di Franco Astengo
Sotto il titolo “Il Paese
dell’Impunità - Mafia corruzione e non solo” Micromega ha pubblicato in questi
giorni il suo n.3/2019 che contiene molti e autorevoli interventi raccolti
intorno alle diverse sfaccettature dell’antica e irrisolta “questione morale”
(irrisolta proprio come testimoniano appunto i diversi interventi). Mai scelta
è apparsa forse più tempestiva considerato che, in queste ultime ore, il
bollettino dei disastri provocati proprio dalle diverse “questioni morali” che
attraversano la vita economica sociale e politica del nostro paese si è
ulteriormente allargato.
Stiamo assistendo a un vero e proprio florilegio
di tutto il repertorio del genere “questione morale”: dalle presunte
infiltrazioni mafiose nell’operazione (per ora infinita e forse interminabile)
“ponte di Genova”, ad arresti di varia natura per tangenti et similia
all’interno di diverse situazioni che comprendono esponenti di un vasto arco di
forze politiche con annessi e connessi anche di tipo imprenditoriale.
Nulla
sembra essersi mosso, da questo punto di vista, nel corso di decenni e ancora
la magistratura sta compiendo il suo eterno lavoro di supplenza rispetto alla
“politica” mentre l’opinione pubblica appare, francamente, distratta se non del
tutto anestetizzata. Un quadro come da copione con la scena coperta dalle
consuete manfrine dei soliti noti in un crescendo a mio giudizio del tutto
delirante di campagna elettorale.
Una
campagna elettorale (è il caso di ricordare che si voterà per il Parlamento
Europeo) che ancora una volta si vuol rinchiudere nel recinto dell’OK Corral
del “o con me o contro di me” con la velata minaccia che se prevalesse il
“contro di me” saremmo all’“après moi le deluge”. Poi “moi” sparisce e la vita
continua con il suo insieme di spine e dolori.
Il
massiccio ingresso in campo dei paladini dell’antipolitica facilmente creduti
da una massa disillusa, stanca, sfibrata non ha sortito effetto alcuno.
L’ascesa
del M5S per adesso ha semplicemente ampliato il campo dei corifei del potere
dato comunque come immutabile e aperto la strada a potenziali soluzioni molto
pericolose. In realtà da Tangentopoli in avanti, anzi per limitarci al
dopoguerra da Portella della Ginestra in poi, si è cercato accuratamente di
evitare che la “questione morale” si trasformasse effettiva “questione
politica”. Tutta la litania che è sempre seguita a ogni esplosione di vero e/o
presunto scandalo è servita soltanto a confermare l’antico motto del
Gattopardo. Non entriamo ancora una volta nel merito di cosa significa
“questione politica e questione morale”: dal 1983, almeno personalmente (cioè
dallo scandalo Teardo in avanti) c’è capitato di scriverne in troppe occasioni
senza neppure aver bisogno di mutare più tanto approccio e accento: soltanto
qualche pennellata di aggiornamento d’attualità di volta in volta. Qualche
interlocutore noterà in questo testo un eccesso di “pessimismo
dell’intelligenza”, ma la domanda finale è questa: potrà ancora essere
possibile che non una rivista come Micromega oppure qualche intellettuale
illuminato, ma un vero soggetto politico si dimostri capace di affrontar e
rappresentare il complesso delle contraddizioni agenti nella realtà e suscitare
così un moto di “ottimismo della volontà”?
È
l’eterno rincorrersi di scenari già visti e ripetuti che induce quasi in via
naturale al pessimismo della fatalità.