Tutto vero.
Si attende
smentita.
di Paolo Maria Di Stefano
Mentre
scrivo, si attende di ora in ora la lista dei Ministri del primo Governo
Renzi. Ed è probabile che proprio mentre
vi giunge questa nota, il Presidente del Consiglio incaricato la stia presentando al Capo dello
Stato. Il vantaggio sicuro sarà che avrà fine il giochino tradizionale dei
media, quel toto-ministri che ha imperversato fino ad oggi e che, come accade
da sempre, non si capisce bene se serva a bruciare i nomi di volta in volta indicati
oppure ad aumentare le probabilità di nomina. Con molta probabilità, non serve
a niente altro che a “fare notizia”, forse con gratificazione soprattutto per
gli illustri ignoti, come accade per ogni citazione, da sempre e dovunque.
Un altro vantaggio sarà costituito
dalla ricerca spasmodica di qualcosa da dire su ciascun nominato, illuminandone
la personalità e la carriera utilizzando “politicamente” le luci a
disposizione. Ed anche quelle che a disposizione non sono o non dovrebbero
essere.
Il che si presta ad un pensiero non
del tutto peregrino: io spero – e credo di non essere il solo – che Matteo
Renzi abbia approfondito la conoscenza di ciascuno dei candidati ad uno
qualsiasi dei ministeri, senza lasciarsi fuorviare da successi di carriera o da
titoli accademici, troppo di sovente qui da noi frutto di familismo, di un
arrivismo sfrenato e di un egocentrismo che non ammette orizzonti diversi dal
proprio ego. Vuol dire chiedersi che cosa di positivo, di costruttivo, di
creativo il soggetto ha fatto per la struttura nella quale ha vissuto e dalla
quale ha ricevuto i riconoscimenti di carriera, di stipendio, di potere.
Troppi, in Italia, riescono a raggiungere traguardi importanti in tempi spesso
assolutamente brevi, profittando della educazione e dello spirito democratico o
anche soltanto dell’amor di pace di chi li circonda. E soprattutto, con titoli
professionali (in senso lato) mediocri quando non insufficienti. Non è un caso
che le nostre università siedano agli ultimi gradini della cultura mondiale,
come non è un caso che le nostre imprese non possano vantarsi di essere la luce
dell’economia del mondo.
“Comunque!” avrebbe concluso Totò.
Il quale avrebbe apprezzato, forse, la gag del proprietario delle cinque stelle, fulgido esempio di comicità surreale e, credo, per una volta inconscia. Ma soprattutto concreta manifestazione non soltanto di ineducazione profonda, ma anche di assoluto disprezzo per tutti coloro che, simpatizzanti di astronomia, avevano deciso che il padrone incontrasse il Presidente incaricato. Cosa che egli ha fatto, fingendo di aderire alla indicazione dei suoi, in realtà qualificandoli come cretini, perché solo un cretino può non essersi accorto della banale e chiassosa farsa messa in atto.
Il quale avrebbe apprezzato, forse, la gag del proprietario delle cinque stelle, fulgido esempio di comicità surreale e, credo, per una volta inconscia. Ma soprattutto concreta manifestazione non soltanto di ineducazione profonda, ma anche di assoluto disprezzo per tutti coloro che, simpatizzanti di astronomia, avevano deciso che il padrone incontrasse il Presidente incaricato. Cosa che egli ha fatto, fingendo di aderire alla indicazione dei suoi, in realtà qualificandoli come cretini, perché solo un cretino può non essersi accorto della banale e chiassosa farsa messa in atto.
E proseguita con l’occupazione degli
spazi di una conferenza stampa nel corso della quale la misura delle banalità
inutili si è colmata.
E non ce n’era bisogno alcuno!
E il Presidente del Consiglio
incaricato è uscito alla grande da un confronto da alcuni ritenuto pericoloso,
così dimostrando, anche, che esistono giovani che valgono enormemente di più
dei vecchi e rumorosi tromboni. Che non vuol significare esser dotati di
capacità eccezionali, bensì soltanto che la loro (eventuale) incapacità è
inferiore a quella degli ottoni citati.
“Checché…”, avrebbe detto ancora
Totò.
Devo confessare di intravedere negli
ultimissimi eventi una luce di speranza: il giovane ex sindaco di Firenze
sembra in grado di reggere , anche se il pericolo maggiore gli viene non tanto
e non solo dalla sua giovane età e neppure dal PD, ma anche e soprattutto da
coloro che, attraverso circoli costruiti attorno a due o tre nomi -peraltro non
di ignoti peregrini- sostengono, proclamano e scrivono:
“Libertà
e Giustizia segue con preoccupazione la nascita del governo di Matteo Renzi sia
per le modalità che hanno portato al suo incarico sia perché temiamo che lo
sbocco finale rappresenti il patto non scritto tra Renzi e Berlusconi e
Verdini: la “seconda maggioranza” che dovrebbe intervenire a rafforzare il
governo quando il 2018 sarà meno distante. Aiutaci a vigilare sulle nostre
istituzioni e sulla nostra Costituzione.
Primarie
per i segretari regionali del PD deserte; astensionismo del 48% alle elezioni
sarde. Aumenta di ora in ora la lontananza fra cittadini, questa politica e
questi partiti. Ecco il risultato del governo tecnico e dei governi di larghe
intese. (omissis) . Matteo Renzi, la cui ascesa alla guida del Governo –
secondo Barbara Spinelli - ha il sapore di certi cambi di guardia al Cremlino,
ha concluso in queste ore le consultazioni con partiti e movimenti. Silvio
Berlusconi all’uscita dall’incontro con il premier incaricato ha rilasciato una
lunga dichiarazione alla stampa.
Ascoltando le parole del leader di Forza Italia, condannato in via
definitiva, e ricevuto sia al Quirinale che a Montecitorio, la Presidenza di Libertà e
Giustizia chiede a Matteo Renzi se il programma di riforma della Costituzione
della P2, snocciolato da Berlusconi, sia anche il suo. (omissis).
Domande certamente legittime, come
certamente legittimo è il diritto di criticare e di dubitare. Ed è anche vero
che il giovane Presidente del Consiglio si è mosso con la grazia di un elefante
e facendo largo uso dei trucchi di un mestiere – quale è la politica italiana –
che non brilla certo per lealtà e chiarezza, e neppure per rispetto degli
avversari, se non a parole. E allora, una domanda da parte mia: ma la scuola
politica da cui Renzi è uscito non è stata forse quella fatta tutta di pratiche
di corridoio, di menzogne, di polvere negli occhi, di demonizzazione degli
avversari, di attenzione spasmodica agli interessi propri e dei componenti la
banda di riferimento, di pezze a colori e di tutto quanto – questo sì!- ha
allontanato la gente dalla Politica (e dalle urne)? Al giovane rampante, reo confesso
di ambizione smodata, possiamo forse rimproverare di aver imparato la lezione?
Certo che è doloroso, ed anche
preoccupante, ma cosa ciascuno di noi ha
fatto per impedirlo? Il responsabile avvocato del circolo di Libertà e
Giustizia al quale per due anni sono stato ingenuamente iscritto ha preferito
schierarsi tra i servi acritici dei fondatori, invece di conquistare al circolo
il compito di “consulente” e di “luogo di creatività”. Non solo, ma quando ho
cercato di far presente la cosa, sono stato accusato di “aver sparato a palle
incatenate” e di “esser rimasto silente” e di altro assolutamente frutto di
pura invenzione.
Che è uno dei metodi classici di una
politica becera e onesta non più che tanto, e la cui documentazione scritta io
conservo a futura memoria, se mai mi tornasse il desiderio di collaborare
attivamente.
E chi ci assicura che le critiche e
le condanne non siano espressione del rammarico – se non della rabbia – di non
esser riusciti a precederlo, Renzi, e neppure ad opporsi in maniera credibile?
E, soprattutto, non sono – queste critiche anche rabbiose – il sintomo, questo
sì preoccupante, di una guerra già scatenata nel partito e probabilmente capace
di impedire il raggiungimento di obbiettivi che non è detto siano negativi?
E ancora: Renzi non solo parla di
programmi e non di pianificazioni, ma, almeno fino ad ora, non ha detto nulla
di nuovo e nulla che non sia stato detto da tutti i Partiti ed i movimenti
attivi in Italia, e dunque anche i programmi non brillano per chiarezza e neppure
per originalità. Ma è stato sempre così, è quello che gli è stato insegnato, ed
è già tanto ch’egli sia riuscito a ragionare in termini di “tempi”. Male, ma lo
ha fatto. Perché una cosa è certa: pianificare la gestione di fatti e
situazioni imponenti quali le riforme che concernono il lavoro, il fisco, la
giustizia, l’economia non è cosa che si possa fare “una al mese”. Ripeto: si
possono enunciare programmi, tanto in Politica lasciano il tempo che trovano e
non costa nulla proclamare – come è accaduto – che in poche ore sarebbero stati
creati milioni di posti di lavoro; si possono enunciare programmi, dicevo, ma
elaborare pianificazioni di gestione è tutt’altra questione, e non c’è dubbio
che, a parte l’indirizzo, il compito dei “politici” è in materia abbastanza
contenuto.
Anche perché di politici
pianificatori dotati di cultura della gestione c’è carenza.
Mentre abbondano quelli dotati di
arrivismo e di pelo sullo stomaco, in genere anche improvvisati ed
improvvisatori.
Ed è forse questo che giustifica il
ricorso ai cosiddetti “tecnici”, dei quali si presume almeno un’ombra di
preparazione e di professionalità.
Soprattutto necessari – tecnici e
professionalità, sembra – quando si tratti di economia.
E sarebbe giusto e bello, se non si
desse il caso che i cosiddetti tecnici sono protesi a ricostruire la situazione
quo ante, ignorando che il problema della economia non è più ritornare al
passato, bensì innovare un sistema ormai in gran parte obsoleto e condannato a
morte.
Che non si sa quanto lenta, ma che
certamente andrebbe pilotata in modo tale da consentire la sostituzione
dell’attuale sistema evitando per quanto possibile il maggior numero di traumi.
Quanto alle larghe intese, occorre
ricordare che, se ben fondate e meglio perseguite, possono essere un ottimo
mezzo per cercare la migliore soluzione possibile.
Che è l’essenza di ogni
pianificazione di gestione.