UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 23 gennaio 2025

QUESTA È LA GUERRA
di Angelo Gaccione



L’almanacco milanese delle Edizioni Meravigli per l’anno 2025 porta come titolo: Guerra e pace 1940-1945. Contiene testi di Tito Livraghi intervallati da innesti storico-culturali di Nadia Gobbi. Consta di 112 pagine e contiene più di 230 foto, tutte legate a quegli anni e soprattutto ai tremendi e rovinosi bombardamenti anglo-americani sulla città. Sono foto in bianco e nero, e se si eccettuano quelle seguite alla gioia per la fine della guerra e della liberazione dal nazifascismo, sono tutte dolorosamente desolate e spettrali. Il volume apre con una foto del 1° novembre 1936 in cui si vede una piazza del Duomo gremita di gente fino all’inverosimile, accorsa per ascoltare la voce di Benito Mussolini. In quella occasione il Duce informerà della decisione di stringere con la Germania di Hitler un’alleanza, che si rivelerà una tragedia negli anni a venire. Quella immensa folla si pentirà amaramente del suo cieco ed esaltato entusiasmo. E chiude con la foto della stessa piazza, gremita da una folla altrettanto oceanica, scattata quasi un decennio dopo: il 26 aprile del 1945 all’indomani della liberazione. Le altre foto documentano, in maniera impietosa e analitica, i danni dei bombardamenti indiscriminati su Milano e le devastazioni del patrimonio architettonico e artistico pubblico e privato; la perdita definitiva di una parte significativa della sua ricchezza culturale, della sua economia, del suo sistema industriale, dei suoi supporti civili. Non sono stati risparmiati i musei, le biblioteche, le università, i teatri: persino la Scala. Distruggere per il solo gusto di distruggere, per fare un deserto del cuore pulsante del centro storico, per cancellare il meglio. Che significato militare potevano avere la Scala, la Biblioteca Ambrosiana, l’Università Statale, il Palazzo Reale, la Galleria Vittorio Emanuele, la Basilica di Santa Maria delle Grazie? E la Certosa di Garegnano, allora sperduta in aperta campagna, che razza di obiettivo militare era? Ancora oggi per raggiungerla in tram ci vuole un’ora. E documentano i morti, i feriti, i mutilati, i senza casa, la fame, il freddo, la fuga…


Remo Brioschi
Ecco la guerra

Più delle tante chiacchiere inconsistenti, libri come questi mostrano, soprattutto ai riottosi e ai fanatici, prove alla mano, di che razza di barbarie è fatta la guerra. Non servono giri di parole, basta semplicemente guardare e provare ad immaginarsi le tonnellate di esplosivo sui propri quartieri e sulle proprie case. L’essere, se si è miracolosamente sopravvissuti, diventati improvvisamente senza più nulla, miseri, “sfollati”, raminghi, come animali randagi alla ricerca disperata di un riparo. Null’altro che questo mi piacerebbe dire a quanti parlano a cuor leggero di guerra e di armi. Immaginare sé stessi senza una latrina, andare alla ricerca di un luogo dove potersi lavare, vagare da un posto all’altro per mendicare del cibo. Solo questo. Risparmiando loro la pena di immaginare di essere genitori dei 184 bambini di una innocua scuola elementare, la Francesco Crispi di Gorla, di cui la guerra non ha avuto pietà. 

      

SCAFFALI


Donato Di Poce
 
È uscito il nuovo libro di Donato Di Poce Architettura. La bellezza funzionale (I Quaderni del Bardo Edizioni). Si tratta di un saggio storico-critico che contiene oltre al “Manifesto della Bellezza Funzionale” in 10 punti, riprodotto qui sotto, soprattutto una panoramica dei movimenti, idee e poetiche dell’Architettura Contemporanea, ritratti di alcuni maestri amati dall’autore, l’analisi di alcune opere iconiche di fama mondiale,  illuminanti aforismi sull’Architettura, i bellissimi disegni e una postfazione dell’Architetto Alfredo Vacca che scrive tra l’altro: “(…) Da questo connubio stretto tra il poeta Di Poce  e la passione per l’architettura nasce il suo saggio storico, una serie di domande cui tende a dare delle risposte, un percorso frammentato che, quasi a ricalcare le domande che Walter Benjamin si era poste per la poesia, si dipana su diversi sentieri tortuosi costellati di edifici icone e dei loro architetti-poeti, senza porsi alcun tipo di problema se tra le opere architettoniche richiamate ci fossero o meno delle relazioni e se il loro linguaggio prendesse riferimento dalle forme della letteratura architettonica...”
 
Il Manifesto della Bellezza Funzionale
1)La Bellezza Funzionale in Architettura non è un’avanguardia o un movimento, ma è una nuova poetica e filosofia, che tende a unire al funzionalismo strutturale dell’opera, la bellezza estetica dell’Arte, del Design, il riuso creativo, con l’ecosostenibilità.
2)  La Bellezza Funzionale libera l’Arte, l’Arte libera l’Uomo.
3) L’Architettura mette al centro l’Immaginazione CreAttiva che cerca la realizzazione dell’Uomo attraverso il rapporto olistico con natura, cultura, società.
4) L’Architettura mette l’Uomo in uno spazio relazionale, e inserisce nel corpo sociale Architettonico la coscienza dinamica, pluralistica, etica, estetica e sostenibile dell’Universo.
5) L’Architettura è una progettazione urbanistica ecosostenibile e CreAttiva, una realizzazione tecnico/estetica democratica, simultanea e partecipata che mette insieme funzionalismo e bellezza, al servizio dell’umanità.
 6) L’Architettura è un’Arte neoplastica multipla, poetica, simultanea, inclusiva, pluralistica, olistica, etica e socializzante, una bellezza funzionale.
7) L’Architettura è una nuova forma di CreAttività che intende unire alla polifunzionalità delle strutture Urbane/Abitative, la bellezza simultanea della natura, dell’Arte e del Design, attraverso le forme organiche, la luce, il colore e ripensare così oltre la forma anche lo spazio e il riuso di strutture esistenti.
8) La Bellezza Funzionale in Architettura è una forma d’Arte Totale, che contaminandosi con Architettura, Urbanistica, Restauro, progettazione utopistica, etica, ecologia, pensa al benessere umano a 360°.
9) L’Architettura CreAttiva è una forma d’Arte Neo-Rinascimentale che mette l’Uomo al centro, facendo dell’interdisciplinarità delle Arti (Architettura, Urbanistica, Scultura, Pittura, Design, Filosofia), strumento di arricchimento culturale e sviluppo sociale.
10) L’Architetto - Artista non è un’Archistar, né un costruttore di ecomostri urbanistici e/o grattacieli fallici, ma un Artista Responsabile, etico, visionario e socialmente empatico che costruisce ponti culturali ed estetici, strutture sociali/abitative polifunzionali e sostenibili in un connubio di esistenzialismo, razionalismo costruttivo, programmazione urbanistica, Archeologia Industriale, immaginazione estetica, utopia, rispetto per l’ambiente.



Richieste del volume a:
I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno
Via S. Simone 74 73107 Sannicola (LE)
Mail: iquadernidelbardoed@libero.it

mercoledì 22 gennaio 2025

L’INSEDIAMENTO DI TRUMP 
di Luigi Mazzella
 
 
Nell’ultimo quinquennio, negli Stati Uniti d’America, non vi sono stati sondaggi d’opinione ma quello effettuato più di recente dava il 29% della popolazione americana contraria a ogni religione: gli atei e gli agnostici risultano in forte aumento, soprattutto tra i giovani. Ora, se si considera che i restanti due terzi degli Statunitensi, pur essendo in maggioranza cristiani e protestanti, si dividono in una pluralità di credi fideistici veramente impressionante, si deve dedurre che anche  un atto solenne come il giuramento del Presidente della Repubblica diretto a garantire l’osservanza da parte sua e del suo governo della Costituzione risponde al criterio di soddisfare solo la maggioranza dei votanti; quelli che non credono alla promessa dell’eletto se non poggia la mano sulla Bibbia. Sarebbe diverso in un Paese veramente laico, ma le tradizioni dei credenti vogliono la loro parte. E allora così sia!
Qualche ritocco alla cerimonia potrebbe farsi però per evitarne la “pacchianeria”, ma qui un sondaggio d’opinioni, fatto Oltreoceano, darebbe ancora minori soddisfazioni alle persone d’italico buon gusto. Difficile, quindi, evitare che una first lady si presenti nell’aulico luogo dove si festeggia una sorta di “incoronazione” di suo marito, vestita quasi a lutto (con un abito blù notte, nero sugli schermi televisivi) e con un cappello a larghe falde calato sugli occhi che la rende irriconoscibile anche ai suoi familiari.
Comunque, ogni giudizio estetico o pratico andrebbe bandito se l’eletto al seggio che, senza la CIA delle spie e il Pentagono dei generali, farebbe di lui l’uomo più potente del mondo, facesse da par suo un discorso rassicurante per l’intera umanità. Per l’insediamento di ieri ciò è avvenuto a metà. 
Un ragionamento a fil di logica imponeva che dopo un serie di Presidenti americani del Partito Democratico, legati saldamente alle manovre belliche permanenti di Wall Street e dell’industria delle armi, della CIA e del Pentagono, oltre che alle bombe atomiche, al Napalm, alle torture e ad altre nequizie criminali, un Presidente Repubblicano parlasse di Pace. E Trump l’ha fatto e ne sono felice anche se non esclusivamente per un atto di fiducia.
Se non l’avesse fatto gli elettori, stanchi di dissanguarsi per Zelensky e Netanyahu a tutto vantaggio di finanzieri e costruttori di missili e di bombe, gli avrebbero chiesto perché volere sostituire al flebile grido di guerra del debilitato Biden il suo roboante urlo di uomo in piene forze. 



Al di là delle promesse di una pace, garantita anche dalla dichiarata volontà di arrestare le immigrazioni illegali (sperabilmente non solo le “sue”),  il discorso di Trump ha rappresentato per molti solo la conferma del guazzabuglio confuso  di idee che caratterizza la cosiddetta  cultura occidentale di cui la sua è solo una delle tante drammatiche espressioni. Nel suo lungo intervento dinanzi ai predecessori (allineati e rigidi, con lo sguardo fisso da museo delle cere), Trump ha invocato l’aiuto di Dio, che gli avrebbe già salvato la vita per salvare l’America (Gott mit uns, di hitleriana memoria); ha dimostrato certezza che su Marte sarà issata la bandiera americana, prima di ogni altra; si è cimentato nel proporre un fondamentale (a suo giudizio) cambio di denominazione geografica: Golfo d’America e non del Messico (il Mare Nostrum di Mussolini?); propositi maschilisti senza se e senza ma: riconoscere solo due generi, i maschi e le femmine. Con lo ius pacis (del nostro amico Antonio Pileggi) nel cuore e nella mente, ho ascoltato i commenti nostrani nei talk-show organizzati sullo Stivale Mostri televisivi italioti (di Murdoch e nostrani). Il rimedio si è rivelato peggiore del male. Ho avuto la prova che nella scalata della collina della confusione siamo più vicini alla vetta degli stessi Americani. 
Nota d’appendice: Avere sistemato in un angolino nascosto della sala dell’incoronazione il Presidente argentino e la nostra Presidente del Consiglio in una sorta di “riserva latina” (clerico-fascista) è stato un atto di prudenza che la dice lunga sulla furbizia si Trump.
 
 
 

 

 

UNA TREGUA FRAGILE
di Maurizio Vezzosi




L'accordo per il cessate il fuoco a Gaza raggiunto nelle ultime ore tra le forze israeliane e quelle palestinesi è il risultato di quanto le seconde sono riuscite ad imporre alle prime, nonostante oltre un anno di bombardamenti, la distruzione quasi completa di Gaza ed oltre cinquantamila morti accertati. Le dichiarazioni del governo israeliano e del suo primo ministro Benjamin Netanyahu - per il quale il problema degli ostaggi sarebbe stato risolto soltanto con l'uso della forza - sono state sconfessate dalla realtà. Del tutto evidente è come il governo israeliano si sia visto costretto - sul piano interno e sul piano internazionale - ad accettare condizioni che venivano rigettate in toto fino a qualche settimana prima: sia per quanto concerne gli ostaggi, sia per quanto concerne il controllo di Gaza. Le implicazioni del cessate il fuoco stanno trascinando Israele nella peggiore crisi politica degli ultimi decenni, se non addirittura della propria storia. Il principale obiettivo della nuova amministrazione Trump ha verosimilmente molto a che fare con la volontà di recuperare il rapporto con le monarchie arabe, rapporto messo in crisi - oltre che dal mutamento degli equilibri globali - dal sostegno fattivo della Casa Bianca alla guerra di annientamento scatenata contro i palestinesi. Da una parte risulta evidente come l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza sia stato raggiunto a poche ore dall'insediamento ufficiale della nuovaamministrazione della Casa Bianca, dall'altra l'amministrazione Trump ha immediatamente annullato le sanzioni mosse in precedenza nei confronti di alcuni gruppi di coloni israeliani in Cisgiordania così come le restrizioni che bloccavano la vendita di alcuni tipi di ordigni ad Israele. Trovandosi indebolite sotto il profilo militare, le fazioni palestinesi hanno comunque raggiunto un risultato politico di importanza storica, nonostante la prosecuzione di atti ostili da parte israeliana sia a Gaza che in Cisgiordania. È importante, tuttavia, tenere a mente il fragile equilibrio su cui si regge questo cessate il fuoco: un equilibrio che potrebbe venire in qualunque momento rivelandosi soltanto una parentesi senza la creazione di un vero Stato palestinese.
  

GUERRA


Questa è la guerra

La guerra sotterra”.
Angelo Gaccione

GUERRA


Tiziano Rovelli
Effetti della guerra

Le guerre portano la pace eterna”.
Laura Margherita Volante

TRIESTE. SOLIDARIETÀ AI PROCESSATI




LUCCA. “IL MONDO” DI PANNUNZIO




martedì 21 gennaio 2025

REFERENDUM E PARLAMENTO
di Franco Astengo


Le decisioni della Corte Costituzionale assunte ieri in materia referendaria aprono una stagione di grande complessità nella prospettiva del piano politico. Da un lato la possibile riapertura del confronto in Parlamento sul tema dell'autonomia differenziata e dall'altro la preparazione allo scontro elettorale su questioni relative alla giurisdizione del lavoro e della cittadinanza (entrambe prefiguranti un vero e proprio quadro di "civiltà giuridica") finiranno con una richiesta di intreccio tra lavoro parlamentare e operatività elettorale. Un intreccio tra lavoro parlamentare e prospettiva referendaria tale da richiedere comunque un salto di qualità nel rapporto tra le forze politiche dell'opposizione, il sindacato, i soggetti culturali che fin qui si sono occupati della difesa del dettato costituzionale.



È necessario stabilire una linea comune: sul lavoro parlamentare rispetto alle modifiche sull'autonomia differenziata deve valere il dato di abbandono della filosofia che a suo tempo ispirò negativamente la riforma del titolo V e che può essere riassunta come l'idea di inseguimento della Lega sul suo terreno al fine di accattivarsene la benevolenza. Si trattò di una linea politica sbagliata adesso improponibile in un quadro totalmente cambiato. È necessario intervenire con una grande chiarezza di proposta che ponga il tema dell'autonomia locale nella situazione di un'attualità permeata da una idea diffusa di concezione del potere e non di una concezione di governo mentre le richieste già avanzate dalle regioni del Nord-Est fanno riaffiorare vecchi stilemi secessionisti (in questo quadro ci sta anche la questione del terzo mandato, nell'idea di ulteriore esasperazione del concetto di personalizzazione della politica).



Nello stesso tempo sarà necessario lavorare in funzione dei referendum ammessi che riguardano punti delicati del rapporto di lavoro così come questo era stato modificato dal job act e la cittadinanza: punti divisivi nella storia del centro-sinistra e del quadro attuale dei soggetti all'opposizione. Difatti sono già stati annunciati distinguo collocati, anche in questo caso, dentro a vecchi filoni di pensiero politico: elaborati in un quadro completamente diverso dall'attuale. Su entrambi i punti, quello del lavoro e quello della cittadinanza, va ovviamente affiancata la capacità di mobilitazione organizzativa della CGIL che a mio giudizio dovrebbe funzionare da punto di riferimento complessivo: nello stesso tempo da parte delle forze politiche e dei soggetti di cultura politica dovrebbe partire una riflessione relativa al contesto complessivo all'interno del quale si svolgerà la contesa referendaria. Si tratta di un contesto non favorevole ad intese più o meno blandamente "riformistiche" (con molte virgolette) ma di scontro politico e sociale molto duro attorno a contraddizioni ben definite ed evocate anche a livello internazionale nel connubio tra politica, economia, tecnica al punto da indicare una "narrazione" completamente diversa dal passato. Intendiamoci bene su questo punto: non siamo all'interno di un sistema di "bipolarismo temperato" come hanno cercato di far intendere i due convegni dei cattolici democratici e dei liberal riformisti svoltisi nella scorsa settimana: ci troviamo in uno scontro i cui termini sono stati ben delineati nel discorso di insediamento del nuovo presidente USA e applaudito con grande calore dalla presidente del consiglio italiana.


Torniamo però specificatamente al tema dei referendum: i punti sui quali soffermarci sono almeno due:

1) il valore mobilitante dei quesiti di per sé che deve essere fortemente valorizzato indicandone la validità complessiva nel definire una proposta politica alternativa alla destra;

2) la capacità di realizzare nell'occasione referendaria una visione unitaria dell'opposizione alla destra. Opposizione dalla quale dovrebbero scaturire elementi comuni di soggettività consapevole al fine di favorire l'elaborazione di una necessaria progettualità alternativa (esattamente quello non seppero fare i soggetti posti a difesa della Costituzione in una visione progressista che si misurarono positivamente con il referendum del dicembre 2016).



Su questi elementi andrà aperto immediatamente un confronto tra i soggetti interessati: il possibile asse PD-CGIL potrebbe rappresentare la spina dorsale di questa fondamentale operazione politica (senza rievocare ovviamente spettri del passato) ma la complessità di espressione dell'intera sinistra costituzionale avrà un ruolo molto importante sul versante politico, culturale, sociale; è necessaria una nuova connessione non dettata soltanto dal pericolo della destra che pure c'è ed è incombente; una connessione imposta essenzialmente dall'esigenza di fornire una prospettiva al futuro.

IL DUBBIO: QUESTA O QUELLO PER NOI PARI SONO?    
di Luigi Mazzella



 
 
Al mio appunto precedente, pubblicato su “Odissea”, è seguito qualche commento comunicatomi per e-mail (breve e non esteso) e un lungo e motivato articolo di Elena Basile, pubblicato su “Il fatto quotidiano”. Facendo tesoro delle osservazioni dell’amica ambasciatrice mi sembra di poter dire ancora, in aggiunta a quanto già scritto ieri:
a) che sui Repubblicani e sui Democratici Statunitensi ciò che la Storia solennemente dice ha scarso rilievo nella Cronaca del Terzo Millennio;
b) che ciò è un bene  perché le qualità e i difetti degli uni e degli altri erano solo espressione di propaganda e cioè, in grande prevalenza,  di falsità;
c) che, continuando a parlare, sia pure solo in senso economico, dei primi come di Destra e dei secondi come di Sinistra, si sprofonderebbe in un analogo, abissale “non sense”.
Se, come si desume dall’articolo citato,  è in atto nel Nord America  di Trump e di Biden una guerra tra “bande” e, se (come avevo intuito e poi ho ho visto confermato) il potere finanziario della lobby ebraica di Wall Street (e della City) e le tre colossali istituzioni della CIA, dell’FBI e del Pentagono (nonché  delle analoghe Istituzioni britanniche) hanno fatto la scelta di puntare unicamente sul Partito Democratico (e su quello Laburista inglese, alla Tony Blair) per governare con l’America del Nord e con il Regno Unito di Gran Bretagna, l’intero Occidente (e senza dirlo apertamente: il mondo), facendo leva su un  loro dichiarato ‘pauperismo’, utile a soddisfare il bisogno di sostegni, anche modesti, (bonus, sussidi, redditi di varia denominazione) invocato dal “popolo” (considerato, senza dirlo, dispregiativamente: “bue”), non ha senso alcuno qualificare tale banda “progressista o di Sinistra, così com’è altrettanto improprio usare il termine “conservatrice o di Destra” per la banda contrapposta. Se sono “bande”, basta così! Sfiorerebbe poi addirittura il ridicolo chi desse credito al pensiero  che l’una e l’altra si combattano per la “democrazia” contro l’“oligarchia” e/o viceversa. Meglio lasciare da parte termini che sono stati coniati da una civiltà da cui Stati Uniti e Inghilterra  hanno ereditato ben poco. In mezzo a tanto frastuono e clangore metallico di missili sibilanti, di droni e di satelliti nel cielo, c’è l’Europa con il suo esercito, allo stato:  
a) di funzionari “dell’Unione e di ogni singolo Paese, che non avendo personali convinzioni, tentennando le loro credenze assolutistiche di varia natura,  sono rimasti “usi a obbedir tacendo” e
b) di  analisti politici periferici, foraggiati dalle banche e da magnati senza scrupoli  al fine di  scagliarsi contro il preteso pericolo di un’oligarchia nascente della Tecno-Destra.
Che farà in un tale contesto di scontro titanico, l’Europa dei vicerè (alla Ursula von der Leyen), dei filostatunitensi “democratici” (alla Draghi)?  Si metterà in “stand by” in attesa di capire fino in fondo e di sapere  quali saranno i padroni del Vecchio Continente, svendutosi al Nuovo?  


Gli interrogativi sono molteplici:
Continuerà nella politica della carità con gli spiccioli che risulteranno “consentiti” dalle sue disastrate finanze, tentando ancora di ammansire le masse con il miraggio  del “modello socialdemocratico svedese” dimostratosi, nel frattempo, una catastrofe nazionale in un Paese che pure era stato di esempio all’Europa alacremente produttiva?
O si accontenterà  della plurisecolare “carità pelosa” insita nella beneficenza della Chiesa cattolica?
E soprattutto che ne sarà dell’opera compiuta in molti decenni dal Partito Democratico, ex statunitense divenuto transnazionale (riassemblaggio dei partiti europei, facendo unire o alleare i post-comunisti agli ex democristiani o ai cristiano-sociali; deviazione” dei servizi d’intelligence europei che, ove necessario (come in Italia) hanno favorito anche la nascita di partiti sinistrorsi, denominati per lo più: “Movimenti” per soddisfare le deluse richieste pauperistiche della massa)?



Vedremo.
L’invettiva lanciata da Biden contro Trump nell’atto di abbandonare la casa Bianca ha tutto il sapore di una minaccia di uno scontro finale a coronamento di tutte le guerre dell’ultimo Ottantennio dichiarate soprattuto dai Presidenti del Partito Democratico, con la differenza che si tratterebbe di una guerra interna (guerra civile).
In altre parole il Presidente uscente ha voluto porre le premesse per fare intendere l’eventualità  di una possibile seconda guerra di Secessione.
Domanda finale: A dargli credito c’è da chiedersi: sarà solo “americanao si estenderà a tutto l’Occidente?
Le condizioni per un suo allargamento ci sarebbero tutte: in Europa i seguaci dei Repubblicani Statunitensi, appartenenti a partiti Europei non amati dal Partito Democratico Transnazionale sono ritenuti pericolosi e filo-Russi come fautori (alla pari dell’odiato Putin) di un’Oligarchia di Magnati del mondo produttivo dell’ Alta Tecnologia, qualificata contraria alla Democrazia. Ci sono, però, anche le cosiddette “balle piene” degli Italiani, figli dell grande tradizione civile e culturale greco romana,  stanchi di essere etero-diretti da un Paese sedicente “amico” che con i suoi suggerimenti entusiasticamente recepiti nel nostro sistema giuridico ci ha ridotto, come suole dirsi, in “brache di tela”. E ciò, perché   letteralmente atterrito dal boom economico dei primi anni del secondo dopoguerra mondiale (cosiddetto miracolo italiano). E l’Europa? Certamente, unita, ma ad occhi aperti!

lunedì 20 gennaio 2025

ATOMI
di Angelo Gaccione

 


Tra i settemila e quattrocento versi dei sei libri del De rerum natura di Lucrezio giunti fino a noi, molti sono quelli che si possono estrapolare e stare a sé come veri e propri aforismi. Tanti ribadiscono l’evidenza empirica di fenomeni naturali che i nostri sensi direttamente percepiscono. La stragrande maggioranza è costituita da postulati scientifici inconfutabili. Altri hanno una articolazione speculativa più complessa, perché tesi a ricercare le cause fisiche e materialistiche delle cose e dei fenomeni. Questi ultimi si presentano come pensieri e di conseguenza non possono non avere, nell’economia dei versi, una lunghezza maggiore rispetto a quelli dal carattere più perentorio e asseverativo. Coerente con la sua concezione epicurea, in queste riflessioni più elaborate gli atomi sono al centro di tutto – nulla al di fuori di essi – e nulla è concesso alle varie teorie teologiche e provvidenzialistiche. Ma l’epicureismo è anche una filosofia morale, e il poema, che è insieme filosofico e poetico, non poteva non concentrare la sua attenzione sull’esistenza dell’uomo, sul suo agire e sulle sue aspirazioni. E dunque, non potevano mancare le esortazioni pedagogiche e le massime di ammaestramento morale secche e ultimative . Vi si possono trovare suggerimenti: “Sono grandi ricchezze all’uomo il vivere parcamente e con animo sereno, perché egli non avrà mai penuria del poco”. Ammonimenti: “L’ingiustizia e l’offesa son simili a rete, che avvolge l’uomo: su chi le commette il danno sovente ritorna”. Constatazioni dal sapore amaro: “La vita a nessuno è data in possesso, a tutti in prestito”. E senza illusioni metafisiche, dal momento che l’anima muore col corpo e si converte anch’essa in atomi di polvere. Un verso del libro quinto, e precisamente il 1140, mi ha molto colpito per la sua straordinaria intemporalità. Era vero nella più lontana antichità, lo era al tempo di Lucrezio e lo è a maggior ragione ai giorni nostri. Eccolo nell’originale latino: nam cupide conculcatur nimis ante metutum, ed eccolo nella traduzione: “infatti con cupidigia si calpesta ciò che si è troppo temuto prima”. Le vicende dei potenti caduti in disgrazia, e la goduria con cui il popolo mostra loro il suo disprezzo, ne sono la prova.



 

LETTURA POETICA AL PALAZZO REALE DI MILANO



Venerdì 24 gennaio 2025 alle ore 18, subito dopo una visita guidata a cura di Roberta Cerini Baj alla grande mostra dell’artista Enrico Baj in corso nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, Piazza del Duomo n. 12, si terrà una lettura poetica dedicata alla strage di Piazza Fontana e a Giuseppe Pinelli. La lettura sarà fatta da un gruppo di poeti presenti nell’antologia: Piazza Fontana. La strage e Pinelli. La poesia non dimentica, curata da Angelo Gaccione e pubblicata dalla casa Editrice Interlinea di Novara. Leggeranno: Laura Cantelmo, Giancarlo Consonni, Annitta Di Mineo, Angelo Gaccione, Giuseppe Langella, Ottavio Rossani e Graziella Tonon. La mostra, composta da una cinquantina di opere, espone per la prima volta a Milano, la gigantesca installazione dal titolo: I funerali dell’anarchico Pinelli.

OLOCAUSTO E MEMORIA



L’olocausto attuato dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, dai loro alleati e collaboratori, costituisce la più immane tragedia del secolo trascorso.
Non si tratta solo di ricordarlo, ma di continuare a studiarne e analizzarne le cause, gli effetti e le personali e collettive responsabilità, affinché non si dimentichi mai che quel genocidio è stato provocato da uomini in carne ed ossa e non solo da ideologie criminali, che sono state sconfitte solo attraverso il sacrificio di altri esseri umani, mai rassegnati a subirli.  
Ogni anno ANPI Lucca ha coltivato la memoria dell’olocausto. Ogni giorno gli antifascisti operano per contrastare i più ignobili tentativi negazionisti.
Ma non basta. Immani tragedie continuano ad abbrutire la storia umana.     
Trasmettiamo a tutti, con l’invito a partecipare, la locandina della iniziativa che ANPI Lucca ha promosso per il Giorno della memoria.
Il testo dell’invito è eloquente. Il prestigio dei Relatori consentirà a tutti di approfondirne la necessaria conoscenza. L’invito è aperto a tutti gli iscritti, alla cittadinanza tutta, a tutte le Associazioni, Sindacati e Gruppi di ogni ispirazione e provenienza, ai quali chiediamo di aderire e partecipare.
 
Il Presidente ANPI Sez. Lucca
Romano Zipolini
 

LA DEMOCRAZIA  PIÙ SCASSATA
di Luigi Mazzella



Qualcosa nella geopolitica mondiale sta cambiando. In Occidente, negli ultimi anni, grazie alla CIA e alle “deviazioni” da essa operata, con il sostegno di Wall Street, nei servizi segreti dei Paesi che per eufemismo potevano dirsi “satelliti”, si era costituita e consolidata una sorta di forza politica transnazionale (o trasversale) raggruppata intorno al Partito Democratico Statunitense (con l’appendice  del Partito Laburista britannico alla Tony Blair) a Wall Street (e alla City). A detta dei Democratici, tutto ciò che fuoriusciva da quell’ambito era visto come autoritarismo plutocratico e indicato con il nome di “Oligarchia”. Tale era denonimata, per esempio, l’Occidentale ed Europea Russia, governata da Putin e dai suoi “oligarchi” e considerata, in conseguenza, “nemica” della Democrazia. Con la vittoria di Donald Trump e con l’adesione alla neo-presidenza nordamericana di Musk, Zuckerberg (e altri in coda), nel giudizio del Partito Democratico Transnazionale anche gli Stati Uniti d’America stanno rischiando (o possono essere addirittura già catalogati tali) di divenire una “Oligarchia”. Se a ciò si aggiunge che sullo sfondo dello Scenario c’è anche lo spettro dei bit-coin, si comprende che l’allarme dei Democratici mondiali è di massima allerta.
Prima Domanda: Che fine farebbe allora la  democrazia che secondo la “propaganda” bene architettata dagli Anglosassoni per tanto lungo tempo sarebbe divenuta la “cifra di riconscimento” dei Paesi Occidentali? In realtà, non tutti credevano a una tale leggenda. A giudizio di molti si trattava, invero, di un clamoroso falso di portata mondiale. Si osservava: un pensiero assolutamente non libero perché condizionato da tre assolutismi religiosi (giudaismo, cristianesimo e islamismo) e tre politici (fascismo, comunismo e liberalismo di derivazione hegeliana) poteva  senz’altro esprimere autoritarismo, utopie astratte e irrealizzabili ma non di certo libertà, azioni concrete e pragmaticamente possibili. C’era da notare, però, che se il “mainstream” del sistema informativo statunitense (e quindi occidentale) era riuscito a convincere gli abitanti della parte ovest del Pianeta che anche il napalm usato dagli americani in Vietnam e il waterboarding di Guantanamo erano stati strumenti per realizzare “i diritti umani”, allora c’era da dire: chapeau!
Tutto ciò, parlando di Occidente: ma dell‘Italia? Si poteva dire lo stesso?
Esposta agli stessi venti assolutistici (religiosi) provenienti dall’Est Mediorientale e a quelli politici soffianti dal Nord-teutonico, la “serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta non donna di provincia ma bordello” in duemila anni di buio del pensiero critico ha subìto angherie e vessazioni di despoti di ogni risma (ecclesiastici e laici) fino al punto di cadere nelle mani di un maestro elementare dalle pose tragicomiche. Dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale il Belpaese aveva ritenuto di essere approdato alla “democrazia” accettando una Costituzione ricca di enfasi e nobili propositi. Ciononostante, le pur “sedicenti e false democrazie” dell’Occidente non hanno mai riconosciuto alla Patria di Dante, altro primato che quello di potere essere considerato il Paese democratico    più “scassato” di tutto l’Occidente. E ciò bene a ragione! Il suo popolo, lungi dal poter governare, non ha neppure i mezzi per protestare contro il malgoverno di una sparuta minoranza di cittadini giunta al potere (e conseguentemente alla sostanziale gestione dell’informazione) grazie a  una legge elettorale truffaldina, benedetta da sinistra a destra, passando per il centro! Gli Italiani che, soprattutto al Sud, non erano “cuor di leoni” ma di certo non proprio beoti avevano disertato le urne nel 2024 fino al punto di rendere quello dell’astensionismo il primo partito.
Facendo scendere, in tal modo, i votanti a meno del 50% essi avevano  consegnato il governo a chi di quel 50% aveva dimostrato di essere soltanto una minoranza meno minoranza delle altre.
Seconda domanda: Che succederà ora con il cambio della guardia a Washington? La sparuta minoranza degli eredi del “figlio del secolo” sarà la classe di governo della prima oligarchia Europea? Ma chi saranno gli oligarchi, dopo che il partito democratico transnazionale (filiale italiana: Schlein, Conte, Renzi e via dicendo) ci ha ridotto in brache di tela? Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VOGLIO CREDERE ANCORA...
Laura Margherita Volante 
 


Voglio credere ancora 
in un filo d’erba, in un fiore, 
nel “non ti scordar di me” e 
su per le montagne 
in una stella alpina, 
rischiando di precipitare...
Voglio credere ancora 
nel rischio che conduce 
su per le utopie...
Voglio credere ancora 
nella margherita, 
petalo dopo petalo a 
cercare l’anima 
della brezza marina.
I capelli sugli occhi
vedono orizzonti 
infiniti e lontani.
Voglio credere ancora 
di raggiungere il greto...
Armonia 
in un canto di pace.

domenica 19 gennaio 2025

MA COS’È L’OCCIDENTE?  
di Marco Vitale



Da tempo sono tormentato dalla domanda che ho utilizzato come titolo di questo scritto. Penso di non essere in grado di tentare una risposta soddisfacente a questa difficile domanda. Perciò la giro a filosofi, storici, studiosi di geopolitica e di scenari globali e altri più attrezzati per tentare una risposta. Io mi limiterò a chiarire le ragioni per le quali ho visto crescere in me questa domanda e perché essa è diventata recentemente più assillante dopo aver letto un articolo apparso sul Sole 24 Ore del 23 novembre 2024. L’autrice dell’articolo è Alicia Garcia Herrero che si definisce “un’economista e accademica spagnola con sede a Hong Kong”. Attualmente è senior fellow del Centro Studi di Bruegel di Bruxelles ed in questa veste firma l’articolo. Ma è stata attiva in molte altre istituzioni e ruoli ed ha accumulato titoli accademici che metà basterebbe. Una voce quindi non irrilevante come dimostra il fatto che Alicia è stata inclusa tra le Top Social Media Leader da Refinitiv nel 2020. L’articolo è stato pubblicato senza un commento sul Sole 24 Ore.


 
Il primo pugno nello stomaco me lo ha dato proprio il titolo attribuito all’articolo da un giornale che dovrebbe essere laico, indipendente e responsabile come il Sole 24 Ore: “Brics che evolvono rafforzando il blocco contro l’Occidente”. Ma come, non andiamo dicendo da tempo e da fonti diverse che dobbiamo evolvere da una impostazione unipolare (globalizzazione modello USA) a un mondo multipolare, e che è proprio nella ostilità dell’America a questa evoluzione la causa delle cause di tanti travagli che il mondo vive? E non è un bene per il mondo e le sue speranze di pacificazione se altre zone non sviluppate o meno sviluppate (come sono in gran parte i Brics) si impegnano per un maggiore sviluppo e incivilimento, per contare di più? Non ricordo più chi fosse, ma credo fosse Hume, a dire: “Quando vedo un paese svilupparsi mi rallegro, foss'anche la Francia”. Io sono molto d’accordo con lui. Ma chi ha detto che l’evoluzione dei Brics voglia dire necessariamente “rafforzare il blocco contro l’Occidente?”. Ma questo modo di ragionare così dogmatico, così schematico, così per blocchi, così guerrafondaio è occidentale o orientale o altro? È forse necessario ridisegnare i confini che separano Occidente e Oriente. Ad esempio, il Brasile di Lula è Occidente od Oriente o altro? E quello di Bolsonaro è Occidente od Oriente od altro? E il Brasile di Lula, che è uno dei più attivi animatori dei Brics, io, come europeo e aspirante democratico, lo devo vedere come componente di un blocco ostile all’Occidente? Coerentemente, invece, il Brasile di Bolsonaro, che favorisce la distruzione, con violenze sulle popolazioni locali, di milioni di territorio di foreste amazzoniche, pur così utile per tutta l’umanità, lo devo considerare Occidente amico? Ma qualcuno mi potrà rimproverare di non aver compreso che la vera distinzione tra Occidente e Oriente non è geografica ma si basa sul livello di democrazia. 



E allora, l’India la più grande e pacifica democrazia multipolare del mondo è Occidente od Oriente o altro? Ed un paese come gli USA dove un candidato alla presidenza che ha perso le elezioni rifiuta di accettarne l’esito e incoraggia una specie di colpo di Stato violento e, dopo qualche anno, si ripresenta come presidente e viene eletto con grande successo è Occidente od Oriente o altro? Hanno totalmente torto quegli studiosi americani che dicono che la democrazia americana è profondamente malata e sta evolvendo verso una forma di plutocrazia, una oligarchia finanziaria con una sempre più forte e plateale interferenza della classe dei supermiliardari dominante sia sul presidente e la sua elezione che sul Congresso? Ha proprio torto Steinmeier, presidente tedesco, che in vista delle prossime elezioni in Germania, ha messo le mani avanti affermando: “l’influenza esterna è un pericolo per la democrazia, sia quando è nascosta, come di recente nelle elezioni in Romania, che quando è aperta e palese, come avviene attualmente in modo intenso sulla piattaforma X”. Il presidente tedesco si riferisce, pur senza citarlo, al recente endorsment di Elon Musk all’AFD e sottolinea: “La scelta elettorale spetta esclusivamente ai cittadini tedeschi aventi diritto di voto”. Musk è Occidente od Oriente o altro? E l’Italia, dove vota meno del 50% degli aventi diritto e che ha come presidente del Senato (seconda carica dello Stato) uno con la storia di La Russa, è Occidente od Oriente o altro ancora?



Ma c’è chi spiega che il vero confine che separa Occidente da Oriente è il grado di soddisfazione dei cittadini e il livello e la qualità dei servizi a loro rivolti ed è una differenza culturale. Su questa linea potremmo veramente divertirci ed anche inventare un vero e proprio gioco per liceali in preparazione del loro esame di maturità con quesiti di questo tipo:
 
1- nel settore della mobilità urbana dite se è più occidentale Roma (dove la mobilità è una tragedia) o Praga (dove la mobilità è eccellente)?
 
2- nel settore sanità indicate qual è il paese con le più lunghe liste d’attesa e cause e significato di ciò;
 
3- dica il candidato se il genocidio della popolazione di Gaza (che è stato definito genocidio da enti internazionali qualificati e da studiosi ebrei di alta credibilità come, con motivazioni ineccepibili, Amos Goldberg, professore di Storia Ebraica e Contemporanea all’Università Ebraica di Gerusalemme e fondatore del “Forum di Ricerca sull’Olocausto, il Genocidio e la Violenza di Massa”) fa parte dell’Occidente o dell’Oriente o di altro;
 
4- dica il candidato se l’inerzia, l’incapacità, l’egoismo dei paesi europei che hanno lasciato il nostro amato Mediterraneo trasformarsi in un cimitero a cielo aperto o, peggio, una mangiatoia per i pesci che si nutrono di cadaveri, appartiene all’Occidente e sotto quale profilo;
 
5- e l’ex primo ministro inglese Johnson che nell’aprile 2013 ha fatto intenzionalmente saltare il negoziato, che sembrava in dirittura d’arrivo, per la sospensione del massacro dell’Ucraina, è Occidente, Oriente o altro;


6- tra Dante e Tolstoj dica il candidato chi dei due è veramente occidentale e chi non lo è e motivi la sua scelta;
 
7- e chi si rifiuta di ragionare per blocchi e per semplificazioni ideologiche come fanno le tante Alicia, chi sono ed appartengono all’ Occidente (come Manzoni) o all’Oriente (come Sun Tzu)?

Trump e Musk 
 
E se, alla fine, quello che chiamano Occidente non fosse altro che una alleanza militare atlantica per giunta in situazione critica? Ma ritorniamo alla questione: Brics o non Brics sollevata dall’articolo dal quale ho preso le mosse come esempio di un modo di ragionare da respingere. Nel corso del 2024 i BRICS sono cresciuti da cinque a nove membri ufficiali. Ai cinque membri iniziali: Brasile, Cina, India, Russia, Sud Africa si sono aggiunti come membri: Etiopia, Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti. Altre 13 nazioni sono diventate semplici partner: Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia. I paesi membri Brics, nel loro insieme attuale rappresentano circa il 45 percento della popolazione del pianeta e il 35 percento dell’economia mondiale. Un gruppo quindi di paesi molto diversi tra loro, da prendere e seguire con attenzione, un fenomeno nuovo e imponente, un processo che qualche commentatore internazionale definisce storico. Per Alicia invece, che rappresenta purtroppo il pensiero di molti, gran parte di questo sviluppo “deriva dalle lamentele del presidente Vladimir Putin nei confronti dell’Occidente… Tuttavia Putin, che è sempre più dipendente dalla Cina per continuare la sua guerra in Ucraina non può spingere i Brics verso una posizione più conflittuale senza il consenso del presidente cinese Xi. La Cina è chiaramente dietro l’espansione dei Brics”. Boh! Se lo dice Lei!


Boris Johnson

Tra il 22- 24 ottobre a Kazan ha avuto luogo il vertice dei paesi Brics, dal quale è scaturita una dichiarazione (Dichiarazione di Kazan) di 12 punti che illustrano la direzione di marcia e i grandi obiettivi dei Brics. I commentatori più seri ed indipendenti sono stati concordi nel dire che il vertice di Kazan non ha dato vita ad un blocco contrapposto a quello guidato dagli USA e che la dichiarazione di Kazan non si è rivolta all’Occidente come nemico, ma ha avanzato una serie di proposte per riformare la governance mondiale in senso maggiormente egalitario e democratico. Invece secondo Alicia Garcia Herrero e il Sole 24 Ore che la ospita senza battere ciglio: “il vertice del gruppo a Kazan ha rivelato la sua principale intenzione di cambiare l’ordine globale a beneficio del Sud del mondo rappresentato dai Brics. La dichiarazione di Kazan spinge per un mondo multipolare ma il suo concetto di multipolarità si oppone direttamente all’Occidente con modi significativi”. Ma quella di muoversi in direzione di un mondo multipolare e di un mondo più equo e dove il rapporto Nord-Sud diventi più equilibrato è la “basic strategy” dichiarata dei Brics. E come si fa a perseguire questi obiettivi senza disturbare gli equilibri/squilibri attuali. Altrimenti, perché impegnarsi per una evoluzione pacifica verso un mondo multipolare? Boh! Forse Alicia e Il Sole 24 Ore ce lo spiegheranno la prossima volta.

 

Un punto importante delle raccomandazioni contenute nella dichiarazione di Kazan è la necessità di ridare un ruolo rinnovato all’Onu attraverso riforme incisive sulla sua organizzazione e una sua maggiore indipendenza. Vivaddio! Ma quanti sono nel c.d. mondo occidentale, nel mondo orientale, e in altre parti nel Nord e nel Sud del mondo quelli che aspirano a lavorare per uno sviluppo in questo senso. L’attuale debolezza, fragilità e inefficienza dell’ONU è uno dei punti critici degli attuali assetti mondiali. La partecipazione al vertice di Kazan di Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, stava proprio a testimoniare questa diffusa speranza, quel Guterres che è stato dichiarato persona non gradita dallo stato di Israele ed è considerato un traditore, al pari del Papa, da molti americani. Ma, in coerenza con il partito dei guerrafondai persino questo auspicabile ed auspicato rafforzamento dell’Onu solleva le critiche ei timori di Alicia e del Sole 24 Ore che la ospita senza battere ciglio: “un altro punto importante della dichiarazione di Kazan è l’alta reputazione che si attribuisce alle Nazioni Unite. In particolare la sua centralità in termini di cooperazione tra Stati Sovrani per raggiungere la pace e la sicurezza internazionale. Questo sostegno alle Nazioni Unite comporta una forte spinta verso una riforma volta a rappresentare gli interessi del Sud globale”. Boh! Come si fa ad avere un ONU più autorevole ed efficace senza realizzare una maggiore e più equilibrata rappresentanza degli interessi del Sud del mondo? Forse l’economista Alicia ha un lontano rapporto di parentela con il principe di Salina: d’accordo, purché nulla cambi!


Questo è la guerra
 
La stessa chiave di lettura si applica alla proposta di riforma monetaria internazionale formulata nella dichiarazione di Kazan. La dichiarazione non propone di sostituire il dominio del dollaro con altra moneta, ma di introdurre gradualmente una nuova unità di conto internazionale che non dipenda da nessun Stato e da nessuna economia ma sia uno strumento di gestione collettivo e indipendente. Si tratta di una proposta di superamento degli accordi di Bretton Woods del 1944 che si muove nella direzione raccomandata da Keynes in quella sede e che fu bocciata dagli USA per poter affermare la loro egemonia finanziaria. Ma anche questa moderata proposta alla Keynes non lascia tranquilla Alicia Garcia Herrero che, in rappresentanza del partito americano, scrive in proposito: “la dichiarazione di Kazan mira anche a ridisegnare il sistema monetario internazionale 3 riformando le istituzioni multilaterali, tra cui il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale sostenendo alternative istituzionali non occidentali a questi organismi, come la Nuova Banca peer lo Sviluppo e spingendo per la fine del preminente ruolo globale del dollaro USA”, che è esattamente quello di cui il mondo ha bisogno come tanti seri studiosi di matrice occidentale, come lo era Keynes che però, a Bretton Woods, non fu sufficientemente occidentale, a detta di Alicia. L’analisi dell’articolo di Alicia e del pensiero del quale essa si fa portavoce rafforza, dunque, l’esigenza di ripensare i confini e la natura del c.d. Occidente. Bisogna guardare con coraggio e speranza, con la vista non offuscata dai pregiudizi ideologici degli interessi dominanti, i movimenti dei Brics e gli sforzi che essi, insieme ad altri, fanno verso un mondo multipolare.


Paolo Ferrero
 
In questa prospettiva mi sembra giusto soffermarmi sulle giuste considerazioni di Paolo Ferrero del Partito della Rifondazione Comunista, uno dei pochi commentatori, che ha capito e preso sul serio l’importanza della dichiarazione di Kazan che, su Il fatto Quotidiano del 26 ottobre, scrive: “Il vertice di Kazan, che non si è rivolto all’Occidente come nemico ma che ha avanzato una serie di proposte per riformare la governance mondiale in senso maggiormente egualitario e democratico, possa essere colto dai popoli occidentali per quello che è: una occasione per superare questa situazione di guerra e di ingiustizia planetaria. Dovrebbero accorgersene soprattutto i popoli europei che da questa situazione di dominio statunitense non hanno nulla da guadagnare, anzi: mentre fanno la guerra a Cina e Russia, gli Usa scaricano i costi sull’Europa. Prima i popoli europei si rendono conto di questa situazione e rivendicano l’indipendenza dell’Europa dagli Usa, prima finiranno le guerre e si costruirà finalmente un mondo multipolare in cui l’Europa possa stare a pieno titolo e portare il suo contributo. Il ruolo dei popoli europei è da questo punto di vista decisivo: se restano succubi degli Usa favoriscono la guerra. Se i popoli europei si rivoltassero contro gli Usa, renderebbero impossibile la prosecuzione delle guerre in ucraina e in Medio Oriente e nello stesso tempo porrebbero le basi materiali per un mondo finalmente multipolare e democratico”. Temo che qualche Alicia dirà: ma allora tu sei comunista. Non lo sono e non sono mai stato. Sono un liberale democratico vecchio stampo e un aspirante cristiano, ma il talebanismo e la stupidità mi hanno sempre fatto paura da qualunque parte e da qualunque autorità provengano: dall’Occidente, dall’Oriente o da altra parte.


Fariborz Kamkari
 
Mentre scrivo queste note ho letto un’intervista di Fariborz Kamkari, regista, sceneggiatore e scrittore iraniano-italiano di 53 anni che quando ne aveva 16 è stato prigioniero per sei mesi (per essere stato trovato con un libro di Gramsci) nel carcere a nord di Teheran dove è stata in isolamento la povera Cecilia Sala. La descrizione che egli fa di quel carcere e della sua esperienza è raccapricciante: “venivo frustato nudo, legato mani e piedi a un palo che gira (c.d. trattamento del pollo arrosto). Mi salvai perché i miei pagarono un giudice”. Leggendo la descrizione di quel carcere mi sono detto: forse mi sono dimenticato di queste cose. Forse è in queste cose la vera differenza con l’Occidente. Ma, pur con le dovute differenze, non è neppure in queste cose la differenza con l’Occidente. Nello stesso giorno e nello stesso giornale leggo che a New York un detenuto ammanettato è stato pestato a morte dagli agenti carcerieri. E come dimenticare cosa è emerso nella civilissima Milano sulle violenze e torture ai detenuti del carcere minorile che porta, indegnamente, il nome di Cesare Beccaria? Ma certamente l’esistenza o meno dello stato di diritto (sia del diritto personale che del diritto internazionale, sia del diritto di pace che del diritto in guerra) più che di una, più o meno astratta, democrazia è il grande spartiacque, è il grande confine. Ma non è un confine che traccia la differenza tra Occidente, Oriente o altro. Ce lo spiega molto bene Fariborz Kamkari che chiude la sua intervista illustrandoci come anche nel carcere di Teheran, tra supplizi e torture, c’è gente che resiste a tanta violenza e ingiustizia. Questi iraniani e soprattutto le coraggiosissime donne iraniane che lottano per uno stato di diritto sono anche loro “Occidente”, sono fratelli nostri e dei nostri padri impegnati nella lotta partigiana per ripristinare la libertà e cancellare fascismo e nazismo: “la più vecchia prigioniera politica ormai è dentro da 26 anni e ha 4 organizzato una rete di resistenza. Questo fa ben sperare. Il regime cadrà presto, e sarà proprio per merito delle donne oltre che della formidabile tradizionale culturale curda. Si è già incrinato il falso moralismo di un tempo, quando si volevano trasformare i cittadini in fedeli per portarli direttamente in paradiso e le guardie dopo le torture andavano a pregare. Oggi esiste solo un regime di criminali: pura violenza, corruzione e niente paradiso”. Ed anche se dobbiamo essere giustamente orgogliosi dei maggiori risultati da noi raggiunti sul fronte dello Stato di diritto, non dobbiamo mai dimenticare che in questa direzione abbiamo ancora tanta strada da fare per essere veramente quello che si intende quando si invoca la bandiera dell’Occidente. E ciò vale per tanti paesi ma in particolare per l’Italia per quanto riguarda i diritti civili e gli Stati Uniti per quanto riguarda il diritto internazionale che sono sempre i primi a non rispettarli quando ciò giova ai loro interessi immediati.


 
Donne iraniane in piazza

Spero che il mio invito a ricercare una nuova identificazione e configurazione dell’Occidente venga colto da studiosi capaci di farlo. Io ho solo acquisito la certezza che la distinzione e delimitazione non è geografica, ma è un filo rosso che passa attraverso Oriente e Occidente e separa le persone di pace da quelle di guerra; le persone che credono nel diritto e nel suo ruolo fondamentale sulla via dell’incivilimento e le persone che usano il diritto solo come un’arma per esercitare la loro violenza, tra le persone che coltivano socialità e solidarietà e quelle che coltivano l’egoismo; tra persone che considerano la libertà un bene comune e indivisibile e coloro che pensano che la libertà consista solo nella possibilità di fare quello che vogliono e che a loro più conviene; tra le persone che credono nella collaborazione e rispetto reciproco delle religioni e le persone che usano la religione come alibi e strumento per esercitare la loro violenza. E penso che ciò valga in Oriente come in Occidente a Nord come a Sud, qualunque sia la divisa che ci troviamo ad indossare. 

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