Lessing, la globalizzazione e il dialogo interreligioso
di Franco Toscani
di Franco Toscani
Con questa riflessione di Franco Toscani, continua il dibattito avviato su “Odissea” dopo i tragici attentati di Parigi. Respingere ogni fanatismo, ogni pretesa di primato culturale e religioso, è la via maestra della tolleranza.
È possibile oggi -soprattutto riflettendo a partire dai tragici
attentati parigini recenti- gettare le
basi autentiche di un dialogo interreligioso
che merita più che mai di essere perseguito nel nostro tempo tormentato,
se vogliamo dare un futuro all’umanità, consistenza all’idea di “uomo
planetario”, alle possibilità della convivenza nell’età della globalizzazione? È possibile, ma è molto difficile. Da questo punto di vista
possiamo rintracciare una linea filosofico-teologica, culturale e antropologica
che da Lessing e dal meglio della cultura illuministica perviene a toccare e a
intrecciarsi con alcune proposte e tematiche culturali e antropologiche
decisive del nostro tempo. Mi riferisco, per limitarci a qualche esempio, all’etica
della responsabilità di Hans Jonas, al progetto di Weltethos (etica mondiale) di Hans Küng, all’idea di Terre-Patrie di Edgar Morin, alla
cultura e all’etica dell’ “uomo planetario” di Ernesto Balducci. Fin dal secolo
XVIII Lessing suggeriva la necessità di evitare i settarismi per riconoscere le
ragioni anche parziali dell’altro; se i “caratteri divini” possono essere
rintracciati in tutte le religioni, è aperta la via al dialogo interreligioso,
una via difficile, che si scontra con pregiudizi diffusi e mentalità radicate,
ma possibile. Nella mancanza del dialogo interreligioso è sempre possibile il
prevalere della violenza, dell’odio, del muro contro muro, della minaccia alla
convivenza fra diversi. La violenza è sempre in agguato, i più forti e
prepotenti tendono a imporsi senza esitazioni grazie anche alla “bile bigotta”
dei credenti fanatici di tutte le risme. Centrale in Lessing è la metafora del
palazzo, che molto probabilmente fa riferimento alla grandezza della verità e
all’essenza della religione. Ora, del palazzo molti possiedono “schizzi”
particolari che però tendono a essere scambiati per l’intero. Ognuno tende a
considerare e a valorizzare solo il proprio schizzo per salvare il palazzo
minacciato dalle fiamme, ma in realtà tende a salvare essenzialmente il proprio
schizzo, il proprio punto di vista sul palazzo. Il palazzo è destinato a bruciare se gli attaccabrighe
hanno il campo libero. Gli “schizzi” del palazzo stanno a indicare il rapporto
degli uomini con la verità. Tali “schizzi” non rappresentano soprattutto le
nostre ostinate cecità e illusioni che ci fanno fissare lo sguardo solo su
alcuni particolari, impedendoci di scorgere la verità in tutta la sua ampiezza?
Gli “schizzi” non ci parlano dei nostri limiti, piccolezze, manchevolezze in
rapporto alla verità che nessuno possiede, di cui siamo al servizio e parte,
senza poterne scorgere tutta l’immensa portata? La questione degli “schizzi”
interroga tutte le religioni monoteistiche, secondo cui una sola di esse può esser
vera. Si tratta qui della superbia che solo il proprio Dio sia il vero Dio,
della pia follia di avere il “Dio migliore”. Tali superbia e follia mostrano il
volto feroce della violenza tra le religioni, della rivalità, della diffidenza
e dell’odio reciproci, della guerra e fanno dimenticare o sottovalutare il fatto
essenziale che siamo tutti -prima di ogni altra aggiunta, definizione e caratteristica-
uomini in mezzo ad altri uomini, abitanti mortali del pianeta, esseri fragili e
bisognosi. I guai cominciano quando ogni gruppo religioso proclama
polemicamente il proprio primato culturale e spirituale sugli altri. Siccome è
però impossibile provare e stabilire quale sia la vera fede ed è
contemporaneamente giusto garantire in questo e altri campi la libertà di
coscienza sancita dalla nostra Costituzione repubblicana e dalle carte europee,
si tratta di individuare un minimo comune denominatore etico che possa unirci
al di là di tutte le ovvie e necessarie differenze culturali e religiose: la
legge dell’amore, l’invito all’amore reciproco, libero da pregiudizi, al
rispetto della eguaglianza e dignità di tutti gli esseri umani. Il Dio
inafferrabile che “è amore” (come dicono tutte le religioni) ama tutti gli
uomini senza distinzione alcuna. L’amore, la difesa ovunque della dignità
umana: questo è il fondamento comune a tutte le religioni, conducente ad amare
gli uomini nella loro libertà e autonomia, nella concretezza della loro
condizione e vita quotidiana. Molti
s’illudono di essere saggi, ma sono soltanto furbi, vivono come tali e obliano
che la saggezza -non la ricchezza, il potere, la gloria e altri miti mondani- è
il nostro bene più grande. Per un’umanità evoluta -la cui coscienza del male in
cui si radica la storia umana è acuta- la crudeltà e la disumanità sono il peccato
dei peccati. Sappiamo che la crisi dell’umanità e della civiltà è dovuta
innanzi tutto alla sfiducia nell’uomo e nelle sue possibilità creative, è una
crisi del senso e della direzione della nostra civiltà. Ma occorre avere il
cuore aperto a ogni virtù, lo spirito sgombro dai pregiudizi e disposto a capire
ogni bellezza; anche la religiosità, scevra da ogni integralismo e fanatismo, è
intimamente, indissolubilmente congiunta al senso del buono e del bello. Può darsi,
allora, che il dialogo interreligioso non sia altro che una “dolce illusione”, ma
esso merita comunque di essere tenacemente perseguito per contribuire a
promuovere il presente e il futuro della civiltà planetaria.