricordi ingombranti / per chi non ascolta. Qua e là
vicende più private, date gioiose come quelle del 17 maggio 1979 e del 19
febbraio 1985 in cui fanno il loro ingresso nel mondo le figlie Daria e Silvia,
o segnate dalla perdita come quella del 22 agosto 1991 in cui scompare il
marito Sirio. Il 9 novembre 1989 è, invece, la data pubblica più sconvolgente
di fine Novecento: si apre un varco nel muro di Berlino e le due Germanie
divise dopo la Seconda guerra mondiale possono ricongiungersi. Abbiamo seguito
quegli avvenimenti in diretta con le lacrime agli occhi, si abbracciavano i
berlinesi dei due versanti piangendo e ci abbracciavamo noi nelle altre città
d’Europa piangendo: “di corsa Berliner / al muro die Mauer! (…) con
spranghe cesoie picconi / tagliano sbrecciano / abbattono / il filo spinato il
cemento”, prorompono con entusiasmo i versi del poeta. Una discesa
agl’inferi questa raccolta importante e necessaria di Alida Airaghi, che
dovrebbe indurci a meditare sulla stupida coazione al degrado a cui sembriamo
irreversibilmente condannati. Un campionario del male da cui non si vede via
d’uscita. E il baratro dell’estinzione sempre più vicino, ora che la guerra
nucleare mondiale si staglia minacciosa all’orizzonte.