UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 31 gennaio 2015

Lessing, la globalizzazione e il dialogo interreligioso                                                 
di Franco Toscani

Con questa riflessione di Franco Toscani, continua il dibattito avviato su “Odissea” dopo i tragici attentati di Parigi. Respingere ogni fanatismo, ogni pretesa di primato culturale e religioso, è la via maestra della tolleranza.


È possibile oggi -soprattutto riflettendo a partire dai tragici attentati parigini recenti- gettare  le basi autentiche di un dialogo interreligioso  che merita più che mai di essere perseguito nel nostro tempo tormentato, se vogliamo dare un futuro all’umanità, consistenza all’idea di “uomo planetario”, alle possibilità della convivenza nell’età della globalizzazione? È possibile, ma è molto difficile. Da questo punto di vista possiamo rintracciare una linea filosofico-teologica, culturale e antropologica che da Lessing e dal meglio della cultura illuministica perviene a toccare e a intrecciarsi con alcune proposte e tematiche culturali e antropologiche decisive del nostro tempo. Mi riferisco, per limitarci a qualche esempio, all’etica della responsabilità di Hans Jonas, al progetto di Weltethos (etica mondiale) di Hans Küng, all’idea di Terre-Patrie di Edgar Morin, alla cultura e all’etica dell’ “uomo planetario” di Ernesto Balducci. Fin dal secolo XVIII Lessing suggeriva la necessità di evitare i settarismi per riconoscere le ragioni anche parziali dell’altro; se i “caratteri divini” possono essere rintracciati in tutte le religioni, è aperta la via al dialogo interreligioso, una via difficile, che si scontra con pregiudizi diffusi e mentalità radicate, ma possibile. Nella mancanza del dialogo interreligioso è sempre possibile il prevalere della violenza, dell’odio, del muro contro muro, della minaccia alla convivenza fra diversi. La violenza è sempre in agguato, i più forti e prepotenti tendono a imporsi senza esitazioni grazie anche alla “bile bigotta” dei credenti fanatici di tutte le risme. Centrale in Lessing è la metafora del palazzo, che molto probabilmente fa riferimento alla grandezza della verità e all’essenza della religione. Ora, del palazzo molti possiedono “schizzi” particolari che però tendono a essere scambiati per l’intero. Ognuno tende a considerare e a valorizzare solo il proprio schizzo per salvare il palazzo minacciato dalle fiamme, ma in realtà tende a salvare essenzialmente il proprio schizzo, il proprio punto di vista sul palazzo.  Il palazzo è destinato a bruciare se gli attaccabrighe hanno il campo libero. Gli “schizzi” del palazzo stanno a indicare il rapporto degli uomini con la verità. Tali “schizzi” non rappresentano soprattutto le nostre ostinate cecità e illusioni che ci fanno fissare lo sguardo solo su alcuni particolari, impedendoci di scorgere la verità in tutta la sua ampiezza? Gli “schizzi” non ci parlano dei nostri limiti, piccolezze, manchevolezze in rapporto alla verità che nessuno possiede, di cui siamo al servizio e parte, senza poterne scorgere tutta l’immensa portata? La questione degli “schizzi” interroga tutte le religioni monoteistiche, secondo cui una sola di esse può esser vera. Si tratta qui della superbia che solo il proprio Dio sia il vero Dio, della pia follia di avere il “Dio migliore”. Tali superbia e follia mostrano il volto feroce della violenza tra le religioni, della rivalità, della diffidenza e dell’odio reciproci, della guerra e fanno dimenticare o sottovalutare il fatto essenziale che siamo tutti -prima di ogni altra aggiunta, definizione e caratteristica- uomini in mezzo ad altri uomini, abitanti mortali del pianeta, esseri fragili e bisognosi. I guai cominciano quando ogni gruppo religioso proclama polemicamente il proprio primato culturale e spirituale sugli altri. Siccome è però impossibile provare e stabilire quale sia la vera fede ed è contemporaneamente giusto garantire in questo e altri campi la libertà di coscienza sancita dalla nostra Costituzione repubblicana e dalle carte europee, si tratta di individuare un minimo comune denominatore etico che possa unirci al di là di tutte le ovvie e necessarie differenze culturali e religiose: la legge dell’amore, l’invito all’amore reciproco, libero da pregiudizi, al rispetto della eguaglianza e dignità di tutti gli esseri umani. Il Dio inafferrabile che “è amore” (come dicono tutte le religioni) ama tutti gli uomini senza distinzione alcuna. L’amore, la difesa ovunque della dignità umana: questo è il fondamento comune a tutte le religioni, conducente ad amare gli uomini nella loro libertà e autonomia, nella concretezza della loro condizione e vita quotidiana. Molti s’illudono di essere saggi, ma sono soltanto furbi, vivono come tali e obliano che la saggezza -non la ricchezza, il potere, la gloria e altri miti mondani- è il nostro bene più grande. Per un’umanità evoluta -la cui coscienza del male in cui si radica la storia umana è acuta- la crudeltà e la disumanità sono il peccato dei peccati. Sappiamo che la crisi dell’umanità e della civiltà è dovuta innanzi tutto alla sfiducia nell’uomo e nelle sue possibilità creative, è una crisi del senso e della direzione della nostra civiltà. Ma occorre avere il cuore aperto a ogni virtù, lo spirito sgombro dai pregiudizi e disposto a capire ogni bellezza; anche la religiosità, scevra da ogni integralismo e fanatismo, è intimamente, indissolubilmente congiunta al senso del buono e del bello. Può darsi, allora, che il dialogo interreligioso non sia altro che una “dolce illusione”, ma esso merita comunque di essere tenacemente perseguito per contribuire a promuovere il presente e il futuro della civiltà planetaria.


Una predica globalmente inutile
di Giovanni Bianchi

La passione


Si sa che la passione politica è una passione forte e in non poche occasioni inestinguibile. Non a caso viene spesso paragonata a una droga. Una passione quindi che non sempre svanisce col passare degli anni e che strappa sovente al meritato riposo reduci di un passato più o meno glorioso e soprattutto insoddisfatti di come si presentano le cose dell'oggi è più ancora nel prossimo futuro. Da qui il moltiplicarsi di incontri molecolari, quasi carbonari, veri cenacoli, spesso anche casuali e un poco affrettati, dove si consuma un pasto amicale, un bicchiere di vino e si discute finalmente a ruota libera. Era questa un tempo una prassi vigente nei partiti d’antan. È sparita, ed ecco perché alcuni volenterosi cercano di continuarne la memoria e la praticabilità. I tentativi non sono esenti dai buoni propositi di collaborazione e cambiamento delle cose politiche in corso e talvolta perfino dei nuovi protagonisti.
Perché dunque si fanno le riunioni tra reduci e perché anche alcuni di noi continuano a farle? Per pensare politica nel momento in cui le circostanze -naturali o indotte non importa- ci impediscono di farla. E poi perché il riunirsi può risultare utile non soltanto a noi.
Con un dato di fatto preliminare: è l'amicizia -anche residua o magari disperata- a convocarci e non una inconfessata voglia residua di competizione. Per questo mi ripeto. Sapete quando i partiti politici hanno cessato di vivere in Italia? Quando uno che ha in tasca la tua stessa tessera va in ospedale per un intervento chirurgico e tu non ti senti in dovere di andare a fargli visita. Senza amicizia (Aristotele) e senza solidarietà non c'è politica, o meglio, non c'è partito. Perché senza elementi di comunità non regge nessuna organizzazione.
Ma è evidente che per continuare ad essere in qualche modo utili non basta che la riunione sia finalizzata a un brindisi, ma deve provare a costituire un punto di vista comune dal quale guardare la fase. Non ha senso schierarsi per Renzi o contro Renzi : bisogna costituire un punto di vista sensato dal quale intendere nel periodo storico che attraversiamo le origini, le ragioni, le potenzialità e i rischi delle offerte politiche in campo.  

Il ruolo dei patti
                                       
Renzi non è il bravo ragazzo che viene dalla città di La Pira e che dobbiamo comunque guardare con simpatia o antipatia. Un politico, soprattutto un politico nuovo, capace (ma su quale terreno?), forse grande e adesso vincente lo si valuta con le categorie del Principe di Machiavelli -non soltanto per la medesima location- e non con quelle dell'età evolutiva proposte da Piaget. La stessa giovane età, in un Paese che non è già più per vecchi, va distinta dal vettore e dalla moda giovanilistica. Napoleone alla campagna d'Italia aveva 29 anni, e nessuno pensò di consigliargli di tornare all'Accademia per un training imperiale.
Anche le considerazioni sul carattere e le mosse conseguenti ("Enrico stai sereno") vengono in un momento successivo, e forse non meritano grande attenzione. Il problema è cioè da dove almanacchiamo sul ciclone del renzismo.
E almanaccare bisogna, perché non ci troviamo di fronte a un progetto votato in un'assemblea di partito (nella stessa Leopolda è sempre prevalso l'elemento mediatico), ma ad un'azione che precede il progetto e che quindi deve essere letta a posteriori e sospettata a priori.
Un'azione cioè dove gli arcana imperii prevalgono decisamente rispetto agli elementi del piano politico presentato alla gente e alle lente e stanche liturgie della democrazia. Quella discutidora, e anche quella che prova a stare al passo con i tempi.
È la condizione generale, che privilegia la velocità e il coraggio, che fa prevalere l'emozione rispetto all'antica razionalità e che in certo senso costringe le analisi a un andamento rapsodico. Come di chi sia costretto a un'affannosa rincorsa.

Cosa vuol dire oggi partecipare


Il prender parte (alla maniera del tifoso) precede l'analisi. La fruizione dei messaggi è tipica del consumatore e si allontana sempre più da quella del cittadino roussoiano.
E infatti a chi si rivolge oggi preferibilmente un leader o un governante se non al consumatore, che reagisce in quanto tale in quanto cittadino della città mediatica?
Non tanto il rigore delle considerazioni che stai sottoponendo ad Angela Merkel nella cornice di una inimitabile Firenze, ma il messaggio mediatico-estetico -e per questo politico e "passante" sugli schermi televisivi- della coppia che parla sotto il David di Michelangelo.
Che accadrà? Non lo sappiamo; nel senso che incontriamo più difficoltà a fare previsioni rispetto ai decenni trascorsi. Ma anche nel senso che il leader dotato di questo nuovo carisma ignora a sua volta la meta. Ma, a differenza del navigatore di Seneca, apre le vele e invita a seguirlo anche se il porto non è ancora chiaro a nessuno (leader compreso). Perché?
Perché le ipotesi in campo ignorano la critica allo spirito del tempo e seguono piuttosto l'onda dello spirito del tempo, così come fa l’abile atleta che cavalca l'onda dell'oceano sulla tavola del surf. È questa infatti la metafora marinara che pare a me meglio rappresentare le dinamiche in corso dei diversi populismi.
La politica dunque, soprattutto in certe fasi, funziona a patti. Patti generazionali, palesi o segreti, e patti intergenerazionali (molto inter peraltro) come quello del Nazareno.
E infatti, generazionali o meno, palesi o occulti, questi patti producono prima o poi -se reggono- effetti politici evidenti, anche di medio periodo.
Il patto cosiddetto del Nazareno è la base possibile e in atto del partito della Nazione. Un partito messo ai voti per dimostrare che il patto del Nazareno può risultare più vincolante dell'appartenenza al PD.
Il voto del Senato aveva avuto un anticipo nelle primarie di Genova. Non è essere maliziosi nel giudizio: è intendere politicamente i processi prima che siano compiuti.
Del resto il PD non può restare a mezza strada, come pure la leadership di Renzi. Non può cioè restare un cantiere aperto alle ipotesi più diverse e alle mediazioni più sincopate.
La Finocchiaro al Quirinale? E chi più di lei ha lavorato alla riforma costituzionale con la Braschi? Una riforma a risparmio di democrazia in nome della governabilità, e che diluisce ulteriormente l’idem sentire costituzionale.
Una volta tanto bisogna parlar bene dei comici, dal momento che a difendere l’idem sentire costituzionale degli italiani è rimasto Roberto Benigni.
Non c'è tregua possibile, e sospendere il giudizio serve a tirarsi fuori, ma non a guadagnare tempo. È commovente e tutto impolitico, e quindi patetico, l'attaccamento di Bersani alla Ditta, o meglio, come s'usa dire, al brand. Perché il brand è rimasto il medesimo, ma la ditta che prima produceva bibite, adesso ha incominciato a produrre cravatte e giarrettiere… Ha cambiato il prodotto e la pubblicità, oltre alle maestranze.
Perché tutto questo? Perché anche la politica della velocità si confronta con l'urgenza di un soggetto politico nuovo. Non basta cambiare continuamente le regole del gioco del perimetro del campo di gioco: bisogna prima o poi occuparsi della squadra da mandare in campo. Non è un problema di Renzi o Bersani o Cuperlo: è un problema di tutta la politica, da destra a sinistra passando per il centro. Un problema politico urgente e cogente.

Le coordinate

Vi sono delle coordinate che comunque determinano o almeno circoscrivono nella fase attuale la politica italiana. La prima coppia -in azione dal 1975- fa convivere conflittualmente governabilità e democrazia. La seconda tiene insieme un dinamismo opportuno e inedito della politica italiana con il persistere di una pratica pattizia tutt'altro che inedita e tutt’altro che innovatrice. Succede talvolta che gli eventi siano più veloci dei nostri pensieri. È dove, non soltanto mettendosi al servizio della verità finanziaria, il computer arriva prima della ponderazione. L'accelerazione non soltanto degli eventi ma anche nelle tecniche subisce impennate impreviste.
Se ne sono resi conto recentemente Searls e Weinberger, tra gli autori nel 1999 del Cluetrain Manifesto, una profetica esaltazione della rete dei social network, per la quale si considerava "cominciata una potente conversazione globale" destinata a un'autentica rivoluzione tecnologica e antropologica: e quindi delle stesse piattaforme democratiche.
Ma. C'è un ma grande come una casa. Infatti le tecniche di manipolazione del consenso (e di censura) e dei nostri comportamenti si sono diffuse in maniera invisibile con strumenti sempre più sofisticati. A quasi 15 anni dall'11 Settembre il messaggio lanciato da George W. Bush, allora presidente degli Stati Uniti, continua a funzionare a far danno.
La paura cioè con la quale si è reagito al terrorismo continua a comportare la compressione delle libertà individuali nei confronti del terrorismo. Anche la sicurezza dunque "a risparmio di democrazia" continua a funzionare, a far danno, a rafforzare l'isolamento dei poteri costituiti. La laicità dei primi cultori della libertà del Web è stata progressivamente tallonata e ridotta dai dettami del totalitarismo elettronico, come quello di David Cameron in Gran Bretagna, cosicché nessuna forma di comunicazione deve sfuggire all'occhio indagatore dello Stato. Il questurino elettronico ha preso in ostaggio l'utopia, alla quale resta come chance soltanto l'opposizione della rivolta delle nostre menti e dei nostri corpi non virtuali.
Si tratta di un destino toccato in sorte anche in Italia a Grillo e Casaleggio, e che già ha incominciato a insidiare il mantra della rottamazione continua.
Cercando una via di sortita, mi concedo un elogio dello strabismo. Perché ogni lettura della realtà deve essere a mio giudizio in questa fase opportunamente strabica (altrimenti risulta quantomeno inutile e noiosa).
Il romanzo lo sa, e ci marcia. Il saggio finge di no, e si banalizza spocchiosamente e si suicida. Per questo ogni vero scrittore -perfino lo storico- insegue un suo chimerico strabismo di Venere... O quantomeno si sforza di non prendere troppo sul serio le proprie regole e la propria disciplina. È il vantaggio della teologia ebraica, che ha l'abitudine di essere autoironica. Mentre le altre religioni e teologie si prendono dannatamente sul serio.
Affabulare e cercare, anche tantonando consapevolmente, in cerca, se non di una soluzione almeno di una via percorribile, è un'attitudine che aiuta insieme a pensare e a vivere.
Un atteggiamento non apprezzato da tutti e spesso soggetto a drastiche ironie, come quella di quel potente capocorrente democristiano che andava dicendo di Mino Martinazzoli: "Così bravo, e così inutile".
Io invece ho apprezzato e continuo ad avere nostalgia dell'inutilità del mio amico Mino Martinazzoli.


                                                                                   

martedì 27 gennaio 2015

Nel Giorno della Memoria: 27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2015


 Goti Bauer, nata il 29 luglio 1924, Nedo Fiano, nato il 22 aprile 1925, Liliana Segre, 10 settembre 1930, sono tra i più attivi testimoni contemporanei dell’esperienza della Shoah, dell’Olocausto nazista. Gli unici sopravvissuti in Italia.
Quando comincia il loro racconto? Dopo quel 27 gennaio 1945 ogni sopravvissuto ha una sorte diversa, una vita diversa, percorre una strada diversa. Chi riesce a superare il dramma interiore, torna a vivere, torna a guardare la realtà, con una mente che conserva le immagini dei campi di concentramento e di sterminio.
In un’intervista del giornalista Michele Mancino pubblicata su “Varesenews”,
http://www.varesenews.it/ilgiornodellamemoria/testimonianze/fiano1.html

Nedo Fiano afferma: «Quando si dice che uno è sopravvissuto ad Auschwitz per testimoniare, si dice una balla. Chi è sopravvissuto, lo ha fatto per istinto. Non è stato facile testimoniare ciò che è stato. Se si andava solo quindici anni fa in una scuola e si chiedeva ad un preside di parlare dell’esperienza di Auschwitz la risposta tipica era “ma non rientra nei programmi”, “sa non vorrei turbare i ragazzi…”. Insomma nelle scuole non si entrava. Poche erano quelle disposte ad ascoltarci, ed era grazie a pochi illuminati. Il fenomeno delle testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio si è avuto all’inizio degli anni Novanta, quando c’è stata una vera apertura delle scuole. La gente della nostra generazione ha un senso di colpa perché tutto quello che è accaduto non sarebbe accaduto se ci fosse stata la solidarietà e la mancanza di questa è stato ciò che ha alimentato la strage. Per capire bisogna parlare del 1938 e delle leggi razziali». E afferma anche: «Se io penso che un paese come questo, che tra l’altro ha avuto un forno crematorio, quello di Trieste, la Risiera di San Sabba, oltre a vari campi di concentramento da Merano a Fossoli, ha faticato non poco per ottenere un giorno dedicato alla Memoria, ho detto tutto».

Si legga, a questo proposito, il capitolo di Filippo Focardi: Rielaborare il passato. Usi pubblici della Storia e della memoria in Italia dopo la Prima Repubblica, nel volume intitolato Riparare, risarcire, ricordare: un dialogo tra storici e giuristi, pubblicato da Editoriale Scientifica di Napoli, a cura di Giorgio Resta e Vincenzo Zeno-Zencovich, nel 2012. (Michela Beatrice Ferri)

sabato 24 gennaio 2015

L’isola di Lampedusa ad alto rischio elettromagnetico 
di Antonio Mazzeo

A Lampedusa proliferano, indiscriminatamente e impunemente, sistemi radar e impianti di telecomunicazione militari, ripetitori radio-televisivi, stazioni radio-base della telefonia cellulare, ecc.. Innumerevoli sorgenti elettromagnetiche, pericolose per l’uomo e l’ambiente naturale, che rischiano di deturpare irrimediabilmente un territorio unico per fascino e bellezza.
Buona parte degli impianti sono di origine militare: da lungo tempo, infatti, Lampedusa è al centro dei programmi di guerra nell’area mediterranea e in nord Africa delle forze armate italiane e Nato. In località Capo Ponente, nella zona più occidentale dell’isola, sono in atto i preparativi per installare due nuovi potenti sistemi radar. Il primo di essi, il Gabbiano T200C, prodotto dall’italiana Selex ES (gruppo Finmeccanica), sarà predisposto dalla Marina militare nell’ambito del piano di ammodernamento e potenziamento della Rete di sorveglianza costiera. Un Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL, anch’esso prodotto da Selex, sarà installato invece dall’Aeronautica per la sorveglianza aerea a lunga portata e il potenziamento della rete di comando, controllo, comunicazione ed intelligence dell’Alleanza Atlantica.
Contro i due progetti si è mobilitata la stramaggioranza della popolazione dell’isola. È forte il timore per la portata e gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico, anche alla luce di alcune gravi patologie riscontrate tra gli abitanti. Secondo l’Osservatorio Epidemiologico Regionale che ha elaborato nel 2013 l’Atlante Sanitario sulla Epidemiologia dei Tumori in Sicilia nel periodo 2004-2012, il distretto sanitario di Lampedusa e Linosa ha riscontrato la “maggiore mortalità per tumori, nei maschi”, subito dopo la città di Catania (248 contro 251). Anche l’analisi dei ricoveri ospedalieri ordinari per patologie tumorali registrati dalla Regione siciliana nel triennio 2009-2011 ha evidenziato “alti livelli di ospedalizzazione per cause tumorali nel solo genere maschile a Lampedusa e Linosa”. Mentre il valore di riferimento regionale dei ricoveri ordinari è di 7,5 per 1.000 abitanti, il tasso standardizzato nelle due isole è di 10,2 per 1.000 abitanti. In particolare, a Lampedusa e Linosa sono stati evidenziati “tassi più elevati” del valore medio regionale per i tumori maligni dello stomaco, del fegato e della vescica tra i soli uomini e della trachea, dei bronchi e dei polmoni in entrambi i sessi. 
Su richiesta del Comune di Lampedusa e Linosa, dell’ASP di Palermo e dell’Associazione “Askavusa” (promotrice dalla Campagna No Radar), dal 18 al 20 novembre 2014 l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA Sicilia) ha misurato i campi elettromagnetici di alta frequenza in alcuni siti dell’isola: a Capo Grecale dove sorge il radar di sorveglianza costiera della Guardia di finanza; nell’aeroporto dove incidono diverse stazioni per le telecomunicazioni dell’Aeronautica militare oltre al radar per il controllo del traffico aereo; in località Alberosole, Capo Ponente, dove sono presenti i sistemi di sorveglianza dell’Aeronautica militare e alcuni ripetitori televisivi; a Cala Creta, dove opera una stazione radiofonica FM locale; in alcune vie del centro cittadino interessate dalle emissioni degli impianti della telefonia cellulare.
Il 2 dicembre, il fisico Giovanni Bruno e il signor Pasquale Collura della Struttura territoriale di ARPA Agrigento hanno presentato il rapporto finale sui monitoraggi dei campi elettrici. “Lo scopo delle rilevazioni è stato quello di valutare la conformità dei rilievi effettuati alle norme di sicurezza elettromagnetica prescritte dalla normativa vigente e, più in generale, la loro rilevanza rispetto ai problemi di tutela della salute umana, dell’ambiente e delle possibili interferenze con apparecchiature elettromedicali in seguito alla presenza di emissioni elettromagnetiche di alta frequenza”, scrivono i tecnici dell’ARPA. “Le misure effettuate hanno evidenziato valori massimi del campo elettromagnetico di 5,05 V/m ovvero minori all’obiettivo di qualità di 6 V/m indicato dal DPCM dell’8 luglio 2013”.

Per ARPA Sicilia, dunque, l’inquinamento elettromagnetico a Lampedusa non è rilevante. Conclusioni per nulla condivise dal fisico sardo Massimo Coraddu, estensore per il Politecnico di Torino - con il prof. Massimo Zucchetti - del rapporto che ha documentato i gravissimi pericoli per l’uomo delle emissioni delle decine di antenne della stazione di telecomunicazioni della Marina militare Usa di Niscemi e di quelle che saranno generate quando entrerà in funzione il famigerato sistema satellitare MUOS. “In generale, la procedura adottata a Lampedusa non sembra adeguata al problema e neppure conforme alla normativa vigente, la strumentazione e la tecnica di misura utilizzate sono inadeguate e i risultati sono dunque del tutto inattendibili”, denuncia il prof. Coraddu. “Il numero di punti di misura effettivamente realizzati per ciascuna sorgente è troppo esiguo, da un minimo di uno a un massimo di sette. Manca qualunque informazione riguardante le sorgenti: non se ne riporta la posizione (né mediante coordinate geografiche né attraverso l’inquadramento topografico), non è specificata la tipologia né vengono indicate le caratteristiche radioelettriche (frequenza, potenza, guadagno d’antenna, etc.), né tantomeno si riportano i valori di campo previsti dal gestore come imposto dal Codice delle comunicazioni elettroniche, DLGS n. 259 dell’1 agosto 2003”. Sempre secondo il prof. Coraddu, le misurazioni effettuate da ARPA Sicilia sono documentate in modo incompleto e si è persino omesso di riportare i punti precisi in cui esse sono state effettuate. “È stata utilizzata una tecnica di misurazione a banda larga, ovvero si e misurato l’effetto complessivo della sovrapposizione di tutte le sorgenti presenti, di tipo molto differente (radar di potenza, ripetitori radiotelevisivi, ponti radio, stazioni radio base per la telefonia cellulare, etc.), senza distinguere il contributo dato da ciascuna singola sorgente”, aggiunge Coraddu. “La normativa prescrive invece di affiancare alla tecnica a banda larga la più precisa e sofisticata tecnica a banda stretta, con strumenti dotati di risposta temporale tale da rivelare le caratteristiche degli impulsi emessi (durata e frequenza di ripetizione dell’impulso), e una dinamica sufficiente a sopportare intensità di picco che possono raggiungere le migliaia di V/m. Nel caso di misure effettuate in regime di campo vicino occorreva inoltre rilevare anche la componente magnetica”.


Relativamente alle misurazioni sulle diverse sorgenti radar, il prof. Coraddu rileva che i tecnici dell’Agenzia regionale non hanno rilevato i valori di picco dei campi elettromagnetici emessi. “I radar spesso emettono impulsi elettromagnetici molto brevi (da qualche μsec sino a qualche decina di nsec) con livelli di picco migliaia di volte superiori a quelli medi”, spiega il fisico. “In queste condizioni le sonde utilizzate da ARPA Sicilia possono produrre risultati totalmente inattendibili per problemi sia di risposta temporale che di saturazione”. Massimo Coraddu osserva pure limiti e incongruenze nei rilievi effettuati per le emissioni prodotte dalle stazioni della telefonia cellulare e dalle emittenti radiofoniche. “Nel caso in cui il valore misurato raggiunga 75% del valore limite d’attenzione di 6 V/m, ossia 4,5 V/m, la Norma CEI 211-7 impone che si ripeta la misurazione con gli strumenti a banda stretta. Tale livello è stato però raggiunto e superato in via Ariosto 21/23 (con misure di 4,57 V/m e 5,05 V/m) senza che siano stati fatti ulteriori accertamenti. Paradossalmente, è stato poi predisposto un monitoraggio continuo mediante centralina di rilevamento, non in questa via, dove si sono registrati i valori di campo più elevati, ma in via Cavour 19, dove i livelli di campo risultavano nettamente inferiori (massimo registrato 2,8 V/m)”.
A conclusione delle sue osservazioni, il prof. Coraddu suggerisce l’adozione di una serie di misure più idonee per l’individuazione e il contrasto delle fonti elettromagnetiche inquinanti. “Sarebbe molto opportuno realizzare un piano previsionale complessivo delle emissioni, che tenga conto della somma di tutti i contributi sulla base di un censimento completo delle sorgenti presenti nell’isola, in modo da individuare eventuali aree a rischio e procedere al loro risanamento”, scrive il fisico. “Nessun impianto trasmittente realizzato dopo il 2003 può essere privo di tale modello previsionale, mentre ai gestori di impianti realizzati prima di quella data occorre richiedere di realizzarne e presentarne uno”.
Per quanto riguarda le emissioni delle stazioni della telefonia cellulare e di quelle radiofoniche, rilevate da ARPA con livelli di campo assai elevati e prossimi ai limiti di sicurezza all’interno dell’abitato, il prof. Coraddu chiede che le misurazioni vengano ripetute con maggiore accuratezza, “utilizzando una tecnica e una strumentazione a banda stretta e con un maggior numero di punti di misura”. Anche per le emissioni prodotte dai radar militari, e i cui rilievi dell’ARPA sono ritenuti del tutto “inattendibili”, Coraddu suggerisce ad eseguire nuovamente le misurazioni con strumenti banda stretta “in grado di rivelare adeguatamente impulsi di breve durata ed elevata intensità”, previa una completa conoscenza delle caratteristiche radiometriche delle sorgenti. “In tutti quei casi in cui il modello previsionale o le misure di verifica abbiano evidenziato valori di campo prossimi o superiori ai limiti di sicurezza previsti, bisognerà adottare provvedimenti immediati per la riduzione delle emissioni”, conclude il fisico. “Solo tali procedure sono in grado di garantire il rispetto delle norme di sicurezza per la salute umana, mentre eventuali misure aggiuntive potranno essere adottate, ad esempio, per la sicurezza dei portatori di dispositivi elettromedicali impiantati (soggetti al rischio di interferenza elettromagnetica) o per la protezione della fauna all’interno di zone naturalistiche protette”.

“Le osservazioni del prof. Coraddu ci spingono a intensificare la campagna contro l’installazione a Lampedusa di nuove sorgenti di onde elettromagnetiche, come ad esempio i radar dell’Aeronautica e della Marina militare a Capo Ponente”, afferma Giacomo Sferlazzo di “Askavusa”. “Abbiamo avuto modo di verificare che il Comune è sfornito di un regolamento edilizio e di un registro inerente l’installazione di antenne, ripetitori e radar. Ci chiediamo se l’amministrazione abbia provveduto come annunciato ad uno studio indipendente sulle emissioni di onde elettromagnetiche. Sul radar di Capo Grecale, di proprietà della Guardia di finanza, abbiamo fatto un esposto alla Procura della Repubblica insieme ad altre associazioni di Lampedusa. Si tratta di un sistema che serve a intercettare le imbarcazioni di migranti, modello Elta System ELM 2226, acquistato in Israele grazie al Fondi per le frontiere esterne Ue 2007-13. Per i suoi pericolosi impatti sulla salute e l’ambiente, questo tipo di radar è stato bocciato tre volte dal Tar della Sardegna. In Sicilia, l’ELM 2226 era stato installato a Capo Murro di Porco, Siracusa, ma le proteste degli ambientalisti hanno costretto i militari a trasferirlo a Melilli, dove però resta spento da più di tre anni per mancanza di autorizzazioni. Attendiamo di sapere dai giudici se per l’installazione e l’attivazione del radar israeliano a Lampedusa siano state rispettate le leggi vigenti”.

           


PER NON DIMENTICARE
L’artista Giuseppe Denti, nostro collaboratore,
ha realizzato questi lavori per i lettori di “Odissea”,
in occasione delle giornate della Memoria (Shoah e non solo).







VE LO DICO IN VERSI
Pubblichiamo in prima pagina questa poesia di Giovanni Bianchi
perché spesso la forza di pochi versi, dicono di più di un intero saggio


Lentius
di Giovanni Bianchi

Lentius, profundius, suavius
era il mantra di Alexander Langer,
il più grande tra gli ecologisti
e non soltanto


Otre bucato il ricco.
Il contraccolpo
è nel frattempo.
Come un panno
steso ad asciugare.

Non reggi a lungo
e non puoi abitare l’Annapurna.

Europa, anche tu
piena d’invidia
e di risentimento
e di vecchi
più stupidi che avidi,
anche tu canti
la lirica nei sogni,
più balbuziente
di Mosè balbuziente.

I tuoi partiti nascono
al cinematografo
e le tue donne
ostinatamente mute.
Dove c’era l'antica cattedrale
una pasticceria alla moda.

In una notte di giugno del 2013
cinquecento persone dormivano
nelle strade di Milano.
Sono nomadi e notturni
questi milanesi.
  
Europa,
vecchia baldracca sondaggista,
io son qui che muoio
e tu che mangi il gelato...

Quando muore un partigiano
il sole sale di gennaio
in una piccola chiesa
di montagna in val di Taro
dove ci sentiamo
più vicini.

Il prete ha bevuto
troppo ieri sera.
Nel coro dietro il coro
fanno a gara e solo Turoldo
mette pace.

Quando muore un partigiano
non diciamo niente
di scientifico.
Ci guardiamo negli occhi
con una domanda
lunga e muta:
"E adesso cosa resta?"

Vanno via le cinciallegre
in voli strani, 
festosamente inutili.
Il marino cumula nubi
piovorne
e falsamente minacciose.

"Così nessuno crede più
alla castità.
E forse non si sbaglia".

Oramai i tramonti
sono più belli in automobile,
on ne sait pas pourquoi,
e durano più a lungo.
Consentono di trovare
una lampadina di luce gialla
in disperate periferie.

Funzionerebbe anche San Gennaro,
tanto il dolore non ha indirizzo
né traguardo.
E nell'attesa
la sacra rosticceria
danza tutta dentro la penombra.

Pensano che la politica
estera
sia parlare fluentemente
inglese.

Dunque, Cassandra Crossing…
Un problema di intelligence.
Incerti a un bivio.
Tanto non c'è ritorno.
Sempre più a Nord.
O sempre a Sud.
Chi prega e chi bestemmia.
Quel che ti succhia
è l'attesa.
(Un nonluogo
diventato luogo.)
Cori alpini.
E un ballo cosacco.
Un coro cosacco.
E un ballo alpino.
Un'idea è un'idea
e nessuno la rompe.
O vivere. O star sicuri.
Ostinatamente senza mappe.
Intanto i sordi camminano.
Sembrano le figurine
del "Corriere della Sera".
Il terrorista
ha perso una scarpa
e l’ha raccolta.
Scendeva da Gerusalemme
a Gerico.
(Pubblicità)
Tutti con il cappellino
da baseball.
La città è seduta.
(È una notizia?)

"Sono morti ridendo".
Il Buondio fuma
e forse piscia controvento.
On ne sait pas
pourquoi.
Perdere tempo comunque
aiuta.
I miti hanno già ereditato
la terra,
ma non lo sanno.
E Dio
è di nuovo con noi.
(Ha perso tutte
e due le scarpe.)

Il bimbo di Parigi
gioca con il kalashnikov
arrugginito.
(Perché Dio resti
sottrarre la O di ODio.)

L'eternità è qui,
e zoppica con noi.







L’ULTIMO SCEMPIO
La Croazia vuole trivellare in tutto l'Adriatico, ma non può farlo se rischia le enormi entrate del turismo. La decisione finale è tra pochi giorni facciamo arrivare la protesta italiana su tutti i giornali croati

La Croazia ha appena annunciato trivellazioni in tutto l’Adriatico: a poca distanza dalle coste italiane e in un mare chiuso in cui la più piccola perdita di petrolio potrebbe causare un disastro ambientale irrimediabile. Ma la decisione non è definitiva. La Croazia vive di turismo, in buona parte proprio turisti italiani (oltre 1 milione!), attirati da spiagge e mari incontaminati.
Firma subito e condividi con tutti e non appena arriveremo a 100mila firme faremo arrivare la protesta italiana ovunque su giornali e tv croati per far capire al Governo che andare avanti con le trivellazioni significa mettere a rischio l'economia del Paese:

https://secure.avaaz.org/it/italy_stop_croatia_oil_drilling_loc/?bhvKTcb&v=51746

Stiamo già mobilitando tutto e tutti dalla pesca, alla protezione della fauna, dell’ambiente, al rischio geologico, fino ai residui bellici che rendono le trivellazioni pericolose: avremo un dossier inattaccabile, che ha già convinto il governo italiano a sospendere molte trivellazioni proprio nell’Adriatico. Ma sappiamo che bastano due cifre per convincere definitivamente il governo croato: i circa 100 milioni di investimenti in media all'anno promessi dalle multinazionali del petrolio contro i circa 7 miliardi all'anno che derivano dal turismo. Basterebbe perdere per colpa di questo progetto 100mila dei 12milioni di turisti annuali, e tutta l’operazione sarebbe un fallimento per l’economia croata. Grazie alla mobilitazione di centinaia di migliaia di possibili turisti tedeschi abbiamo appena contribuito a fermare simili trivellazioni vicino ad Ibiza. E la Croazia non può fare a meno del turismo, che è oltre il 20% del suo PIL: sarà semplicemente terrorizzata di perdere anche la più piccola percentuale di turisti italiani. Firma subito e condividi con tutti:

https://secure.avaaz.org/it/italy_stop_croatia_oil_drilling_loc/?bhvKTcb&v=51746

La comunità di Avaaz è già stata cruciale nel 2014 per salvare pezzi bellissimi del nostro ambiente: dal Parco Naturale del Sirente-Velino in Abruzzo, alle cime più alte delle Apuane, fino alla mobilitazione per il Clima che anche in Italia ha coinvolto decine di città e decine di migliaia di persone. E ora sta a noi lottare per l’Adriatico e forse l’intero Mediterraneo.

Con speranza e determinazione
Luca, Francesco, Juliane, Luis, Sam, Christoph e tutto il team di Avaaz

MAGGIORI INFORMAZIONI

Petrolio, dalla Croazia 10 concessioni per trivellare nell’Adriatico. C’è anche l’Eni (Repubblica)
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/01/04/news/petrolio_croazia_eni-104271036/

Turismo record in Croazia vale quasi il 21% del Pil (Il Piccolo)
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/01/05/news/turismo-record-in-croazia-vale-quasi-il-21-del-pil-1.10612126

La corsa energetica della Croazia preoccupa il settore turistico (Wall Street Journal - IN INGLESE)
http://www.wsj.com/articles/croatias-rush-to-energy-development-worries-tourist-sector-1420207738

No alle trivellazioni nell’Adriatico. Stop da Tar Lazio e Regione Basilicata (ADNkronos)
http://www1.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/No-alle-trivellazioni-nellAdriatico-stop-da-Tar-Lazio-e-Regione-Basilicata_313755751877.html

Croazia, la vittoria del centro-destra non cambia nulla per il sì alle trivellazioni offshore (GreenReport)
http://www.greenreport.it/news/croazia-vittoria-centro-destra-non-cambia-nulla-per-si-alle-trivellazioni-offshore/

Turisti tedeschi raccolgono 180mila firme contro le trivellazioni alle Baleari (El Mundo - IN SPAGNOLO)
http://www.elmundo.es/ciencia/2014/08/05/53e0ba38ca4741b27a8b457a.html

Piattaforme petrolifere in Adriatico, il Wwf preoccupato per l'ecosistema (Rimini today)

http://www.riminitoday.it/green/life/piattaforme-petrolifere-in-adriatico-il-wwf-preoccupato-per-l-ecosistema.htm
Potrebbero morire tutti e non ce ne accorgeremmo neppure
Cari avaaziani in tutto il mondo,
Un gruppo terrorista nigeriano ha ucciso quasi 2000 persone e subito dopo fatto saltare in aria una bambina usandola come bomba umana. Purtroppo sembra che non interessi né ai media né ai governi: firma subito, aiutaci a far arrivare la notizia ovunque, e costringiamo l’ONU a convocare subito un Consiglio di Sicurezza d'emergenza:


Ma per i media questo sembra non essere successo. Il presidente nigeriano è in campagna elettorale e non ha detto praticamente niente, e il suo esercito alimenta il caos invece di proteggere i civili.
E siccome nessuno ne parla e “tanto le crisi in Africa sono difficili da risolvere”, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU non ha neppure fatto una dichiarazione ufficiale sulla Nigeria.
Ma questo massacro senza precedenti è un’occasione per arrivare a un’azione decisa.
E succederà solo se faremo la nostra parte: mettiamo pressione sui nostri governi e sull’ONU per riunire immediatamente il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e dare priorità a questa crisi, il primo passo per far partire un processo di pace in Nigeria.
Unisciti anche tu a questo appello urgente, affinché nel mondo non ci siano più bambine usate come bombe umane, o Paesi in cui potrebbero morire tutti senza che il mondo se ne accorga:

https://secure.avaaz.org/it/stop_boko_haram_terror_global/?bhvKTcb&v=51561

Quando c’è un conflitto in Africa si parla sempre di guerre di religione. Ma in Nigeria la vera divisione è tra l’élite che è al potere grazie al petrolio e alla corruzione, e la popolazione che vive nel nord, povera e abbandonata a se stessa. Solo nel 2014 sono state uccise oltre 10mila persone, e 1,6 milioni hanno perso la loro casa. Il gruppo terrorista Boko Haram controlla oggi un'area grande quanto la Danimarca.
Ovviamente i politici non hanno fatto altro che alimentare le divisioni e questa strage arriva a poche settimane dalle nuove elezioni. Un caos che molti dicono aiuterebbe il Presidente nigeriano a essere rieletto. Il che spiegherebbe la sua reazione quasi inesistente.
Nel paese ci sono alcune forze speciali internazionali, ma il problema è dover lavorare con unità nigeriane con un terribile curriculum di violazione di diritti umani. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU deve dare subito priorità a un piano d'azione che faccia pulizia tra le forze di sicurezza locali e le addestri per fermare Boko Haram, porti investimenti nelle regioni più povere e realizzi un serio programma anti-corruzione.
Questo piano non risolverà la situazione in pochi giorni, ma questa NON è una situazione che si può risolvere in pochi giorni. Questo non toglie che ignorarla ancora è semplicemente immorale. La nostra comunità può fare in modo che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU metta in atto finalmente un vero piano per la pace.
Se non faremo nulla, moriranno migliaia di persone e la minaccia di Boko Haram crescerà ancora. Gli attentati di Parigi ci hanno ricordato che il terrore non ha confini. Unisciti all’appello:

https://secure.avaaz.org/it/stop_boko_haram_terror_global/?bhvKTcb&v=51561

Con le elezioni alle porte e la violenza fuori controllo, la Nigeria ormai è una pentola a pressione pronta a esplondere. I politici hanno tradito i cittadini, e i governi internazionali hanno permesso alla situazione di precipitare. Non c’è più tempo da perdere, e con un forte sostegno, un forte decisione dell’ONU può essere il punto d’inizio per cambiare la situazione, diamoci di fare.

Con speranza e determinazione,
 Alice, Pascal, Mike, Melanie, Marigona, Ricken e tutto il team di Avaaz

Altre fonti:
Boko Haram, l’orrore dei 2.000 morti Ecco la strage vista dal satellite (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/reportage/esteri/2015/boko-haram-lorrore-dei-2000-morti-ecco-la-strage-vista-dal-satellite/

Perché la Nigeria è indifesa di fronte a Boko haram (Internazionale)
http://www.internazionale.it/opinione/emeka-onyabo/2015/01/15/perche-la-nigeria-e-indifesa-di-fronte-a-boko-haram

Nigeria il fronte ignorato del terrore (Avvenire)
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/NIGERIA-IL-FRONTE-IGNORATO-.aspx

Nigeria, l’orrore senza fine di Boko Haram: altre due bambine kamikaze in un mercato (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2015/01/11/esteri/nigeria-altro-attentato-con-bimbekamikaze-JPTNIwpaIamGW3KlJ989eJ/pagina.html

Nigeria, Boko Haram: la distruzione di Baga ‘mostrata dalle immagini’ (BBC - IN INGLESE)
http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-30826582




Tra due fondamentalismi
Dinamiche capitalistiche, poteri occidentali e terrorismo islamico
di Adam Vaccaro

Un’analisi rigorosa nei suoi molteplici risvolti e che apre ad altre possibili visioni.
Una critica radicale al superficialismo e alle acquisite sicumere oggi trionfanti.
Una riflessione che obbliga a rimuovere la nostra pigrizia mentale e a porsi qualche dubbio.


L’ultima vicenda terroristica francese spinge a riflettere sugli attuali rapporti tra popoli, religioni e ideologie (sotto le quali, dovrebbe essere inutile ricordarlo, ci sono interessi economici contrapposti dello scacchiere mondiale), e a fare i conti con le proprie convinzioni, per rafforzarle o per interrogarsi su di esse, e magari rettificarle.
Credo sia utile un atteggiamento aperto, rispetto alle varie sfaccettature della situazione. Tra le quali c’è la necessità di darsi e dare dei limiti all’idea di libertà, in genere o praticata nel mondo occidentale. Spesso proclamata con sensi, accezioni e falsità ideologiche che fanno da corona alla sarabanda commerciale e propagandistica dei poteri in atto. Che rivendicano l’orgoglio di offrire il mondo migliore possibile in condizioni di massima libertà per tutti.
È un crinale di ragioni pro e contro che vorrei percorrere, per cui da un lato è ovvio riconoscere le libertà di espressione e di movimento consentite dalle democrazie occidentali. Dall’altro, è altrettanto impossibile non vederne i correlativi contorni di falsificazione di una realtà, in cui la misura della libertà (e dell’entità di ogni diritto, compresa la giustizia) si concretizza a fisarmonica, in rapporto al potere economico di chi la esercita.
È una verità (e realtà) misurata sulla propria pelle dai ceti popolari più poveri e deboli, nei confronti dei quali, può apparire laicamente blasfemo dire che sia le organizzazioni criminali sia l’organizzazione statale che dovrebbe combatterle, creano contesti favorevoli a corrompere in modi diversi. E la corruzione comincia da una libertà (male) intesa che spinge a perdere il senso del limite nella gestione dei desideri, siano essi rivolti a cose, oggetti, persone, tanto più se riguardano campi quali il sesso, i giochi o le droghe. La libertà senza i limiti, non tanto declinati da leggi, quanto da una comunità che li fa ed esprime, corrisponde al contesto attuale, in cui il senso etico è diventato ingenuo, noioso e indefinibile per soggetti che si sentono soli e non più parte di una polis, al massimo parte di una lobby o di un gruppo di interesse.
La libertà in tale contesto di società fatta da una somma di individui (come diceva una campionessa di tale visione, quale la Thatcher) che non diventano comunità, acquisisce connotati di lotta di tutti contro tutti, di licenza, di furbizia e ricerca di scorciatoie, fino a varie forme di prevaricazioni violente. La libertà tende così a farsi ancella di un piano inclinato di barbarie, che offre soluzioni, illusioni e convenienze, in cui il latrocinio e la corruzione non sono più l’eccezione ma la regola, perché le regole auspicabili sono saltate, o solo declamate da coloro che dovrebbero esserne i difensori e che invece si rivelano i principali responsabili di tale deriva.
Entro quest’ultima vengono esaltati valori quali la velocità, il dominio del mercato, il tutto subito e il qui e ora, e la riduzione di ogni cosa a merce. E i portavoce sono gli stessi che negli ultimi decenni hanno indotto un travaso colossale di ricchezza dai più poveri, sempre più poveri, ai più ricchi, sempre più ricchi. Una gestione criminale delle dinamiche socioeconomiche aggravata dalla camicia di forza imposta in Europa dall’Euro, che sta distruggendo il senso del futuro, in primo luogo per giovani generazioni, che si misurano in un contesto di declamazioni di libertà col senso, per i più, di offrire al minor prezzo la propria opera.


Uno dei libri che negli ultimi anni ha preso in esame queste tendenze della fase storicosociale attuale, già prima dell’emergere della crisi in atto, è intitolato L’epoca delle passioni tristi, di due psichiatri francesi (M. Benasayag e G. Schmit). In esso, si rileva come l’orizzonte temporale e sociale di questi ultimi decenni da futuro-promessa si è trasformato sempre più in futuro-minaccia.
Sembra una banalità scontata ed evidente, eppure è uno dei mutamenti epocali, di cui la nostra cultura pare non abbia colto minimamente il segno e la gravità: ogni “visione ottimistica è crollata. Dio è davvero morto e i suoi eredi (scienza, utopia e rivoluzione) hanno mancato la promessa. Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie, esplosione di violenza, forme di intolleranza, radicamento di egoismi, pratica abituale della guerra hanno fatto precipitare il futuro dall’estrema positività della tradizione giudaico-cristiana all’estrema negatività”, chiosava a commento del libro Umberto Galimberti (La Repubblica del 7/8/04). Aggiungo che la visione ottimistica è nucleo generante del pensiero illuministico e della Rivoluzione francese, atto di nascita del Moderno e delle idee laiche di libertà e uguaglianza, rivendicate da un capitalismo vittorioso su una società fondata su poteri religiosi e temporali emanati direttamente dal vero e unico Dio. Un capitalismo, quindi, allora rivoluzionario contro il fondamentalismo preesistente.
L’attuale contesto storicoculturale, dai caratteri al tempo stesso tragici e grotteschi della fase globalizzata dell’estremo sviluppo capitalistico, è dominata invece da un potere e un pensiero unico – fondati sull’utile economico – rispetto al quale ogni ipotesi elaborata dal pensiero occidentale, religioso o laico che sia, appare collassata e incapace di costruire alternative. La stessa scienza produce continue e contraddittorie proliferazioni teoriche, di cui resta il trionfo tecnologico, crono contemporaneo che mangia se stesso e noi in una incessante e (spesso) insensata frenesia innovatrice, per la quale ”la sola cosa sacra è la merce”.
Perché soffermarsi su tali aspetti del mondo occidentale, mentre veniamo messi di fronte ad attacchi terroristici che si richiamano a un fondamentalismo religioso musulmano, irriducibilmente contrapposto al fondamentalismo economicistico e materialistico delle idolatrie occidentali?
Ho premesso all’inizio una ricerca di riflessioni aperte rispetto a tali polarità che appaiono inconciliabili, e che è obiettivamente difficile negare. Eppure la complessità dei problemi che abbiamo davanti ci sfida a cercare possibilità positive, che sono di difesa della vita nella morsa barbarica che non vede altro che soluzioni di guerra. Ma tale ricerca impone una prima domanda: che spazio praticabile ha un pensiero critico e laico che non condivida alcunché delle logiche contro l’umanità connesse ai due fondamentalismi? Barbarie prodotte da un lato dalle leggi economiche del capitalismo finanziario e globalizzato, dall’altro da fanatismi pseudoreligiosi armati?
Non si tratta di concettualizzare un atteggiamento politically correct o buonista, ma di fare – pur nei limiti imposti dal contesto – pratiche di relazioni gioiose, quali quelle richiamate da Spinoza, opposte a quelle dell’utilitarismo e del successo, acuendo la capacità critica sui due fronti, perché le derive dell’uno non sono ininfluenti o prive di responsabilità nei confronti di quelle dell’altro.
Gli spazi ideali e vitali entro cui agire sono indubbiamente ristretti e le chiusure contro cui dobbiamo misuraci sono enormi. Il capitalismo trionfante degli ultimi decenni ha affermato la propria ideologia, anche grazie all’assenza o all’inefficacia di una opposizione di idee e di pratica da parte delle nomenclature dei partiti storici della sinistra. Che, anzi, escluse alcune inconsistenti frange, sono state assorbite dalle logiche dominanti, fino a incarnare ruoli di avanguardie del pensiero unico neoliberista. Pensiero che, senza una visione alternativa, è stato declinato solo in modi diversi da destra e sinistra, che – al di là di dispute parolaie – hanno ricercato continui accordi trasversali, col berlusconismo prima di altri. Tutto questo ha accentuato in Italia quelle tendenze corruttive sopra ricordate. Ma in tutto l’Occidente ha imperato l’esplosione del capitalismo selvaggio, rispetto ai ceti più poveri all’interno, e nei confronti di popoli e aree di quello che era il Terzo Mondo. Aree ricche di petrolio e materie prime, rapinate con ogni sorta di violenze, spesso contrabbandate da “guerre umanitarie”, “difesa della democrazia” ecc.


Pratiche consuete di menzogna, vestita di propaganda ideologica, verso l’interno e l’esterno.
Anche la cronaca dell’attentato parigino offre spunti per molti interrogativi cui per ora non ci sono risposte adeguate (tra le quali: chirurgica ferocia e imprecisione operativa fino a sbagliare il numero civico, attenzione al recupero di una scarpa e dimenticanza di un documento di identità, numero dei terroristi, impossibilità da parte di decine di migliaia di militari a catturarli vivi, utili al fine di avere informazioni). Buchi neri logici e dubbi che esperti e persone normali, raziocinanti e meno soggiogate dal can can dei media, non possono non porsi.
Troppe le esperienze nazionali e internazionali di occultamento della verità da parte dei poteri costituiti, per non farlo. Dalle stragi italiane della strategia della tensione (da Piazza Fontana in poi), alle vicende americane (dagli assassinii dei Kennedy al Watergate, dalle Torri Gemelle e alle ultime guerre in M.O.) tutto sempre pieno di incongruenze, bugie e segreti di stato. Poche volte smascherati completamente. Anche in quest’ultimo atto terroristico, forse sapremo qualcosa di più in futuro o forse mai, ma prendere per oro colato quello che appare o viene legittimato dai poteri in atto è, come minimo, poco assennato. Naturalmente chi dubita o pone interrogativi è subito accusato di essere malato di complottismo da parte dei referenti delle verità ufficiali.
Ma questa prudenza è sicuramente rafforzata dalle grida che offendono con volgarità e danno del coglione a chi la pensa diversamente da parte di portavoce ossequienti, destri e sinistri (da Annunziata a Ferrara, a più sgangherati giovani imitatori). Grida categoriche: siamo in guerra, siamo in guerra, lo volete capire o no?
Noi, senza alcuna pretesa, abbiamo imparato a chiederci, davanti a fatti gravi come questi, a chi giova? Per carità, questi avvisi non cancellano il fatto che siano stati creati uno stato e una organizzazione come l’Isis. Ma, in primo luogo, chi e come l’ha creata questa entità criminale nel giro di pochi mesi? Da chi vengono i finanziamenti e le armi che utilizzano? Sappiamo che come minimo si tratta di Paesi amici dell’Occidente, come quelli sauditi, utili per il petrolio e che dunque non vengono toccati. Ma è una novità che mostri come Bin Laden e correlative organizzazioni fossero in rapporti di amicizia coi Bush, padre e figlio?
In parallelo a questi rilievi e quesiti, si può aggiungere qualche altro tassello. È utile ricordare che – pur vivendo sempre in una società capitalistica – 5-6 decenni fa funzionari del capitale come Valletta (presidente dell’allora Fiat) era compensato con una retribuzione tra le 10 e le 40 volte quella di un operaio o impiegato medio. Oggi posizioni analoghe (come quelle di un Marchionne) sono compensate con un rapporto da uno a 400/1000. È un mutamento di proporzioni che ha riguardato le retribuzioni di tutto l’esercito di vertici dirigenziali, privati e pubblici.
E va sottolineato che, in particolare i politici italiani hanno esaltato il moto di appropriazione forsennata, favorendo privilegi e compensi per sé e stuolo di addetti collaterali (vedi le retribuzioni dei dipendenti del parlamento, anche di minimo livello). Indubbiamente, la crescita dei redditi di politici, amministratori e detentori del capitale è stata negli ultimi decenni inarrestabile, e ci sta riportando indietro a livelli di distribuzione della ricchezza medioevali, che ci eravamo illusi che il capitalismo potesse lasciare alle spalle, dopo i miti di “società affluente”, “società dei consumi”, “Stato sociale” ecc.

Il ceto politico italiano (tranne qualche purtroppo irrilevante eccezione) ha dimostrato di essere nel suo insieme miserabile e interessato all’arricchimento personale, favorendo una struttura statale tra le più esose, inefficienti, parassitarie e corrotte a livello mondiale. A cominciare dal costo del Quirinale che è pari a multipli del costo della monarchia inglese e della presidenza degli Stati Uniti. Sono dati ignobili di un parassitismo medioevale. E questo mentre Napolitano (erede del PCI) continuava a invitarci a fare sacrifici. Ma, al di là delle forme specifiche della metastasi italiana, in tutti i Paesi capitalisticamente più avanzati ha vinto completamente negli ultimi tre decenni il neoliberismo, con effetti più o meno accentuati di un gigantesco passo indietro nella distribuzione della ricchezza. Da cosa è giustificato e cosa c’entra con le escrescenze terroristiche colorate di fondamentalismo islamico? Per tentare di dare risposte minimamente fondate, conviene fare un breve riepilogo dei punti – non solo di quelli finora toccati – che caratterizzano la fase attuale:
- Dopo il crollo del capitalismo di stato sovietico, il mondo non è più diviso in tre macroaree ma in due, anche se entrambe variamente sviluppate: Paesi più avanzati al Nord e Paesi arretrati o in via di sviluppo al Sud;
- I moti e le forme del capitalismo dei Paesi più avanzati hanno accentuato velocità di innovazione tecnologica, finanziarizzazione dell’economia, concentrazione della ricchezza in pochissime mani, riduzioni delle funzioni politiche a mere esecutrici di decisioni prese da poteri economicofinanziari invisibili dai più, democrazia quindi sempre più formale e senza alcuna rappresentanza sostanziale degli interessi della classe lavoratrice;
- Tali moti endogeni sono stati ancora più acuiti dallo sviluppo enorme di alcune aree – orientali e sudamericane, Cina e India in particolare – fondato su livelli di sfruttamento e di accumulazione primitiva del capitale;
- Queste economie concorrenti hanno sospinto logiche di arroccamento nei vertici del capitale dei paesi più sviluppati, con effetti socioeconomici e politici, che in Europa sono state imposte tramite l’Euro e che stiamo subendo;
- L’obiettivo generale è di preservare una oligarchia di privilegi ottocenteschi se non feudali, quale fedele struttura esecutiva delle direttive dei poteri dominanti, riducendo drasticamente stato sociale, ceti medi e costo del lavoro, rispetto a quello dei Paesi in via di sviluppo. Su questo, in Italia, si è arrivati persino all’utilizzo cinico dei sentimenti umanitari di accoglienza di immigrati, con una gestione che ha prodotto nuove forme di schiavitù, guerre tra poveri, fino a corollari di collusioni e corruzioni tra criminalità e ceto politico;
- Anche rispetto a tali derive la sinistra storica si è semplicemente omologata alla destra peggiore, perdendo ogni capacità di offrire una speranza, un futuro-promessa e una resistenza all’arretramento sociale di milioni di persone in un orizzonte di crescente barbarie, quale annunciato da un fantasma che si aggirava per l’Europa più di 150 anni fa;
- L’affermazione del fondamentalismo del pensiero unico neoliberista (noi siamo il massimo e il meglio) produce chiusura e atteggiamenti negativi all’interno e all’esterno – sia negli strati sociali poveri dei Pesi più avanzati, sia nelle immense masse disperate dei Paesi arretrati. E questo anche senza considerare le azioni predatorie di risorse, le guerre fatte direttamente o favorite, armando dittatori e organizzazioni criminali, usando pesi e misure diverse a seconda delle convenienze ecc.
Avviandoci, non tanto a una conclusione (impossibile), ma un provvisorio punto da cui pensare un possibile altro “che fare” tra due alternative ugualmente inaccettabili, come l’orrore e la follia di azioni terroristiche, e la declamazione e dichiarazione di uno stato di guerra, che non può fornire alcuna soluzione allo stato di cose in cui viviamo.

Tali declamazioni servono ai poteri occidentali per concentrare l’attenzione su un nemico esterno e far dimenticare l’altra forma di terrorismo e massacro sociale che le loro politiche stanno mettendo in atto contro la vita di milioni di persone. La parata tra il patetico e il grottesco dei capi di stato e di governo dell’11 gennaio scorso, a braccetto a Parigi, ha manifestato questo senso ideologico.
Dietro di loro c’era il vuoto, ma l’ideologia serve a questo, a dare senso (falso) alla mancanza di senso. Che non può non sollecitare repulsione, se si pensa alle azioni criminali messe in atto da gran parte di essi, con scelte politiche verso l’interno e azioni militari verso l’esterno. Pensiamo solo a Netanyahu, artefice di massacri senza fine di Palestinesi, ignorati da sempre da questi campioni di civiltà e democrazia, che se conviene legittimano come paladini di libertà anche figure come queste.
Ritorna perciò la domanda: di quale libertà si parla? Se di quella di espressione è fuori luogo rivendicarla, ma anche questa non può non avere limiti, fermo restando che il loro superamento non legittima violenze e uccisioni. Tuttavia a me interessa in primo luogo la libertà negata a milioni, miliardi di persone prive del necessario. Il metro deve fare riferimento a esse, dopo di che anche la libertà dei Chalie Hebdo deve trovare e avere qui la sua misura.
Rivendico l’orgoglio di essere agnostico e laico, ma chi offendesse la mia identità culturale interromperebbe con me qualsiasi dialogo. E allora, da parte mia, pur trovando mille ragioni di critica in chi crede in questo o quel Dio, non verrà mai offeso, perché sono interessato come essere umano a mantenere una prospettiva di dialogo. Tale limite ha a che fare col senso del sacro, che appartiene a credenti e non credenti, ed è questo il terreno comune – che non è quindi astratto e idealistico buonismo – che può consentire una forma di dialogo. Senza il quale le alternative sono l’isolamento, la violenza e la guerra, che sono sempre un disastro umano.
Tornando al metro suddetto, la libertà declamata senza una distribuzione più giusta e umana delle ricchezze sociali, non è solo menzogna intollerabile, diventa promessa di guerre e tempeste sociali. E senza forze politiche, qui e ora in Occidente, capaci di colmare il vuoto di rappresentanza delle classi lavoratrici creato dalla dissoluzione dei partiti di sinistra, il futuro apparirà sempre più uno zero o minaccioso. E questo non solo ai lavoratori dei Paese più sviluppati.
Anche le masse più diseredate, colpite da guerre e carestie (di cui l’Occidente è sempre corresponsabile) che a rischio di vita fuggono verso i Paesi più sviluppati, non possono vedere in questi ultimi una prospettiva laicamente intesa di riscatto umano. Agli essere umani che vivono di lavoro non basta una sopravvivenza più o meno accettabile, cercano una visione alternativa rispetto al loro essere e sentirsi merce, una visione che il fallimento dei partiti storici di sinistra – salvo la rinascita di nuove forze e forme dalle loro ceneri – non ha saputo più dare.
Qualche osservatore ha rilevato, e concordo, che sulla follia criminale del fondamentalismo islamico influiscono sia le dinamiche e la mancanza di prospettive umane del capitalismo globalizzato, sia le incapacità delle forze politiche di sinistra di costruire e offrire alternative.
Se l’acqua non è messa in grado di avere sbocchi positivi, cerca altre soluzioni che spesso provocano disastri. Gran parte dell’umanità attuale è posta in condizioni di disperazione e di chiusura dalle tendenze voraci e dalle guerre mosse contro di essa dal capitalismo. Permanendo queste, senza forze endogene e capacità storiche in grado di contrastarle e imporre ad esse cambiamenti – non possiamo pensare che tutto proceda tranquillamente entro i deliri di onnipotenza di chi si sente padrone del mondo e, come un apprendista stregone, pretende una crescita infinita di questo stato di cose.


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