CAMPAGNA ELETTORALE
di
Franco Astengo

Meloni
Fratelli
d’Italia e Lega fra democrazia recitativa e democrazia del pubblico.
In
questa campagna elettorale in vista delle Europee 2024 è apparso interessante
il confronto tra Palazzo Chigi e la Lega. I due soggetti in gara fra loro sono
stati costretti a dismettere il punto in comune su cui avevano sviluppato la
loro alleanza negli anni scorsi e che aveva costituito la base solida del
centro destra: beninteso attraversando fasi diverse tra il 2019 e il 2022 con
una partenza di assoluta egemonia elettorale da parte della Lega poi rovesciata
da Fratelli d’Italia. Fratelli d’Italia ha utilizzato la volatilità elettorale
inserita nell’agone dall’ascesa e declino del M5S e la conseguente crescita
dell’astensione. Così il sorpasso di Fratelli d’Italia è avvenuto “in discesa”:
alle Europee 2019 il partito di maggioranza relativa (Lega) si era assestato
attorno ai 9 milioni di voti; nelle politiche 2022 la quota della maggioranza
relativa, questa volta toccata a FdI, si è fermata a soli 7 milioni di
suffragi. Torniamo all’elemento comune tra i due soggetti in competizione con
freccia a destra. Il tema in questione è quello della cosiddetta “democrazia del pubblico” elemento utilizzato dalla
Lega indipendentemente dallo stare o meno al governo. Nel caso si ricorda che
la Lega stessa si collocò all’opposizione del governo Monti ma non a quello
Draghi che ebbe, invece, l’opposizione di FdI. Intanto
va detto che da tempo si è proceduto ad una forma di comunicazione politica che
affonda le sue radici nella strategia del marketing, attraverso
rappresentazioni iconiche, slogan immediatamente assimilabili, che per la loro
banalità non richiedono sforzi ermeneutici per essere decodificati e
impressi nella memoria, dando vita ad una “politica indiziale” che anticipa i
nostri desideri con un’arte manipolatoria che suscita transfert di realtà. In questo solco si colloca anche l’utilizzo dell’intreccio tra
media e sondaggi, considerato “principio di legittimazione politica e
istituzionale sempre più importante, perché agisce in tempo reale, trasformando
la democrazia in semplice momento di raccolta del consenso”.
Bernard Manin, filosofo politico
francese, dedica alla democrazia del pubblico molto spazio all’interno del suo testo
dedicato ai “Principi del governo rappresentativo”. La formula della democrazia del pubblico descrive, per Manin, un’epoca
in cui i partiti cedono spazio alle persone, intese come moltitudine, l’organizzazione
alla comunicazione, mentre le identità collettive si indeboliscono, svuotandosi
e facendosi attrarre dalla fiducia personale diretta: lo spazio della
rappresentanza coincide con lo scambio tra leader e “opinione pubblica”,
attraverso i media, nei termini sopra indicati, e ovviamente a senso unico,
cioè asimmetricamente. In Italia - nella rincorsa della democrazia del pubblico - viene
persino scippato il concetto di opinione pubblica intesa come corpo di garanzia
e dibattito sulle pubbliche scelte.
Entrambi i soggetti in questione Lega e
FdI avevano utilizzato sia pure con alterne questo schema nelle precedenti
campagne elettorali (tra l’altro provenendo entrambi da tradizioni di
formazioni politiche fortemente strutturate come MSI e Lega Nord).
In questa campagna elettorale la Lega
ha continuato a usare lo schema della “democrazia del pubblico” per esercitare
la funzione “dentro/fuori” nella dinamica istituzionale di governo dentro la
quale avrebbe dovuto essere costretta: esempio, in finale di campagna, la
critica sostanziale al sostegno all’Ucraina e la polemica sulla sovranità
europea con il Presidente della Repubblica (in entrambi i casi lo scopo quello
di attirare le cosiddette “estreme del rifiuto”).



