DI
DIFFICOLTÀ DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO
di Franco Astengo
Potrà apparire strano
affrontare il tema della difficoltà della democrazia in Italia partendo da due
casi particolari riguardanti due cittadine liguri, del resto molto note sul
piano turistico e artistico, ma è proprio il caso di cimentarci in questo
senso. Da molto tempo si sta cercando di impostare una seria discussione sulla
fragilità del sistema politico italiano.
Il
nostro sistema politico è passato rapidamente nel corso degli anni a una
condizione di grande difficoltà democratica.
Nel
passato l’Italia aveva, invece, rappresentato un “caso” emblematico a livello
europeo con una partecipazione complessiva molto forte sia dal punto di vista
della struttura dei partiti politici di massa sia al riguardo della presenza al
voto, mantenutasi per decenni oltre il 90% degli aventi diritto.
Elenchiamo
qui, sia pure schematizzando al massimo alcune delle ragioni fondamentali tra
quelle che hanno determinato questa vera e propria “caduta” cui si è già fatto
cenno: la trasformazione del sistema
dei partiti; il processo di privatizzazione/finanziarizzazione dell’economia;
gli effetti del trattato di Maastricht e seguenti soprattutto nella fase
coincidente la gestione del ciclo dopo il colpo dei subprime del 2007 avvenuto
negli USA.
Nel frattempo sono quotidianamente sotto attacco
i valori fondativi della Repubblica, i principi portati avanti durante la
Resistenza, il 25 aprile è stato definito da un ministro della Repubblica un
“derby” tra comunisti e fascisti, del quale disinteressarsi, e per iniziativa
del governo sono state approvate leggi inique come quelle riguardanti i
migranti o la legittimità di sparare.
Non c’è reazione a tutto questo se non di natura
elettoral-politicista.
Non c’è stata risposta politica al voto del 4
dicembre 2016 sulla riforma costituzionale e alla bocciatura da parte della
Corte Costituzionale di ben due leggi elettorali, l’una in vigore e l’altra
appena approvata dal Parlamento.
Un sistema quello italiano nel quale i soggetti
politici sembrano aver dimenticato il senso della rappresentanza intendendo
l’agire politico esclusivamente (com’è stato nel caso clamoroso del Movimento 5
stelle) nel senso della ricerca del potere finalizzato a sé stesso.
L’ottica dominante è quella di una concezione soggettivamente
esasperata di un uso utilitaristico dell’autonomia del politico esercitata
esclusivamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa con prevalenza
della rapidità di messaggio offerta dall’uso dei cosiddetti social network.
La china che ci viene indicata sembra sempre più
in rovinosa discesa verso l’abisso di un sistema che ormai presenta addirittura
tratti “orwelliani”.
Una rovinosa discesa nella qualità del merito e
del metodo.
Discesa di qualità e di valori nel corso del cui
sviluppo si sono inseriti gli elementi più evidenti di quella che è stata
definita “antipolitica” utilizzata quale vera e propria apripista verso una
stretta a destra nel nome di una “democrazia illiberale” molto pericolosa.
Un fenomeno cui stiamo assistendo proprio in
questi giorni.
L’occasione
per esemplificare con efficacia questo stato di cose, sia pure in un contesto
limitato come quello della provincia di Savona, ci arriva da de situazioni che
si ritiene possono ben testimoniare questa situazione di vero e proprio degrado
culturale, politico e anche morale.
Accade
questo, in due centri importanti collocati al centro della Riviera e non certo
periferici isolati socialmente, culturalmente e politicamente anche dal punto
di vista della storia democratica.
Ad
Albissola Marina, infatti, si presenta una sola lista: quella raccolta attorno
al sindaco uscente di area PD. Nessuna competizione sul piano politico, né da
destra, né tantomeno da sinistra o ancora in senso civico. Si tratta di un
segnale evidente di perdita del senso di cittadinanza, di assenza di volontà di
confronto, di assoluta mancanza di visione dell’interesse generale sia pure
limitato all’ambito amministrativo di una cittadina.
A
Varazze, invece, accade che ufficialmente la sezione del PD dichiari il proprio
appoggio al sindaco uscente di centro destra e i suoi esponenti si affianchino
a quelli di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia nel sostenerlo.
In
questo caso non vale la presa di distanza da parte del regionale ligure del PD:
soltanto il fatto che in una sezione di quel partito si pensi a un’operazione
del genere è segnale certo del disfacimento di cui si sta tentando di
sviluppare un’analisi anche in questa sede. Siamo di fronte a due fatti che, ciascuno
per la propria dinamica, indicano la profondità di una crisi di visione, d’identità,
di dimensione sociale prima ancora che politica di un cedimento sul piano delle
idee che deve essere segnalato come molto grave.
Senza
dimenticare che sul piano nazionale il partito di maggioranza relativa, M5S
(32% alle politiche 2018) presenta in questa tornata amministrativa pochissime
liste, dimostrando enormi carenze sul piano del radicamento sociale e
territoriale. Un segno evidente di quelle difficoltà sistemiche sulle quali si
è cercato di porre l’attenzione con questo intervento e che non debbono essere
sottovalutate. Le contraddizioni sociali esistono e debbono essere
rappresentate politicamente: questo elemento va ricordato sempre anche ai
teorici della sparizione del distinguo (necessario) tra destra e sinistra e
della riduzione della politica a pura amministrazione e della sua subalternità
all’economia e alla tecnica. Un arretramento pauroso che si dimostra prima di
tutto sotto l’aspetto etico piuttosto che politico.
Riflettere
su tutto ciò che sta accadendo di negativo, rappresenterebbe quasi un dovere
morale per chi intende difendere e sviluppare quel che rimane di una visione
della politica come espressione di una ricerca nella filosofia dell’agire umano
e dell’espressione di suddivisioni culturali, geopolitiche, sociali che certamente
mutano di segno ma che permangono nella loro sostanza da Varazze alla Via della
Seta.